Verità Scomode
Mentre apro la portiera a Shannon per un attimo apro e chiudo gli occhi nella speranza che la scena che sto vivendo sia in realtà strappata ad un film drammatico. Ma non è così.
Dopo che Jared ha inchiodato esattamente davanti all'entrata del pronto soccorso, ha spalancato la portiera per correre dentro in cerca d'aiuto.
Mentre tengo aperta la portiera dell'auto, Shannon dopo essere uscito per primo, tira a se con forza ma dolcezza allo stesso tempo il corpo di Cristine privo di sensi. Mio dio quanto è pallida. I muscoli di Shannon sono completamente tesi, e visto la gracilità del corpo di Cristine, non credo che sia dovuto al suo peso. Lasciamo tutto aperto e camminiamo il più velocemente possibile lungo il corridoio che porta alla sala d'aspetto; non ho mai visto un corridoio più lungo, o forse sono io che ho l'impressione di camminare lentissimo. Il volto di Shannon è una maschera impenetrabile di emozioni, non riesco a percepire nulla, riesco solo a vedere nei suoi occhi un abisso profondo dove perdersi.
Jared arriva di corsa seguito da una barella accompagnata da infermieri e dottori che continuano a fargli una serie di domande alle quali non sembra saper dare risposta.
"Presto, sulla barella!" urla uno dei dottori più giovani. Shannon lentamente lascia scivolare Cristine sul lenzuolo bianco, il quale sfigura di fronte al suo pallore, prima di lasciarla definitivamente andare le dà un leggerissimo bacio sul collo stingendole la mano. Una lacrima gli attraversa il viso. Jared è pietrificato davanti alla scena. Poi, in un attimo è sono tutti spariti dietro delle spesse porte di legno, e noi tre rimaniamo immobili con lo sguardo fisso perso nel vuoto. Sono le 06.15.
Ho completamente perso il senso del tempo, guardo l'orologio sopra il bancone delle infermiere e ho l'impressione che la lancetta si muova a rilento, siamo seduti qui da meno di quindici minuti, eppure sembra già un eternità. Osservo Jared e Shannon e cerco di capire cose stia passando loro per la testa in questo momento. Entrambi sono a piedi scalzi e a dorso nudo, l'unica cosa che li differenzia è che uno indossa un paio di pantaloni della tuta lunghi e l'altro invece all'altezza del ginocchio. Mi sembra ancora di sentire Cristine deriderli mentre mi spiegava il loro abbigliamento notturno.
"Tomo devi capire che questi due hanno seri problemi di personalità e anche parecchi problemi di accettazione del proprio corpo. Dopo che Jared si è tatuato quelle orribili frecce sui polpacci, si è reso conto di avere gambe simili alle mie e ha deciso di nasconderle. Shannon invece fa l'impavido, ma sappiamo tutti che è perfettamente cosciente di come sia sproporzionato tra spalle e gambe, proprio l'altro giorno l'ho beccato che si fissava davanti allo specchio..."
Cosa ne sarà di loro due se le succede qualcosa?
Shannon è seduto su una delle sedie della sala d'aspetto con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa nascosta tra le mani. Non emette un suono, non fa alcun movimento. Jared invece, è appoggiato alla parete seduto per terra, con le ginocchia raccolte al petto e le braccia conserte con la testa appoggiata. Anche lui come il fratello non emette alcuno suono o fa qualsiasi movimento.
La madre di Cristine arriva correndo come una furia ed attraversa la porta del pronto soccorso senza far caso alla donna che alla reception prova a fermarla. Annie resta sulla soglia del corridoio. In una mano ha un sacchetto con un pesante quaderno ad anelli al suo interno, nell'altra un borsone ed un sacchetto con quelli che sembrano essere vestiti per i suoi due figli.
"Non ti vuoi sedere?" le chiedo prendendole il borsone di mano.
"Hanno detto nulla i dottori?" mi parla ma non toglie lo sguardo dai suoi due figli.
"No, ho provato a chiedere, ma non sanno ancora nulla, la stanno visitando" le rispondo prendendole anche l'altro sacchetto dalle mani.
"E loro, hanno detto nulla?" chiede con un filo di voce.
"No, si sono seduti e non si sono più mossi" dico cercando di accompagnarla ad una delle poltroncine.
"Mi odieranno in eterno se le succede qualcosa. Non hanno fatto altro che chiedermi che cosa avesse e ho sempre detto di non sapere quasi nulla. O mio dio, se le succede qualcosa..." resta paralizzata, pallida quasi quanto Cristine ed appoggiata al muro della sala d'aspetto con le lacrime che le rigano il viso. Credo di non avere mai visto mia madre così, nemmeno quando per sbaglio camminando per strada mi sono beccato un proiettile.
"Sono i tuoi figli, non farebbero mai una cosa simile" dico in un sussurro mettendole una mano sulla spalla.
"Si e lei è Cristine. Credimi quello che hai visto fino ad ora di loro tre, non è nient'altro che un assaggio. Sembrano legati da un filo invisibile, se ne cade uno, crollano tutti. A volte mi chiedo come abbiano fatto a sopravvivere tanto l'uno senza l'altro".
Un'infermiera esce di corsa dalle pesanti porte di legno e correndo si dirige verso Annie chiedendole immediatamente il sacchetto con lo schedario di Cristine. In quell'istante i due fratelli alzano contemporaneamente il viso e sembrano realizzare solo in quell'istante la presenza della loro madre. Per un attimo li fisso negli occhi e capisco che cosa intendeva un attimo fa, mi vengono i brividi per come Shannon la fissa, Jared invece sembra perso.
Non passa neanche la frazione di un istante che il fratello maggiore si lancia su Annie, faccio appena in tempo a mettermi in mezzo. Il mio cuore batte a mille, sento il respiro affannoso della donna alle mie spalle e vedo l'agitazione di chi mi sta di fronte.
"Quante volte Quante volte te lo abbiamo chiesto?" le urla addosso.
"Non voleva, è stata lei a chiederlo. Non voleva che si sapesse in giro. Non voleva che VOI DUE LO SAPESTE!" risponde fra un singhiozzo e l'altro.
"Sapere cosa? Cosa? Cosa non voleva che sapessimo?" continua.
"L'avreste messa sotto una campana di vetro come ha provato a fare sua madre, non voleva minimamente che la sua condizione rovinasse la sua esistenza. Vi conosce persino meglio di me, sapeva benissimo come avreste reagito!" risponde Annie cominciando a riprendere padronanza di se stessa. Jared resta impotente accovacciato a terra a fissare la scena con occhi spenti.
"Se stava male avevamo il diritto di saperlo. Non essere svegliati nel cuore della notte da uno stupidissimo cane che abbaia!" continua urlando.
"E credi che lei invece volesse vivere rintanata in casa per l'instabilità della sua malattia? Vuoi davvero dirmi che non vi siete accorti di nulla durante questi mesi?! Sapevate che c'era qualcosa che non andava, ma nemmeno voi avete avuto il coraggio di affrontare la cosa!" urla Annie puntando il dito contro i suoi due figli.
"Non ci provare nemmeno a dare la colpa a noi adesso, noi non..." prova a replicare alla madre prima di essere interrotto da lei.
"L'avete lasciata qui anni fa a disperarsi e per cosa? Per inseguire un sogno! E poi dopo tutti questi anni pretendete davvero che le cose siano come erano allora?"
"E di chi cavolo era stata l'idea di prendere le distanze? Ci avete tormentato tutta la vita con questa cosa! Di quanto fosse sbagliato il nostro tipo di rapporto, di quanto fosse necessario prendere le distanze, di quello che diceva la gente, ma sai a noi che cazzo ce né mai fregato? Tu e le.."
"Basta così!" interviene una voce alle spalle di Shannon, Jared si è appena alzato e si sta dirigendo con passo deciso verso di noi, ancora pallido come un fantasma. Annie tira un respiro profondo mentre Shannon abbassa lo sguardo e io lentamente mi faccio indietro, il pericolo per il momento sembra cessato.
"E' inutile. E' tutto inutile. Smettetela entrambi, non serve a nulla" dice con un filo di voce, ma guardandoli dritti negli occhi entrambi, quasi come a dare un ordine.
Dopo essersi infilati maglietta e scarpe portate dalla loro madre riprendono i loro posti a sedere senza dire una parola, mentre Annie cerca di parlare con un'infermiera per scoprire qualcosa.
"Hai sigarette?" mi chiede improvvisamente Shannon dal suo sedile.
"No, ma ho visto un pacchetto in macchina prima, andiamo a fumarcene una?" chiedo con la speranza che dopo una sigaretta magari si riesca a rilassare un po'. Prima di rispondermi, guarda il fratello accovacciato per terra con le ginocchia ancora strette al petto, si fissano per un attimo, poi Shan si alza e mi fa strada verso l'auto. Come sempre, in un solo sguardo, si sono capiti. Non sono figlio unico nemmeno io, e per quanto io abbia un ottimo rapporto con la mia famiglia, non ho mai raggiunto un tale livello di intesa con loro. E la cosa ancora più insolita è che Cristine fa parte di tutto questo, anche dopo tutti gli anni passati lontani.
"Scusa per prima, non volevo urlarti in faccia" dice dopo aver fumato agitato metà sigaretta.
"Non ti preoccupare, capisco..." dico assaporando il tabacco.
"No" dice in un sussurro.
"No, cosa?" non capisco.
"No, non puoi capire. Non può capire nessuno. E' questo che mia madre non capisce, è questo che lascia Jared seduto per terra in un angolo disperato. Noi tre abbiamo condiviso sempre tutto, ogni istante della nostra esistenza lo abbiamo passato insieme. Da quando ho fatto un occhio nero ad un suo compagno che le aveva rubato la bambola, a quando l'ho abbandonata sulla porta in lacrime, abbiamo condiviso sempre tutto. Ed è questo il problema, quel dannatissimo giorno, quando io e mio fratello abbiamo deciso di fare baracche e burattini per inseguire qualcosa di più grande di noi, per cosa? Riuscire a firmare un contratto e poi non avere il fegato a sufficienza di fare quello che andrebbe fatto? È stato davvero questo il nostro problema? Ma chi vogliamo prendere in giro? Il senso di colpa ci ha ucciso lentamente. Sai quante canzoni ha scritto Jared da quando Cristine è tornata nella nostra vita? Ha riempito un quaderno intero, ed io? Non ho mai suonato la batteria in questa maniera. Lei è... è come se fosse la nostra forza, il centro del nostro universo" dice con lo sguardo basso.
"Allora perché l'avete lasciata qui e ve ne siete andati? Perché non l'avete portata con voi?" non riesco davvero a seguirlo.
"Perché? Io adoro Bossier, ma qui per noi tre era diventata una prigione, meglio che non ti dico le voci che circolavano su noi tre, Jared ed io ce ne fregavamo, ma lei... per quanto cercava di fare la dura aveva sempre un alone di tristezza negli occhi. Quando ci è venuta l'idea di fondare il gruppo, l'unica cosa che ci teneva qui era l'idea che sapevamo che ci avrebbe inseguiti in capo al mondo, ma quello era un nostro sogno! E i suoi di sogni? Partire con lei avrebbe significato condannarla a rinunciare ad una sua vita, per un qualcosa che non sapevamo bene come sarebbe finita. Lei era troppo intelligente per tutto questo, sempre ottimi voti a scuola, divorava quintali di libri, suonava violino e pianoforte come se fossero parti del suo corpo, e l'arte... ha sempre adorato l'arte... Noi cosa potevamo offrirle? Vivere in uno scantinato, cercando di ottenere più spettacoli possibili e sperando di ottenere un contratto decente? E nel frattempo lei cosa avrebbe fatto? Lavato i piatti in qualche ristorante, pulito i pavimenti di qualche condominio per far quadrare i nostri conti? E il suo sogno di girare l'Europa con lo zaino in spalla? Di visitare gli Uffizi, San Pietro, il Louvre, la National Gallery?" dice agitato accendendosi un'altra sigaretta.
"E quando siete diventati famosi, quando potevate offrirle di più che uno scantinato? Perché non siete tornati a prenderla?" lentamente metto insieme i pezzi del puzzle.
"Aveva una sua vita, viveva in Europa già da qualche tempo. Avevamo preso accordi di non sentirci per non rendere la cosa più difficile. Quindi quando ci eravamo messi in testa di tornare da lei e ne avevamo parlato con nostra madre, lei ci aveva supplicato di restare dove eravamo e di lasciarle vivere la sua vita come noi di viverci la nostra" ora capisco l'ira nei confronti della madre.
"Anche le vostre famiglie vi erano contro?"
"Hanno provato a separarci parecchie volte da ragazzi, ma quando uno di noi si è rotto una gamba cadendo dall'albero per poterci vedere, hanno capito che l'unica soluzione sarebbe stato il trasferimento di una o l'altra famiglia. Ma nessuna delle due aveva soldi per poterlo fare, quindi... si sono dovuti rassegnare" non mi torna ancora qualcosa in tutto questo.
"Se le cose stanno così, dove avete trovato la forza di prendere e mollare tutto?"
"Un mese prima che decidessimo di partire in via definitiva siamo andati ad una festa, Cristine ed io stavamo assieme ormai già da parecchi anni, nessuno osava guardarla più del dovuto o scambiarci una parola di troppo. Ero estremamente geloso ed iperprotettivo. Solo Jared era l'unico altro ragazzo che le lasciavo avvicinare senza mai dovermi preoccupare. Sta di fatto che quella sera abbiamo tutti bevuto un po' troppo e anche fumato qualcosa di troppo e la serata è finita un tantino male" mi risponde abbassando il tono della voce.
"Botte, droga e Rock'n Roll?" dico sorridendo per sdrammatizzare.
"Botte, droga, polizia ed ospedali" ok, come sempre il mio umorismo esce a sproposito.
"Tanto grave?" chiedo buttando a terra il mozzicone di sigaretta e schiacciandolo con il piede.
"Indossava un vestito bianco lungo fino alle ginocchia, stretto in vita e largo sui fianchi con una fascia verde smeraldo come i suoi occhi stretta sotto il seno. Ha sempre portato i capelli lunghi e mossi, quel giorno aveva puntato le ciocche davanti con delle piccole mollette con perline in tinta alla fascia. Era bella da togliere il fiato. Jared ed io la seguivamo a vista sempre quando si allontanava da noi e non la lasciavamo uscire mai da sola. Ma quando si è allontanata per prendere un bicchiere d'acqua, quell'idiota di Robbie quando le è passata davanti, le ha dato una pacca sul sedere e senza neanche pensarci due volte lei si è girata e le ha tirato uno schiaffo. Credo che inizialmente non ci fossimo alzati solo perché sapevamo che non avremmo potuto stare con lei sempre, e in un modo o nell'altro lei doveva imparare e cavarsela da sola, solo che Robbie aveva alquanto bevuto e fumato, decisamente più di noi due... insomma le diede uno spintone facendola finire per terra. Credo di aver visto l'oblio per un attimo, ricordo solo lui per terra ed io a cavalcioni che lo riempio di pugni in faccia mentre Jared cerca di tenere indietro Cristine che urla implorandomi di smettere. Ho ripreso lucidità solo quando è riuscita a buttarsi su di me ed ad obbligarmi a guardarla in faccia, era terrorizzata. Quando provai a toccarla, si fece indietro e si nascose dietro mio fratello. Nei suoi occhi potevo leggere paura. Aveva davvero paura che potessi farle del male" mi dice accendendosi la terza sigaretta e rosicchiandosi le pellicine del pollice destro.
"Nessuno ha fatto niente? Nessuno ha provato a fermarti?" chiedo sbalordito, anche io sono stato in mezzo a molte risse da ragazzo, ma in un modo o nell'altro ci si dava sempre una mano.
"Nessuno era così matto da farlo, ripensandoci, anche io non mi sarei mai messo in mezzo ad una situazione simile, avrei potuto ammazzarlo da quanto ero furibondo, avevo completamente perso lucidità. Gli ho rotto il naso, fatto un occhio nero e un taglio sotto uno zigomo. Poiché eravamo tutti belli pieni di alcol e non solo, nessuno disse nulla, Robbie compreso. Per quando arrivò la polizia sparì. Fu denunciato solo il padrone della casa per aver fatto troppo rumore in tarda serata. Il giorno dopo seppi che Robbie andò in ospedale dicendo di essere caduto di faccia dalla bicicletta mentre faceva una discesa... non mi chiedere quanto possano avergli creduto."
"E Cristine?" credo che non la sfiorerò e guarderò più in presenza dei due fratelli.
"Per tutta sera è rimasta rannicchiata tra le braccia di Jared, solo durante la notte è venuta da me, senza dire una parola si è sdraiata vicino a me e mi ha abbracciato. In quell'istante capii che me ne dovevo andare, non ero diventato solo geloso e morboso, ma credo in qualche modo anche pericoloso. Che cosa sarebbe successo se una volta l'avessi vista parlare con qualcuno? E se un giorno avessi perso il controllo anche con lei?" sembrava quasi aver paura di se stesso.
"Adesso avresti le stesse reazioni?" chiedo incuriosito.
"Non lo so, penso di no, ma meglio non mettermi alla prova! Quindi giù le mani! Ok?" mi dice accennando un sorriso.
"Agli ordini capo!" dico ridendo alleggerendo il clima.
"No, dico sul serio...non so come potrei reagire, sono passati anni, ognuno di noi ha avuto i propri trascorsi, ho imparato a controllare quelle parti del mio carattere che mio fratello definisce animalesche, ma non si sa mai. Con lei non riesco mai ad essere oggettivo ed obbiettivo".
"Hai mai pensato che il suo vero sogno potesse essere quello di seguire voi in capo al mondo?" chiedo dopo un attimo di silenzio.
"Si, troppe volte.." risponde schiacciando la sigaretta sotto il piede.
"E?"
"E... non si può tornare indietro nel tempo." dice abbassando lo sguardo.
"Prima che ti accendi un'altra sigaretta, entriamo un secondo che cerco un telefono per chiamare Vicky? Tra poco prende l'aereo e vorrei capire come fare per trovarci" chiedo realizzando di aver lasciato a casa il cellulare.
"Mamma ci ha portato i cellulari oltre i vestiti, prendi pure il mio" mi dice mentre camminiamo lungo il corridoio.
Arrivati nella sala d'aspetto, nulla è cambiato. Jared sempre appoggiato a terra contro il muro e sua madre seduta immobile su un sedile con lo sguardo perso nel vuoto. Mentre Shannon si china a prendere il cellulare dal sacchetto, la porta del corridoio delle urgenze si spalanca e ne esce la stessa infermiera di prima, solo che questa volta non cerca documenti ma sostiene per i fianchi la madre di Cristine, pallida tanto quanto lo era la figlia quando l'ho vista l'ultima volta. Jared alza la testa e spalanca gli occhi, Shannon si raddrizza e deglutisce senza muoversi, Annie si alza di scatto e corre verso l'amica. Per un attimo tutti ci fissiamo senza dire una parola. Poi l'orrore.
Sono le 6.30. Cristine è entrata in coma.
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