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21 Dicembre
Hugo vagava per le strade da solo.
Era appena appena sconfortante notare tutto intorno le persone che passeggiavano insieme come se nulla fosse, insieme mano nella mano, ma Hugo doveva imparare a sopportarlo.
Infondo aveva allontanato lui tutti volontariamente.

Aveva deciso in primis di allontanare Lily.
Tornare a casa l'aveva destabilizzato, e continuare a vedere Lily lo faceva star male solo all'idea. Voleva dirle tutto e allo stesso tempo non farlo.
Voleva essere confortato come solo la sua migliore amica sapere fare e allo stesso tempo no.

No perchè non voleva vedere il suo viso incupirsi e tutta la gioia che trasmetteva solitamente svanire.
Non voleva che lo sapesse di colpo, ma Hugo era ancora troppo confuso.
Doveva trovare il modo per dirlo a mille persone.

Ai suoi, a Rose. A Lily. Poi ai suoi cugini. Al suo comoagno di stanza.
Probabilmente anche a sè stesso.

Un turista con un cappellino giallo-fluo gli si avvicinò con un sorriso ampio sul volto.
La sua ragazza, gli occhi a mandorla come i suoi, lo guardavano curiosi.

"Can you... giv- take, sorry! A... a..."
La ragazza gli diede di gomito, sussurrandogli qualcosa. "A fotò?"

Hugo annuì, appena disorientato, poi prese il cellulare del tipo.
I due si abbracciarono enfatizzando il gesto alzando una gamba o facendo strane smorfie.
Le luci blu, rosse, bianche e dorate illuminavano i loro volti.
Hugo consegnò il telefono.

"Thanks!"
Poi, il rosso lo guardò ancora, e dal suo viso scomparve anche il sorriso.

"Ho una malattia." Scandì le parole lentamente, per farsi capire. Si indicò il petto.
Il ragazzo corrugò la fronte, il viso di lei mutò in una nota di disappunto.

"Malattia. Qui." Battè la mano contro il petto. "Morirò."
Sussurrò poi. La ragazza non perse tempo e lo strinse, sotto lo sguardo del compagno, confuso.
Quando si staccò sembrò sussurrargli qualcosa per riassumergli la situazione.
Hugo non si accorse di avere gli occhi lucidi.

"Morirò."

"I-I'm so sorry-"
Il rosso scosse la testa, stringendo le labbra.
Voleva non aver mai fatto nulla e augurarli una buona vacanza, ma balbettò qualcosa di incomprensibile.
Sentì la voce femminile urlare un 'wait!' ma era già lontano tra la folla. Scansò delle persone e poi la consapevolezza di ciò che aveva fatto si abbattè su di lui facendogli tremare le gambe.

Si appoggiò ad un segnale stradale e poggio la fronte contro il metallo freddo.
Come le aveva insegnato l'infermiera, doveva ispirare.
Si premette la mano sull'addome.

Espira.
Conta fino a sei.
Ispira.
Altri sei secondi.

Il fiato si inceppò.
Le dita si strinsero contro il suo stesso addome, voleva strapparsi via quel morbo dentro di lui che lo stava lentamente piangere. Voleva urlare, serrare i pugni e piangere fino a disidratarsi.

Espira.
Sei secondi.
Uno. Due. Tre. Qua-
Annaspò in cerca d'aria. Ci riprovò.

A tre respirò a pieni polmoni.
Non ce la faceva.
Voleva bere ma aveva paura.
Rimase solo lì fermo con la fronte contro il palo, la mano affondata nel giubbotto ancora intenta a volersi strappare la sua stessa carne e le dita dell'altra strette intorno al cilindro di metallo.
Rimase lì finchè riuscì a trattenere in fiato per addirittura undici secondi, poi drizzò la schiena.

Qualche passante lo guardava male, lui tirò su il cappuccio del cappotto.

Mentre affondava le mani in tasca si morse il labbro.
Avrebbe cercato quei due turisti per chiedere scusa, ma la folla era immensa e la reale voglia di farlo inesistente.
Hugo si bloccò quando si rese conto di ciò che era appena accaduto.

Aveva osato dire il suo segreto a delle persone, estranee, e aveva avuto un attacco di panico.
Probabilmente sarebbe morto alla sola vista delle loro facce.

Oppure, era un tale codardo che sicuramente non avrebbe mai avuto il coraggio di dirlo.
Sì, l'ultima ipotesi era molto più plausibile.

🎄

Hugo a volte si chiedeva come sarebbe stato morire.
Magari sarebbe stato cosciente, nel momento in cui lentamente perdeva la vita. Se ne sarebbe accorto.

Chissà se sarebbe stato doloroso. Aveva paura di provare a respirare e non riuscirci, fin quando non sarebbe soffocato.
Aveva il terrore di soffocare.

A volte invece immaginava la sua nuova vita da morto.
Un paradosso che ogni tanto lo faceva ridere.

Magari si sarebbe risvegliato, il suo corpo abbandonato nella fossa sotto terra e la sua anima a vagare insieme alle altre.
Probabilmente sarebbe tornato a casa.
Sarebbe stato male per i suoi, per Rose e tutti quanti.

Oppure avrebbe trovato un'anima simpatica accanto a lui al cimitero e sarebbero partiti per chissà dove, senza limiti.

Eppure non voleva morire, Hugo.
Voleva ancora vedere il mondo da vivo e voleva far sapere agli altri di esserlo.
Una mano gli si poggiò sul petto.

Pregò quella malattia -che si era sempre immaginata nera, informe, sempre più grande dentro di lui- di scomparire.
O perlomeno di starsene buona almeno un paio d'anni.
Voleva superare i MAGO come tutti. Avrebbe voluto stare con Lily e vederla crescere insieme a lui, e stare accanto a Rose e il suo diploma a fine anno e fare le videochiamate quando lei avrebbe raggiunto l'America per studiare.

Riassumendo il tutto, non credeva che il mondo fosse pronto a lasciarlo andare.
A vederlo morire.
E se non il mondo intero, anche solo quelle poche persone che gli stavano accanto continuamente.

Socchiuse gli occhi e si diede del codardo.

Era lui che non era pronto a lasciare il mondo, non il contrario.

Scusatemi non volevo .-.
Tra un po' aggiorno l'altro giuro.
Vi amo.
-Claus

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