4. Torna da me
No, Haziel non ha mai avuto speranze contro di me. Perché proprio lui, quindi? Mi è bastato sfoderare la spada per dissolvere la sua Essenza, avrei forse dovuto esitare? Guardo Sara, mi fissa terrorizzata, spaesata. Potrà mai perdonarmi per questo?
Non capisce, non può. Eppure mi ama, lo posso sentire ed è l'unica cosa in grado di lenire il mio tormento.
Riporto gli occhi su quelli di mio fratello, increduli. Si spengono piano e ho l'impressione che il tempo si sia dilatato per me, per torturarmi, affinché possa assistere e marchiarmi a fuoco nell'anima la sua morte. La prima, non certo l'ultima, della nuova vita che ho scelto. Il grido che si leva dalle sue labbra, da quel viso perfetto anche nel dolore, è lo stesso ch'io non posso permettermi, che stringo tra i denti restando a fissarlo, immobile, mentre il fuoco scava nel suo corpo, nelle sue carni, per purificare in modo definitivo tutto. Ma cosa può purificare in un Cherubino, che assolve il suo compito? Nulla, lo riunirà al Padre e, poi, ve ne sarà un altro a prendere il suo posto.
Il blu lapislazzuli delle sue iridi diviene opaco, sfuma nel bianco come stesse colando via, al pari del sangue che non scorre nelle sue vene. Perde la presa sul pugnale e le campane celesti decretano la fine, senza alcun appello: Haziel santificato e io dannato.
Non si torna più indietro.
Chiudo un istante le palpebre e inspiro a fondo, la sua energia si espande, il suo potere si disgrega saturando lo spazio in cui ci troviamo e così viene assunto in Cielo. Ora è tempo di fuggire!
«Sara?», chiamo, un po' stordito dall'ondata di energia.
Quando la vedo stesa a terra, davanti alla porta, resto senza fiato.
«Cazzo!».
La raggiungo in un batter di ciglia, noto le scottature sulla pelle, qualche ustione che potrei curare, se ne avessi il tempo. L'importante è che sia viva.
«Andrà tutto bene», le sussurro.
Recupero il suo abito e la rivesto, cerco di fare piano, ma si agita quando il tessuto entra in contatto con qualche vescica. La adagio sul letto e indosso la camicia, raggiungo l'auto con lei in braccio sentendomi già il fiato delle Potestà sul collo. Parto e solo dopo diversi minuti mi rendo conto di non avere una meta. Dobbiamo allontanarci da qui il più possibile, ma poi? Non posso riportarla a casa sua, se Melahel è sulle sue tracce sarà il primo posto dove andrà a cercarla ed è tutta colpa mia. Cos'ho fatto?
"Hai amato".
"Non è il momento, Lucifero. Stai fuori dalla mia testa!".
Continuo a guidare, lasciandomi Montichiari alle spalle e Sara ancora non accenna a svegliarsi. Alla fine, l'unica destinazione sensata è il Lago. Mi sono ricordato che i miei zii, anzi, quelli di Sebastiano, hanno un appartamento a Sirmione che in questo periodo è vuoto. Quando riprenderà i sensi decideremo insieme il da farsi. Però è strano, ormai sono passati più di venti minuti, perché non dà segni di ripresa?
"Forse perché un Cherubino è morto a pochi passi da lei, nel vostro piccolo nido di perdizione?", chiede retorica quella voce insistente, con un tono fin troppo sarcastico. "Avanti, Uriel, rifletti".
Inchiodo di colpo, voltandomi per guardarla. Dorme, sembra tranquilla, eppure non lo è, la posso ancora sentire.
"La sua anima è ancora qui", sentenzio atono.
"Sì e no. L'ascensione di Haziel l'ha trascinata con sé, in parte. Dovresti esultare che non l'abbia dissolta del tutto".
Serro i pugni con rabbia, maledicendo la mia stupidità. Devo curarla subito, il mio potere la richiamerà, la guiderà al suo corpo.
"Sei ancora troppo vicino, non puoi".
"Vuoi smetterla? Non seguo i tuoi consigli da molto, mi sembra. Forse non è stato abbastanza chiaro il nostro ultimo incontro? O è la frase 'stai fuori dalla mia testa' che non riesci a capire?".
"A proposito del nostro ultimo incontro, Michael ti ha ringraziato almeno?".
"Cosa c'entra adesso?", replico digrignando i denti.
Tuttavia, devo dargli di nuovo ragione e riparto, ignorando i limiti di velocità. Un quarto d'ora più tardi ho già recuperato le chiavi come indicatomi e parcheggiato nel garage interno alla villa. Il posto è davvero bello, a Sara piacerà di sicuro, immerso nel verde e a due passi dal lago.
"Avrete tutto il tempo di fare i turisti e la coppietta felice", ridacchia.
Non posso nemmeno mandarlo al diavolo, non ci sarebbe gusto. Cerco di non dare troppo nell'occhio, cosa non semplice girando nel corridoio con una donna in bracco, priva di sensi. È pieno giorno, non è saggio che la curi ora, anche se vorrei tanto farlo. Le tampono la pelle con un asciugamano e acqua fredda, evitando le zone più colpite. Dovrei andare in farmacia, però ho paura a lasciarla sola.
Oh, Padre, a questo mi hai portato? Io, Uriel, ho paura.
La mano trema avvicinandosi al suo corpo, nel timore di farle altro male. Si sta allontanando, il legame dell'anima col corpo si sta affievolendo.
"Sarà il volere di Dio. Non è questo che dicevi controllando le porte d'Egitto, per scegliere chi risparmiare?".
"Taci!".
"Dio la vorrà con sé, non credi? Oh, no, in effetti credo sia condannata all'Inferno per averti corrotto. Peccato carnale, lussuria...".
"Amore! Il suo è sempre stato amore", ribatto col sangue che mi ribolle nelle vene.
"Volontà di Dio e libero arbitrio. Libero arbitrio e peccato. Non è così facile quaggiù, vero?".
«Torna da me, donna», mormoro, chinandomi su di lei per sfiorarle appena la guancia.
"'Donna' è il massimo della confidenza e della dolcezza che le riesci a dare?".
"È molto di più", rispondo con un sorriso.
Triste, mi sento così adesso. Malinconico nel ricordare la prima volta che l'apostrofai in tal modo al bar.
Non avevo mai avuto molti contatti con gli esseri umani, soprattutto dopo la perdita di Luce, li evitavo con cura. Per me erano solo uomini e donne, non mi interessava altro, non mi serviva sapere altro. Non avevo idea di come si rapportassero tra loro e poi arrivò lei. Mi fissò con uno sguardo assassino che mi strappò un ghigno divertito, incrociò le braccia e mi sfidò in silenzio. Una semplice donna che sfidava me, senza ritegno e senza ombra di paura. La chiamavo così a ogni occasione, soltanto per il piacere di godermi la sua reazione, che andò smorzandosi nel tempo. Quando le rivelai la mia natura, i suoi occhi cambiarono e non vi lessi più sfida, bensì tenerezza; lei, insignificante essere umano, aveva capito quanto si celasse dietro il mio insistente modo di contrariarla, i miei bisogni inconfessabili. Adesso, riservo solo a lei questo appellativo.
Donna.
L'unica nel mio cuore e l'unica a cui l'ho aperto, dopo Luce. E tu, Padre, dove sei in tutto questo?
Non importa, ora devo pensare a lei. Le accarezzo i capelli, scostandole una ciocca scivolata sul viso.
Un istante e il mio cuore si ferma, perde un battito, mentre nella testa, in ogni fibra del mio corpo riecheggia un suono simile a un filo che si spezza.
«No!», grido scattando in piedi.
Gli occhi saettano sul corpo di Sara, smarriti. La paura diventa più intensa, qualcosa che non ricordo di aver mai sperimentato e che mi paralizza.
"Terrore", mi sussurra Lucifero.
«No, no, no! Combatti, Sara, non lasciarti andare... ti prego».
Mi guardo le mani, stringo i pugni per poi riaprirli, inspirando a fondo. Non la perderò così, non adesso. Non sono ancora pronto.
Lascio che il potere divino si espanda, riverberando in questo corpo umano; ogni singola cellula viene scossa e prende a vibrare sempre più veloce, bruciando, consumandolo. Avvicino le palme al suo petto e chiudo gli occhi. Fino a qualche anno fa avrei pregato, avrei invocato il tuo nome, Padre, il tuo aiuto... Un Angelo Caduto non può e non sono neppure certo di crederci più. Se fallirò, saprò che era in te soltanto che viveva la grazia e la mia capacità di guarire, di guidare le anime ancora erranti. L'energia fluisce densa e la seguo socchiudendo le palpebre, una colata dorata dai riflessi purpurei che si insinua sotto la pelle di Sara, per irradiarsi in essa.
«Torna da me», ecco la mia preghiera.
Il dolore si acuisce, sto chiedendo troppo al corpo di Sebastiano, soprattutto subito dopo lo scontro con Haziel e l'utilizzo della mia spada. La sensazione è simile a una miriade di aghi che mi attraversano senza fine, come se i tessuti si stessero lacerando, strappando. Non posso fermarmi, non sento ancora il legame ripristinarsi e tutto dipende da lei. Mi accorgo di tremare, spasmi involontari cominciano a scuotermi, fino a che un accesso di tosse non mi porta a sputare sangue, costringendomi a smettere e a sedermi sul bordo del letto. Le gambe sembrano fatte di gelatina, tanto sono molli. Quando si placa, osservo la chiazza rossa formatasi sul pavimento ed è di nuovo il terrore a impadronirsi dei miei pensieri. Non ho mai pianto in tutta la mia esistenza, ma forse c'è una prima volta per tutto.
Questa è la mia prima lacrima ed è per una donna... quella che ho perso, che non sono stato in grado di proteggere, né di salvare. Un nodo mi attanaglia la gola.
Voglio urlare. Ho bisogno di urlare, proprio come allora.
Luce.
Un sospiro, ma non è mio. Zittisco il mio dolore, ascolto e, incredulo, lo sento.
Respira di nuovo.
Mi volto piano, perché ho paura di crederci davvero. Invece è lei, il suo petto si alza e si abbassa in modo flebile, però è abbastanza. Non è tornata del tutto, l'anima non è rientrata completamente nella dimensione del corpo, tuttavia è sufficiente.
Sono stanco, non ce la faccio più. Mi abbandono accanto a Sara e chiudo gli occhi nel silenzio, cercando il battito del suo cuore. Non mi serve altro.
Solo lei.
Bene, devo ammettere che non è mai facile scrivere i capitoli di Uriel, ma questo è stato parecchio tosto. A voi come sembra, invece?
Non sono certa di riuscire a fare un aggiornamento a settimana, ce la metterò tutta però. Spero sarete pazienti, come con "Nero Corvo" 💖
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