... e Bocche di Serpente 🔞

II

James' Pov

«Sei in ritardo».

La voce di Alya era calma, ma a James non sfuggì la nota di velato rimprovero con cui la Serpeverde lo accolse non appena ebbe varcato la soglia dell'aula del terzo piano, dentro cui si erano dati appuntamento quella sera.

Era un ambiente piccolo, angusto, inusitato da tempo, corredato di vecchi banchi scheggiati, abbandonati qui e là, accatastati senza nessun ordine, e con numerose ragnatele che ne adornavano gli angoli nascosti dalle ombre della notte. Solo una torcia sfavillava accesa su una delle pareti, bagnando la stanza di una timida luce dorata. La danza lieve delle fiamme illuminava la severa figura di Alya, la quale se ne stava fiera ed eretta nel mezzo della stanza, la parte bassa della schiena appoggiata contro uno dei banchi sgangherati, le braccia incrociate al petto, in una chiara posa contrariata.

James si liberò dal Mantello dell'Invisibilità e avanzò dentro l'aula, premurandosi, con un rapido colpo di bacchetta, di sigillare la porta, onde evitare scomode interruzioni. Scoccò ad Alya un'occhiata sorniona, apprezzandone l'algida bellezza. Lei, in risposta, assottigliò le palpebre, seguitando a fissarlo con rimprovero.

«Lo sai che non mi piace aspettare», lo redarguì con la medesima freddezza di una regina nei confronti di un suddito ribelle.

«Vorrei ricordarti che ho degli amici astuti da depistare, compreso tuo fratello. Non è facile per me rispettare gli orari», brontolò James piccato.

«E io vorrei ricordarti che sei stato tu ad invitarmi qui, stasera. Con urgenza, stando alle parole del tuo biglietto», puntualizzò la Serpeverde con aria altezzosa, come se il suo trovarsi lì, in quella auletta polverosa e in penombra, non rappresentasse altro che un mero favore concesso al ragazzo.

Sì, però tu hai accettato subito il mio invito, fu sul punto di controbattere il Grifondoro. Ma si morse la lingua, rammentando a sé stesso che non si era introdotto furtivamente in quella stanza solo per cominciare a battibeccare su inutili quisquilie.
Memore dei suoi originali e smaniosi intenti, James afferrò Alya per la vita e la attirò a sé con delicata fermezza, baciandola appassionatamente. Percepì il corpo di lei rilassarsi, sciogliersi da quell'impostata rigidità che soleva indossare ogni giorno per affrontare il mondo, abbandonarsi alla calda presa delle sue braccia. Alya ricambiò sia il bacio che l'abbraccio con altrettanto ardore, lasciando che le sue iniziali proteste dettate dall'orgoglio si dissolvessero nel silenzio assoluto della stanza.

Dopotutto, l'urgenza di stare insieme era anche la tua, considerò James fra sé e sé, compiaciuto.

«Ho notato come mi guardavi stamattina in Sala Grande», mormorò Alya, distaccandosi dal volto del ragazzo quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. James si avvide subito della scintilla maliziosa che le irradiava le pupille scure, dense come inchiostro. «Sembravi parecchio eccitato dalla mela che stavo mangiando...», lo punzecchiò ancora, civettuola.

James sogghignò, scuotendo la testa.

«Era la tua bocca ad eccitarmi, sciocca», precisò spiccio, smanioso di tornare ad avventarsi sulle labbra morbide di lei, a morderle e assaporarle, come aveva sognato di fare durante l'intera giornata.

Ma, a quanto pareva, Alya aveva voglia di giocare, mostrando una posticcia ritrosia.

«Non immaginavo che la mia bocca ti facesse un tale effetto», disse, scoccando a James un'occhiata indecifrabile, come se stesse ponderando seriamente la questione.

«È meglio che tu non sappia che effetto mi fa esattamente la tua bocca», replicò il Grifondoro con un ghigno sghembo dipinto in volto. Per la frazione di un istante, si sorprese nel vedere Alya muta, ancora persa in chissà quale elucubrazione. Ma il desiderio che aveva di lei era sempre più impellente, perciò James approfittò di quel momentaneo silenzio per accarezzarle con un dito la carne soda delle labbra, prima di buttarsi famelico su di esse, riprendendo il bacio da dove era stato interrotto.

Alya non si oppose, anzi accolse con languida arrendevolezza l'impeto passionale con cui il Grifondoro la ghermiva. Fu solo quando James, irrimediabilmente annebbiato dal forte desiderio che gli pulsava in corpo, cominciò ad armeggiare con la divisa scolastica di lei, deciso a togliere di mezzo quei vestiti che ora gli apparivano del tutto inutili, che Alya bruscamente lo bloccò, sibilando un «no» imperativo.

James la guardò confuso, non senza una mal celata frustrazione, ma obbedì. Non si sarebbe mai sognato d'imporre alla ragazza qualcosa che non volesse fare.

Intanto, la Serpeverde lo scrutava con uno strano sguardo, che James non fu in grado d'interpretare. Appariva freddo, calcolatore, iniettato di una sottile curiosità, la stessa di un serpente in contemplazione di una preda.
Poi, senza alcun preavviso, Alya afferrò i lembi della camicia di James e si avventò sulla sua bocca. Era lei ora ad avere il controllo, a condurre il gioco della seduzione; senza quasi che il ragazzo se ne accorgesse, lo aveva trascinato in avanti, spingendolo decisa contro la parete. Nel mentre, non aveva mai smesso di baciarlo, di mordicchiargli le labbra, di cercare la sua lingua. James emise un grugnito sommesso quando si ritrovò con le spalle al muro, la fredda umidità della pietra a solleticargli la schiena.

Piacevolmente sorpreso, il Grifondoro si ritrovò ad apprezzare l'impudica audacia di Alya. Non aveva la benché minima idea riguardo i suoi intenti, ma qualsiasi cosa lei avesse avuto in mente, lui gliel'avrebbe lasciato fare.

Un brivido gli corse lungo la colonna vertebrale quando percepì le mani delicate della fanciulla cimentarsi con la sua camicia. Alya gli sbottonò i bottoni, uno a uno, con una calma intollerabile. James sentì il proprio cuore accelerare il ritmo dei suoi battitti, il respiro gli divenne affannoso, il suo desiderio sempre più impaziente.

Alya si scostò da lui, ma solo di un paio di millimetri, giusto lo spazio necessario per guardarlo di nuovo negli occhi.

«Che effetto ti fa la mia bocca esattamente?», chiese con falsa ingenuità, benché nel suo sguardo eloquente albergasse chiara l'intenzione di scoprire da sola la risposta.

E senza preoccuparsi che il Grifondoro le fornisse un qualsiasi commento, Alya andò a posare le sue labbra su di lui, sulla pelle nuda e tesa del torace.
James si lasciò sfuggire un verso roco, intriso di piacere, mentre la fanciulla scendeva piano, con lentezza struggente, lasciandogli una scia rovente di baci sulla carne. Il ragazzo chiuse gli occhi e si abbandonò arreso al calore che Alya, con la sua bocca sagace, sapeva accendergli in ogni singola fibra del corpo.

Lei è il serpente ed io la preda, considerò, sorridendo rassegnato a quell'inequivocabile evidenza.

E con la medesima sinuosità di una serpe, Alya scivolava giù, sempre più in basso, continuando impietosa a lambirgli la cute, dapprima lungo lo sterno, poi sul ventre, con le sue labbra umide e delicate.

Così mi uccidi, pensò James per la seconda volta in quella giornata.

Dopotutto, Alya era il serpente e sapeva bene come torturare piano la sua preda.

La bocca della Serpeverde, intanto, aveva raggiunto la pelle pulsante sotto l'ombelico. Con la punta della lingua disegnò cerchi lenti e tortuosi, e James non poté fare a meno di esalare un sospiro rauco, quasi sofferente.
Alya interruppe il suo gioco malizioso e inclinò il capo in su, in modo da guardare dritto in volto James il quale, per quanto la sovrastasse - lui in piedi e lei in ginocchio al cospetto del suo inguine -, non avrebbe potuto definirsi più inerme.

Senza staccare gli occhi dall'espressione tesa e senza fiato del ragazzo, la fanciulla gli slacciò decisa i pantaloni che caddero sul pavimento in un tonfo smorzato. Le mani si mossero lungo i bordi stretti della biancheria e, con audace sicurezza, gli sfilò via anche quell'ultimo indumento, rivelando l'inevitabile risposta che Alya stava cercando alla sua subdola domanda.

È questo l'effetto che mi fa la tua bocca, le avrebbe voluto gridare James, fissando la ragazza ai suoi piedi con vorace intensità, persino con sfida, ora che si ergeva su di lei, nudo, con il suo turgido desiderio a pulsargli prepotente fra le gambe.

Ma Alya non sembrava affatto intimorita, né esitante di fronte a quella vista; anzi, l'accolse con malizioso compiacimento, come se non avesse potuto accettare nessun altro tipo di risposta. Dopotutto, lei era il serpente e James la preda.

Infine, la serpe sferrò il suo attacco. Alya si precipitò sull'erezione di James, stringendo la bocca attorno alla sua carne dura, le vene gonfie, la pelle tesa, bollente.
A James sfuggì un rantolo grave, estasiato, che si affrettò rapidamente a soffocare, tappandosi la bocca con il palmo della mano.

Aveva applicato l'incantesimo Muffliato alla porta e alle pareti della stanza? Il Grifondoro non riusciva a ricordarlo. In quel momento, percepiva la sua mente come una poltiglia informe, totalmente incapace di produrre un qualsiavoglia pensiero di senso compiuto. Era talmente annichilito dal piacere che Alya, ai suoi piedi, gli stava donando senza remore, che a stento avrebbe saputo dire come si chiamava.

E nel mentre che il ragazzo tentava disperatamente di ricomporre i frammenti sparpagliati di sé stesso, Alya lo ghermiva col calore della sua bocca. Le labbra scorrevano fluide sulla sua carne sempre più eccitata; la lingua scivolava sulla pelle, torturandolo languidamente con disegni proibiti.

«Cazzo, Alya», disse, invocando quel nome con un'imprecazione gutturale. «Così mi uccidi».

La Serpeverde sorrise, soddisfatta di ricevere quella confessione viscerale e trafelata.
Implacabile, continuò la sua danza umida e sensuale, passando da movenze lente, studiate ad affondi più carnali e decisi, indovinando il ritmo da James gradito in base all'intensità dei suoi gemiti.

Per istinto, il ragazzo immerse una mano nei capelli corvini della Serpeverde, stringendoli con violenta bramosia. In balia dei suoi stessi ansiti, gravi e pesanti, abbassò avido lo sguardo su Alya. Era irresistibile il suo bisogno di guardarla, di ammirarla, di godere di ogni singolo dettaglio, mentre ella gli si donava, realizzando una delle sue più proibite fantasie.

«Mi fai impazzire... non credo di poter resistere ancora per molto», mormorò anelante, allo stremo delle forze.

Ma Alya non si fermò, né accennò di diminuire la sua danza lasciva. Si limitò a puntare i suoi occhi scintillanti su di lui, inchiodandolo con un'occhiata satura di spietata vittoria.

Quello sguardo fu fatale. Un grido roco esplose fuori dalla bocca di James, insieme al suo piacere; il corpo dapprima si contrasse, poi fu squassato da uno spasmo delizioso, l'apice di una lussuria rovente, disarmante. James non osò distogliere gli occhi da Alya nemmeno per un secondo, agognando smanioso di catturare quella lieve, ma letale contrazione della gola. La stessa che aveva bramato in segreto per tutto il giorno.

Esausto, il Grifondoro si sciolse, infine, in un lungo sospiro, afflosciandosi contro il muro dietro la sua schiena, il volto disteso in un'espressione beata, appagata.

Osservò Alya alzarsi, riacquistare con naturale eleganza il suo ineccepibile contegno. Ora che aveva ripreso il controllo del suo corpo e delle sue facoltà mentali, James si rivestì, avvertendo l'improvviso impulso di stuzzicarla.

«Lo sai che c'erano moltissimi altri modi per dirmi che avevi sentito la mia mancanza, vero? Non che io mi lamenti, è chiaro... Questo è stato di sicuro il mio preferito», disse, in un impeto di divertita tracotanza, rivolgendo alla ragazza un sorriso impudente.

Alya lo fulminò con un'occhiata di velata sufficienza, senza nemmeno prendersi la briga di replicare. Si limitò a stringersi nelle spalle, con aria altezzosa, soddisfatta del risultato ottenuto sul corpo del Grifondoro.

E nel mentre che riacconciava i suoi capelli in una coda più ordinata, si rivolse al ragazzo, chiedendogli:

«Lo sai, James, come mai mi piacciono così tanto le mele?»

James la scrutò stranito, aggrottando un sopracciglio. Quella domanda gli suonò talmente fuori contesto e, al contempo, così infantile in quel momento, che non fu in grado di articolare una risposta, neppure a mo' di scherzo.

Ora toccò ad Alya sorridere con malizia. Lentamente, gli si avvicinò, annullò l'esigua distanza che li separava, fissandolo fiera nei suoi occhi color nocciola, schermati dagli occhiali rotondi.

«Perché adoro il sapore del proibito», sussurrò languida, leccandosi le labbra.

James non poté fare a meno di ghignare con espressione sorniona, totalmente soggiogato dal modo con cui lei sapeva zittirlo e sedurlo allo stesso tempo.

Alya è il serpente ed io la preda. Il suo frutto proibito, pensò con divertita rassegnazione, prima di tornare ad assaporare quella bocca per lui irresistibile, posando su di essa un bacio lieve, colmo di passione e tenerezza.

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