28. Angelica e Medoro

Le pareti della mia camera si restringono intorno ad un solo pensiero.

Kevin.

I suoi occhi.

L'universo in una stanza.

Ossigeno ad alta quota.

Il mio ossigeno.

Vorrei che lui capisse che per me non è il mostro che pensa di essere, che io sono perdutamente innamorata di lui.

Fottutamente persa di lui.

Ma, come sempre, ci divide il silenzio.

Il suo.

Sono mesi che cerco un dialogo, ma lui non vuole saperne.

È chiuso in sé stesso, dentro una corazza di ferro, avvolto da catene inossidabili.

Solo uno spiraglio trapela da quelle maglie sigillate l'una all'altra: la lettura.

Quando un libro si apre, un pezzo della sua anima prova a concedersi.

È muta, ma arrendevole.

Conscia di un'altra anima che vuole curarne le ferite.

La mia.

Siamo entrambi tagliati, ma lui sanguina di più, il pugnale è andato più a fondo ed è uscito dall'altra parte.

Mi guardo intorno e sospiro, la libreria a parete mi osserva da un'angolazione orizzontale e mi stuzzica.

Il proposito di riposare è spazzato via dalla voglia di leggere, così mi viene in mente un'idea.

Potrei leggere qualcosa con lui, dirgli quello che sento attraverso le parole di un romanzo, e so già quale, resta soltanto un problema da risolvere, ossia impedirgli di sedurmi durante la lettura.

Per lui leggere sembra essere un forte afrodisiaco, i libri lo eccitano, un solo verso gli procura un'erezione istantanea.

Ripenso alla prima volta in cui mi ha condotto nella grande biblioteca dell'università.

Voleva svelarmi i suoi demoni leggendo, demoni che lo conducono a provare disprezzo per sé stesso, si crede abietto, inetto, un mostro.

Kevin disdegna sé stesso, si biasima, si assegna colpe, si autoinfligge condanne, come un dannato.

È un dannato.

Se solo sapesse che per me è un angelo.

Etereo.

Se solo capisse che mi esplode il petto al solo pensiero di lui.

È così bello che non sembra reale, con quegli occhi e quella voce mi mette in disordine il cervello, mi offusca la vista, mi stordisce.

Quando ce l'ho di fronte non ci capisco più niente.

Mi rovista il cuore, mi stravolge con un solo respiro.

C'è un'altra cosa che non capisco, il terrore che in alcuni momenti leggo nei suoi occhi, come se qualcosa lo spaventasse a morte.

La domanda è sempre una soltanto: Cosa mi nasconde?

Con un profondo respiro scatto in piedi e mi avvicino alla libreria in cerca del titolo che ho in mente, poi sfilo il volume dallo scaffale e lo metto sottobraccio.

Chiedergli di leggere mi imbarazza perché so già come andrà a finire, ma voglio tentare, visto che l'unico modo che ho per comunicare con lui sono le pagine dei romanzi.

La mamma non è in casa, è uscita a fare delle commissioni, così prendo le chiavi dell'appartamento di Carola dal soggiorno e mi avvio verso l'uscita.

Sono nervosa, attraverso il viale di ingresso, che divide casa mia dalla sua, con il sangue che sembra l'acqua di un fiume in piena.

Sono così agitata che manco la serratura un paio di volte, poi finalmente, riesco ad aprire il portone.

Quando sono dentro il silenzio mi avvolge, solo il mio battito cardiaco si staglia in questo film muto.

Bianco e nero.

Carola doveva andare a lavoro, dunque Kevin è in casa da solo.

Dal corridoio semibuio filtra la luce accesa della sua camera; anche se sono le cinque del pomeriggio è già notte.

Mi diriggo verso la sua stanza, ma un rumore di passi mi raggiunge.

Kevin mi raggiunge e, istintivamente, nascondo il libro dietro la schiena.

Lui si ferma a qualche centimetro da me e io sollevo il mento per guardarlo in viso.

Cristo che figo, si è cambiato, indossa una tuta chiara che risalta le cosce muscolose e una canottiera che non lascia niente all'immaginazione.

Mi guarda, è sorpreso di vedermi perché dopo pranzo avevo detto a tutti che andavo a riposare un po', ma, come sempre, lui mi divora anima e pensieri, e così non sono riuscita a chiudere occhio.

Ricambio il suo sguardo e sorrido imbarazzata.

"Cosa c'è?" chiede.

Tentenno, mentre tutto il sangue che ho in corpo affluisce sulle guance.

Non sono più tanto sicura della proposta che sto per fargli, ma ormai sono qui, non posso tirarmi indietro.

Mi vergogno come una ladra perciò aspetto ancora un pochino prima di mostrargli quello che ho in mano.

Lui continua a fissarmi negli occhi in cerca di una risposta, con quello sguardo tenebroso che mi scioglie anche le ossa.

Vacillo qualche secondo e poi glielo mostro.

È  l'Orlando Furioso di Ariosto.

"Ti va di leggere?" domando, quasi sottovoce e riporto lo sguardo, che avevo spostato altrove per l'imbarazzo, nel suo.

Lui mi osserva, un movimento impercettibile delle pupille che si fa oracolo del prossimo futuro, risucchiandomi in quei pozzi neri e depravati.

Un mezzo sorriso gli increspa gli angoli di quella bocca baciata da un angelo, poi mi afferra per un braccio e mi trascina nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle in un tonfo di legno battente.

Sono in trappola, ma sono entrata spontaneamente nella tana del lupo.

Mi scruta con aria furba e quel sorrisetto malizioso stampato in faccia.

"Cosa vuoi leggere?" chiede, avvicinandosi con la grazia di un leone che ha adocchiato la sua gazzella.

Indietreggio e sbatto contro la sua scrivania colma di libri.

I volumi vibrano, mentre i suoi avambracci scuri mi incastrano contro il bordo del tavolo.

Stringo il volume al petto e gli lancio uno sguardo deciso.

"Io vorrei solo leggere, Kevin".

Lui mi guarda intensamente, con quegli occhi che squarciano l'esistere e scombussolano tutto il mio essere, poi si china sul mio collo e inspira.

Mi respira.

Lentamente risale verso il mio orecchio e soffia delicatamente sul lobo.

Tremo travolta da una scarica di brividi.

"Quindi... vuoi solo leggere?" sussurra con la sua voce roca e i miei slip si inumidiscono.

Annuisco, questa volta con meno decisione, e lui si scosta da me.

"Vieni, mettiamoci comodi" dice, indicando il suo letto.

La sua stanza è il caos, ci sono libri dappertutto e spartiti che sventolano ovunque.

Chissà se ha mai scritto una canzone?

Lo seguo con gli occhi mentre prende posto sul suo letto, poi lo raggiungo.

"L'Orlando Furioso" dice, divertito.

Annuisco ancora.

"Voglio mostrarti cosa sei per me, Kevin".

Questa volta è lui ad annuire, poi fa un sospiro profondo.

Mi accarezza una guancia e mi guarda con tenerezza.

"Cosa sono per te, Selene?" chiede, ma la domanda si perde nelle sue iridi smarrite altrove.

Cerco il passo che voglio leggere e mi schiarisco la voce prima di cominciare la lettura.

"Assai più larga piaga e più profonda nel cor sentì da non veduto strale, che da begli occhi e da la testa bionda di Medoro aventò l'Arcier c'ha l'ale. Arder si sente, e sempre il fuoco abonda; e più cura l'altrui che 'l proprio male: di sé non cura, e non è ad altro intenta, c'ha risanar chi lei fere e tormenta".

Mi fermo, lo guardo per accertarmi che stia ascoltando e lo vedo sorridere per l'ennesima volta.

"Quindi ti sei innamorata dei miei capelli biondi, Sailor Moon?" mi prende in giro e arrossisco.

Quando mi ritrovo la sua bocca ad un centimetro dalla mia un sussulto mi attraversa tutta.

"Non arrossire, Selene" mi redarguisce e ottiene l'effetto contrario, poi solleva l'indice sulle mie labbra e ne ripercorre il contorno.

"Sto dicendo che sono pazza di te, Kevin" sussurro piano e lui posa la bocca sulla mia.

Mi bacia forte, mi divora, le nostre lingue si inseguono e si intrecciano, mentre mi afferra per la nuca e si spinge più a fondo.

Ci lasciamo per riprendere fiato e lui poggia la fronte sulla mia.

"Ho una voglia pazza di infilarti il cazzo in bocca" bisbiglia, infilandomi l'indice tra le labbra.

Lo succhio, mentre i suoi occhi seguono ogni singolo movimento delle mie labbra intorno al suo dito.

"Non ho ancora finito" affermo, riportando l'attenzione sul libro.

"Anch'io sono pazzo di te" dice sottovoce.

Lo guardo sottecchi, non riesco a trattenere un sorriso e il cuore batte forte.

Sempre più forte.

Riprendo la lettura.

"Se di disio non vuol morir, bisogna che senza indugio ella se stessa aiti: e ben le par che di quel ch'essa agogna, non sia tempo d'aspettar ch'altri la 'nviti. Dunque, rotto ogni freno di vergogna la lingua ebbe non men che gli occhi arditi:  e di quel colpo domandò mercede che, forse non sapendo, esso le diede".

Sollevo ancora una volta  lo sguardo su di lui e lo sorprendo a fissarmi con un'espressione seria.

"Che c'è?" domando, attonita.

"Sei bella quando leggi" e arrossisco di nuovo.

"Ti amo, Kevin, e per me non sei un mostro, sei un angelo, il mio angelo".

Lui mi osserva in silenzio, percepisco i battiti dei nostri cuori intrecciarsi l'uno all'altro, poi mi sfila il volume dalle mani e lo chiude.

"Non sai quello che dici!".

"Lo so invece!".

"No!".

"Io ti amo!".

"Ti amo anch'io, ma tu non dovresti".

"Perché?".

Balza in piedi e mi gira le spalle.

"Perché, Kevin?" ripeto.

Si volta verso di me, non parla, è muto.

"Dimmi perché non dovrei amarti se ti amo da sempre".

Sbarra gli occhi attonito, come se le mie parole lo avessero colto di sorpresa.

"Perché sono un sadico, Selene, perché quando avevo quindici anni...".

Si blocca all'improvviso e fruga nervosamente nelle tasche in cerca delle sue sigarette.

"Cosa?".

Ne sfila una dal pacchetto e la infila  in bocca.

"Cosa è successo, Kevin?".

Silenzio.

Solo silenzio.

Un silenzio sordo.

Neanche mi guarda, poi si dirige verso la finestra, la apre e si accende quella maledetta sigaretta.

"Niente" afferma, sputando il fumo.

"Non mentire" lo rimprovero.

Mi avvicino e mi fermo di fronte a lui.

"Parlami, Kevin" lo prego, accarezzandogli il viso.

Lui mi guarda ancora.

Quegli occhi mi scavano sotto la pelle, mi prendono a sberle e mi uccidono.

Scuote la testa, poi spegne la sigaretta a metà in un posacenere a forma di Joker.

Sorride.

Un sorriso triste.

Mi prende per mano e mi attira contro il suo petto, poi mi stringe forte.

Mi soffoca tra le sue braccia, come se avesse paura di perdermi, come se io potessi fuggire da un momento all'altro.

Non riesce a capire che il mio cuore è incastrato nel suo.

Lo abbraccio a mia volta e lui mi bacia di nuovo.

Un bacio avido e disperato.

Avido di me.

Disperato d'amore.

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