Capitolo 6 ~Isa~
ISA
- Questa è una storia antica,... la mia preferita - Lilian accarezzò la copertina del libro prima di appoggiarlo sul tavolo della mia camera.
- Di cosa parla? -
- Parla della battaglia più lunga e sanguinosa della storia- venne a sedersi sul bordo del letto, vicino a me, per poi continuare.
- Contro un Male tanto grande... e della storia d'amore tra un elfa e un umano - sorrise con lo sguardo perso.
- Sono curiosa di leggerlo. - ricambiai il sorriso.
L'elfa aveva preso l'abitudine di venire a trovarmi quasi tutte le sere, sempre prima di cena, ormai da una decina di giorni.
Se non mi portava un libro, restava a raccontarmi del palazzo, dei suoi abitanti, del regno di Re Elnath.
Restavo ad ascoltarla in silenzio, senza fare domande e senza mai parlare di me stessa.
- Lilian... vorrei farvi una domanda -
- Ditemi, Isa -
- I primi giorni della mia permanenza qui a palazzo Deramis ha detto che faccio parte degli Atair. Tu stessa mi chiami Altair ogni tanto. Ma cosa vuol dire esattamente? -
Lilian diventò seria e intuii stesse scegliendo le parole giuste per rispondermi, quando la porta si aprì all'improvviso e Melinir entrò nella stanza facendoci sussultare entrambe.
Lo fulminai con lo sguardo, scocciata per il fatto che avesse interrotto la nostra conversazione.
Lilian si alzò dal letto e andò incontro all'elfo con un sorriso più luminoso che mai.
- Oh Lily ma cosa ci fai qui? - Melinir le accarezzò il viso, senza smettere di fissarla.
- Imparerai mai a chiedere permesso prima di entrare?! - accusai l'elfo, senza nemmeno alzarmi in piedi.
- Sono un tuo superiore, ho diritto a entrare e uscire come mi pare e piace. Vieni Lily, la cena è servita -
Melinir condusse Lilian in corridoio chiudendosi la porta alle spalle. Prima di uscire quest'ultima mi lanciò uno sguardo di scuse.
- Andate al diavolo! Tutti e due! - tirai un pugno al muro, arrabbiata.
Ad un tratto però venni colta da un dubbio; mi alzai dal letto e mi diressi verso la porta di camera mia.
Appoggiai la mano sulla maniglia e lentamente la spinsi in basso.
La porta si aprì, Melinir si era dimenticato di chiuderla a chiave.
Era la mia occasione.
In fretta e furia infilai gli stivali in cuoio e la giacchetta in pelle che mi era stata data e di solito usavo durante gli allenamenti.
Uscii in corridoio e velocemente corsi verso le scale.
In giro non c'era nessuno essendo ora di cena.
Il più silenziosamente possibile uscii in cortile per poi passare nel parco del palazzo, fino alla porta da cui vedevo tutti i giorni uscire gli elfi per le battute di caccia.
L'uscita era ovviamente sorvegliata da due guardie, al momento sedute a consumare il loro pasto serale.
Non avevo tempo per riflettere, agii d'istinto.
Uscii allo scoperto sulla strada lastricata e corsi incontro alle guardie.
Sorprese lasciarono cadere le loro scodelle e sbarrarono la strada con le spade.
Non me ne curai minimamente e con un urlo selvaggio saltai contro le due lame.
Afferrai entrambi gli elfi per i capelli quando ancora non avevo toccato terra e tirai con tutte le mie forze.
Barcollarono perdendo l'equilibrio.
Con un calcio mi liberai di uno di loro, riuscito ad afferrarmi una caviglia.
Prima che il secondo riuscisse a suonare il corno e dare l'allarme, mi alzai in piedi e cominciai a correre nel fitto del bosco.
Dietro di me sentivo già il rumore di vari elfi che accorrevano in aiuto delle due guardie, mi costrinsi ad aumentare la velocità cercando di far perdere le mie tracce abbandonando il sentiero battuto.
Non so per quanto continuai a correre ma mi fermai a riprendere fiato solo quando non sentii più le urla dei miei inseguitori.
Mi piegai sulle ginocchia e mi guardai intorno, ansimante.
Decisi di tornare un momento sui miei passi e cambiare direzione quando percepii nuovamente il crepitio delle foglie sotto agli stivali degli elfi.
Sbuffai spazientita ma decisa a non lasciarmi acchiappare, ricominciai a correre.
Superai un lariceto luminoso in cerca di un posto più scuro dove nascondermi quando notai alla mia sinistra un fitto querceto. Mi lanciai in quella direzione e dopo aver corso per quasi mezz'ora tra quegli alberi enormi, sbucai in una radura.
Non riuscii a fermarmi prima e venni colpita dall'accecante luce del sole.
Avevo fatto solo pochi passi quando inciampai in un sasso nascosto dalle foglie, cadendo sul terreno.
Appena toccai terra con le ginocchia, una morsa di ferro si chiuse intorno al mio stinco.
Urlai per il dolore ma mi alzai in piedi ugualmente.
Ero caduta sopra ad una tagliola da caccia.
Terrorizzata di essere rimasta allo scoperto, zoppicai verso il limite della radura alla ricerca del riparo delle querce.
Avevo quasi raggiunto il bosco quando un'altra tagliola mi si chiuse intorno al tallone.
Finii nuovamente per terra, con la vista annebbiata e senza più la forza di rialzarmi.
- È nostra! -
Con la coda dell'occhio vidi degli esseri avvicinarsi.
Non erano elfi, di questo ero sicura.
Esseri più bassi e tozzi, si stavano avvicinando lentamente a me.
I primi ero già emersi dal fitto degli alberi quando un'ombra enorme mi passò sopra la testa.
Un secondo dopo una creatura atterrò al centro della radura, una lucertola rossa con le ali.
Mi strofinai gli occhi con una mano cercando mettere a fuoco ciò che avevo davanti.
Un drago.
Un drago enorme.
Pietrificata dalla paura strisciai lentamente verso le querce, ancora troppo lontane per offrirmi riparo.
Le strane creature che si stavano avvicinando scapparono a gambe levate appena in tempo per evitare la lingua di fuoco della bestia.
Quando furono sparite tutte e i ritardatari carbonizzati, il drago spostò l'attenzione su di me.
Sapendo di non avere nessuna via di scampo restai ferma, ansimando per lo sforzo di provare a raggiungere il bosco.
L'animale si avvicinò finché non riuscì ad annusarmi.
Mi girai a guardarlo e i nostri sguardi si scontrarono.
Le sue squame rosso fuoco brillavano sotto ai raggi del sole.
Non riuscii a staccare gli occhi dai suoi, rossi come le squame.
In quel momento capii che non voleva farmi del male, che potevo fidarmi ciecamente di lui.
Cucciolo
Una voce profonda e calda mi invase la mente.
Mi guardai attorno e impiegai qualche secondo per comprendere che era la voce del drago.
Senza aggiungere altro afferrò con i denti un'estremità della tagliola che ancora era stretta attorno al mio tallone e con uno schiocco la ruppe in due pezzi. Lo stesso fece con la seconda tagliola.
Rimasi immobile nonostante il dolore insopportabile.
Qual è il tuo nome, cucciolo?
Isa
Mi era bastato pensarlo prima di rispondere ad alta voce e lui aveva sentito: capii quindi che solo io avevo sentito la voce del drago e che potevo comunicare con lui indirizzandogli i pensieri.
Il mio nome è Dagaz
Dagaz. Ripetei il suo nome ad alta voce.
Aveva il muso talmente vicino a me che riuscii a toccarlo.
Le durissime squame rosse brillarono di luce propria non appena la mia mano si appoggiò sul suo muso.
Fu in quel momento che successe qualcosa.
Dagaz saltò indietro, come se si fosse scottato.
Cercai di alzarmi ma venni investita da un'ondata di luce talmente forte e accecante che venni scaraventata con violenza nuovamente sul terreno.
L'ultima cosa che ricordai prima di perdere contatto con la realtà fu Dagaz che si lanciava contro di me.
#spazioautrice
Altair continua...
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