Capitolo 1:
Big dreamers never sleep.
Cit. Edgar Allan Poe
"Piove. Le nuvole vomitano sulle strade. Le persone imprecano.
È curioso come sia bello quando piove. Perché se qualcuno subisce, allora è una pioggia schifosa, ma se la si contempla al di là del vetro, pare che la Natura ci avvolga nei suoi pensieri più puri".
- Segui la lezione, non guardare fuori - la rimproverò la professoressa.
- S-sì, mi scusi. Stavo pensando e m-mi sono persa a guardare la pioggia - le rispose la ragazza.
- Lo vedo, ma bada di ascoltarmi che la pioggia puoi vedertela a casa -.
Abbassò la testa, quindi la professoressa continuò la spiegazione.
"Forse dovrei aprirmi di più con più persone..." pensò.
Uscì da scuola, rise. Bisbigliò:
- Non ho l'ombrello! -.
"Lo sapevo, ci avevo anche pensato. Dalla finestra ero incredula a tanta maestosità e ora...".
Rideva di gusto, mentre l'acqua le accarezzava il collo e le impregnava i vestiti. Anche la tracolla era fradicia.
Quando varcò l'entrata della sua abitazione, venne accolta dalla madre.
- Ciao - venne salutata.
- Ciao, mamma -.
- Come stai? Com'è andata? -.
- Bene e bene -.
Erano le 14, andò a prepararsi il pranzo.
La sera andò nella stanza più elegante e raffinata della casa con la madre.
I tasti bianchi e neri dipingevano una dolce melodia in tutta la stanza. Le dita danzavano a quella sinfonia, come fiori alle brezze primaverili.
- Amanda, sei davvero brava -. Le disse la madre sorseggiando té russo.
- Grazie -. Nel mentre continuava a suonare. Sua madre rimase a contemplare la grazia con cui la ragazza sapeva trovare i tasti giusti.
- Amanda, ma come fai?- aggiunse una risata sbalordita.
- Impegno e costanza -.
- Ma hai cominciato da poco, quattro mesi -.
- La costanza e l'impegno non si misurano in tempo, mamma -.
- Certamente... -. Poi, la donna lasciò la stanza.
Le rose gialle dei veroni scorgibili dal pianoforte donavano leggerezza all'ambiente, rispetto alla maestosità della stanza; Amanda non amava le esagerazioni. Amanda voleva soltanto poter essere sé stessa. Concluse il brano, dopodiché si mise a sedere sul divano, versandosi il rimanente del tè russo lasciato dalla madre. Un infuso intenso, dagli aromi stupendamente esotici; ottimo."Dicono che io sia una ragazza insensibile, ma non è vero" stava rivivendo in testa i ricordi della mattina a scuola, quando le sue compagne di classe la derisero per l'ennesima volta perché lei pareva menefreghista; forse pareva fredda al contatto con il tepore della maggioranza delle persone. "Io non sono insensibile!". Non capiva il perché dovessero continuare a ovattare il suo mondo, violentando il suo fragile "io".
Poi si rispondeva: funziona così.
La ragazza tirò fuori dalla borsa un pacchetto di Diana. Le piccole labbra serrarono la sigaretta, mentre l'accendeva. In seguito s'immerse nei suoi pensieri. Il tabacco le regalava pause riflessive, come un amico che non ti abbandona mai.
Le gomme fuori scricchiolavano al passaggio sopra i san pietrini. Il profumo di limoni si avvinghiava a quello del fumo e donava un dolciastro contorno all'arredamento ottocentesco. Credenze tempestate di argenterie, tazze e tazzine, manufatti di vetro di Murano, libri dell'700, '800 e '900 e carte del padre si potevano ammirare.
"Ma chissà a che cosa sta lavorando adesso papà.. Non vogliono, ma io sono curiosa e guardo lo stesso" pensò. Spense la Diana nel portacenere e decise di dare un'occhiata nella parte di credenza dedicata ai lavori del padre. Tirò fuori una cartella gialla: "Giacetti". Suo padre le parlò già di quel caso. Una situazione ferma in tribunale, in cui neanche la sua accusa riusciva ancora a smuovere il processo; sembrava che l'imputato fosse colpevole ed era praticamente certa la vittoria per l'accusa, ma mancava ancora quella minima prova per incastrarlo e quindi il bastardo se ne usciva illeso. Ormai era il turno della cassazione. Non le interessava leggerlo, quindi posò la cartella sul tavolo. Fece per prenderne un'altra, ma la afferrò male e finì per farne cadere quattro. Una, molto più sottile e apparentemente vecchia, recitava la scritta: "Amanda". Incuriosita dal nome analogo al suo, l'aprì.
Ne rimase incredula.
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