5.



Sono sdraiata sul letto a leggere il mio libro.  Mi mancano appena una ventina di pagine quindi voglio assolutamente finirlo, così domani potrò iniziarne uno nuovo. 

Ancora non ho digerito il fatto di averlo dovuto abbandonare, questo pomeriggio, per andare a prendere Francesco al porto.

Aspetto tutto l'anno il momento delle vacanze estive per essere libera di leggere tutti i libri che voglio in libertà, senza le costrizioni scolastiche. Quindi voglio poterne leggere il più possibile prima di arrivare a settembre.

Mentre sono immersa nella lettura, però, intravedo Francesco muoversi sul terrazzo. È appena uscito dalla sua camera e si è appoggiato al davanzale.

Ok. È lì fuori. Ed è solo. Adele, ignoralo.

Mi predispongo di nuovo a leggere, cercando di tenere gli occhi inchiodati sulla pagina. Ci provo a capire le frasi che stanno scorrendo davanti a me, ma purtroppo, per qualche strana ragione, non ci riesco più. La mia attenzione di lettrice se ne è andata. I miei occhi tornano a studiare lui.

Razionalmente non vorrei, perché è odioso e so già che mi creerà un sacco di scocciature, ma è così bello da guardare che proprio non riesco a smettere di farlo.

Quando lui si volta e mi vede mi fa un breve e sbrigativo gesto di saluto con la mano. E io chissà perché mi sento in dovere di fare qualcosa.

Provo a ignorare quell'istinto che mi suggerisce di andare da lui, ma è più forte di me. 

Se adesso mi sono alzata dal letto per raggiungere Francesco fuori sul terrazzo, però, è solo perché sono una ragazza educata, intendiamoci.

Una ragazza educata che non farebbe una bella figura se ignorasse il suo nuovo cugino e lo lasciasse da solo là fuori.

Non perché, ad esempio, mi piaccia, che so, il suo profumo sexy o quello strano formicolio che sento alla pancia quando gli sto vicino.

No.

Perché io detesto il mio nuovo cugino. Quindi tutto ciò non c'entra proprio niente.

Apro la portafinestra, appena socchiusa, e mi sforzo di sorridergli.

«Avevo capito che la sera ti piacesse leggere in terrazza» dice lui senza neanche ricambiare.

«Avevi capito bene» gli rispondo, subito sulla difensiva, pentendomi immediatamente di avere abbandonato la mia sicura zona di comfort. «Ma di solito non temevo di fare spiacevoli incontri sul mio terrazzo, capirai che da stasera le cose possono essere un tantino differenti...» cerco di spiegargli.

Lui in risposta sbuffa e si accende una sigaretta. «Potevi rimanere tranquillamente sul tuo letto, io so stare benissimo anche da solo, sai? Non importava che venissi.»

Mi espira il fumo sulla faccia e mi allontano di scatto, sventolando una mano per allontanare quella nuvola tossica da me, trattenendo il respiro.

«Non farlo mai più! Chiaro?!» lo aggredisco, mentre lui se la ride a denti stretti. «Sei veramente insopportabile! Non capisco come faccia una donna tanto carina e gentile come Milena ad essere tua madre!»

Lui annuisce e si rabbuia. Ma solo per qualche secondo. «Sarà che io ho preso dallo stronzo di mio padre...» dice.

Rimango in silenzio per un po'. «Mi dispiace» dico poi, facendomi violenza. «Non volevo certo insinuare...»

«Che cosa? Che mio padre è uno stronzo perché ha lasciato mia madre quando io avevo appena tre anni? Tranquilla, non insinui niente. È così, punto e basta.»

Si porta di nuovo la sigaretta alle labbra.

Parentesi, le sue labbra sono così invitanti... Be', comunque, chiusa parentesi immediatamente.

Ma che vado a pensare! Le sue labbra saranno anche invitanti, ma la sua faccia è da schiaffi!

«Be', mi dispiace comunque...» cerco di scusarmi, ignorando i miei pensieri. O i miei ormoni, chissà.

«I tuoi invece sono tipi a posto, mi piacciono. Sembrano ottimi genitori» confessa.

«Saranno ottimi zii allora» dico, per cercare di sdrammatizzare, e gli sorrido.

Ma lui ricambia il mio sorriso con uno sguardo che non riesco proprio a decifrare. «Certo... I miei zii e mia cugina» dice quando dopo un po' si convince a parlare ancora. «Perché ora siete la mia famiglia... Siamo una famiglia...».

Oddio, perché mi guarda in quel modo?

Non riesco a impedire al mio corpo di avvampare e al mio cuore di iniziare a battere forte.

«Be', sì, certo» balbetto, allontanandomi da lui. «Siamo una famiglia. E io e te siamo cugini» mi schiarisco la voce, sedendomi sul dondolo e sistemandomi le pieghe del vestito con cura, un diversivo per non doverlo guardare negli occhi, che continuo a sentirmi sempre puntati addosso.

Con la coda dell'occhio lo vedo sorridere. Dà un ultimo tiro alla sigaretta e poi la spegne nel posacenere appoggiato sul davanzale della terrazza.

Un moto di stizza. Vedo che si è già organizzato alla perfezione! "Fa come se fossi a casa tua", gli hanno detto. Noto con piacere che li ha presi proprio alla lettera.

Francesco mi raggiunge e si siede accanto a me sul dondolo. Ci guardiamo nel silenzio della notte.

«Devi, devi ancora conoscere la nonna» gli dico, tornando a guardare le mie ginocchia, imbarazzata da quei contatti visivi prolungati e inaspettati. «Sono sicura che ti piacerà, è un bel tipo» gli sorrido.

«Ha detto Gianni che tu sei la sua fotocopia» mi rivela, sempre con quel sorrisetto stampato sulle labbra. Deve essere che mi vede agitata, quindi lo trova buffo. «Se è vero non dubito che sia un bel tipo... E che mi piacerà...» dice.

Rimango inebetita a fissare le sue labbra. Quelle dannatissime labbra così belle e invitanti. Perché vorrei tanto baciarle? Perché mi piacerebbe così tanto scoprire che effetto fanno sulle mie?

Lui mi fissa e io lo fisso. Di nuovo.

«Pensavo» e le parole mi rimangono chiuse dentro. Mi sforzo di parlare, per non fargli capire troppo quanto mi agiti quella situazione. «Pensavo che mi trovassi insopportabile...»

«Sì, be', all'inizio sì. Però dopotutto credo che tu non sia così male...» e sorride.

Oddio, quando sorride è da urlo...

Quando sorride ho ancora più voglia di baciarlo...

Ok Adele. Basta. Finiscila!

«Insomma, cugino...» riprendo riscuotendomi da quel dolce e pericoloso intorpidimento mentale, calcando appositamente la voce sul termine "cugino".

Non si sa mai, meglio ripeterselo.

Lui ride. «Cugina» ripete con velata, credo, ironia, sollevando il sopracciglio come se non fosse abbastanza persuaso all'uso di quel termine.

In quel momento il suo smartphone squilla. Distoglie da me il suo sguardo. Sfila il telefono dalla tasca dei jeans e per qualche attimo fissa lo schermo. Lo osservo che abbozza un sorrisino, scrive qualcosa, preme invio e lo appoggia accanto a sé, con lo schermo rivolto verso il basso.

Il che basta a insospettirmi e, grazie al cielo, a rompere quel suadente idillio.

Se avessimo continuato a guardarci in quel modo, a quella distanza di non-sicurezza, sono più che certa che la serata sarebbe finita con le sue mani sotto al mio vestito e chissà in quali altri luoghi del mio corpo. Di sicuro le mie labbra sarebbero finite molto volentieri sulle sue... Più che bizzarra come prima serata insieme, direi... Be', la coerenza non è mai stata il mio forte, purtroppo.

«Chi era?» gli domando.

Lui si mette a ridere. «Che ti importa?»

Mi stringo nelle spalle, allontanandomi per sedermi più lontana possibile da lui.

«Curiosità» rispondo.

E in quel momento il suo smartphone suona ancora. Di nuovo una notifica di un messaggio.

«Be', nessuno di importante» risponde, prendendolo in mano. «Solo una ragazza» spiega.

«Solo una ragazza» sorrido, sconvolta. Solo una ragazza? Ma che siamo, oggetti?

«Sì» risponde con distacco, scrivendo chissà cosa per rispondere al messaggio.

«Quella di oggi?» chiedo. Dimmi, Adele, perché non riesci a startene zitta e, che so, congedarti con classe rientrando in camera tua per lasciarlo gestire gli affari suoi in santa pace? Si può sapere che te ne importa delle sue cose private?

Lui sorride. «Anche fosse? Non sono fatti tuoi.»

Ecco, appunto.

Mi indispettisco e mi rimprovero mentalmente per aver pensato di baciarlo. Sei proprio una scema, Adele. Ma che vai a pensare?

«Certo che no» rispondo alzandomi in piedi. «Infatti adesso me ne vado a letto, così ti lascio a parlare con la tua ragazza in pace. Buonanotte, cugino

«Adele» mi richiama lui, voltandosi verso di me.

«Non è la mia ragazza. È solo una con cui mi voglio divertire. Intesi?»

Un colpo al cuore.

Cavolo, ma perché questo strano organo, purtroppo vitale, è stato programmato per funzionare in autonomia? Non dovrebbe reagire così a lui!

«Intesi. Divertiti allora» gli rispondo sfoderando un sorriso smagliante. Lo saluto con la mano, cercando di mostrarmi disinteressata.

Rientro in camera mia e mi chiudo la portafinestra alle spalle, dando anche un giro di chiave facendo attenzione a non fare rumore perché lui non se ne accorga.

Non so perché, ma per un attimo penso che potrebbe entrare in camera mia mentre sono a letto. E per quanto il mio cuore e la mia pancia facciano le capriole all'idea, il mio razionale istinto di conservazione mi suggerisce di non correre questo rischio.

Che si diverta con chi gli pare, ma non con me.

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