Prologo

Strumming my pain with his fingers
Singing my life with his words
Killing me softly with his song
Killing me softly with his song
Telling my whole life with his words
Killing me softly with his song...

"Guarda" aveva detto Selene, aprendo le manine congiunte.

Una farfalla svolazzò verso il cielo ed entrambi sorrisero.

Si volevano bene allora e si amavano adesso.

Perché l'amore è più forte di tutto.

Perché l'amore è più forte della morte.

Perché c'è amore oltre la morte.

C'è amore oltre la morte...
C'è amore oltre la vita...

***

Avete mai amato qualcuno così follemente da condannare la vostra anima in un eterno abisso di fuoco?

Io l'ho fatto.

L'ho amato fino a smarrirmi nel buio freddo di un pensiero.

L'ho amato, fino a perdermi in un labirinto senza uscita.

L'ho amato e lo amerò fino a quando il mondo non sarà risucchiato da una nuova alba, fin quando nessuna stella rischiarerà l'oscurità perpetua dell'universo, fino a che ogni cosa, ogni singola cosa, non verrà marchiata dalla fine.

Fino a quando una piccola scia di luce illuminerà un cuore di tenebra e l'ultimo superstite scaverà la sua lapide, intingendo la sua pelle nel sangue del peccato originale.

Sono quattro mesi che non smetto di fissare il suo volto inerme.

Gli occhi chiusi, il respiro debole ma regolare, accompagnato dal ticchettio snervante della macchina che conta i battiti del suo cuore addormentato.

123...

Un battito.

123...

Un altro battito.

123...

È vivo.

123...

È ancora vivo!

123.

Un giorno.

123.

Una settimana.

123.

Un mese e un altro e un altro ancora, ma lui non si sveglia.

È lì.

Pacato, smorto, pallido, bellissimo.

Sembra un angelo caduto risalito dall'Inferno al Paradiso.

Una ginestra sul Vesuvio.

Una nube su un cielo terso.

Un'orchidea immersa in una palude.

Mi avvicino alla finestra, l'aria è satura di disinfettante.

Mi sale la nausea.

Mi sale l'ansia.

Sono giorni che non dormo, settimane che non mangio, mesi che non vivo.

Alzo lo sguardo stanco verso l'alto, un aereo lascia nel cielo una scia bianca al suo passaggio.

Esprimi un desiderio...

Da bambina lo facevo sempre quando vedevo un aereo passare tra le nuvole.

Mi ama, mi pensa, mi sogna.

Così lui ti amerà, ti penserà, ti sognerà.

Quel desiderio da bambina si era avverato, perché non ritentare?

Fa che si svegli, fa che si svegli!

L'aereo è ormai lontano, un punto invisibile, come se non avesse mai attraversato questo cielo, solo una striscia lattea testimonia il tramontare della sua esistenza.

Sospiro, lasciandomi cadere sulla poltrona accanto al suo letto.

Mi sento debole.

Stanca.

Affranta.

Disillusa.

La situazione di Kevin è molto "complicata" avevano detto i medici che l'avevano operato, quattro mesi prima.

"È una fortuna che sia ancora vivo" continuava a ripetere la dottoressa che si occupava di lui.

"È una fortuna..." continuavo a ripetermi io.

Dall'impatto con quell'auto Kevin ne era uscito con tre costole rotte, un'emorragia interna e un secondo trauma cranico.

Il primo l'aveva avuto da bambino, nel corso dell'incidente in cui era morto nostro padre.

Ciò rendeva il suo risveglio improbabile, ma non impossibile.

Serviva un miracolo.

E tutto era successo per colpa mia e del mio dannato braccialetto.

Tutto era accaduto per un mio capriccio.

Sono logorata dal dolore, divorata dalla colpa.

Avrei dovuto esserci io al suo posto, avrei dovuto subire io la sua sorte.

Lo guardo.

Le lacrime che pungono le ciglia cominciano a scendere copiose.

Scendono copiose da settimane ormai.

Prendo la sua mano e la stringo più forte che posso.

"Perché? Perché, Kevin?".

Un singhiozzo.

1...2...3.

Il ticchettio è regolare.

"Non dovevi tornare indietro per quello stupido braccialetto!" mormoro, soffocata dalle lacrime.

Un singulto.

1..2..3.

Il ticchettio accelera.

"Ti prego, svegliati! Svegliati, Kevin!".

Silenzio, pianto.

1...2...3.

Il ticchettio è di nuovo regolare.

"Io ti amo!" sussurro, stremata.

123, 123, 123.

Mi volto verso la macchinetta, sembra impazzita.

123, 123,123.

Un movimento impercettibile.

Le sue dita.

123, 123, 123.

"Aiuto! Presto, venite!".

Comincio ad urlare come una pazza.

Lascio la sua mano un istante per tirare la cordina del campanello, sopra il suo cuscino, che avvisa l'infermeria.

123, 123, 123.

Riprendo la sua mano e stringo forte di nuovo.

"Sono qui, Kevin, sono qui!".

Ora percepisco chiaramente il movimento della sua mano.

"Kevin! Amore mio, Kevin, ti amo, ti amo!".

E la sua mano afferra la mia.

Una stretta fragile, esile, flebile.

Ma una stretta.

"Kevin!".

I suoi occhi si riaprono piano, a fatica, come se la vita lo stesse risputando, lentamente, dall'altro mondo.

Stringe le palpebre e le riapre diverse volte, poi i suoi occhi si posano sul mio viso.

Mi guarda.

È frastornato, spaesato, impaurito.

Il suo sguardo incontra il mio, l'accenno di un sorriso illumina il suo volto pallido e le lacrime riprendono a scendere senza più fermarsi.

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