6. Non sembri più tu
Il cuore puoi legarlo, farlo tacere, bendarlo, ma quando trema c'è poco da fare.
Ieri, dopo aver trascorso un'intera giornata con Stefano tra shopping, un delizioso pranzo fuori e tante coccole, abbiamo deciso che sabato lo avremmo dedicato ai nostri rispettivi genitori per discutere e organizzare i preparativi del nostro matrimonio. Quando siamo insieme, ci immergiamo completamente l'uno nell'altra, dimenticando tutti i nostri impegni, e il tempo sembra volare.
Non ho ancora detto a Stefano della cena con il mio assistente. In fondo, non ci sarebbe niente di male. Lui va spesso fuori città con la sua segretaria e i suoi colleghi senza farsi problemi. Quindi, come direbbe il mio assistente, cosa ci sarebbe di così sbagliato in una cena tra colleghi?
L'unico problema sono io. Stefano sa benissimo che non permetto mai a nessuno di avvicinarsi troppo a me, e quindi potrebbe pensare male, iniziando con le solite paranoie. Non voglio creare altri problemi tra noi, proprio ora che è tornato il sereno dopo il suo weekend. Forse sarebbe meglio rifiutare l'invito di Duncan.
Esco dalla doccia, avvolta in un morbido asciugamano, e mi dirigo verso l'armadio. Dopo aver passato in rassegna vari abiti, opto per un pantalone classico nero e un body nero senza maniche a collo alto. Aggiungo una giacca rosa per un tocco di colore. Mi siedo davanti allo specchio e inizio a truccarmi, applicando un leggero strato di fondotinta e un tocco di rossetto. Ultimi ritocchi ai capelli e sono pronta.
Mentre mi guardo allo specchio, ripenso a quanto sia cambiato il mio stile da quando lavoro nell'azienda di Marco.
Ricordo ancora il mio primo giorno: indossavo un pantaloncino di jeans corto, una maxi felpa e le mie adorate Adidas bianche. Una donna dai capelli biondi, vestita di tutto punto, mi aveva detto che avevo sbagliato sede, quella non era un'università. Sorrido al ricordo, consapevole di quanto sia cresciuta da allora.
Nonostante io abbia ventotto anni, sembro molto più giovane della mia età. Stefano dice sempre che lo faccio sentire vecchio. Lui ha qualche anno più di me, è un uomo molto affascinante dagli occhi verdi, e nonostante la nostra differenza di età, ci sono molte cose che ci accomunano. Mentre mi dirigo al lavoro, penso a quanto sia fortunata ad avere Stefano nella mia vita, nonostante le piccole incomprensioni.
Appena entro in azienda, vedo Flora.
«Buongiorno, Natalia», dice sorridendo, finalmente lasciando da parte le formalità.
«Buongiorno, Flora», rispondo.
Flora è stata la prima persona ad accogliermi dolcemente qui dentro, e l'unica che trovava i miei look informali molto alla moda. Con i suoi capelli biondi che le incorniciano il viso e i suoi occhi verdi sempre vivaci, è impossibile non notarla. Nonostante la sua dolcezza e simpatia, la sua professionalità viene prima di tutto. Tiene tutti a debita distanza, ma allo stesso tempo è preziosa per ognuno di noi.
Tralasciando il lavoro, Flora attira gli sguardi di molti colleghi. Con il suo fisico snello e il portamento elegante, sembra uscita da una rivista di moda. Mi chiedo ancora come faccia ad essere single. Claudio, il nostro collega del secondo piano che lavora alle comunicazioni, le corre dietro da quasi tre anni, ma Flora non fa che ignorarlo. Una volta le ho chiesto se fosse impegnata, ma lei mi ha risposto che aspettava ancora quello giusto, e che non tutte erano fortunate come me.
Stefano, quando ho iniziato a lavorare qui, mi veniva spesso a trovare, mi riempiva di sorprese, e molto spesso ci chiudevamo in ufficio. Ripenso a quei momenti con un sorriso, consapevole di quanto sia fortunata ad avere un uomo come lui al mio fianco.
Una voce mi interrompe dai miei pensieri.
«Buongiorno, signorina Preziosi, come ha passato il suo giorno libero?»
Vorrei tanto dirgli che non sono affari suoi e che non ho intenzione di raccontargli come ho passato il mio tempo libero. Ma visto che potrebbe ricordarsi della cena di questa sera, meglio non iniziare male. Mi limito a dirgli che sono stata in compagnia del mio fidanzato, tutto qui. Ammicca un mezzo sorriso malefico e non aggiunge altro. Sento il nervosismo crescere dentro di me, come un temporale che si avvicina all'orizzonte.
Dopo aver passato la mezza giornata lavorando a una nuova grafica per un nuovo marchio di moda, vado in bagno a sistemarmi il trucco. È già scattata la pausa pranzo, quindi mi dirigo direttamente al ristorante fuori dall'azienda. Non so cosa stia facendo Duncan in questo momento, ma spero non sia già qui.
Porca miseria! La mia espressione è furiosa, ho i nervi a fior di pelle. Come diavolo osa sedersi al mio tavolo?
«Che ci fa lei seduto qui?» dico, battendo un piede a terra dal nervoso. Il mio cuore batte forte, come un tamburo in una marcia militare, e sento il sangue pulsare nelle tempie.
«Natalia, non l'ho vista rientrare, e quindi la stavo aspettando qui...»
Questo tizio è pazzo da legare. Non ho ancora preso una decisione per questa sera e lui pensa di poter venire a pranzo con me senza nemmeno chiedermelo.
Cerco di respirare profondamente prima di parlare, per evitare di combinare qualche guaio. Non mi libererò in fretta di lui, quindi è meglio abbassare la guardia e offrirgli la ricompensa di questo maledetto caffè.
«Ha qualche problema?»
«Mi dispiace, è solo che non sono abituata a pranzare con gli estranei... E poi, per dirla tutta, voglio offrirle un caffè per sdebitarmi del suo lavoro, ma per stasera non credo sia possibile vederci.»
Finalmente sono riuscita a sputare il rospo.
Duncan tira indietro i capelli, un gesto che fa spesso quando è irritato.
«Ho notato che molto spesso dimentica le cose, quindi ora gliele ricordo io. Ha accettato di venire a cena con me e ora mi rifila la scusa di un caffè.»
«È qui che si sbaglia, io non ho accettato il suo invito!» dico seccata. Quest'uomo è un manipolatore.
«Non capisco davvero cosa ci sia di tanto strano se pranziamo insieme, visto che tra un'ora circa saremo di nuovo insieme nel suo ufficio.»
Ok, mi arrendo!
Forse anche troppo in fretta, ma Duncan non sembra una persona che molla l'osso al primo colpo. Annuisco e ordino la mia triste insalata. Vedo Duncan non tanto convinto della mia scelta e ordina al cameriere due cheeseburger. Lo guardo stupita, non sapevo che mangiasse così tanto.
«Natalia, quando sei con me, sii te stessa, ti prego.»
Mi sento in imbarazzo di fronte a lui, non so dove guardare per non incrociare i suoi occhi. Ma meglio passare al contrattacco prima che possa iniziare con il discorso che indosso una maschera.
«Cosa le fa pensare che preferisco mangiare un panino all'insalata?»
Emette una risata. «Da quando sono qui, non fai altro che mangiare insalata e per consolazione ordini bibite gassate. Spero che tu non lo faccia apposta per sembrare perfetta agli occhi di qualcuno...»
«Ti sbagli di grosso e smettila di farti gli affari miei!»
«Sai, Natalia, tu non mi sopporti perché ti ho scoperta. Fingi di essere una persona che non sei, seguendo i ritmi di tutti, ma credo che tu c'entri poco e niente con questa gente...»
«E cosa sarei, scusa?»
Si lecca le labbra mentre il cameriere ci serve il pranzo, interrompendo la conversazione.
Come faccio a smentire quello che ha appena detto? Duncan ci ha preso in pieno e questo mi dà molto fastidio. Sin da piccola ho sofferto di insicurezze, e ancora oggi in molti casi non credo di essere all'altezza.
Duncan non sembra importarsi della mia presenza e addenta il suo panino. Di solito non mangio con estranei e, in più, mangiare un panino non è il massimo della finezza davanti a qualcuno che non conosco bene.
Mi faccio coraggio e do un morso al panino. Duncan sembra rilassato, tranquillo e senza paranoie. Vederlo in questa veste mi affascina molto; non sembra più l'arrogante di prima, ma una persona semplice con cui condividere quattro chiacchiere e una birra. Mi sorride, si è accorto del mio imbarazzo, e sembra che le barriere tra di noi si stiano leggermente abbassando.
Lo vedo avvicinarsi e, con la mano, toglie una goccia di ketchup all'angolo della mia bocca.
Avvampo al tocco delle sue dita sulle mie labbra. Prendo subito un tovagliolo e mi assicuro che non ci siano altri residui.
Resta lì a fissarmi mentre io divento rossa come un pomodoro.
I suoi occhi neri sembrano penetrare nei miei con prepotenza, leggendo i miei pensieri.
È così bravo a mostrarsi per quello che non è, da passare da una personalità all'altra, ogni volta con sfumature diverse del suo carattere, ma ora, mi sta mettendo in imbarazzo.
Distolgo lo sguardo dal suo e prendo il ketchup dal tavolo, agitando la confezione prima di versarla. La bottiglia fa un rumore ambiguo e imbarazzante e oltretutto continuo a custodire gelosamente la mia salsa. Agito con maggiore insistenza, finché non si riversa il liquido rosso, purtroppo arrivando sul volto di Duncan.
«Ma che diavolo fai?»
Il ketchup gli cola sulla camicia, macchiando la sua aria di perfezione mista a presunzione e nonostante io mi senta appena un po' a disagio, non riesco a trattenere una risata vista la sua faccia carica di sconcerto.
Mi sento quasi mortificata, ma in fondo Duncan non sembra incassare il colpo più di tanto.
«Natalia questa me la paghi!» esclama, lasciandosi coinvolgere dal divertimento, sorridendo a sua volta.
Non riesco a smettere di ridere e le nostre sghignazzate risuonano in coro nel locale.
Lo vedo aprire una bustina di maionese, ma il suo sguardo non promette nulla di buono. Cosa diavolo avrà in mente?
Avvicina rapido la sua mano alla mia guancia e spalma la salsa volutamente.
«Come ti permetti?»il mio tono risuona stridulo, ma la mia intenzione sarebbe quella di risultare seria e determinata.
Ma dopo la sorpresa iniziale, in realtà, mi rendo conto che non sono arrabbiata per niente. Non riesco a smettere di ridere sembriamo due ragazzini del liceo, intenti a iniziare una gara di cibo. Le persone ci stanno guardano con disappunto, ma io mi sento così gioiosa che non mi importa. Mi sento finalmente me stessa e vorrei che questo istante duri il più a lungo possibile.
«Adesso, siamo pari!»esclama Duncan soddisfatto.«Dovremmo creare uno slogan per la Kraft con la foto della tua guancia piena di maionese»continua a prendersi gioco di me mentre cerco di ripulirmi.
Con il cuore più leggero, dopo che si dissolve l'umorismo, ritorno ad addentare il mio panino, ma proprio mentre sto per dare un morso, sento: «Natalia cosa stai facendo?»
Cazzo! Merda! Impreco mentalmente. Riconosco quella voce e mi sento trasalire come se avessi un fantasma al mio cospetto.
Non ho il coraggio di alzare il capo verso di lui, di ritrovarmi faccia a faccia con lui: Stefano.
Il sorriso muore sulle mie labbra all'istante. Stefano guarda prima me e poi Duncan, poi di nuovo me e io devo trovare un controllo sorprendente per non dare di matto.
Duncan, con la sua abilità di improvvisare, stempera
l'imbarazzo presentandosi a Stefano.
Mi sento come una bambina scoperta a rubare le caramelle e ho paura di avere presto delle ripercussioni.
Duncan porge la mano a Stefano, mentre l'altra è ancora sporca di maionese e porta un dito alla bocca ripulendo una parte maldestramente.
Dovrei essere seria, ma Duncan è così buffo che trattengo a stento una risata.
«Piacere io sono Duncan Smith, l'assistente di Natalia. » dice semplicemente, come se fosse risaputo a tutti ormai. Il che è vero.
Vedo Stefano annuire e ritornare con lo sguardo su di me. Cime tempestose sembrano palesarsi nei suoi occhi verdi. Si siede accanto a me e prende un tovagliolo. Inizia a pulirmi il viso da tutta la maionese e il suo sguardo severo mi infastidisce.
«Natalia sembri una bambina.
Ma che ci fanno tutte queste schifezze su questo tavolo?»domanda rimproverandomi.«Lo sai che non sono ammesse nel tuo piano alimentare. Si può sapere che cosa ti è preso oggi? Hai forse perso la testa?»Stefano sta straparlando, esagerando decisamente. Non mi da il tempo di rispondere che già torna all'attacco. «Che diamine! Poi guardati, hai perso la tua classe per caso? Non sembri per niente tu. » dice, il tono di voce inorridito.
Stefano sta per fare una scenata, me lo sento. Sta dando di matto per una questione insignificante per mascherare il fastidio dettato dalla sua gelosia. Vorrebbe riempirmi la testa di domande, ma non lo ammetterà mai e preferisce sfogare la frustrazione facendomi delle ramanzine paternali, incurante di tutti i presenti che ci guardano.
Noto Duncan lanciare delle occhiattacce. Posso sentire come mi prende gioco nei suoi pensieri.
Stefano si avvicina sempre di più e improvvisamente mi bacia. D'istinto ricambio quel gesto, ma non è assolutamente sentito da parte mia. Mi sta mettendo in imbarazzo, facendomi passare per una persona incompetente persino di vivere senza stare nella sua ombra.
Stefano sembra notare il mio distacco e non prende bene il mio rifiuto e insiste, approfondendo quel bacio con più foga, mettendoci in mostra in modo volgare.
Cerco di allontanarmi ma Stefano mi tiene stretta tra le sue braccia, quasi facendomi soffocare.
Riesco a intravedere Duncan che distogliere subito lo sguardo disgustato e io vorrei prendere a schiaffi il mio fidanzato. Mi rimprovera tanto e poi si comporta lui stesso come un bambino.
«Signorina Preziosi la aspetto nel suo ufficio. Vi lascio soli. » mormora Duncan, alzandosi.
Noto la tensione irrigidire le sue spalle larghe, le sue sopracciglia aggrottargli con dissenso; a tratti sembra deluso e non posso biasimarlo. Il teatrino messo in scena da Stefano è stato altamente fuori luogo.
Stefano gli dice di restare e di continuare il suo pranzo, ma Duncan si limita a lasciare i soldi del suo conto sul tavolo, senza nemmeno ascoltarlo.
Saluta Stefano e si dirige in ufficio.
Una volta che Duncan se ne va, mi rivolgo a Stefano, sentendo ancora il calore dell'imbarazzo sulle guance.
«Stefano, con il tuo comportamento mi hai messo in imbarazzo.»
«Naty, non mi piace quel tipo. E poi, perché stavate ridendo? Tu non lasci mai nessuno venire a pranzo con te!»
«In realtà ci sarebbe una persona che vorrei a pranzo con me, ma tu sei sempre impegnato coi tuoi colleghi e non hai mai tempo per me» gli rispondo, cercando di mantenere la calma.
«Amore, lo sai che lavoro a un'ora da qui. Quando posso, cerco di venire. E poi ho notato come ti guarda. Cerca di mantenere le distanze come hai sempre fatto. Questi assistenti, per cercare di fare carriera, sarebbero capaci di tutto. E tu sei buona e ingenua, quindi non ti fidare,» mi dice, con un tono protettivo.
«In realtà, Duncan è davvero bravo nel suo lavoro. Non ha di certo bisogno di me per diventare qualcuno. Avrà studiato molto, e non ci vedo niente di male a cercare di avere un rapporto lavorativo con il mio assistente» gli rispondo, cercando di farlo ragionare.
«Va bene, ma lo sai che sei bellissima, amore, e che sono molto geloso della mia futura moglie?» dice, cercando di stemperare la tensione con un sorriso.
Mi sento in colpa. Come faccio a dirgli di stasera? Decido di non dirglielo e mi limito a cercare una scusa da rifilare a Duncan. Dopo mezz'ora, Stefano se ne va, lasciandomi una scia di baci tra la bocca e il collo, e dicendomi che stasera sarebbe rimasto da me.
Prima di rientrare in ufficio, vado in bagno a sistemarmi il rossetto che Stefano mi ha sbavato. Mi affretto a rientrare e trovo Duncan rivolto verso la finestra, fumando una sigaretta. La luce del sole che filtra attraverso la finestra illumina il fumo, creando un'atmosfera quasi surreale.
«Signor Smith! Non accetto che nel mio ufficio si fumi! La prego di uscire!»
Duncan si gira lentamente, un sorriso ironico sulle labbra. «Vuoi davvero metterti a farmi la ramanzina ora? Quando nemmeno tu sei perfetta come cerchi di apparire. Ti vedo, sai, che non ti vergogni di fare effusioni in un ristorante davanti a tutti. Ti metti ad ascoltare musica nel tuo ufficio, resti sempre scalza, e ora ti scandalizzi per una sigaretta? E poi hai tutta l'aria di una che se lo farebbe volentieri un tiro. Ma non puoi, perché potrebbe arrivare il tuo banchiere e darti un bacio e sentire l'odore di fumo, e tu non faresti mai qualcosa che possa turbarlo, è così vero?»
Il suo tono è tagliente, e ogni parola è come una freccia che colpisce nel segno. Sento il sangue ribollire nelle vene. «Smettila!» esclamo, cercando di mantenere la calma.
Mi sta sputando veleno, e i suoi occhi carichi di ira mi spaventano. So che Stefano l'ha messo in imbarazzo, ma lui è pur sempre il mio fidanzato e Duncan non si può definire la persona più corretta del mondo. Non capisco il suo atteggiamento.
«Mi dispiace, Duncan, per prima. Non volevamo rovinarti il pranzo. Se vuoi, posso prenderti qualcosa da mangiare,» gli dico, cercando di placare la tensione.
«Sai, Natalia, cosa mi dispiace più di tutto? Che il tuo fidanzato ha interrotto un momento un po' nostro. Ma come biasimarlo? Anche io avrei paura di lasciare libera una donna come te.»
«Mi dispiace, Duncan, ci sarà un'altra occasione sicuramente,» gli rispondo, colpita dalle sue parole. Non pensavo ci rimanesse così male. Nonostante tutto, ho trovato Stefano un po' prepotente e fuori luogo.
«Non dispiacerti troppo, mi aspetta sempre una cena stasera. Si faccia trovare pronta per le 20:00 in punto. Io ora vado, ho delle commissioni da sbrigare con Marco. Si faccia bella per stasera!»
I suoi cambi d'umore mi mandano in tilt. Un attimo fa mi dava del lei, poi del tu. Prima sembrava arrabbiato, ora sta pensando alla cena di stasera. Chiude la porta alle sue spalle e va via, non mi dà il tempo di rispondergli. E ora cosa faccio?
Non posso accettare il suo invito. Cosa gli direi? "Amore, stasera sono a cena con il mio assistente." No! Non posso! Mi ha appena detto di limitarmi con lui, e poi nemmeno volevo andarci, non me la sento. Finito l'orario in ufficio, vado a casa. Apro la porta e mi aspetto di trovare Stefano, ma non c'è. Estraggo il telefono dalla borsa e vedo un messaggio: "Amore, stasera non posso venire. Ci vediamo domani a pranzo. Ho del lavoro per domani e non posso dormire da te."
Sono davvero arrabbiata. Sembra che Stefano mi voglia solo per lui, chiusa in queste quattro mura. Mi divide tra lavoro e qualche serata di passione. Sembrano davvero spariti quei momenti in cui eravamo sempre insieme, quelle serate in riva al mare sul belvedere a guardare le luci della città, a camminare per le strade di Roma di sera mano nella mano, scambiandoci promesse. Sono molto delusa da lui. Mi ha di nuovo lasciata da sola, e sono solo le otto di sera. Mi vado a fare una doccia per sbollire tutta la rabbia che ho in corpo.
Mentre l'acqua calda scorre sul mio corpo, ripenso a Duncan e a cosa starà pensando in questo momento. Chissà se davvero pensa che ci sarei andata, e se mi sta aspettando. Cancello subito tutti questi pensieri dalla mia mente, anche se devo ammettere che è davvero affascinante e i suoi modi, anche arroganti, mi piacciono. A volte sembra quasi che sia geloso di me, ma non può essere. Forse è solo una tattica di abbordaggio. Se avessi un suo recapito telefonico, gli avrei almeno mandato un messaggio per disdire il suo invito.
Tutti questi pensieri mi mettono ansia. Mi affaccio alla finestra e guardo un po' la città e le sue luci. Chissà cosa starà facendo ora, chissà se mi sta pensando. Basta, Natalia, basta! Ritorno a letto e mi lascio cullare nelle braccia di Morfeo. Sta per arrivare un weekend molto pesante.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top