Welcome to LA
"Angelo apri gli occhi, stiamo per atterrare" sento sussurrare al mio orecchio. Non ricordo quasi nemmeno di essere salita in aereo da quanto sonno avevo. Ricordo lo sguardo apprensivo di mia madre mentre passava a me la custodia del violino e a Shannon il mio bagaglio a mano, ricordo Nim e Beethoven che ignari di quello che stava per accadere, tutti eccitati continuavano a scodinzolare mentre li accarezzavo per salutarli, ricordo l'abbraccio di mio padre e la stretta di mano con Jared accompagnata da un "Tienila d'occhio e prenditi cura di lei". Sembrava un addio bello e buono quando invece mi prendo una pausa di qualche giorno. Per ora. Nel dormiveglia sento il calore e il profumo del corpo di Jared, un suo braccio mi cinge il fianco e sento la sua testa appoggiata alla mia. Entrambi i fratelli hanno un profumo della pelle tanto buono quanto completamente diverso l'uno dall'altro. Potrei passare ore ed ore a respirare la loro essenza e non esserne mai nauseata.
"Allora, la smetti di sbavarmi sulla maglietta e ti allacci la cintura? Ho promesso di prendermi cura di te, e se dovessi fallire nell'impresa penso che tuo padre potrebbe spararmi con il fucile della X-Box nuova!" ripete a bassa voce.
"Non ti ho sbavato sulla maglietta" farfuglio ancora mezza addormentata mentre resto ipnotizzata dal segnale luminoso sopra il mio sedile per allacciare la cintura. Mi sembra di essere ubriaca.
"Mentre sei in ipnosi, dai una botta a quello seduto vicino a te, si è slacciato la cintura anche lui!".
Shannon, accanto a me, è appoggiato alla parete dell'aereo gli occhi coperti dal cappellino e le gambe incastrate sotto le mie per poter avere più spazio. Mentre lo guardo mi chiedo se stia fingendo di dormire. Gli sollevo il cappellino e mi avvicino lentamente al suo viso per urlargli qualcosa all'orecchio e farlo spaventare.
Improvvisamente apre gli occhi e comincia a fissarmi.
Mille pensieri cominciano ad affollare la mia mente, gli stessi che leggo nei suoi occhi. Resto ferma immobile a guardarlo senza quasi neanche respirare. In quell'interminabile istante, c'è solo una cosa che voglio fare, una soltanto, come una calamita, le sue labbra sembrano chiamarmi. Sento battere talmente forte il cuore che temo possa sentirlo. I suoi occhi fissi nei miei, i miei nei suoi, le sue labbra sempre più vicine.
"Signorina mi scusi, dovrebbe allacciare la cintura di sicurezza, e anche lei signore se non le dispiace, siamo in fase di atterraggio", rossa in volto riprendo immediatamente posizione sul mio sedile, disincastrando le gambe dalle sue e allacciandomi il tutto a testa bassa. Con la coda dell'occhio vedo Jared fissare il fratello come a volergli dire qualcosa. Mi seppellirei in questo frangente, stretta un attimo prima tra le braccia di uno, quasi a baciare l'altro un istante dopo. Ma che cosa mi dice la testa? Sto impazzendo, non so nemmeno io che cosa sto facendo o perché. Comincio a pensare che non avrei dovuto accettare questo ruolo nelle loro vite, non sarei dovuta salire su questo aereo, settimane fa non avrei dovuto bussare alla loro porta. Ma l'ho fatto, e anche in questo preciso istante dove non so più chi sono o cosa faccio, se dovessi tornare indietro rifarei le stesse identiche cose e tornerei da loro.
Perché io tornerò sempre da loro. Sempre e per sempre.
Le ruote che toccano l'asfalto mi riportano alla realtà. Mentre un gruppo di ragazzi applaude il pilota per il perfetto atterraggio e le hostess raccomandano di rimanere ancora seduti con le cinture allacciate e i cellulari spenti, come sempre si sentono già messaggi arrivare o si vede gente che in piedi già cerca di recuperare le proprie cose.
Quando finalmente l'aereo si ferma, Jared slaccia la mia e la sua cintura prima di balzare in piedi e tendermi una mano per aiutarmi. Non fosse stato per la sua presa e la tempestività di Shannon alle mie spalle, mi sarei accasciata in un istante tra i due sedili.
"Prendila!" urla ad alta voce nel trambusto Jared cercando ti tenermi.
"Cristine che cos'hai? Ehi, angelo, ci sei?" con la schiena appoggiata al petto di Shan cerco di riordinare le idee e capire cosa mi stia succedendo. Mentre Jared chinato verso di me per non sbattere la testa mi tiene ancora stretta la mano e pallido mi fissa impaurito, suo fratello maggiore stringendomi a se, con una mano mi accarezza dolcemente il viso.
"Mi sono alzata troppo in fretta, mi gira la testa. Ho un sonno atroce, mi dispiace" dico cercando di capire che cosa sta chiedendo il mio corpo. I due fratelli si scambiano uno sguardo d'intesa. Mi chiedo quando sono diventata così brava a mentire ad alta voce.
"Aspetta qui, vado a chiedere se hanno qualcosa di dolce da darti, magari ti tira un po' su!"
"No, Jared. Sto bene, davvero. Magari mentre aspettiamo i bagagli mi prendo un succo a qualche macchinetta, o prendo un caffè a Starbucks" dico tenendogli la maglietta.
"Ma... sei sicura?" sa anche lui che è inutile insistere.
"Si, dico davvero" rispondo mentre sorridendo mi libero dalla stretta di Shannon e mi rialzo in piedi.
"Ok. Come vuoi. Però prendo io il tuo violino e bagaglio a mano e vado avanti che ti compro qualcosa, tu scendi con calma con lui" dice indicando suo fratello.
Mentre lo guardo farsi strada tra una mamma che disperata cerca di tenere a bada due bambini ed una coppietta che dagli atteggiamenti sembra decisamente in luna di miele, metto un piede davanti all'altro e mi giro verso Shannon, che avendomi seguito passo dopo passo, è immediatamente alle mie spalle. Alzando le mani sopra la mia testa mi appoggio alla cappelliera e lo guardo fissa negli occhi.
"Fingevi di dormire prima" dico d'un fiato.
"Stavi per baciarmi" risponde continuando a fissarmi negli occhi. Il suo sguardo mi dà i brividi.
"Io non.." le parole mi si strozzano in gola. Chiudo un istante gli occhi per cercare di riprendere il controllo su me stessa. La testa ricomincia a girare. Senza dire una parola, sento Shan prendermi con un braccio, mentre con l'altro prende il suo zaino e lentamente mi accompagna giù dall'aereo.
Ho il volto nascosto nel suo collo mentre mi stringe forte per non farmi cadere. A stento leggo la stretta: "Los Angeles Airport, Welcome", mentre Jared a forza mi manda giù un po' di succo.
Non capisco più nulla, sento il caldo della città degli angeli sfiorarmi la pelle e le braccia di Shannon che mi sollevano da terra.
Riapro gli occhi mentre sento sotto la mia testa un cuscino.
"Devo chiamare un dottore Cristine? Mi senti?" chiede Shannon mentre mi copre.
In silenzio indico la mia borsa poggiata a terra accanto al letto.
Sono le cinque del mattino quando riapro gli occhi, un pallido raggio di sole filtra dalle tende chiuse in camera. Devo aver dormito per all'incirca 14 ore secondo i miei calcoli, mi stupisco quasi del fatto che i ragazzi in preda al panico non mi abbiano portato in ospedale. E' stato parecchio difficile convincerli ieri pomeriggio che se mi avessero lasciato dormire questa mattina mi sarei sentita meglio. Infatti mi sento in splendida forma, il sonno mi ha decisamente rigenerata.
I provini cominciano domani e di lavoro da fare ce né parecchio, tra cui anche la mia presa di possesso della casa, ho la sensazione che quei due abbiano vissuto troppo tempo da soli.
Nella penombra della stanza, non riesco a distinguere dove sono, ma qualcosa mi dice che sono nella stanza del fratello maggiore. Riesco a sentire il suo profumo sulla federa del cuscino e sulle lenzuola sotto le quali sono seppellita. La sua mano è delicatamente poggiata sulla mia pancia, sotto la maglietta, come se volesse controllare l'andamento del mio respiro. Giro la testa verso di lui per guardarlo e ne resto incantata dalla dolcezza che emana quell'istante. Si è addormentato a pancia in giù con la testa girata verso di me. Una mano l'ha nascosta sotto il cuscino mentre l'altra mi tocca e le sue gambe, intrecciate alle mie, controllano ogni mio più piccolo movimento. Non emette un rumore, non russa nemmeno, eppure sono sicura che stia dormendo, è come se il suo corpo per evitare di disturbarmi si rifiuti di emettere suono alcuno.
Succedeva la stessa cosa anche da ragazzi.
Accanto alla finestra intravedo una sedia con cuscino sgualcito ed un libro lasciato aperto. Jared deve essere uscito da poco dalla stanza.
Vorrei alzarmi.
Lentamente prendo la mano di Shannon e la faccio scivolare delicatamente sul mio fianco per poi adagiarla sulle lenzuola calde. Non faccio neanche in tempo a spostare le gambe che Shannon spalanca gli occhi all'improvviso e mi fissa terrorizzato, solo quando vede che gli faccio un sorriso rilassa i lineamenti e mi sorride a sua volta.
"Mi hai spaventato, non sentivo più il movimento regolare del tuo respiro" sussurra mezzo addormentato.
"Scusa, non volevo svegliarti, torna a dormire" dico girandomi su fianco per poterlo guardare meglio.
"Come ti senti?" chiede poggiandomi una mano sul viso.
"Meglio, molto meglio".
"Mi hai spaventato ieri pomeriggio, non lo fare mai più!" dice accarezzandomi.
"Promesso, però tu ora dormi un po'. Io ho la sensazione che troverò qualcosa da fare" dico mettendo la mia mano sulla sua.
"Non voglio che stai da sola, mi alzo anche io" dice provando ad alzarsi prima di ricadere sotto il mio peso.
"E questo scatto felino?" chiede sorridendo.
"Te l'avevo detto che sto meglio!" gli dico sorridendogli.
"Sei sicura di stare meglio? sembra che il tuo cuore batta all'impazzata." mi chiede mentre mi cingendomi i fianchi e facendomi un piccolo sorriso malizioso.
"Si, io.." sussurro mentre mi accorgo che i nostri volti sono a pochi centimetri di distanza. Sono completamente sdraiata su di lui, con le mani poggiate ai lati del suo volto.
"Noi due avevamo un discorso in sospeso mi pare" mi dice stringendomi sempre più forte. Un rumore cattura la nostra attenzione fuori dalla porta della camera ed approfittando della sua distrazione scivolo via dalla sua presa e mi dirigo verso la porta.
"Non so di cosa tu stia parlando!" gli dico facendogli l'occhiolino ed uscendo dalla stanza. Arrivo a metà corridoio prima di decidere di tornare indietro. Lo trovo supino con le braccia adagiate sugli occhi e un sorrisetto tutto soddisfatto stampato sul viso. Silenziosamente entro in camera e senza emettere un rumore mi avvicino al letto. Bastano pochi secondi prima che si renda conto della mia presenza, altrettanti pochi secondi perché io mi abbassi verso di lui per dargli un piccolo bacio e fior di labbra.
"Sogni d'oro" gli sussurro ad un orecchio dopo avergli strofinato il mio viso nell'incavo del collo.
Fuori dalla camera, mi appoggio ad una parete e mentre con una mano mi sfioro le labbra, con l'altra mi tengo una mano sul cuore come se questo potesse servire a rallentarlo. Avevo dimenticato quanto morbide e soffici fossero le sue labbra e quale sensazione mi dava il suo contatto.
Credo di essere al secondo piano dell'abitazione. Un lungo corridoio conduce verso le scale che portano al piano di sotto. Le pareti sono bianche, mentre il pavimento è di moquette nera. Sui muri attaccati ad intervalli regolari ci sono foto in bianco e nero dei due fratelli da bambini: Jared che gioca con una chitarra quando aveva 5 anni, Shannon con la faccia da furbetto a 4, entrambi con la faccia nascosta dentro un sacchetto di carta quando ne avevano poco pi di 7 e 5, e poi.. poi ci sono io. Mio dio, non ci credo, foto di me, di noi.. la mia faccia stupita quando a tre anni mi fecero trovare un pupazzo di neve in giardino mentre loro sorridono fieri alla macchina fotografica contenti per il lavoro eseguito, noi tre appisolati per terra sul nuovo tappeto di zia Annie incastrati uno accanto all'altro, il ballo di fine anno di Shannon dove decidemmo di andarci tutti e tre assieme aumentando sempre più le voci nei nostri confronti. Oddio, quel ballo di fine anno, l'avevo dimenticato. Ringrazio il cielo che quelle pettinature non siano più di moda, non so se è peggio Jared con i capelli lunghi fino alle spalle ricci, Shannon che sembrava che gli avessero messo una scodella in testa prima di tagliarli, o io che avevo una cotonatura che poteva far invidia a Marge Simpson.
"All'epoca eravamo alla moda!" dice una voce in fondo al corridoio.
"Eravamo orribili, devi ammetterlo, questa foto è indecente!" dico sorridendo guardando verso Jared che in pantaloni della tuta grigi e maglietta a maniche corte bianca spunta da dietro il muro con una tazza di tè in mano.
"Eravamo felici, non ci importava di nulla e nessuno. Dettavamo noi le regole e chi non ci voleva seguire, non era obbligato a camminarci accanto. Non avevamo preoccupazioni. Il mondo era nostro!" dice avvicinandosi.
"Mio dio ero vestita di fucsia!" dico facendo una smorfia al ricordo del colore del mio vestito.
"Eri bellissima!" mi dice sorridendomi passandomi la sua tazza.
"Lo ero prima di arrabbiarmi per l'ennesima rissa nella quale vi eravate cacciati!" dico prima di bere un sorso di quella delizia.
"Tom Brown aveva decisamente esagerato con i commenti sulla tua scollatura, quando Shan lo ha sentito non ci ha messo più di tre secondi a tirargli il primo pugno!" ricorda sorridendo.
"Poco importava che era il capitano della squadra di Rugby, vero?" dico ridendo.
"Naaan.. ci siamo dati dei bei cazzotti. Poi è finita la. Per questo mi piacciono i rugbysti, una volta risolta la cosa, si è più amici di prima. Non ti ricordi che il mio ultimo anno siamo sempre stati con loro a scuola?"
"Ti avevano fatto un occhio nero, e Shan aveva un taglio sul sopracciglio. Tua madre ha dato di matti quando siamo tornati a casa e ha visto il sangue sul mio vestito!".
"Serata indimenticabile. Credo che il preside abbia dato un party quando siamo usciti tutti e tre da quell'istituto! Ne abbiamo combinate di ogni!" dice ridendo.
"Eravamo il terrore di tutto la città, come non ci siamo mai fatti arrestare resta un mistero!" dico guardando ancora la foto e risvegliando in me molti ricordi.
"Vieni ti faccio vedere la casa!" dice prendendomi una mano.
Sul corridoio si aprono quattro porte su una parte e tre sull'altra. Le prime quattro porte sono le camere da letto, in fondo al corridoio ce n'è una vuota, poi quella di Shannon, un'altra vuota e quella di Jared. Tutte e quattro comunicanti dall'interno e affacciate sulla piscina sul retro.
"La camera di distanza è data da quando avete compagnia e non volete sentire rumori anomali?" chiedo facendogli l'occhiolino.
"Mio fratello russa come un orso, rimbomba in corridoio, ecco perché non è nell'ultima stanza. Una di distanza era quello che potevo fare se non volevo dormire sul divano in salotto" dice disperato.
"Non russa sempre, questa notte non l'ha fatto" dico ridendo.
"Non russa perché ci sei tu, e comunque il rumore di sottofondo ora cosa credi che sia? Una caffettiera sul fuoco?" replica spazientito.
La camera di Jared è... la camera di Jared, non c'è ombra di dubbio. Le pareti sono rosso rubino con profili bianchi e lucidi mobili neri. Un immenso armadio a scorrimento rifletto nel suo specchio il letto posizionato esattamente di fronte. Delle bellissime tende bianche, in tinta con il copriletto, coprono una porta finestra dietro alla quale si nasconde un balcone che dà sul giardino alle spalle della casa. I comodini ai lati del letto sono ricoperti di libri e bottiglie semivuote d'acqua.
La scrivania poggiata alla parete di fronte al balcone è piena di fogli di carta volante con veloci appunti scritti sopra, probabilmente alcune delle canzoni che sta scrivendo, cd dei del gruppo, simbologie strane, combinazioni di numeri. La luce è una lampada gigante poggiata accanto alla scrivania e da due abatjour attaccate sopra la liscia spalliera del letto.
Attaccate alle pareti vi sono alcuni poster di film di Kubrick, tra i quali spicca Shining, uno dei suoi film preferiti.
Intere mensole sono ricoperte da libri sulla filosofia orientale e quella greca, libri di storia, libri sulle simbologie pagane...
Per non parlare del quantitativo di vinili organizzati per genere ed ordine alfabetico che ricopre tutta la parete fino alla scrivania.
"Sembra di essere nella tua testa! Disordinatamente ordinata, follemente lucida!" dico con un sorriso.
"Allora dovresti saperti orientare bene, nessuno mi conosce meglio di te!" dice riprendendomi una mano.
"Allora meglio che non apro il tuo armadio o guardo sotto il tuo letto, perché temo quello che potrei trovare!" dico sempre sorridendo.
"Per quello c'è tempo" mi dice ad un orecchio prima di trascinarmi fuori dalla stanza.
"Non ti chiedo nemmeno in quale stanza vuoi dormire. Dopo ricordami di cercare le chiavi per aprire le porte comunicanti con la mia e quella di Shannon. Qui ci sono due bagni, uno mio e uno dell'animale... e visto il soprannome, mi sa che è meglio che ti appoggi nel mio. Mentre qui c'è quello che dovrebbe essere un ufficio, ma ci sono miei vecchi quadri accatastati ad ogni angolo e foto scattate da Shan ovunque, all'occorrenza, qui sviluppa le foto. Ergo attenta agli acidi che lascia sempre in giro!" dice con tono paterno.
"Si mamma!" dico ridendo mentre scendiamo le scale per entrare nell'atrio che conduce a salotto e cucina.
"Ci avete mai cucinato qua dentro?" chiedo guardandomi attorno notando quanto tutto sembra spaventosamente nuovo.
"Il microonde è il nostro migliore amico!" dice con il sorriso stampato in viso.
"Non avevo dubbi!" replico dopo aver trovato il frigo naturalmente vuoto e il freezer pieno di congelati.
Entrare in salotto invece è stato come atterrare su un altro pianeta. Un open-space immenso circondato per oltre la sua metà da porte finestre a scorrimento che danno sempre sul retro della casa, mostrandomi da vicino la vegetazione che circonda la piscina e la staccionata che ci separa da casa del vicino.
Un grande tavolo da biliardo è posizionato su un lato della stanza, con le palline abbandonate alla rinfusa come se una partita fosse stata interrotta bruscamente e le stecche, con i Glyphics incisi, lasciate disordinatamente appoggiate ad una parete. La stanza è tutta bianca, lo sono le pareti, lo è il divano, lo sono persino i mobili... l'unico colore che spicca è il nero del televisore e del tappeto messo davanti al divano sotto un tavolinetto pieno di cd e adesivi del gruppo, dello stereo e delle tre console disposte regolarmente sotto la tv.
Tutta una parete della stanza è ricoperta da videocassette e dvd, forse il vero tocco di colore del salotto.
Un quadro di una pecora in una scatola cattura la mia attenzione.
"Il piccolo principe era la mia favola preferita, tanto triste, ma tanto bella!" dico sorridendo.
"Lo so, me lo ricordo. Per quanto l'intenzione era quella di dimenticarti, abbiamo messo un pezzo di te in ogni stanza" dice fissandomi con sguardo malinconico.
"In ogni stanza?" chiedo incuriosita.
"Hai detto tu di non aver ancora guardato nel mio armadio" dice maliziosamente.
"E di sotto?"
La cantina, ridipinta a nuovo è stata trasformata in un piccolo studio di registrazione, dove nel centro, la fa da padrone la batteria rosso fiammante di Shannon. Non l'avevo mai vista così da vicino.
"Ha intenzione di personalizzarla, non ha ancora deciso come però!" mi dice mentre sfiorandola ho l'impressione di sentire l'energia che emana quando viene suonata.
"E le tue chitarre?" chiedo guardando un angolo della stanza dove nell'ombra se ne intravedono alcune.
"Nulla di che, ma ho sentito di un tizio qui a LA che le costruisce su misura, intaglia anche il simbolo che vuoi sulla cassa, me ne piacerebbe una tutta nera con una fenice intarsiata!" dice con gli occhi che gli brillano.
"Miri sempre più in alto!" dico affascinata da quel suo sguardo.
"No, si dice : Provehito in Altum angelo" e prendendomi nuovamente per mano risaliamo le scale.
"Non hai sonno?" realizzando che sarà almeno un'oretta che giriamo per casa e che lui non l'ho visto ancora sbadigliare.
"Insonnia, ne soffro ogni tanto. L'infarto che mi hai fatto prendere ieri non mi è stato d'aiuto" dice serio.
"Scusa.. mi devo preoccupare per te?" chiedo.
"Mi devo preoccupare io per te?" chiede sempre più serio.
"Ok, facciamo che nessuno chiede niente a nessuno e stop. Senti vorrei farmi una doccia e poi prepararvi qualcosa per la colazione".
"Ok, tu vai a farla di sopra e io vado a prendere quello che ti serve! Cosa vuoi preparare?"
"Jared sono le sei del mattino! Dove vuoi andare a quest'ora?"
"Tesoro siamo a LA non in un paese sperduto nel nulla!"
"Allora Muffin e biscotti al cioccolato, ti faccio una lista di quello che mi serve, e dopo ne facciamo un'altra tutti assieme e andiamo in un centro commerciale a fare un po' di spesa, la casa è vuota!"
"Sei peggio della mamma..." farfuglia sotto voce.
"Peggio di chi?" chiedo ridendo.
"Nulla, vado, sopra c'è tutto, vai e... beh chi cerca trova!" e così facendo prende le chiavi della macchina e dopo avermi dato un bacio sulla fronte esce di casa.
Io nel silenzio mi guardo attorno e senza accorgermene ad alta voce mi dico: "Benvenuta su Marte!".
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top