31. La Bella e la Bestia 🔞
Una moto nera sfrecciò nel traffico mattutino. Sottili gocce di pioggia imperlavano le carene cromate d'argento, risaltandone la lucentezza.
Un paio di mani scure e grandi, dalle dita affusolate, stringevano il manubrio, la solita giacca di pelle nera modellava le sue braccia forti, i bicipiti allenati, le spalle larghe e imponenti. Le gambe lunghe e muscolose, inguainate in un jeans chiarissimo, cavalcavano la sella con eleganza e destrezza, il casco nero celava il volto del pilota.
La visiera abbassata su due iridi viola.
L'anticamera dell'Inferno
Il riflesso del diavolo.
Kevin.
Raggiunse la piazza, gremita di studenti appena scesi dagli autobus, e lasciò la moto in uno dei parcheggi a spina di pesce.
Scese dalla sella, svettando in tutto il suo metro e novanta sui ragazzi che riempivano il marciapiede e, quando tolse il casco, un gruppetto di ragazze cominciò ad esultare.
Erano le ragazze che gli avevano dedicato una pagina su tiktok quando andava ancora il liceo, tra di loro c'era anche Chicca, che lanciò un'occhiata di disappunto alla sua amica appena la vide sollevare lo smartphone nella direzione di Kevin; lo stava filmando.
Lui la guardò infastidito, mentre sistemava velocemente i capelli scompigliati e inumiditi dalla pioggia, subito dopo si diresse verso la ragazza.
In condizioni normali avrebbe sorvolato sull'accaduto, ma il pensiero di rivedere Lilith aveva risvegliato nel suo animo una familiare sensazione d'angoscia.
Era inquieto.
Nervoso.
Camminò silenzioso verso la ragazzina, la sua bellezza arrogante lo precedeva e faceva tremare i cuori delle fanciulle presenti, ma lui non se ne curava minimamente.
Fiero.
Spregiudicato.
Prepotente.
Sfilò una sigaretta dal pacchetto che conservava nella tasca del giubbotto e la mise dietro l'orecchio, pregustando con il pensiero il momento in cui l'avrebbe accesa.
La nicotina lo calmava.
La ragazza trasalì quando si accorse che si stava dirigendo proprio verso di lei, lo osservò imbambolata per qualche secondo, fino a quando lui non le fu di fronte.
Bastò la sua presenza ad intimidirla, la ragazza fece sparire il cellulare in un batter d'occhio, poi abbassò lo sguardo mortificata, mentre lui la osservava torbido.
"Lo sai che è illegale quello che stai facendo?" tuonò, burbero.
Il suo sguardo cupo si addolcì quando la ragazzina iniziò a balbettare parole sconnesse, chiaramente imbarazzata e, probabilmente, spaventata dal suo tono duro.
Forse aveva esagerato, dopotutto era soltanto una ragazzina.
L'agitazione che provava all'idea di incontrare Lilith dopo la sua visita in ospedale lo innervosiva e bastava un niente per renderlo suscettibile.
Era trascorso più di un anno dal giorno in cui l'aveva minacciato e, se voleva avere delle risposte da lei doveva mantenere la calma, ma, soprattutto, la giusta distanza.
Quella donna esercitava ancora un certo fascino su di lui, sapeva come prenderlo, come sottometterlo al suo volere.
Inoltre, la sua somiglianza con Selene non era affatto d'aiuto.
"Scusala, Kevin, non succederà più".
La voce squillante di Chicca lo riportò al presente.
Doveva calmarsi, restare lucido.
Si voltò verso la sorellina di Miki e lei gli sorrise cordiale.
Era diversa dall'ultima volta che l'aveva vista, era cresciuta, le sue forme acerbe si erano arrotondate e si era tinta anche lei i capelli di rosa.
A quanto sembrava il rosa era una passione di famiglia.
Il pensiero di Miki lo rasserenò un po', la sua migliore amica aveva la benefica capacità di infondergli la quiete e la sicurezza che a volte
gli mancavano, era in grado di rabbonirlo con un solo sguardo.
Questo era uno degli aspetti che più gli mancava di lei.
Dopo il liceo Miki aveva deciso di proseguire gli studi fuori città e tornava a casa ogni tre mesi.
Sospirò e ritornò con l'attenzione
sull'altra ragazza.
"Non voglio video miei in circolazione, va bene?".
Cercò di controllare il tono di voce, di renderlo più cortese, ma l'ansia era alle stelle e il suo tentativo fallì miseramente.
La ragazza annuì con foga e lui, senza aggiungere altro, si dileguò in direzione dell' arco che dava accesso al centro storico, prese posto ad uno dei tavoli di un bar che aveva aperto da poco proprio accanto alla grande arcata e sfilò la sigaretta da dietro l'orecchio per accenderla.
Probabilmente stava facendo la cosa sbagliata, di certo Lilith non si sarebbe lasciata spaventare da lui, era una donna scaltra, che sapeva manipolare gli uomini e raggirarli con facilità, ma doveva tentare, non poteva permetterle di fare del male a Selene, di coinvolgerla in qualche subdolo piano frutto della sua mente psicotica.
In realtà non comprendeva le ragioni del suo interesse per Selene, lo considerava assurdo, privo di senso. Non si erano mai viste fino al giorno in cui lui stesso le aveva presentate e il fatto che lei gli avesse imposto di lasciarla era ancora più inconcepibile.
Si era chiesto più volte quale fosse il motivo di quel ricatto, ma non aveva mai trovato una giustificazione valida.
"Buongiorno, ragazzo, cosa ti porto?".
Kevin sollevò lo sguardo e incontrò il viso di un uomo barbuto.
Era vestito interamente di nero, ma indossava un grembiule verde con una stampa scritta in maiuscolo che riproduceva il nome del locale.
"Un caffè" rispose, mentre l'uomo segnava l'ordinazione su un taccuino elettronico.
Quando si allontanò accese la sigaretta, fino ad allora rimasta spenta tra le sue dita.
Intorno a lui non c'era nessuno, i tavoli esterni erano tutti vuoti per via della pioggia, che scorreva piano e sottile sulla sua testa.
La cosa non gli diaspiacque affatto, le persone lo innervosivano ancora di più quando era inquieto.
Cinque minuti dopo l'uomo ritornò con il caffè che aveva chiesto e, prima che ritornasse dentro, Kevin pagò il conto per evitare di farlo dopo.
Lo bevve amaro, in un sorso solo e finì la sua sigaretta, poi si avviò in direzione del club letterario.
Era bagnato fradicio ma non gliene fregava niente, l'acqua addosso affievoliva il calore che sentiva sotto la pelle.
Impiegò pochi minuti a raggiungere la sua destinazione e, quando si ritrovò dinanzi al portone che dava accesso a quella biblioteca particolare, tentennò insicuro.
Lilith era lì dietro, c'era sempre.
Tirò un lungo sospiro e prese coraggio, mascherò il suo nervosismo con un'espressione dura, poi spinse la maniglia ed entrò.
Come aveva immaginato lei c'era, era dietro il bancone della reception, immersa nella lettura di qualcosa sullo schermo del suo portatile.
Elegante come sempre, bellissima come sempre, profumata come sempre.
La scia di quello Chanel n. 5 accarezzò le sue narici provocandogli una fitta di piacere al bassoventre.
"Kevin..." affermò, con la sua voce sensuale.
Non sembrava sorpresa di rivederlo, come se sapesse che lui sarebbe tornato, in quel preciso giorno, a quella precisa ora.
Sorrise e portò indietro i capelli sciolti.
Erano lunghi fino al fondoschiena, neri come la pece e ondeggiavano sulle spalle sottili, sfiorando il seno generoso messo ben in vista dalla scollatura profonda.
"Ci hai messo un bel po' a tornare, vieni" lo invitò, con un paio d'occhi angelici, gli stessi che lo facevano impazzire da quando aveva cinque anni.
Lei si alzò in piedi e ancheggiò verso di lui che la guardò tutta, catturando nelle sue iridi ogni centimetro di quel corpo che conosceva alla perfezione.
Si fermò ad un passo da lui e alzò il viso per guardarlo in faccia; anche lei, pur indossando i tacchi alti, gli arrivava al petto.
Lui abbassò gli occhi sulla sua bocca colorata di rosso e si leccò le labbra.
Anche la sua bocca era identica a quella di Selene.
"Ti mancavo?" lo provocò, sollevando l'indice all'altezza del petto, sul giubbotto fradicio.
"Guarda, sei tutto bagnato" aggiunse, con un sorriso tenero.
Lui assottigliò gli occhi felini, sembravano due lame sottilissime pronte a ferire.
"No!" rispose glaciale e lei indietreggiò.
"Sono qui per parlare con te, Lilith" continuò, senza distogliere lo sguardo dal suo.
"Davvero? E di cosa vorresti parlare?" domandò lei, con un sorriso nervoso appuntato sul viso.
"Delle tue minacce?" chiese lui di rimando, in tono sarcastico.
Lei tentò un riavvicinamento, questa volta l'indice risalì dal petto alla guancia, mentre lui la fissava immobile, impassibile, impenetrabile.
In realtà stava morendo dalla voglia di farsela.
"Non erano minacce, era soltanto un avvertimento".
"Perché? Che cosa vuoi da Selene? Cosa c'entri tu con lei?".
Lilith lo fissò a sua volta, poi scoppiò in una sonora risata.
Lui sbatté le palpebre confuso e la confusione aumentò ancora di più quando lei afferrò i lembi della sua giacca aperta e lo trascinò dietro la reception.
Non voleva seguirla, ma il suo corpo non sembrava rispondere ai comandi.
Lo fece sedere alla sua sedia e poi sollevò la gonna fino alle coscie prima di mettersi su di lui.
"Sei innamorato di lei, Kevin?" sussurrò al suo orecchio, dolcemente.
Cosa stava succedendo?
Come aveva fatto a ritrovarsi su quella sedia in mezzo alle gambe di Lilith?
Cazzo!
Non era lucido, mentre sentiva i boxer tirare a causa della grossa erezione che premeva sul cavallo dei pantaloni, contro l'intimità di quella strega che ammaliava gli uomini con la sua voce seducente e un corpo divino.
"Sei bellissimo" bisbigliò ancora, muovendosi su di lui.
Porca puttana!
Non aveva previsto tutto ciò, o meglio, l'aveva previsto, ma pensava di essere in grado di gestire la situazione.
"Lo sai cosa adoro di te?".
Lui chiuse gli occhi mentre quella voce lo dominava, lo seduceva, lo possedeva.
"Il modo in cui prendi le donne, come se non avessi mai visto una figa in vita tua, come un animale... sei una bestia, Kevin" disse sottovoce, ondeggiando i fianchi, mentre le dita scorrevano sul bottone dei suoi jeans.
"I tuoi affondi mi facevano impazzire, riuscivo a sentirti ovunque".
Kevin sentì il desiderio scuotergli i testicoli e risalire lungo l'asta, la punta pulsare e inumidirsi di liquido pre eiaculatorio.
Stava per esplodere.
"Fottimi, Kevin, fallo qui, su questa sedia, adesso...".
Lui riaprì gli occhi e la guardò, il viso angelico, le labbra piegate in un ghigno soddisfatto.
Afferrò il suo mento delicato e accarezzò quella bocca con il pollice, sbavando il suo rossetto rosso in una chiazza sottile agli angoli della labbra.
Selene.
Lei non era Selene.
Lilith non era la ragazza di cui era innamorato da sempre.
Era un lupo travestito d'agnello, una belva feroce dalle sembianze angeliche.
Lilith non era la sua Selene.
Improvvisamente si sentì sporco, uno stupido, un incosciente, mentre veniva attraversato da una sensazione di disgusto e nausea.
Doveva vomitare.
Se la scrollò di dosso con una spinta violenta e si mise in piedi, riabbottonandosi velocemente i pantaloni.
Lei lo fissò incredula, sbalordita, quel gesto l'aveva colta alla sprovvista.
"Devi stare lontano da lei, Lilith, lontano da noi, hai capito?".
Questa volta fu lui a minacciarla.
Lilith recuperò prontamente l'attimo di smarrimento causato dalla sua spinta improvvisa e lo fulminò con un'occhiata piena d'odio, era risentita e offesa dal suo rifiuto.
"Credi che le tue minacce mi spaventino? Non sai contro chi ti stai mettendo, ragazzino!" ringhiò a sua volta.
Kevin la freddò con un'occhiata agghiacciante.
Spietata e criminale.
"Prova soltanto a sfiorarla e dovrai vedertela con me!" asserì lui.
Era freddo, un iceberg.
Lei sorrise guardandolo con aria di sfida.
"Sei soltanto uno stupido ragazzino!" lo insultò, ma le sue parole caddero nel vuoto, Kevin aveva appena varcato l'uscita, lasciandosi alle spalle quella maledizione.
Forse era stato avventato, sperava soltanto di non avere qualche ripercussione negativa da quell'affronto diretto.
Sapeva che Lilith avrebbe escogitato un modo per fargliela pagare, ma preferiva che la sua rabbia si accanisse su di lui, distraendola da Selene.
Kevin era consapevole di essere divenuto il suo bersaglio principale e ne era contento perché Selene era momentaneamente al sicuro.
Mezz'ora dopo stava abbassando la serranda del garage di casa sua.
Doveva ammettere che l'incontro con Lilith l'aveva scosso, anche se era riuscito a resisterle si portava ancora addosso la voglia che aveva di lei.
Una voglia malsana, malata.
Appena l'aveva vista il primo pensiero era stato quello di sbattersela fino a farla venire.
Come lei sapeva venire.
Entrò in casa con quell'erezione fastidiosa premere contro i boxer, la luce dell'ingresso era accesa, poi Selene sbucò dalla soglia della cucina.
Sorrideva innocente il suo angelo, la sua bella, inconsapevole che di fronte aveva la bestia appena risvegliata dell'oblio in cui cercava di relegarla.
Il mostro si era appena slegato dalle sue catene e aveva fame.
"Dove sei andat...".
Non le fece terminare la frase, l'afferrò per la nuca e cominciò a risucchiarle l'anima...
A morsi.
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