Capitolo 2 - Notizie inaspettate
<Finalmente! Credevo che ci avresti messo un'eternità> scendo dal letto ed esco dalla porta della camera d'ospedale, con l'ispettore sexy al seguito.
<Ma che gentile che sei! Vedo però che oggi stai meglio> lo guardo male e premo il pulsante per prenotare l'ascensore.
Stamattina è arrivato in ospedale con un sacchetto di Starbucks. Abbiamo fatto colazione in silenzio, poi mi ha chiesto di vestirmi per fare una passeggiata nel giardino dell'ospedale.
<La mia gentilezza è pari al cervello di una mosca> entriamo in ascensore e scendiamo in assoluto silenzio. La sua compagnia non è male. Oltre a essere un gran figo è anche gentile e, anche se mi costa ammetterlo, simpatico. La sua energia si diffonde in tutta la stanza ed influenza anche la mia.
Ho apprezzato moltissimo la colazione che mi ha portato. È stato un gesto semplice, ma che mi ha colpito. Non era tenuto a farlo, ne a venire a trovarmi in ospedale.
<Il dottor Brooks ti ha già detto che ti dimettono domani?> mi chiede mentre ci sediamo in una panchina vicino all'entrata.
<Si, e non vedo l'ora di tornare a casa> lui si irrigidisce di colpo e diventa serio. C'è qualcosa che non va e mi sembra di capire che non sarà una cosa buona.
<Mi dispiace ma mi sa che non potrai andare a casa tua per un bel po'.> mi irrigidisco anch'io e lo guardo con occhi sgranati.
<Che significa?> ho il cuore in gola e spero proprio che mi stia prendendo in giro.
<Significa che potrai andare a casa tua solo per prendere le tue cose. Tua madre è stata portata in un centro per tossicodipendenti e tuo padre al fresco. Casa tua per ora è sotto la tutela dell' FBI> all'inizio spero di aver capito male, o di svegliarmi e capire che era solo un brutto sogno.
<Tossicodipendenti? FBI?> mi alzo e inizio a fare avanti e indietro davanti alla panchina.
<Non volevo dirtelo ora, ma non avevo come dirti che verrai con me. Non hai molti parenti e quei pochi non sono disposti a prendersi cura di te.> mi fermo davanti a lui e sgrano gli occhi per la seconda volta.
<Spero che tu stia scherzando. Non ho proprio intenzione di venire con te. Troverò come fare.> inizio a camminare di nuovo, però sta volta non mi fermo davanti alla panchina.
<Dove vai?> mi raggiunge e cerca di fermarmi.
<Voglio stare da sola se non ti dispiace> lo scanso e inizio a camminare verso l'entrata dell'ospedale.
Mi fermo di scatto e mi volto verso di lui.
<Nessuno si è mai preso cura di me e non vedo perché qualcuno dovrebbe iniziare a farlo proprio ora.> dopo di chè ricomincio a camminare, con lui al seguito.
L'atmosfera fra di noi e tesa, ma nessuno dei due osa parlare, fino a quando non arriviamo in stanza.
<Hai bisogno di qualcosa?> mi chiede mentre si siede accanto al letto. Gli faccio segno di no con la testa e prendo i miei disegni. Si siede e mi osserva. Il suo sguardo non mi disturba più di tanto.
Al contrario di ieri, questa volta, non nascondo i miei disegni. Mi guarda come se volesse il permesso per poterli vedere e annuisco. Li guarda con attenzione, con quegli occhi bellissimi. Poi inizia a mordersi il labbro e rimango a fissarlo per non so quanto tempo, fino a quando non mi distoglie dai miei pensieri.
<Cielo sono bellissimi> mi sorride e mi accorgo di una cosa che prima non avevo notato. Ha le fossette. Io le amo e su di lui stanno una meraviglia.
<Hai le fossette> avvicino la mia mano al suo viso, ma a pochi centimetri mi fermo. Capendo la mia esitazione avvicina il viso alla mia mano.
<Hai le mani così morbide Cielo> è la terza volta che mi chiama così. Nessuno mi ha mai dato un soprannome. Non sono abituata a queste cose, che per alcune perone potrebbero essere inutili, ma per me erano importanti.
Poi, come se mi avesse colpito qualcosa, mi sposto di scatto. La testa inizia a farmi male, e cerco di alleviare il dolore massaggiandomi le tempie.
<Cielo, cos'hai?> Leo inizia ad agitarsi, ma la sua voce mi sembra sempre più lontana, fino a quando la testa non smette di pulsare, e le forze mi abbandonano.
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