25. Frankenstein 🔞

⚠️ Attenzione: nel capitolo sono presenti scene esplicite di tipo estremo, pertanto consiglio ai più sensibili di saltare la lettura di questo capitolo.

Quattro anni e mezzo prima c.a...

Un tiepido raggio di sole si allungava tra le ombre del centro storico, allargandosi sempre più con il passare delle ore.

Lo scroscio dell'acqua nelle vasche della grande fontana accompagnava le orme dei passanti.

Un uomo anziano fermò una ragazza di sedici anni sul marciapiede.

Lei si era appartata per fumare una sigaretta lontana da occhi indiscreti, erano le prime volte che fumava.

"Non fumare" disse il vecchio "Il fumo fa male, mio fratello è morto a causa del fumo".

Lei sorrise gentile, era troppo piccola per capire le parole del vecchino, ma non rispose.

"Comprati le caramelle, quelle bianche, con il buco, e ne mangi una quando ti viene voglia di fumare" le consigliò l'uomo, stringendosi nella sua giacca blu, imbottita.

Era primavera, ma faceva ancora freddo.

La ragazza annuì, non avrebbe seguito il suo consiglio.

Il vecchio la salutò e lei gettò il mozzicone per terra.

Si portò indietro una ciocca nera, si era tinta i capelli biondo cenere perché il suo colore naturale non le piaceva, la faceva sembrare una bambina, rimise lo zaino in spalla, uno zaino grigio, dell'invicta, con un diddle al posto della cerniera.

Alzò lo sguardo e lo vide, un ragazzo alto e moro.

Indossava la giacca di pelle nera, aveva una sigaretta nella mano destra e, come lei, lo zaino in spalla.

Continuò a fissarlo fino a quando non scomparve dentro la porta della biblioteca pubblica, poi si avviò verso la sua scuola, mancavano meno di dieci minuti al suono della campanella.

Kevin spense distrattamente la sigaretta nel posacenere da esterni fuori dalla porta della biblioteca, poi varcò la soglia ed entrò.

Era martedì e ogni martedì, alle undici in punto, lei lo aspettava.

Aveva conosciuto Lilith quasi sei mesi prima e ciò che più l'aveva colpito era la sua somiglianza esagerata con Selene.

Sembrava surreale.

Era impressionante.

Incredibile.

Lilith non era Selene, era molto diversa da lei, era il suo opposto, eppure, ogni volta che lo sfiorava il suo petto generava milioni di onde ultrasoniche.

Era pazzesco.

Era un pazzo.

Ma quando faceva l'amore con lei stava amando Selene.

Toccava Selene.

Baciava Selene.

Amava Selene.

Era un pazzo, sì!

Ma avere Lilith era l'unico modo che conosceva per avere Selene, anche se lei era sadica, fuori di testa e gli passava quindici anni.

Per andare a letto con lei aveva dovuto firmare un accordo in cui avevano stabilito ogni dettaglio della loro relazione.

Il contratto aveva una durata di sei mesi, poi avrebbe deciso lui se rinnovarlo o retrocedere.

Non sapeva neanche se questa cosa fosse legalmente possibile, visto che era ancora minorenne, ma aveva firmato subito.

La smania di averla era irrefrenabile.

Tuttavia, ancora non sapeva cosa lo aspettava.

Non aveva compreso appieno la follia di quella donna.

Ogni giovedì gli inviava tramite sms dei titoli, una lista, e lui doveva sceglierne uno da leggere nel loro incontro del martedì.

Aveva ventiquattro ore di tempo per decidere la lettura e, una volta scelta, le inviava il titolo per messaggio.

Lei era molto precisa, oltreché perversa.

Era pignola.

Una perfezionista.

Metodica.

Le piaceva organizzare tutto preventivamente e nei minimi dettagli.

Attraversò l'ingresso, occupato dalla reception e dalla signora Enza, la bibliotecaria, una donna sulla sessantina.

Indossava occhiali da vista, molto spessi, che coprivano i suoi occhi chiarissimi e portava i biondi capelli legati in una crocchia stretta sul capo.

Gli sorrise gentile.

Materna.

Ormai conosceva quel ragazzo che, da qualche mese, ogni martedì, alle 8.00 di mattina, entrava nella sua biblioteca, sceglieva uno devi volumi e sedeva al tavolo da lettura in fondo alla sala.

L'aveva osservato bene.

Ogni martedì sceglieva un libro diverso, si accomodava al solito tavolo e cominciava a leggere.

In alcuni momenti i suoi occhi, dal colore molto particolare, si perdevano nel vuoto, invasi da chissà quale tormento.

Era così giovane, ma il suo sguardo sembrava millenario.

Kevin lasciò la biblioteca alle 10.50.

Il libro che aveva scelto per la lettura di quel martedì era Frankenstein, di Mary Shelley.

Lilith aveva la fissazione per le letture gotiche, che sfociavano nell'orrore, ed era così che si vedeva lui stesso, un orrore, oltreché un errore.

Anche lui era un mostro e Lilith era il Frankenstein che l'aveva riportato in vita.

Per lei era solo carne e dominio.

Corpo.

Sangue da dominare.

Orgasmi da negare.

Aveva anche imparato a controllare questo aspetto.

Le prime volte, quando lei lo portava all'apice del piacere e poi glielo negava, si sentiva frustrato, insoddisfatto.

Lilith voleva avere il pieno controllo del suo corpo, per lei Kevin era un giocattolo, un pupazzo da cui trarre il massimo godimento, plastica da modellare in base ai suoi desideri, ma lui era stato più furbo.

Aveva imparato a dominarsi, a tenere in pugno il piacere.

Era lui a decidere quando venire.

Era sempre lui a decidere la punizione.

Era un masochista.

Amava il dolore, lo cercava, lo voleva, ma soltanto quando lui stesso lo riteneva opportuno.

Lilith non era a conoscenza di questo.

Era molto furba, ma anche terribilmente ingenua.

A conti fatti era lui a giocare e lei a soccombere alla sua volontà.

Era un malato.

Uno psicopatico.

Un cazzo di psicotico.

Ma era lui ad arbitrare la partita, anche se l'effetto che gli faceva la vista del corpo nudo di Lilith in preda agli spasmi dell'orgasmo era potente.

Nonostante tutto lei stava plasmando la sua personalità, stava instillando in lui il germe della dipendenza.

Kevin dipendeva da lei.

La sua tossicità lo stava contagiando, riversandosi nel suo modo d'amare le donne.

Era tossico di sesso.

Sesso violento, doloroso, mostruoso.

Lui era il mostro.

Tutte le donne che si portava a letto dovevano fare i conti con la sua furia.

Era una bestia.

Lilith aveva creato la bestia.

Frankestain aveva creato la sua creatura.

Questa cosa lo spaventava.

Era terrorizzato da sé stesso.

Dai suoi incubi, dal suo passato, dal suo presente.

Per questo aveva deciso che non avrebbe rinnovato il contratto.

Voleva chiudere quella relazione insana e malsana.

Varcò la soglia del club letterario alle undici precise, Lilith lo stava aspettando nella sua stanza, l'ultima porta a destra in fondo al corridoio.

Quando entrò la trovò in piedi, di fronte al leggio, completamente nuda, indossava soltanto le scarpe e una maschera di pizzo nero.

"Spogliati" ordinò senza neanche guardarlo in faccia, continuando a sfogliare il volume alla ricerca del passo prescelto.

Kevin eseguì l'ordine.

La camera di Lilith era un'altra biblioteca.

Tutte le pareti erano ricoperti di scaffali ricolmi di libri, c'erano libri ovunque, sul pavimento, sul comodino, sul letto a baldacchino che torreggiava al centro della stanza, sul davanzale della finestra.

C'erano libri dappertutto.

Dopo essersi denudato, Lilith lo invitò a sedere sulla sedia che aveva messo accanto al letto, di fronte ad una specchiera ottocentesca, poi prese il leggio e lo abbassò alla sua altezza, pochi centimetri bastarono vista la statura di Kevin, e lo posizionò davanti a lui.

Scomparve un istante tra i veli del baldacchino e ritornò qualche secondo dopo con due paia di manette tra le mani.

"Ricorda, Kevin, occhi sul libro!" lo ammonì, notando che il suo sguardo scivolava sulle manette.

Kevin fece quanto detto e lei cominciò ad ammanettarlo, prima i polsi e poi le caviglie.

Quando il metallo freddo entrò in contatto con il calore della sua pelle, una scia di brividi punteggiò la sua pelle ambrata.

"Sei bellissimo, Kevin" sussurrò lei, sensuale, e una vistosa erezione campeggiò tra le sue gambe.

"Perché hai scelto questo titolo?" domandò, poco dopo.

"Perché tu sei il mio Frankenstain" sussurrò lui, fissando il libro.

Lei rise.

Una risata nervosa.

"Davvero?".

Lui non rispose.

"Leggi, Kevin" ordinò, perentoria.

"Siamo tutti creature incomplete, dimezzate, se qualcuno più saggio, migliore, più caro a noi di noi stessi...".

Kevin si fermò un istante.

Un passo diverso dai soliti scelti da lei, mostra quasi una parte umana di lei, una parte che non le appartiene.

Forse Lilith ha perso qualcuno?

"Continua!" lo rimproverò.

"Più caro a noi di noi stessi, non ci aiuta a perfezionare la nostra debole, imperfetta natura".

Kevin dovette sforzarsi per non sollevare lo sguardo dal libro e fissarlo nel suo.

Avrebbe voluto vedere il suo volto, carpire i suoi stati d'animo, ma sentiva soltanto silenzio.

Riprese la lettura.

"Vi è stato un tempo in cui avevo un amico che era la più nobile delle creature, e perciò posso ben valutare l'amicizia" concluse.

Lei si avvicinò e chiuse il libro, poi spostò il leggio e Kevin poté finalmente guardarla in faccia.

Niente.

Non vide niente.

Un freddo antartico colorava quelle iridi trasparenti.

Si mise su di lui e cominciò a muoversi sul suo membro, eccitandolo, poi gli mostrò quello che aveva tra le mani.

Kevin osservò l'oggetto penzolarle dalle dita, era una corda.

"Ora ti chiederò di scoparmi" affermò, avvolgendola intorno al suo collo, senza smettere di ondeggiare sulla sua erezione.

Era fradicia.

Sentiva i suoi umori colare sul suo sesso duro, le labbra della sua intimità che pulsavano sul suo membro.

"Tu non sei come gli altri vero, Kevin?" bisbigliò stringendo leggermente la corda.

"A te piace il dolore, ti eccita, ti fa venire come un animale".

Strinse la corda e lui sorrise perverso.

"Scopami, Kevin!" disse, allentando la stretta.

Era vero.

Gli piaceva quella sensazione, lo portava al limite, alla distruzione del suo io e alla sua rigenerazione.

Gli faceva vibrare il cazzo, godeva come una bestia quando lei lo puniva con quella frusta o lo soffocava mentre lo cavalcava accogliendolo tutto dentro.

In questi casi era difficile per lui controllare l'orgasmo, stava ancora imparando.

Lei riprese a stringere e lui cominciò a spingere nel suo grembo, prendendo il controllo di quel ritmo dissoluto.

Più lei stringeva, più gli affondi erano intensi, più lei godeva, più lui dimenticava sé stesso, la sofferenza, il viso di suo padre ricoperto di sangue.

Lilith stringeva e il volto di Selene prendeva forma dell'oblio, innescando un piacere irresistibile.

Ma la donna che si stava facendo non era Selene, era Lilith e lei amava tormentare le anime.

Allentò di nuovo la corda, riportandolo al presente.

"Sei innamorato, Kevin?"

Lui non rispose e lei riprese a dominarlo, a scoparlo come una furia a stringere la corda rubando ansimi e respiro.

Fiato.

L'aria mancò e l'orgasmo sopraggiunse violento.

Kevin sentì un calore avvampare nel suo ventre, divampargli dalla schiena ai testicoli, risalirgli lungo l'asta ed esplose.

Si contorse sotto di lei in un vortice di spasmi e piacere, mentre Lilith tremava e si contraeva intorno a lui.

Vennero insieme.

Lasciò la corda e si aggrappò alla sua schiena con le unghie per non crollare nel baratro di quella perdizione paradisiaca e lui ritornò a respirare.

Ritornò in quella camera.

Il volto di Selene si fece sempre più sfuocato e l'olezzo del peccato si diffuse nell'aria.

Vide i loro corpi intrecciati riflettersi nello specchio e una sensazione di nausea gli pervase lo stomaco.

Si sentiva sporco.

Amareggiato e appagato.

Si era svuotato dentro di lei, non era riuscito a contenersi, a dominare la fiera scatenata da quel piacere oscuro.

Sì...


Era innamorato.

Lo era da sempre.

Eppure non poteva amarla perché la ragazza di cui era innamorato era sua...

Sorella.

***

Lilith era nel suo ufficio e osservava l'uomo in piedi di fronte a lei seduta dietro la sua scrivania di mogano.

"Allora, l'hai trovato?" domandò, spazientita

"Non ancora" rispose l'uomo.

"Sei un incompetente!" ribatté seccata.

"Non è un compito semplice, di lui abbiamo solo una foto risalente a circa vent'anni fa" rispose lui, infastidito dalla sua arroganza.

Lilith sbuffò e con un gesto nervoso sfilò una Philip Morris dal porta sigarette d'argento.

"E la ragazza?" chiese ancora, ansiosa.

"Lei è sotto controllo. Un mio caro amico ha incaricato i suoi ragazzi di tenerla d'occhio".

Lei annuì e si accese la sigaretta.

"Solo che...".

"Che?" lo spronò a continuare con tono saccente.

"La ragazza non è sola, c'è un ragazzo che la protegge".

Lilith sputò il fumo e spense la sigaretta, appena accesa, nel posacenere di cristallo.

Strinse i denti e si portò indietro una ciocca scura sfuggita al suo chignon disordinato con la mano guantata.

Kevin...

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