97. Febbre alta

Ci sono sempre quei giorni in cui ti svegli già stanca. L'unica voglia che hai è restare a letto e dormire, oppure stare a letto facendo qualsiasi altra cosa. L'importante è stare a letto. Oggi per me è uno di quei giorni. Zero voglia di andare in ospedale, zero voglia di preparare la colazione e zero voglia di togliermi il pigiama. Non so da cosa dipenda tutto questo, forse dalla notte di passione passata con Harry.

Ieri sera quando è tornato a casa mi ha raccontato del loro appostamento nel vicolo. Avrei quasi voluto urlargli contro di quanto schifosamente irresponsabile sia stato, poteva succedere qualcosa, quel tizio poteva essere armato. Ma era così eccitato mentre raccontava l'episodio che ha finito per farmi ridere. Harry in questi casi passa da un tipo di eccitamento ad un altro e la serata si è conclusa a quel modo. Non che non mi piaccia, sia chiaro.

"Sei ancora a letto?"- domanda proprio la sua voce, presumibilmente proveniente dalla porta. I miei occhi si rifiutano di aprirsi. Invece di una risposta chiara, dalla mia bocca esce un mugolio. – "Di solito sei la prima a svegliarsi, stai bene?"

La sua voce calda, ancora assonnata ma lucida, diventa più udibile e sono quasi sicura che si stia avvicinando al letto dentro il quale sono rintanata. La mano gigante e fredda mi fa rabbrividire sulla fronte e malvolentieri le mie palpebre si aprono ad osservare.

"Sei un po' calda, Tal."

"Cosa?"- domando intontita mettendomi a sedere. I miei occhi ancora si rifiutano di accettare la luce del sole proveniente dalla finestra. – "Come posso avere la febbre?"

"Capita."- fa spallucce lui osservandomi. Noto con piacere che è già vestito di tutto punto per andare in ufficio. Non posso fare a meno di pensare a quanto sembri sexy dentro quel completo. – "Devo averti proprio distrutta ieri notte."- ammicca pizzicandomi il naso con quel ghigno divertito che è solito avere in certi casi.

"Sparisci!"- lo spintono mettendo su un finto cipiglio. Lui ride in risposta scomparendo in corridoio. Ho appena il tempo di strofinarmi gli occhi e sbadigliare un tre o quattro volte prima di vederlo tornare con un vassoio in mano. – "Sembri pieno di energie oggi, ci siamo scambiati i ruoli?"- ironizzo quando una tazza di latte con biscotti e fette biscottate con marmellata vengono posati sul materasso affianco a me, proprio sulla sua parte.

"Può darsi."- risponde definitivamente svegliandomi con un bacio sulle labbra. – "Visto che oggi non vai a lavoro, cosa farai?"

"Chi ha detto che non vado a lavoro?"- chiedo sorseggiando il latte caldo e provando sollievo immediato per quel mal di stomaco che mi sono accorta di avere.

"Scherzi? Vuoi andare con la febbre?"

"Vado in ospedale in fondo, se sto male ho un'intera equipe di dottori a meno di dieci metri."- spiego il mio punto.

"Tu non ti muovi di qui."- esclama risoluto.

"Se non vado perdo ore di praticantato che non posso recuperare."- lo fisso e lui fissa me dall'alto.

"Non m'importa, non ti lascio andare sola in giro per New York malata."- non sente ragioni. – "Resti qui e non si discute."- conclude sbattendo i tacchi sul pavimento mentre scompare nuovamente lungo il corridoio.

Mi piace quando si prende cura di me e mi dimostra che ci tiene, ma onestamente odio quando mi da degli ordini. Mi viene voglia di fare tutto il contrario di quello che dice. Il mio è quasi un comportamento da bambini, lo posso ammettere. Ma forse ha ragione lui, in fondo potrei anche contagiare qualcuno in ospedale.

"Il mio numero ce l'hai, se non rispondo usa il cercapersone, se non rispondo neanche lì, chiamami in ufficio o a Liam."- torna indaffarato.

"E se siete impegnati in qualche missione segreta, chi chiamo?"- domando divertita mimando due virgolette immaginarie con le dita.

"Spiritosa."- borbotta cercando di nascondere un mezzo sorriso. – "Devo andare."- sospira una volta recuperata la sua valigetta di pelle nera. Si sporge per mollarmi un semplice bacio all'angolo della bocca. – "Chiama se hai bisogno di qualcosa."

"Me lo hai già detto."- annuisco.

"Vuoi che ti porti qualcosa quando torno?"

"La cena."- ridacchio. – "Non penso che avrò voglia di cucinare."

"Tutto quello che vuoi."

Scompare per l'ultima volta da quella porta e quando sbatte la porta d'ingresso mi rendo conto di essere sola per un'intera giornata. Mentalmente sbuffo e mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa da fare ma che in realtà non ho voglia di fare. Adesso comincio a sentire gli effetti della febbre. Ho quasi voglia di tornare a dormire ma non credo sia il caso. Finisco la mia colazione in un batter d'occhio guardando qualche puntata di un telefilm divertente, il tutto comodamente ancora dentro il mio letto.

Sono già le dieci quando mi accorgo di annoiarmi, la pancia mi fa male e comincio a pensare che il tutto sia dovuto agli avanzi di cinese mangiati ieri. Devo avere qualche tipo di intossico alimentare o qualcosa del genere. Penso che chiamerò Veronica.

HARRY'S POV

Carte su carte. Non capisco come papà non si sia ancora rotto le palle di questo lavoro dopo tredici anni. Osservo i vari contratti, le liste, i grafici e li riorganizzo secondo le indicazioni di papà e Doris. Anche se non mi sarei mai fottutamente immaginato in questo ruolo, mi piace. E' fottutamente palloso ma soddisfacente quando ci capisci qualcosa.

Inserisco l'ultima firma prima che il modulo venga consegnato, insieme agli altri, negli uffici di Los Angeles da papà.

"Hey James Bond!"- Liam irrompe nel mio ufficio in tutta la sua poca e fottuta grazia. – "Ancora a lavoro?"

"E tu?"- domando sistemando le varie carte allungando le braccia sulla scrivania. – "Sei sempre qui."

"Sono più organizzato di te."- critica guardando il macello sul tavolo. – "Quindi cosa vuoi fare riguardo a quella storia?"

"Il tizio di ieri?"- lui annuisce. Onestamente non ci ho più pensato dopo la notte con Tal. Mi ha completamente svuotato il cervello. Anche adesso mi ritrovo a pensare a lei. Mi dispiace averla lasciata a casa da sola mentre sta male. – "Non lo so, penso che darò un'occhiata alle telecamere interne. E' entrato nell'edificio ieri, deve essere qualcuno che lavora qui."

"Come fai a trovarlo? Non sai neanche com'è fatto, era tutto buio l'altra notte."

"Mentre tu te la facevi sotto, io ho cercato di vedere chi era. Indossava una giacca di pelle. Non esistono tante persone che indossano giacche di pelle in pieno inverno a New York. E poi aveva un naso del cazzo, potrei riconoscerlo ovunque."

"Non capisco perché non chiami tuo padre e glielo dici. Insomma quello stava tramando qualcosa, cosa vuoi fare da solo?"

"Non lo so. Qualcosa mi puzza qui."- commento distendendo la schiena sulla poltrona. – "Ti sei cambiato le mutande?"

"Stronzo."- ruota gli occhi al cielo alla mia frecciatina. – "Andiamo a pranzo, prima che gli stagisti si freghino i maccheroni."

Adesso che Liam mi ha fatto ricordare dell'altra sera, scendendo al terzo piano, non posso non guardarmi intorno e guardare male qualunque soggetto sospetto nel mio raggio visivo. La maggior parte di quelli che mi vedono mi salutano e io sono costretto a ricambiare per non passare da strafottente. Potrebbero anche tramare una congiura contro di me, come per Giulio Cesare. Ma forse sto esagerando. O forse no. Cristo, che situazione di merda.

Io e Liam, grazie alla poca affluenza, riusciamo ad arrivare in tempo per quei deliziosi maccheroni al formaggio. Non so chi li faccia, ma quando lo scoprirò gli darò un aumento di stipendio. Seduti a mangiare nel nostro tavolo privato, io e Liam, in silenzio, continuiamo a guardare chiunque entri in sala mensa.

"Dubito che entrerà un tizio in giacca di pelle qui. Sono tutti in giacca e cravatta."

"Lo so."- sbuffo. Non so proprio come risolvere questa cosa. Non so neanche cosa sta succedendo, so che c'entro io ma non so né dove nè perché.

"Tra due giorni è il prima febbraio."

"E quindi?"- chiedo sovrappensiero.

"E quindi è il tuo compleanno. Come festeggerai?"- domanda Liam sicuramente per fare una fottuta conversazione. Figuriamoci se ho tempo per pensare al mio compleanno.

"Festeggiare il fatto che sto invecchiando? Fantastico."

"Hai solo ventiquattro anni."

"Troppi."

"Sei una palla quando sei depresso e pensieroso."- commenta ingozzandosi di maccheroni. Lo ignoro mentre con lo sguardo fisso la gente passare ma senza vedere realmente. Sono lievemente preoccupato per Tal. Ieri sera stava benissimo, eccome se stava bene. I miei occhi scorgono una figura appena entrata in mensa. Non so perché sono stato attratto da quel tizio ma ha qualcosa di sospetto. – "Guarda là."- Liam segue il mio raggio visivo.

"E' lui?"

"Non lo so."- nessuna giacca di pelle, è vestito come chiunque altro in questo ufficio e si guarda intorno. Quando il suo sguardo cade su di me, impercettibilmente sussulta e io aggrotto le sopracciglia. Scappa via dall'ingresso nello stesso istante lasciandomi interdetto.

"Cazzo, hai visto!"

"Certo!"- spalanco gli occhi e immediatamente mi alzo dal mio posto non curandomi per niente se Liam mi stia seguendo o no. Esco dalla mensa di corsa richiamando lo sguardo dei dipendenti. Quasi scivolo sul parquet cerato per via delle scarpe in cuoio ma riesco a restare in equilibrio. Arrivato nell'atrio del terzo piano, il tizio è già scomparso chi sa dove. Forse in qualche ufficio. Con il fiatone sbuffo girandomi e rigirandomi. Nulla. – "Fanculo, prima o poi ti trovo."- borbotto tra me e me.

Quando riprendo i miei passi per tornare a finire il mio pranzo, un Liam di corsa sbatte contro di me facendomi cadere in terra e lui con me.

"Ma sei ritardato?!"

"Non ti avevo visto!"- alcune segretarie ci fissano ad occhi sbarrati ma passano oltre per non farsi coinvolgere. In imbarazzo per la fottuta figuraccia mi rialzo il più in fretta possibile. Il figlio del capo culo a terra davanti ai fottuti dipendenti.

"Perché hai salsa su tutta la faccia?"- chiedo disgustato osservando Liam ancora a terra.

"Ho finito i maccheroni prima di seguirti."- risponde pulendosi con la manica della giacca e rialzandosi contemporaneamente.

"Potevo anche essere in pericolo e tu hai pensato ai maccheroni? Ma che problemi hai?"- critico per il solo gusto di provocarlo pur sapendo che non mi sarebbe successo niente. Quel tizio è scappato come se avesse paura di me, non mi sembra un genio del crimine.

"Non chiedermi di scegliere tra te e i maccheroni, perderesti."

"Spero che non ti sei mangiato anche i miei, se fosse sei morto."- minaccio scherzosamente mentre torniamo in mensa senza però che riesca a togliermi dalle testa il presentimento di essere osservato.

"Sono tutti lì, stronzo spilorcio."

TALITA'S POV

Lavando i denti per la seconda volta dopo aver vomitato l'anima mi guardo allo specchio riscontrando quanto sia pallida. Sputo l'acqua nel lavandino per poi asciugarmi la bocca trattenendo un sospiro. Che diavolo, stupido cibo cinese.

"Come va?"- chiede Veronica seduta sul mio letto una volta uscita dal bagno.

"Meglio."- borbotto tornando sotto le coperte. – "Odio stare male."

"Vuoi qualcosa di caldo? E' ora di pranzo."- domanda ancora con aria premurosa. In questo momento la differenza tra me e lei è accentuata. Lei sembra appena sbocciata mentre io è come se stessi crollando a pezzi.

"Lo vomiterei probabilmente."- rispondo massaggiandomi la pancia che continua a fare male.

"Sicura di non voler andare da un dottore? Magari ha qualcosa per alleviare i sintomi."- propone per l'ennesima volta.

"Non ne ho bisogno. Ho solo mangiato qualcosa di andato a male e poi starà per venirmi il ciclo."- ottimo tempismo. Spero proprio di stare bene presto. Tra poco è il compleanno di Harry, non voglio passarlo a letto.

"Se lo dici tu."

"Sto bene."- assicuro di nuovo. Lei annuendo si allunga per sdraiarsi accanto a me e insieme guardiamo il resto del film. Tranquille sul letto sembra che il mal di stomaco stia per passare, mi sento meglio veramente anche se ho ancora qualche linea di febbre. Sento un'improvvisa tristezza quando nel film il bambino insieme al cane scappano di casa per colpa della poca considerazione dei genitori. Non capisco come si possa essere così irresponsabili da mettere al primo posto il lavoro anziché la famiglia.

"Stai piangendo?"- scatto a guardare Veronica guardarmi a bocca aperta. – "Sei seria?"

"Perché non dovrei essere seria?"- rispondo asciugandomi una guancia. – "Una bambino e una cane di notte, in giro, soli e al freddo."- lei mi osserva stranita ma io non capisco come faccia lei a non essere toccata da quella scena. – "Come puoi essere così insensibile?"- l'accuso.

"Va bene, cambiamo canale."- borbotta afferrando il telecomando tra di noi. Sullo schermo compare un uomo anziano, triste e solo a Natale. Osserva foto della moglie e dei figli e a stento trattengo un singhiozzo. – "Neanche questo va bene."- osserva Veronica cambiando ancora canale. Il prossimo è un documentario su un cucciolo di panda solo alla ricerca della mamma e per me è come sopra. – "Va bene! Facciamo altro!"- sbotta spegnendo il televisore. – "Cosa vuoi fare?"- domanda con uno strano cipiglio in faccia ma decido di non dargli peso.

"Non lo so, non posso uscire, cosa vuoi che faccia?"

"Qualsiasi cosa ma non vederti di nuovo in quel terrorizzante stato di apprensione."- spiega.

"Quale stato di apprensione?"- aggrotto le sopracciglia. – "E' normale commuoversi per certe scene."

"Quella non era commozione, stavi grondando acqua dagli occhi."- alza un sopracciglio per evidenziare il suo punto ma io penso sia solo un po' esagerata.

"Come vuoi.."- ruoto gli occhi al cielo dandogliela vinta. – "Cosa vuoi fare allora?"

"Compro qualcosa da mangiare e pranziamo."- afferma risoluta. – "Dopo tutto quello che hai vomitato, forse lo stomaco vuoto ti fa delirare."- continua scomparendo.

Non la capisco. Forse non sono io a stare male dopotutto. Decido comunque di alzarmi da letto e sgranchirmi un po' le gambe. In piedi mi parte un lieve giramento di testa e sono costretta ad appoggiarmi sul materasso con una mano per riacquistare l'equilibrio. Passa tutto in pochi secondi e non posso fare a meno di maledire di essere malata.

Sbuffando, forse per l'ennesima volta oggi, guardo fuori dalla finestra chiusa osservando la strada dall'alto. Siamo piuttosto in alto, me ne accorgo solo adesso. Quando un conato comincia a salire decido che è meglio non guardare. Da quando soffro di vertigini?

Rimisurando la febbre noto che è scesa di due tacche il che mi da la speranza di pensare che domani potrò andare in ospedale. Guardando in giro per la stanza vedo un incredibile casino e il vassoio della colazione che Harry mi ha portato questa mattina è ancora sul comò. Sarà meglio sistemare.

Dentro il mio pigiama trasporto il vassoio in cucina e lavando con acqua calda quei pochi piatti rimasti dalla sera prima capisco di avere una certa fame e all'improvviso spero che Veronica si sbrighi a comprare il pranzo.

Suonano al citofono e corro ad aprire a Veronica che tiene in mano due sacchetti.

"Sono passata dal takeaway in fondo alla strada. Niente più cinese."- ironizza.

"Grazie."- rispondo sbirciando nelle buste che trasporta fino al tavolo della cucina. – "Cosa hai preso?"

"Del riso per te e della pasta al sugo per me, pollo arrosto per te e crocchette di patate con salsa per me."- elenca lasciandomi una vena d'invidia.

"Perché tu le cose più buone?"

"Perché tu sei malata."- risponde sicura di sé.

"Ma sei tu che devi mantenere la linea, modella."- lancio una frecciatina. – "Io ho bisogno di forze."- mi difendo sfilando dalle sue mani il suo pranzo.

"Non rifilarmi la scusa della modella. Tu sei la malata e tu mangi pollo e brodini."- visto che vincerei difficilmente contrattando con lei le propongo un affare.

"Dividiamo tutto?"

"Non rinuncerai alle crocchette vero?"- domanda aspettandosi un'ovvia risposta affermativa da parte mia, che di fatto arriva. – "Va bene."- ruota gli occhi al soffitto mentre il mio ghigno vittorioso aspetta la ricompensa.

Sembra passare un secondo da quando apparecchiamo la tavola a quando iniziamo a pranzare. Mi sento meglio e sono davvero affamata, sintomo che sto per guarire. Tra una conversazione e un'altra passa il tempo e noi abbiamo già divorato metà di tutto quel ben di dio.

"Sono piena."- si stravacca Veronica sulla sedia. – "Penso che per questa sera mi basterà una tazza di tè."- come al solito non finisce mai quello che ha nel piatto soprattutto quando è davvero pieno. E' come una regola tra modelle mangiare solo metà di quello che si ha davanti. Ma io non sono di quell'ambiente.

"Quello non lo mangi?"- chiedo indicando quella piccola fetta di pollo in disparte sul suo piatto.

"No, non lo mangio."- aggrotta le sopracciglia passandomelo. – "Eri proprio affamata."- commenta mentre divoro quell'ultima fetta di pollo.

"Ho rigettato due volte, il mio stomaco era vuoto."- mi giustifico. Lei annuisce pensierosa prima di cambiare discorso.

"Quindi.."- inizia. – "Ieri notte tu e Harry lo avete fatto?"- domanda diretta lasciandomi spiazzata. Di solito non parlo con le gente della mia vita sessuale.

"Si, perché?"- rispondo intimidita da tanta invadenza. E' imbarazzante. Mi fissa ancora con quel cipiglio pensieroso e io vorrei tanto cavarle le parole di bocca. A cosa pensa?

"Senti io devo dirtelo."- sbotta tutto ad un tratto. – "E' un presentimento ma non posso tenerlo per me."

"Stai bene? Mi fai preoccupare."- e se è davvero lei quella malata?

"Non c'entro io, sei tu."- continua lasciandomi stupita, cosa c'entro io adesso? Mi siedo più composta invitandola a parlare. – "Talìta.."- si sporge in avanti sul tavolo sussurrando e lo stesso faccio io per paura di non sentirla.

"Vuoi parlare?"

"Non è che sei incinta?"- spalanco occhi e bocca a una simile affermazione.

"Ma come ti viene in mente? No!"- è impossibile, ci siamo stati attenti. – "Abbiamo usato il preservativo."- sussurro in imbarazzo.

"Non è mica infallibile!"

"Ti dico che non è possibile, ho fatto un test poche settimane fa ed era negativo e adesso abbiamo usato precauzioni."- spiego convinta. – "Cosa ti fa pensare che sia incinta?"

"La nausea, la fame, l'emotività."- elenca. – "Ti bastano come motivi?"

"Non può essere, ti dico che non lo sono."

"Secondo me lo sei."

"No."

"Si."

Perché adesso? Avevo appena ricominciato a pensare di fare sesso senza preoccuparmi di questo e invece questo dubbio ritorna peggio di prima. Abbiamo sempre usato il preservativo, in quattro anni non è mai successo niente perché adesso tutto sembra inutile per evitarlo?

"Senti, non voglio terrorizzarti, so come la pensi al riguardo. Magari non lo sei ma concedimi il beneficio del dubbio."

"Devo rifare il test?"- chiedo conoscendo già la risposta. Lei annuisce tirando fuori dalla borsa quel pacchetto che ho già visto una volta. Non voglio farlo perché ho paura di sapere la verità.

"Non ho comprato solo il pranzo quando sono uscita."- tenta di ironizzare ma con scarso successo. – "Vieni, andiamo in bagno."- mi guida lei mentre io sono nel mio stato catatonico.

Ringrazio che Veronica sia qui con me in questo momento. Mentre legge quelle istruzioni che già conosco penso a qualunque cosa. Mi immagino con una pancia enorme, che non riesco ad infilarmi le scarpe, come lo direi a Harry? Probabilmente ne sarebbe felice. Faccio tutto in automatico mentre Veronica mi aspetta fuori dal bagno. Le dico di entrare perché ho già fatto.

"Cinque minuti."- sussurra seduta accanto a me sul pavimento del bagno. Le porgo il test mentre io porto le ginocchia al petto abbracciandole e pensando. - "Un minuto."- questo conto alla rovescia mi mette ansia. So che questa volta non c'è verso che sia negativo. Riflettendoci su, il mio malore è alquanto strano. – "E' positivo."

E con una semplice parola apro i rubinetti, crollando emotivamente. Sento le braccia di Veronica circondarmi per darmi forza ma niente in questo momento può consolarmi. Devo solo farmene una ragione, ormai è fatta. A quanto pare era inevitabile. Avrei voluto aspettare per questo, almeno fino alla laurea. Ma non è andata.

"Non sei sola, non piangere."- mi stringe a sé. – "C'è Harry, ci sono io, la tua famiglia."

"La mia famiglia?"- chiedo retoricamente pensando alla reazione di papà quando lo verrà a sapere. – "Hai idea di come la prenderà mio padre?!"

"Bene?"- abbozza.

"No!"- rispondo in lacrime nascondendomi tra le mie ginocchia ancora una volta.

"Andiamo, non è la fine del mondo. E' una bella cosa se ci pensi."

"Come lo dico a Harry adesso?"

"Diglielo e basta."

"La fai facile, sono io ad avere qualcosa che mi cresce dentro!"- giustifico da me la mia irascibilità data la situazione. Mi consola sapere che mancano ancora alcune ore prima che Harry torni a casa.

"Tal! Sono a casa!"- il rumore delle chiavi di casa e dei suoi passi all'improvviso mi mette in allarme e fisso Veronica in preda al panico. Che brutta situazione.



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Ed ecco che ancora una volta sono in ritardo ma non potete neanche immaginare tutto quello che mi è successo in due fottute settimane. Dicono che il primo anno di università è il peggiore, e non mentivano. Sono strafelice quando riesco ad aggiornare e spero proprio che non mi abbiate abbandonata anche perchè mancano 3 capitoli alla fine! Ma non vi abbandonerò perchè ho ancora le altre mie storie già scritte da correggere e pubblicare. Cerco di aggiornare domenica prossima! Un bacio e grazie di tutto ancora una volta.


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