Capitolo 2
"L'amore è come la pioggia: da sostanza alla vita."
Lei rimase lì, sola, infreddolita e immobile avendo appena visto il sogno della sua vita allontanarsi in una Cortina degli anni '60. Prese il telefono e lo accese per chiamare un aiuto.
«At, ci sei?» chiese la ragazza semi-ghiacciata.
«Certo che ci sono, ma dove sei? Stai tremando?» chiese la migliore amica preoccupata.
«Per questo ti ho chiamato, avrei bisogno che mi vieni a prendere e che mi ospiti a casa tua fino alle sei e mezza, perché ho promesso ai miei di restare a scuola tutto il pomeriggio per studiare e sono all'uscita laterale per una specie di appuntamento segreto che è stato scoperto dalla madre di Andreas.» disse la ragazza spiegando l'avvenuto.
«Certo che puoi stare da me! Arrivo subito, basta che dopo mi racconti i dettagli dell'appuntamento segreto con Andreas.»
«Certamente, ora vieni però che mi sto congelando!»
E chiusero la chiamata.
Luce era appostata all'albero dove ha incontrato Athena, una delle due persone che le hanno stravolto la vita, a continuare a leggere un libro, precisamente "Uno di noi sta mentendo." di Karen M. McManus, sul suo tablet mentre aspettava l'amica.
Passarono una dozzina di minuti e Luce iniziò ad avvertire un forte mal di testa come se qualcuno stesse cercando di entrare nel suo cervello poi il buio.
– Seguimi, ti porterò in un posto magico. – disse una figura con la voce di Andreas che Luce tanto ama tendendo le mani in quella buia oscurità.
Lei si alzò in piedi e la seguì, non lo voleva, non riusciva a controllarsi. Era come se il suo corpo scegliesse per lei.
– Dove stiamo andando? E chi sei tu? – chiese la ragazza confusa.
– Fai tante domande, eh? Stiamo andando al nostro posto, il nostro posto... – disse con voce misteriosa.
– Ancora non mi hai risposto a una domanda. Chi sei? –
– Neanche riconosci il ragazzo che ami con tutto il tuo cuore? – chiese con voce sorpresa sorridendo nella penombra.
– Andre! Ti avevo riconosciuto ma bisogna sempre essere prudenti. –
– Adesso riconosco la mia Bianchina! – esclamò il ragazzo sogghignando.
– Smettila! Sai che non mi piace. –
– E tu sai che io lo faccio apposta, sei la mia sorellona preferita. –
Ed ecco il suo peggiore incubo realizzarsi: il ragazzo che ama da ormai due anni la considera come una sorella maggiore, sempre lì per lui e piena di consigli. Secondo lei, per lui non era niente di più che una persona su cui contare... Non era vero: lui la amava più di ogni altra cosa, aveva fissato quell'appuntamento all'uscita laterale per dichiararsi a lei.
Un silenzio imbarazzante calò su di loro fino a quando arrivarono al loro posto e videro due bambini che gli assomigliavano in tutto e per tutto.
24 maggio 2007
– Lu, ridammi la palla, voglio giocare a calcio! – disse il bambino.
– Ma anche io ci voglio giocare! –
– Allora perché non ci giocate insieme bambini? Così siete entrambi felici. – disse il padre di uno dei due.
– Okay papà! Vieni Lu. Andiamo! – rispose eccitato il piccolo bambino dagli occhi color zaffiro.
I bambini corsero a giocare insieme per l'ultima volta quel pomeriggio primaverile.
2020
Lei era in lacrime, non si ricordava affatto di lui, pensava che il loro primo incontro fu quella volta al fast food dove curò il ragazzo, ma si sbagliava... Come ha fatto a dimenticarsi di lui? Erano inseparabili, ma a qualcosa o qualcuno, non andava a genio che fossero così uniti e così la loro amicizia si spezzò fino a ritrovarsi anni dopo.
Una mezz'ora bastò all'amica per arrivare in una fiat 500 perlata. Athena scese dall'auto con i suoi lunghi capelli biondi che scendendo vanno verso un balayage* rosa dorato che svolazzavano grazie al forte vento invernale. Luce sentì una mano accarezzarle la spalla e finalmente si svegliò da quel "sogno" non tanto gradito incrociando per prima cosa il gelido sguardo naturale dell'amica. Quest'ultima aveva gli occhi di un color nocciola molto freddo, diverso dal normale, delle lentiggini su tutto il viso e una carnagione decisamente troppo chiara per le sue origini greche e il clima spagnolo.
– Luce! Dobbiamo andare, sveglia! – le disse la bionda.
– Sono sveglia... Stavo solo riposando gli occhi... – ribatté Luce imbronciata.
– Ho capito, stavi riposando gli occhi, ora però entra in macchina che sei gelida. – disse l'amica ridendo sotto i baffi.
Entrambe salirono nella macchina dagli interni color tiffany che rispecchiano la personalità dell'amica, dolce e raffinata, e iniziarono a parlare.
– Che è successo con Andreas? – domandò Athena.
– Beh, oggi in sala studio ci siamo incontrati e dati appuntamento alle quattro all'uscita laterale della scuola per non essere visti da nessuno... – disse Luce imbarazzata.
– Che bello, tu sei fortunata a poter provare la sensazione dell'amore... Io vorrei tanto se solo la mia genetica non fosse quella che è... – disse l'amica.
– At, sei tu quella fortunata. Io rischio ogni giorno di essere catapultata all'inferno per quello che sono. – affermò Luce per confortarla.
– Ormai, tutto questo è un mito. Ora ti lascio continuare, voglio sapere come va a finire. –
– Allora, io arrivai in ritardo visto che la professoressa Sandemetrio sembra sorda, non sente mai la campanella, Comunque, lui mi prese per i fianchi e mi alzò il mento facendo incrociare i nostri sguardi come se volesse baciarmi come nelle storie d'amore che leggevamo da piccole. Ma sua madre arrivò in macchina e me lo portò via... –
– Mi dispiace che tu abbia perso la tua occasione ma sicuramente la prossima volta vi vedrò uscire da quella porta mano nella mano. – disse Athena lasciando il volante per abbracciarla.
– AT! MACCHINA! – furono le ultime parole di Luce prima di venire scaraventata contro il cruscotto.
Si sentivano le sirene di un'ambulanza di sottofondo e delle voci di soccorritori che la ragazza albina non riusciva a distinguere grazie al forte mal di testa provocato dall'incidente. Pensava solo a una cosa, se Athena stava bene.
Iniziò disperatamente a urlare il suo nome cercando di alzarsi per controllare la situazione ma i soccorritori le abbassavano sempre la testa dicendo "Signorina, non deve sforzarsi, è ferita gravemente." ma lei urlava sempre più forte quando a un certo punto sentì:
– Sto bene... –
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