92. Fine parte 2

Non ti amo né con il mio cuore, né con la mia mente.Il cuore può fermarsi,la mente può dimenticare.Per questo ti amo con la mia anima.

Duncan

La mia esistenza ha mai avuto uno scopo? A questa domanda mi viene da rispondere soltanto di no.
La mia nascita è avvenuta per errore, a causa di uno scempio che non si dovrebbe verificare mai, ma purtroppo viviamo in un mondo malato e mi aspetto di tutto.
Sono passati esattamente due mesi dal giorno che sono tornato in America e in ogni istante non faccio che pensare che era meglio continuare a vivere nella menzogna.
Riflettendoci però, se non avessi indagato, non avrei conosciuto Natalia.
Sono consapevole di essere masochista; se non avessi permesso a quella donna di rubare il mio cuore, adesso continuerei a essere un bastardo figlio di puttana.
In realtà lo sono ugualmente ma grazie a quel briciolo di umanità che ho imparato a sentire, adesso mi accontento di amarla nei ricordi, mi basta sapere che per del tempo, anche se passato, è stata mia.
Mi piacerebbe riuscire a voltare pagina e diventare un uomo migliore, ma le ombre del passato continuano a tormentarmi.
Sono tornato a essere il lupo solitario di una volta, poiché nemmeno Mary si è accontentata di avermi per metà e sono riuscito a farmi odiare anche da lei e suo figlio.
Il fatto che quel bambino sta iniziando a reagire bene alle cure è la mia unica e magra consolazione, forse è stato provvidente il mio allontanamento per dargli la forza di reagire.
Tornato a New York, ho trovato Mary ad attendermi trepidante in aeroporto.
La vista di quella donna avrebbe dovuto tirarmi su di morale, invece ha fatto solo in modo che calassi una maschera di cera sul mio viso.

«Ben tornato Duncan, mi sei mancato da morire!»dice Mary saltandomi addosso, baciandomi con poco ritegno.
Ci impiego più del dovuto a reagire e a partecipare nel saluto, stringendola a me e rispondendo al bacio.
«James come sta?»chiedo guardandola negli occhi ma continuando a vedere il volto di Natalia.
«Sta molto meglio, non vede l'ora di essere dimesso!»esclama sua madre felice.
«Che hai? Sembri... diverso?» domanda stranita.
«Sono stanco»dico distante.
«Tu non me la conti giusta!»
insiste la donna leggermente imbronciata.
Cammina al mio fianco, standomi attaccata al braccio come se volesse incatenarmi.
Con tutte queste domande mi ricorda Natalia e i suoi innumerevoli interrogatori al quale avrò risposto si e no al trenta percento.
Mi manca troppo, mi manca l'essere noi, mi mancano perfino le nostre litigate al limite della calma, ma devo smetterla di pensare a lei, prima la dimentico e meglio è per tutti.
«Dimmi Duncan, non te la sarai spassata con qualche italiana?»dice con fare indagatorio, tastando piano il terreno, evitando di aggreddire direttamente.
Purtroppo per lei però ha toccato un tasto dolente e non rispondo di me stesso.
«Cristo Santo Mary, ho appena affrontato un viaggio di dieci ore, dopo aver avuto anche un lutto, potresti smetterla di essere così petulante?»urlo strattonandola via da me.
Mary mi guarda delusa, resta in bilico sui suoi passi, cercando di mantenere l'equilibrio.
«Smettila di elemosinare costantemente attenzioni!»le intimo puntandole un dito contro, incurante degli sguardi indiscreti del resto delle persone.
«Mi-mi dispiace»dice l'americana balbettando «è che sono così felice di rivederti e speravo lo fossi anche tu!»continua mortificata, seguendomi ancora ma tenendosi a debita distanza.
Solo soffermandomi a guardarla negli occhi mi rendo conto che ancora una volta ho fatto uscire il mostro che vive in me proprio come ho fatto in ospedale con Natalia.
Ammetto che in quel momento sotto gli occhi di quel lurido verme ho avuto paura, avevo capito che non c'era più nulla da poter fare per proteggerla ed ero furioso perché se lei non avesse insistito così tanto ora io avrei rinunciato a scoprire la verità su mia madre e lei sarebbe ancora in vita e io sarei andato in Italia a riprenderla a qualsiasi costo.
«D'altronde io non so quasi niente di te, non mi hai mai raccontato nulla dei tuoi problemi!»
«Ero troppo occupato a consolarti per la condizione di tuo figlio!»dico rabbioso, in questo momento preferirei solo dare e ricevere silenzio, ma a quanto pare chiedo troppo.
Ecco che l'ho rifatto, non riesco a opprime questo lato di me che è venuto fuori da quando ho scoperto i miei geni. È come se avessi ammesso a me stesso che sono una merda e posso finalmente liberare le catene a questa bestia impunita che sono destinato a essere.
Esco dall'aeroporto a passi lunghi e svelti e raggiungo il primo taxi disponibile per tornarmene a casa mia.
Apro lo sportello dell'auto e osservo il mio riflesso nella vetrata del Jhon F. Kennedy.
Ero tornato a essere la bestia selvaggia di un tempo, lo stesso essere immondo che si era palesato su questa terra dopo la morte di Margaret.
In fin dei conti, nonostante non avessi più molti ricordi di Nadia, ho comunque perso mia madre e me ne sento devastato.
Mary se ne sta sul ciglio del marciapiede con le lacrime agli occhi; le mie ultime parole sono state una semplice offesa gratuita.
Lei non merita il mio disprezzo, si è solo trovata al mio cospetto nel momento sbagliato.
Faccio un cenno d'attesa all'autista e mi dirigo da lei.
«Vieni!»ordino con voce dura tendendole la mano.
«Io e mio figlio non abbiamo bisogno della pietà di nessuno!»dice tirando su col naso, guardando la punta dei piedi, dondolandosi sul posto con le mani piantate nelle tasche dei suoi jeans posteriori.
Il suo modo di sembrare disinvolta non risultava convincente con quelle macchie di mascara colato.
Nella mia mente provo solo disprezzo per lei e mi faccio schifo da solo perché non ho nemmeno un motivo valido per farlo.
Temp che Mary abbia solo la sfortuna di non essere la donna di cui sento il bisogno per poter vivere.
«Tutto quello che ho fatto è stato dettato dal cuore ok?»dico alzandole il viso verso di me «mi dispiace, non è un buon momento per me, non volevo aggredirti
Il sorriso le compare nuovamente sulle labbra a poco a poco e annuendo mi segue senza esitare.
La sua felicità si fa ancora più evidente quando capisce che ho intenzione di portarla a casa mia, dove non le ho mai permesso di venire prima d'ora.
«Aspetta!»dice mentre mi tira a se lasciandomi un bacio sulle labbra«non ci siamo salutati come si deve.»
Vorrei dirle che il vero motivo però, che mi ha portato a condurci da me, è che non mi sento pronto a rivedere James.
Ho assorbito le sue sofferenze come se fossero state anche mie e non riesco al momento a essere imparziale e fingere che vada tutto bene.
Direi che ho già fatto troppi danni appena ho messo piede fuori da quell'aereo e quindi preferisco ricambiare quel bacio illudendola ancora un po', per prendere un po' di tempo.
La città di New York è sempre così caotica, di corsa, diciamo che non mi era mancata particolarmente, soprattutto per il grande carico di smog. Però riprendere questa vita così distante da quella che ho lasciato, sono sicuro che mi aiuterà ad andare avanti, anche perché non ho altra scelta.
Raggiungiamo il mio appartamento e mentre Mary si guarda intorno, io raggiungo subito la mia scorta di liquori.
Tracanno un bicchiere di cognac tutto d'un fiato e il forte senso alcolico mi inebria subito la mente, ma sono così saturo emotivamente che ho bisogno di bere direttamente dalla bottiglia affinché io possa trovare un po' di pace.
«E a me?»dice Mary avvicinandosi provocatoria «a me non offri niente?»continua tirandomi per il colletto del mio giubbotto di pelle.
I miei freni inibitori sono finalmente andati a farsi fottere e l'eccitazione inizia a crescere nei miei pantaloni.
«Tu che vuoi?»dico posandole le mani sulle natiche per spingerla più vicino a me.
«Semplicemente te»risponde leggermente arrossita.
Mi avvinghio alle sue labbra in cerca di un contatto maggiore, sento il bisogno di placare il grosso vuoto che mi occupa il petto, ma non ci riesco.
Le strappo praticamente di dosso ogni singolo indumento, toccando ogni centimetro della sua pelle, assaporando le sue labbra, sentendo il suo profumo, ma continua a non essere mai abbastanza.
Nessuna donna sarebbe mai stata alla pari di Natalia per me; ogni sua essenza è completamente impressa nel mio corpo, nel mio cuore e nella mia mente.
Le altre donne stanno scomparendo dalla mia vista, persino Mary con tutta la sua femminilità, non riesce ad appagarmi.
Chiudo gli occhi e lascio condurre a lei i giochi e non perde tempo a gettarmi sul letto e salire a cavalcioni su di me.
Nei miei pensieri continuo a sentire i gemiti di quella rossa che mi ha stregato dal primo istante che l'ho vista.
La sua pelle bianca che si riempie di scosse di brividi a contatto con la mia, decisamente ardente.
La vedo, mentre gode soltanto grazie a me, facendomi sentire il suo unico punto di riferimento in tutto l'universo, senza considerare che senza lei io sono nessuno.
«Io ti amo Natalia»dico quasi sentendomi male tanto che è forte questo sentimento «ti amerò per sempre»
La mia visione scompare improvvisamente quando sento uno schiaffo atterrarmi in pieno viso.
Guardo Mary confuso, mentre lei indaffarata recupera tutti i suoi vestiti.
«Che cosa ti prende?»chiedo tirandomi su i boxer che avevo fermi alle caviglie.
«Hai anche il coraggio di chiederlo?»urla incazzata nera.
«Sai Duncan, ammetto che mi sei sempre piaciuto e tutto ciò che hai fatto per me e mio figlio non lo dimenticherò mai, ma adesso basta, è troppo»dice rossa in viso.
«Di cosa cazzo stai parlando?»dico pretendendo spiegazioni.
«Ho una dignità anche io Duncan e sai? Ho sempre capito che con me non eri mai te stesso al cento percento, sapevo bene che per conquistare il tuo cuore ci sarebbe voluto molto, ma credevo di essere sulla buona strada!»dice parlando a raffica, senza nemmeno prendere fiato.
«Ma io non voglio essere il rimpiazzo di nessuno, non voglio essere l'illusione di un uomo innamorato di un'altra» dice guardandomi con disprezzo«di Natalia»aggiunge immediatamente.
«È stata la cosa più umiliante che potesse succedermi, fare l'amore con te mentre tu immagini chissà quale sguattera italiana!»dice provando a darmi ancora uno schiaffo.
Le blocco immediatamente la mano e adesso sono io a guardarla male.
«Su di me puoi dire quello che vuoi, ma non osare mettere in mezzo Natalia, tu non la conosci, non sai nulla di lei, la sguattera quì sei tu!»
La mia voce risulta talmente tagliente che Mary ha bisogno di alcuni minuti per ribattere.
«Sei stato tu a tirarla in ballo!»dice con voce tremante.
«Hai sempre pensato a lei. In tutto questo tempo sono stata solo un corpo per le tue fantasie inespresse.»
«Non è così! Ti sbagli!»dico con sincerità.
«Ho tentato in tutti i modi di andare avanti..»dico abbozzando una mezza giustificazione.
«Ma il tuo cuore lo possiede lei»conclude Mary come se mi stesse leggendo nel pensiero.
«Ti auguro di essere anche tu un ripiego per qualcuno, perché devi capire quanto sia frustrante»dice maledicendomi «se non hai le palle di riprenderti la donna che occupa ogni fibra del tuo corpo, datti alla solitudine, non rovinare la vita alle altre persone!»conclude uscendo dalla porta sbattendola.

Il caos era tornato e manco a farlo a posta ero stesso io.
Il suono del campanello mi distrae dal ricordo del mio ultimo declino e poso il bicchiere di liquore sul tavolino del soggioro, per andare a vedere dallo spioncino di chi si tratta.
Quel rompipalle di Luca è tornato a tormentarmi, ma non ho voglia di vederlo, non ce la faccio.
Mi stravacco sul divano e accendo il televisore su qualche canale internazionale per vedere un programma italiano che mi faceva abbastanza ridere quando ero a Roma.
La sigla mi rallegra minimamente, mentre mangio il resto di alcune patatine che avevo ordinato la sera prima.
«Cazzarola Duncan qui e uno schifo!» dice Luca mentre si guarda intorno

«Che cazzo ci fai tu qui? Non mi pare di averti invitato.»escalmo irritato

«Ti ricordo che questa era anche casa mia!»risponde riluttante.

«Ma tu non vivi con quella tipa ficcanaso che chiami fidanzata?» dico schioccando le dita in cerca di ricordare il nome.
Luca mi guarda male, sto facendo lo stronzo anche con lui.
«Non ricordo il nome, chiedo venia»dico fingendomi gravemente dispiaciuto, mentre scolo un altro bicchiere di liquore.

«Il mio unico fratello torna dall'Italia e io nn sono a conoscenza di nulla, ti avrò chiamato un miliardo di volte e tu non ti sei degnato di rispondere una sola volta. Ho dovuto chiamare quella povera Natalia! » esclama Luca risentito, attirando tutta la mia attenzione.
«Cosa cazzo hai fatto?»mi alzo di sbotto dalla sedia mantenendo il bicchiere a mezz'aria, guardando mio fratello di traverso, vedendo comparire lo spavento nei suoi occhi.

«Ehi fratello che cazzo ti prende? Duncan ritorna in te!»

Le sue parole mi colpiscono nel mio subconscio facendomi sentire un vero e proprio mostro da dominare.
«Mia madre è morta e adesso io ho paura che diventerò spietato come i miei genitori biologici, come mio padre.»esclamo confidandomi.

«Che stai dicendo? Smettila Duncan»si avvicina togliendomi il bicchiere dalle mani «tu non sarai mai come loro»

«Che ti ha detto ?» domando cambiando discorso, parlando di Natalia.

«Niente di rilevante, voleva che fossi tu a parlarmene» ammette mio fratello curioso ora di saperne di più.

«Non devi più chiamarla e devi andartene via da qui! Ok?»

«Tu non mi dai ordini e io faccio ciò che e giusto tu ora mi dici che cazzo hai in quella testa!Non provare ad allontanarti più da me, io sono tutto ciò che ti resta e anche tu lo sei per me!»

«Sono un mostro uguale a quelli che mi hanno generato, nemmeno immagini lo schifo che c'è sotto e tu non ne verrai mai a conoscenza perché non metterò a rischio anche la tua vita,ti prego Luca vattene!»lo imploro prima che venga preso di mira anche lui.

Queste sono state le ultime parole che ho detto a Luca che come sempre non mi ha dato ascolto e ha continuato a tormentarmi per giorni e giorni, ma senza insistere sul venire a conoscenza dei dettagli.

Fermo l'auto nel garage riservato al personale ospedaliero e timbro il mio pass per entrare negli spogliatoi.
Sono passati già due mesi da quando sono quì e dall'ultima volta che ho visto Mary dopo quella fatitica notte, la peggiore della mia vita direi.
Ho deciso di prolungare le mie ferie, avevo bisogno di riposare e grazie a Luca ho cercato di reprimere quel mostro che vive in me; non so cosa mi sia preso, ma so per certo che tutto quel dolore non mi è servito a nulla, mi ha solo piegato in due e reso una persona cattiva.
Ancora una volta qualcuno stava decidendo il da farsi sulla mia vita, sul mio futuro, la mia felicità, e questo mi faceva incazzare.
Essere succube di qualcuno che non dovrebbe nemmeno avere voce in capitolo mi rendeva isterico.
Luca mi ha scritto a un corso di box, in modo da poter sfogare tutte le frustrazione e tutta la rabbia repressa, ma fin'ora non ho avuto buoni risultati.
«Ehy amico bentornato!»dice dandomi una pacca sulla spalla Sam, il mio collega.

Ricambio il saluto ed esco dalla stanza dopo aver indossato la divisa e il camice.

«Duncan prima che lo vieni a sapere da qualcuno vorrei dirti..»dice Sam mentre le ultime parole gli muoino in gola.
Jenna entra nella stanza e inizia a spogliarsi per il suo cambio turno e si intromette nella conversazione «su continua Sam, diglielo che la sua fidanzatina Mary ha riempito un interno reparto dicendo che il quì presente signor Duncan Smith ha fatto cilecca!»

All'udire quelle parole non se arrabbiarmi con Mary per aver sparso voci non esatte o con Jenna per essere sempre stronza al massimo, ma una cosa è certa: sono contento.
Perché con tutti i preamboli di Sam, la mia mente ha iniziato a pensare che fosse successo qualcosa a James e non me lo sarei mai perdonato.

«Non dici niente ? Sembra che la storia si ripete» aggiunge Jenna mettendo riferendosi alla mostra prima uscita mettendo il dito nella piaga mentre Sam le intima di smetterla ed esce poi per iniziare il giro in reparto.
La mente mi vacilla, ma mantenendo il controllo decido di dare una lezione alla responsabile dalla lingua troppo lunga.
Mi avvicino a lei sovrastandola, bloccandola con le spalle al muro.
Le prendo una ciocca di capelli e la arrotolo attorno a un dito.
«Perché non controlli stesso tu se mi funziona tutto a dovere?»
domando provocando e Jenna sembra sentirsi venire meno.
Tutta la sua impertinenza è scomparsa all'improvviso.

«È possibile anche che tu riesca ad attizzarmi più della cara Mary, potrebbe essere una competizione tra voi due!»continuo persuadendo.
Jenna si morde il labbro inferiore e da spavalda sembra entusiasta della mia proposta, dopotutto è risaputo che la mancanza di un compagno la rende molto acida.

«Aspettami stasera dopo aver finito il turno, sono proprio curiosa di sapere come stai messo lì sotto!»esclama leccandosi le labbra.

«Molto bene!»dico sussurrando e per poco non si scioglie.
Che troia! Le è bastato un po' di attenzione per diventare più docile.
Raggiungo Sam nel reparto e in lontananza vedo due figure a me familiari.
Mary, tiene per mano James, ma entrambi sono accompagnati da un uomo che non conosco.
«Hey campione!»urlo con spontaneità, perché vederlo in piedi, senza flebo al braccio e con qualche chilo in più addosso, mi rende fiero, orgoglioso di come ha combattuto la malattia.
Il bambino a primo impatto mi ha lanciato uno sguardo truce, ma dopo aver avuto un cenno da sua madre, mi corre incontro e mi salta in braccio.

«Duncan! Che bello sei ritornato!»esclama abbracciandomi e per un minuto mi sento meno bestia e più uomo.
Mi mancava fare del bene.

«Ti trovo in gran forma!»esclamo con gli occhi lucidi.

«Sto molto meglio, solo che ogni due settimane devo fare tutti i controlli, ma almeno posso stare a casa con mamma e papà!»esclama guardando Mary e l'uomo.
Quindi alla fine si è riappacificata con suo marito penso io.

«Ciao!»esclama Mary a disagio, allontanandosi dal suo compagno per un attimo.

«Ciao!»rispondo in modo atono; la sua uscita di scena è stata squallida, ma l'ho meritata, sono stato uno stronzo.

«Sono felice di vedervi»dico sincero, lasciandomi il rancore alle spalle.
Mary sembra sorpresa delle mie parole, non si aspettava che fossi gentile.

«È una cosa seria questa volta?»domando indicando discretamente suo marito.
Mary lo guarda, mentre lui con amore prende una bevanda al bambino dal distributore.

«Ci stiamo provando, per James soprattutto!»esclama la donna impacciata.

«Mi fa piacere, spero che non faccia cilecca!»sentenzio risentito, ma senza aggredire.
Mary diventa paonazza, tremendamente imbarazzata.

«Senti Duncan, io.. ecco io, mi dispiace!»dice mortificata, la rabbia aveva preso il sopravvento anche su di lei e ho capito subito che per quello aveva sparso quelle voci.

«Va tutto bene! Non è morto nessuno!»ammetto tranquillo, sarebbe inutile iniziare una lite, specie in ospedale.

«E tu? Come stai?»chiede Mary con cautela.

«Sopravvivo!»

James torna da noi con suo padre e interrompiamo la nostra breve conservazione.
Ci salutiamo e quando il bambino va in stanza per i suoi esami, io riprendo a lavorare come facevo un tempo, quando con una certa devozione ho intrapreso questo mestiere.

La giornata passa veloce e me ne sorprendo; stare in ospedale mi aiuterà a non pensare, proprio come facevo prima di rivedere Natalia.
Come da accordo, mi cambio e scendo nel parcheggio in attesa di vedere Jenna fare la sua comparsa.
La responsabile non è il mio tipo, ma ha bisogno di essere messa al suo posto.
Mi appoggio allo sportello della mia macchina e quando sento il telefono risuonare nella tasca del mio giubbino, penso che la donna stia per darmi buca all'ultimo minuto.
Guardo sul display ma il numero non lo conosco e il prefisso non appartiene a New York.
Con una grande magone, rispondo e la voce di Daniela mi manda in tilt quando dice: «è morto!»


***Spazio autrice***
Io davvero non ho più niente da dirvi spero però di avervi strappato un sorriso in questi quattro anni circa e ora ci salutiamo con l'epilogo...kiss kiss :)

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