14. Pranzo
La prima cosa che un estraneo avrebbe notato di Harry, a primo impatto, sicuramente sarebbe stata la sua imponenza. Alto, con le spalle larghe ed i bicipiti sviluppati, aveva l'aria di una persona che pratica il nuoto regolarmente.
In secondo luogo, l'attenzione si sarebbe spostata sui capelli, insolitamente lunghi ed inanellati sulle spalle.
Ma tutto ciò che fissava Louis quella mattina presto era il viso del ragazzo, assurdamente bello, tanto da sembrare irreale, mentre respirava lievemente, abbandonato al sonno. Harry era onestamente uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto. Visi come quello potevano esistere soltanto nelle copertine patinate delle riviste, non nella vita reale.
Louis si beava di quella vista, ipnotizzato, prendendosi tutta la libertà di osservarlo attentamente, con la luce che filtrava obliqua dalla finestra ed il pulviscolo dorato che galleggiava per aria.
Aveva una piccola cicatrice sul sopracciglio, ed un accenno quasi inesistente di barba; la pelle era abbronzata ed assurdamente liscia. Le labbra erano piene e delineate, femminili quasi, e Louis le ricordava lisce e morbide. Il corso dei suoi pensieri stava deviando, per cui distolse di malavoglia l'attenzione dal viso del ragazzo addormentato e si impose di pensare ad altro. Vagò con lo sguardo fino a focalizzare l'attrezzatura, mentre sentiva quel classico calore nel petto all'idea di utilizzarla. Louis adorava scattare fotografie. Se ne avesse avuto l'occasione, avrebbe fatto vedere il retro dello studio ad Harry, per fargli capire la portata della sua passione.
All'improvviso, gli balenò in mente l'idea di rubare qualche scatto di Harry nel sonno. Senza chiedersi se fosse il caso, scivolò piano fuori dal letto, spostando con cautela il braccio di Harry dal suo torace- che per inciso, era davvero pesante- e saltello' fino al ripiano. Impugnò la sua Nikon preferita, e cambiò velocemente l'obbiettivo, senza far rumore.
Si avvicinò al ragazzo, scegliendo l'angolatura, e scattò una ventina di foto senza che si svegliasse, nonostante i ripetuti click.
Mentre la riponeva, un bussare deciso alla porta lo fece sobbalzare, facendogliela afferrare al volo mentre cadeva.
-Cazzo!- Sibilo', ricordando che fosse chiuso a chiave e che Harry non avrebbe dovuto essere lì.
-Arrivo!- Disse a voce alta, chiedendosi come venirne fuori, e decise per l'indifferenza. Harry era ancora, incredibilmente, addormentato.
Aprì la porta, mentre l'infermiera ed il medico entravano, sgranando tanto d'occhi nel vedere che non fosse solo. A Louis sarebbe venuto da ridere, ma si trattenne.
-E questo come lo spieghiamo?- Chiese il medico alzando un sopracciglio.
-Ssst, per favore, non lo svegli. Ora mi butterete fuori, no? Sono in dimissione?- Sussurrò Louis.
Con aria di disapprovazione, il medico scosse la testa, ma evitò di commentare, cosa che il fotografo apprezzò moltissimo.
-Sì, le carte sono pronte.-
-Grazie- sorrise Louis, illuminandosi. Lui odiava gli ospedali, l'odore del disinfettante e gli aghi. Il medico si congedò.
L'infermiera gli misurò la pressione e la temperatura mentre era seduto, dato che il letto era occupato, e sorrise nel guardare i due ragazzi. Avrebbe chiuso la cartella clinica e l'avrebbe fatta firmare; poi sarebbe stato libero.
-Chi dobbiamo avvertire della tua dimissione?- Gli chiese.
Louis guardò Harry, e rispose:- Nessuno, grazie. Mi arrangero' con lui-
-D'accordo. Ti lascio il tempo di far colazione e cambiarti; poi ti aspetto al bancone-
-Grazie mille. E..grazie anche per aver fatto finta di non vederlo entrare, ieri sera- azzardò lui.
Lei gli fece l'occhiolino, suscitando la risata di Louis. Non aveva dubbi.
Il vassoio della colazione fu portato subito dopo da un operatore, e fu infine il profumo del the a svegliare Harry.
Per una volta, fu Louis a guardarlo sfarfallare gli occhi, infastidito dalla luce, e passare lentamente dal sonno alla veglia con un'espressione confusa.
-Buongiorno- lo salutò Louis, con un sorriso.
Harry si levò a sedere, stiracchiandosi.
-È tanto che sei sveglio?-
-Il tempo di farmi visitare; ora vieni a fare colazione-
-No, quella è la tua colazione-
-Guarda che ieri avevo chiesto il the per te. Io preferisco il caffè, me ne sono fatto lasciare una tazza, vedi?-
Harry sorrise. Gli piacevano quelle piccole premure; Louis era attento, e lo lusingava.
-Bene. Però vado a fare una doccia, se posso-
Louis rise:- Fai pure, tanto ormai ci hanno già visti, siamo già segnati a vita qui-
Harry fu velocissimo ed in cinque minuti tornò, coi capelli bagnati che gli ricadevano sul viso e che lui spostò all'indietro.
Fecero colazione nella quiete, senza parlare, ognuno immerso nei suoi pensieri.
Poi, Louis optò per fare a sua volta una doccia veloce prima di lasciare la stanza; si sbrigo', e ne uscì dopo pochi minuti, coi capelli bagnati sparati da tutte le parti ed a torso nudo.
-Ehm..non ti pare di aver scordato qualcosa?-
-Devo medicarmi, no?- Chiarì Louis, guardandolo arrossire.
-Mi stupisci, Harry- lo prese in giro, mentre si spalmava la solita crema e copriva con la garza l'escoriazione.
Poi, tentò di infilare il tutore. Ci provò davvero, tentando di capire dove attaccare i vari velcri, e solo quando Harry iniziò a ridere apertamente incrociò le braccia alzando gli occhi al cielo.
Il ragazzo si inchinò ai suoi piedi, chiudendo con destrezza le varie fasce.
-Ma come fai?!- Sbottò Louis, irritato.
Con un sorrisetto strafottente Harry rivelò:- L'ho portato anch'io, un paio d'anni fa-
-Ah, quindi niente a che vedere con Traumatologia?-
-Sono solo al secondo anno, Louis, te l'ho detto. Quel corso è al terzo. Ma tu, come fai a saperlo?-
Louis alzò le spalle.
-Un amico si sta laureando in Scienze Motorie.-
Harry non indagò, e Louis ne fu sollevato. Non era il caso di rivelare altri dettagli sul suo ex fidanzato.
Fatte le valigie, i due ragazzi uscirono dall'atrio dell'ospedale, e la prima cosa che guardarono fu il ghiacciaio, in lontananza. Era maestoso e superbo, ed infido, ma era uno spettacolo.
-E non ci siamo mai nemmeno avvicinati- sospirò Louis.
-Sai una cosa? Ci torneremo. Ti ci porterò. Lo farai, quel servizio. D'altronde qui ci lavorerà Liam per altri sei mesi, prima di rientrare a Londra-
Louis gli sorrise.
-Beh? Che c'è ?-
-Sei dolce-
Harry alzò gli occhi al cielo, imbarazzato.
-No, sul serio. Sei sempre carino con me. Dici sempre le cose giuste per farmi sentire meglio- constatò Louis.
Harry scosse le spalle, cambiando discorso.
-Avanti, prendiamo un taxi e torniamo dalla guardia forestale. Liam e le nostre famiglie ci aspettano là-
Louis, che non ne sapeva nulla, acconsentì, seguendolo semplicemente, lanciando un'ultima occhiata pensierosa al ghiacciaio.
All'ufficio della guardia forestale era stato improvvisato un pranzo per salutarli; Liam lo aveva accennato ad Harry. C'erano due lunghe tavolate con le panche, sotto all'ampio porticato, e i genitori dei ragazzi erano già intenti a chiacchierare e ad allestire il pranzo; i due papà, per inciso, stavano facendo fuoco per poter cuocere la carne alla brace nei due barbecue improvvisati.
Harry vide Louis sgranare gli occhi, assorbendo la novità del fatto che le loro famiglie stessero già interagendo. Anche lui era nervoso, ma si sforzò di non darlo a vedere. Aveva già conosciuto i genitori di Louis, che si erano dimostrati persone affabili e gentili; era nervoso al pensiero di far incontrare Louis ai suoi genitori. Perché, in cuor suo, si sentiva la coscienza sporca. Il bel fotografo non era soltanto un amico.
Scacciando il pensiero, pagò la corsa ed aiutò Louis a scaricare le valigie dal bagagliaio.
-Lou! Siete arrivati!- Esclamò sua madre, andando loro incontro.
Anne, la madre di Harry, la seguì, e Louis si trovò a stringere la mano ad una bellissima giovane donna. Un po' impacciato, la salutò.
-Finalmente ci conosciamo! Ho sentito talmente tanto parlare di te che mi sembra di conoscerti già- disse gentilmente lei, facendo emergere il lato socievole di Louis che intavolò una conversazione con le due donne.
Harry rimase a guardarli, gradendo di vedere il ragazzo dagli occhi blu far ridere di cuore la sua mamma. Si avvicinò al fuoco tenendo d'occhio il terzetto vicino ai tavoli, quando suo padre lo sorprese:
-È un ragazzo simpatico. Anche i suoi lo sono-
Harry annuì, ma non rispose.
-Cosa c'è, Harry?-
Il ragazzo lo guardò:- Nulla-
-Sembri pensieroso. Ma forse stai solo smaltendo lo stress- considerò suo padre, smuovendo le braci.
-O forse non so cosa voglio- lo sorprese Harry, che col patrigno aveva sempre avuto un rapporto amichevole, ma mai troppo confidenziale. Harry e sua madre erano una cosa sola, ed anche Gemma aveva più confidenza con lui rispetto a loro due, per cui l'uomo drizzo' le antenne, deciso ad andarci cauto.
- In che senso?-
Harry sospirò, tornando a guardare le braci.
-Non so più chi sono. Mi sento una persona diversa.-
Robin lo osservò. Era sempre stato fiero dei suoi due figli acquisiti, che si erano sempre dati da fare, ottenendo buoni risultati nel percorso scolastico e non dando ai genitori particolari grane, in particolare Harry, più posato rispetto alla sorella maggiore.
Ora, lo vedeva per il giovane uomo che era, solare, rispettoso, altruista, e si sentiva soddisfatto del lavoro che avevano fatto lui ed Anne.
Adesso, a ventun anni, il suo ruolo di padre non era più quello di proteggerlo e di guidarlo, ma semplicemente di consigliarlo se gli veniva richiesto, guardandolo affrontare la vita con le proprie forze, riponendo la sua fiducia in lui. Quindi, lo rassicurò.
-Non darti troppo pensiero, Harry. Queste esperienze sono scossoni forti. È normale sentirsi diversi, dopo. Datti il tempo di smaltire lo stress e di metabolizzare la cosa; vedrai che questa sensazione sparira'. Lui come l'ha presa?-
Harry guardò Louis raccontare qualcosa di buffo alle due donne, che scoppiarono a ridere di nuovo. Era un buffone.
-Lui sembra fragile, e forse fisicamente lo è, ma ha una grande forza interiore. L'unica cosa, ha dei brutti incubi la notte. Per il resto, si sente come me: scioccato, miracolato, ancora incredulo.-
Robin annuì. Era comprensibile.
-Lui ha dalla sua che sa già quello che vuole, si conosce già. Io invece sto iniziando a farlo adesso- lo spiazzò Harry, facendogli sospettare che non stesse parlando della frana. Il papà di Louis, però, li interruppe, tornando con la carne: -Eccoci qua! Una bella grigliata. Guarda che bistecche-
In effetti erano notevoli. Harry li lasciò a cucinare, cercando Liam.
Chiacchierò a lungo con l'amico, finalmente viso a viso, solo loro due. Harry aveva imparato a convivere con gli spostamenti di Liam e Sophia in giro per l'Europa, ma parlare solo via Skype non era la stessa cosa; gli mancava. Era felice che tra sei mesi sarebbero tornati a Londra.
-Allora, ha detto di sì?- Lo prese in giro.
Liam gli assestò un pugno non tanto scherzoso sulla spalla:
-Ehi!-
-Sono contento per voi- sorrise Harry, tornando serio.
-Anch'io sono felice per te-
Harry lo guardò di scatto:
-Che vuoi dire?-
Liam gli rivolse un occhiolino impertinente, mentre si alzava per andare incontro a Sophia, finalmente arrivata.
-Ciao Harry! Finalmente ti vedo. Sono così felice che tu stia bene- gli disse la ragazza, commossa, mentre lo abbracciava, evitando inconsapevolmente al fidanzato un terzo grado sulla sua ultima affermazione.
La conversazione inevitabilmente si spostò sul tema del matrimonio, con Sophia lanciatissima a progettare e a pianificare, tanto che attirò l'attenzione delle uniche altre due esponenti di sesso femminile, ovvero le due mamme.
Ben presto erano partite per la tangente, ed i tre si ritrovarono a sgranare gli occhi e a scuotere la testa.
-Non voglio sentire altro- esclamò ad un certo punto Liam, andando a raggiungere gli altri.
-...E dovresti trovare qualcuno che suoni il piano, come il mio Louis-
Questa affermazione di Johannah, la madre di Louis, risvegliò Harry dai suoi pensieri.
-Lou, suoni il piano?-
-Uhm..sì-
-Wow. Adoro sentir suonare il piano. Alla prima occasione devi farmi sentire qualcosa- si entusiasmò Harry.
Louis alzò le spalle, annuendo.
Il pranzo fu informale e spensierato. Le bistecche, cotte alla perfezione, attirarono i complimenti di tutti sui due cuochi d'eccezione, soprattutto da parte di Louis, che era notoriamente amante della carne al sangue.
Fu con stupore che scoprì, perciò, che Harry e sua madre fossero vegetariani. Il ragazzo stava mangiando il formaggio alla piastra che aveva grigliato Robin. Si rese conto di non sapere granché sul ragazzo, rabbuiandosi.
Harry, che stava chiacchierando con Liam, Sophia ed Anne, parve rendersene conto inconsapevolmente, perché gli passò un braccio attorno alle spalle per stringerlo un momento.
Il gesto non sfuggì ad Anne, e nemmeno a Robin.
Quei due sembravano due calamite, sempre in connessione. C'era qualcosa nell'aria.
Robin, da bravo maschio qual'era, sorvolò sull'argomento; Anne, con la tipica sensibilità femminile, iniziò a far caso a tutti i piccoli gesti e le accortezze che il figlio stava usando nei confronti di Louis, rendendosi conto che fossero esagerati per una semplice amicizia tra ragazzi.
Louis mangiò molto meno del solito, suscitando la preoccupazione di sua madre.
-Tesoro, non hai mangiato nulla. Devi rimetterti in forma-
-Lo so mamma, ma ho ancora lo stomaco sottosopra. Dammi tempo-
Anne guardò il figlio voltarsi verso Louis e impensierirsi a sua volta, chiedendogli se volesse un po' di formaggio, e incitandolo a bere, ed ebbe la certezza che il figlio provasse interesse per il ragazzo dagli occhi blu.
Harry aveva notato l'insolita quiete del fotografo, scambiandola per semplice spossatezza. Si prodigò, quindi, per aiutarlo, pensando che in fin dei conti era stato ricoverato in ospedale fino al mattino stesso. Ma Louis lo stupì, quando gli chiese di accompagnarlo nel retro, a fumare una sigaretta.
-Tu fumi?- Chiese, col rimprovero nella voce.
-Si', perché?-
-Niente. Andiamo.-
I due si appartarono dietro al piccolo edificio di mattoni faccia a vista, trovandosi di nuovo di fronte al ghiacciaio in lontananza.
Harry storse il naso quando Louis si accese la sigaretta; il ragazzo se ne accorse, realizzando all'improvviso:
-Ti dà fastidio?-
-No; su di te, sì-
-E perché di grazia?-
Harry esitò un attimo, poi lo gelò:
-Perché odio sentire il sapore del fumo.-
Louis, senza distogliere lo sguardo, gettò via la sigaretta alzando un sopracciglio e facendolo ridere.
-Sei un buffone, Louis- lo commisero'.
-Fermo, fermo. Mi hai praticamente appena detto che vorresti baciarmi, e poi mi scoppi a ridere in faccia-
Harry si sforzò di tornare serio, con una luce maliziosa nello sguardo.
-E tu hai tenuto il broncio per tutto il pranzo. Perché?-
Louis tornò pensieroso.
-Ti conosco così poco. E sei già così importante per me. Anch'io ho un po' di paura, sai- rivelò, accorato.
Harry, come avrebbe voluto fare da tutto il pranzo, se lo tirò addosso in un abbraccio, cercando un bacio che l'altro fu ben lieto di dargli.
Non c'era urgenza, in quel bacio; c'era tenerezza, conforto, era una coperta di pile morbido davanti al caminetto d'inverno.
Louis era spaventato da quel sentimento, anche se si dimostrava più sicuro di quel che realmente era: temeva di uscirne col cuore a pezzi. Perché per Harry lui era la novità, la scoperta. Lo conosceva troppo poco per scommettere su di loro.
Poi, Harry, come al solito, lo stordì mordendogli il labbro, in un gesto tanto erotico quanto totalizzante, ed allora sì che quel bacio divenne urgente, bramoso, pieno di desiderio, mentre i pensieri di Louis venivano spazzati via come foglie al vento. C'era solo, di nuovo, Harry. E ne avrebbe voluto sempre di più. Non si sarebbe mai saziato, ne era certo.
Quella non era solo attrazione, non poteva esserlo; quello era istinto.Era il riconoscersi di due anime affini.
Harry interruppe il bacio, col fiato corto ed il sangue che scorreva impetuoso nelle vene, mentre il desiderio, oscuro e inevitabile, si condensava nel suo basso ventre.
-Guarda cosa mi fai- sussurrò, stringendo i pugni.
-Oh, tu non sai cosa ti farei, Harry.-
Il ragazzo arrossi', ma bruciò con lo sguardo Louis, tanto che questi faticò a sostenerlo.
-Ok. Stop. Altrimenti 'fanculo a tutti, ti trascino nel bosco e realizzo i miei desideri- lo provocò ancora il fotografo.
Harry degluti', distogliendo lo sguardo. Louis, felice di aver spuntato l'ultima parola, ma con la bocca arsa, lo prese per mano, trascinandolo verso il portico.
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