95. Paure, sospetti e afrodisiaci
Non ho idea di come appaia la mia faccia in questo momento ma dopo nove ore di turno in ospedale non penso che sia come l'ho lasciato questa mattina davanti allo specchio. Probabilmente in mio trucco sarà parzialmente scomparso e i miei capelli, che avevo alzato in una coda ordinata, saranno sicuramente sciatti. Seguire il primario oggi è stato particolarmente complicato, non ero per niente concentrata. Non facevo che pensare ad Harry e a quello che è successo.
Questa storia del test di gravidanza mi ha scombussolato più di quanto avrei creduto fosse possibile. Ho avuto una paura orribile, non mi immagino madre. Neanche un po'. E' stato un sollievo quando quel test è risultato negativo. Tutto sarebbe potuto finire lì, invece a preoccuparmi è stata la reazione di Harry e si.. anche la mia. Se fossi stata incinta non avrei abortito, non avrei avuto il coraggio di farlo. La mia risposta alla sua domanda se volessi tenerlo però non intendeva quello e mi dispiace. Non riuscivo a pensare lucidamente in quel momento, volevo solo sapere il risultato di quel test invece lui continuava a pressarmi con le sue domande alle quali non sapevo dare una risposta. Non penso di essere abbastanza adulta per crescere un bambino. Vorrei poter dire queste cose direttamente a lui ma ho paura di riaprire questo argomento.
Adesso continuo a pensarci e a ripetermi che non c'è nulla di cui preoccuparsi, non sono incinta, perché dovrei crearmi dei complessi? Sono fatta così, penso e ripenso alle cose fin quando non diventano problemi seri per la mia testa, anche se in realtà non lo sono. E' per questo che, anche se riluttante, questa sera parlerò con lui proprio come abbiamo concordato al telefono. E' arrivato il momento di chiarire perché sono stanca di evitarlo. Mi manca tanto.
"La smetti di fissare il vuoto?"
"Scusami, è più forte di me, non riesco a smettere di pensarci."- piagnucolo verso Veronica che con i suoi corvini capelli sorseggia il suo tè freddo. – "Sono piena di paure inutili adesso."- sbuffo mescolando il mio caffè.
"Perché questa reazione, credevo saresti stata felice di sapere che non sei incinta."- risponde. –"Non ti capisco."
"Sono felice! E' quello il problema."
"Continuo a non capire."- continua, quasi divertita, tirando fuori dalla sua borsa di Prada uno specchietto per controllare la perfezione del suo trucco.
"Avresti dovuto vederlo, sembrava quasi che volesse davvero un figlio. Io ero spaventata e lui continuava a tartassarmi di domande."- ho raccontato tutto a Veronica, lei è l'unica amica che ho in questa città. Sa tutto, fin dall'inizio, riesce a distrarmi con le sue manie divertenti di perfezione e se guardo indietro mi chiedo come facevo prima a sopravvivere senza un'amica con cui sfogarmi.
"La vostra è una storia parecchio seria, quanto è passato? Quasi cinque anni?"- annuisco. –"Non hai mai pensato che un giorno potrebbe succedere davvero?"
"Era diverso quando da adolescente fantasticavo sulla famiglia perfetta."- rispondo. –"Adesso che l'ho quasi toccato con mano è come se avessi preso una scossa elettrica. Non sarei in grado di farlo e se lui volesse avere un bambino un giorno? Dio."- il solo pensiero mi fa venire un attacco di panico.
"Rilassati. Sei più complessata di me."- ridacchia ripassando per l'ennesima volta il rossetto rosso sulle labbra carnose. – "Secondo me saresti un'ottima madre."- continua guardandomi dolcemente. – "Ti ho vista giocare con quei bambini all'orfanotrofio, tu adori a bambini, sei dolce e amorevole."
"Ma quelli non sono figli miei, non devo crescerli."
"Beh io penso che saresti una brava madre. E' una cosa che viene naturale."- scuote le spalle. Non mi piace questo argomento, non vedo l'ora di lasciarmelo alle spalle e risolvere questo casino che ho in testa. – "E poi non avreste problemi economici, Harry è ricco di famiglia."
"Che consolazione."- ironizzo.
"Adesso smettila di pensarci e andiamo a fare shopping, ho bisogno di più scarpe."- salta sui suoi tacchi come una lepre afferrandomi per la manica della mia giacca e tirandomi via con sé. Ho rischiato di inciampare quattro volte facendo slalom tra la gente nel tentativo di starle dietro. Le gambe di Veronica sono così lunghe, sembrano quasi più lunghe di quelle di Harry, il che è tutto dire.
Sono contenta di questi momenti di apparente spensieratezza, mi aiutano a non strapensare come sono solita fare. Mi creo sempre problemi che non esistono e coinvolgo gli altri. Non so neanche come ho fatto a cambiare in questo modo il mio modo di ragionare.
E' bello scherzare e passeggiare, seguire Veronica da un negozio all'altro, tra cose che in realtà a me non piacciono granché ma che trovo carine sulle altre ragazze. Cappelli, camicie leopardate e stivali di pelle non sono parte del mio stile ma a Veronica sembra stare bene tutto.
"Non compri niente?"- mi chiede proprio lei dopo essere uscita dall'ennesimo negozio con le mani stracolme di sacchetti.
"Allo stage non mi pagano."- le ricordo con un pizzico di divertimento. –"Papà mi manda appena i soldi per mangiare e le emergenze."- spiego mentre lei ruota gli occhi al cielo. Per lei è facile, guadagna un mucchio di soldi alle sfilate.
"Sfrutta il tuo dolce Harry!"- mi rimprovera. – "Ti comprerebbe una villa d'oro se tu volessi."
"Ma io non la voglio."- sospiro. – "Non torniamo su questo argomento, non voglio i suoi soldi e non ho bisogno di un guardaroba nuovo."
"Sei noiosa quando sei razionale."- sbuffa lei adesso. Anche Veronica spesso si è offerta di regalarmi qualcosa, una volta ho accettato per l'esasperazione. Mi sono portata a casa un vestito nuovo. – "Guarda qui."- richiama la mia attenzione fermandosi davanti alla vetrina di un negozio di vestiti. – "Ti starebbe da favola."- fantastica su di me ma a me sembra solo un semplice abito rosso, fin troppo scollato, fin troppo aderente e forse anche fin troppo rosso.
"Non voglio sembrare Jessica Rabbit."- arriccio il naso immaginando me dentro quel vestito che sicuramente avrebbe su di me un effetto meno sensuale.
"Fai cadere le braccia."
"Rassegnati."- rido divertita dai suoi vani tentativi di mettermi in tiro per una volta.
"Mai!"
HARRY'S POV
E' fottutamente cazzuto avere potere. A parte le frequenti chiamate di papà che tenta di controllarmi devo dire che è stato soddisfacente come primo giorno di lavoro. Ho scoperto di avere una segretaria, si chiama Emily. Sbaglia sempre, non sa fare un cazzo, è inesperta ma è comunque una segretaria. Doris mi ha aiutato ad entrare nel sistema. Ora come ora ci sono due importanti investitori da tenere sotto controllo. Due grossi contratti che se andranno a buon fine potrebbero fruttarci molto.
Il mio lavoro consiste nel calcolare la giusta percentuale di finanziamento da dargli in caso di firma del contratto e se è qualcosa su cui è conveniente investire. Avevo una lista enorme di proposte di finanziamenti ma la maggior parte sembravano insulse idee di piccoli commerciati, idee che non avrebbero mai fatto un soldo. Non avremmo ricavato nulla, anzi ci avremmo sicuramente rimesso parecchio.
Alla fine la lista si è ridotta a due sole proposte, di due imprenditori su cui ho voluto delle notizie in più per essere sicuro. Questa non è tutta fottuta farina del mio sacco, papà mi ha controllato tramite Doris e via Skype per tutto il tempo.
La giornata è quasi finita, l'intero edificio è più silenzioso, il mio ufficio si sta colorando di arancione per il sole tramontante. In questo istante decido che sarà il mio momento preferito del giorno. Quello che precede il mio ritorno a casa da Tal.
Ad un tratto un nodo allo stomaco comincia a farmi preoccupare. Girando e rigirando sulla mia sedia girevole guardo il soffitto e penso a lei. Chissà se è già tornata a casa. Questa sera dobbiamo parlare. Sono schifosamente preoccupato, non so cosa succederà, potremmo litigare di nuovo o risolvere con del sesso riparatore. Dubito su quest'ultimo dopo quello che è successo. Praticamente non si fa toccare da quella sera.
Praticamente non parliamo da quella sera. Il che credo sia fottutamente peggio del non fare sesso.
Mi fermo dalle mie giravolte quando la porta del mio ufficio si apre rivelando un Liam evidentemente sovraeccitato. Chi avrebbe mai pensato che avremmo lavorato insieme.
"Hey spalla."- lo saluto ancora una volta per ricordagli il mio superiore ruolo rispetto al suo ma sa che scherzo. E' uno alla mia pari. Un socio.
"Non sono la tua spalla."- ruota gli occhi al cielo. – "Concluso qualcosa oggi?"- continua stravaccandosi sul mio divano in pelle dopo essersi chiuso la porta alle spalle.
"Credo di si. Tu?"
"Anche io."- seguono attimi di silenzio, io dietro la scrivania, lui sul divano. Poi entrambi scoppiamo in una fragorosa risata. Mi tengo la pancia dal ridere mentre Liam è piegato in due con la fronte rivolta al pavimento.
"Che cazzo è successo oggi? Sembriamo invecchiati di dieci anni."- dice tra una risata e un'altra.
"Cristo non lo so!"- rispondo. – "Abbiamo un lavoro di responsabilità. Hai visto come ci hanno guardati quei bastardi del quarto piano quando siamo scesi?"
"Siamo i nuovi arrivati."- li giustifica lui.
"Mi sta sul cazzo la gente che mi fissa."- rispondo premendo nel frattempo un tasto sul mio cellulare. Lo schermo si illumina e appare la mia foto preferita di Tal. Sono quasi le sette di sera. – "Quando possiamo uscire da questa scatoletta gigante?"
"Sei tu il capo."- scrolla le spalle.
"Il capo è mio padre."- gli ricordo. Decido che è meglio chiedere per essere sicuri, quindi premo il tasto rosso su quell'apparecchio che ho sulla scrivania. Mi hanno detto che da qui posso contattare Emily.
"Si, Signor Styles?"- la sua voce proviene dall'altra parte dell'apparecchio.
"Quando chiude l'ufficio, Emily?"- un'insieme di fracassi, cartacce accartocciate, oggetti che sbattono e altre cose che non capisco si sentono dall'apparecchio. Osservo Liam con le sopracciglia aggrottate ancora in attesa di una risposta.
"Ehm, scusi Signor Styles, l'ufficio chiude tra dieci minuti, signore."
"Grazie Emily."- rispondo riagganciando. Come può un essere umano essere così imbranato?
"E quella chi era?"- ride ancora Liam dal divano.
"La mia segretaria."- ruoto gli occhi al cielo. – "Non so se sono io a farle paura oppure è proprio tonta di suo."
"Comunque sia, io voglio andare a casa, andiamo?"- domanda alzandosi stancamente. Io annuisco afferrando le mie cose prima di seguirlo fuori. Emily sta all'ingresso del piano dietro la sua scrivania a ripulire dell'acqua caduta sulla tastiera del suo computer. Appena ci vede si ferma e si rimette composta salutandoci cortesemente. E' fottutamente esilarante.
Sospiro quando entriamo in ascensore. Si susseguono i piani e ogni volta qualcuno si aggiunge dentro la scatola mobile. Nessuno manca di salutarmi, credo che si sia diffusa la voce che sono figlio di mio padre. Penso di dovermi abituare a fottuti zerbini leccaculo da ora in poi. Vorranno sempre ottenere qualcosa da me. Ho visto soggetti del genere alle cene a cui andavo con papà, inutile dire che sono comportamenti che mi grattugiano le palle all'osso.
Spero solo di saper gestire tutto con la stessa classe con cui lo fa papà. Ci sono momenti in cui non mi sento adatto nel fare questo tipo di lavoro. Oggi è stato facile, mi hanno aiutato tutti, ma se da solo non riuscissi a cavare un cazzo di ragno da un fottuto buco?
Merda, non voglio pensarci.
Arrivati al piano terra la gente si disperde nell'atrio. Io portiere e la sicurezza sono già qui pronti a chiudere tutto e a mettere in moto i sistemi di allarme ed emergenza. E' tutto computerizzato. Telecamere a circuito chiuso sono ovunque. Non posso neanche grattarmi le palle in privato in questo edificio senza che qualche tizio sconosciuto della sicurezza non lo sappia.
"Mi dai un passaggio?"- chiede Liam da scroccone qual è. Un autista arriva prima che io possa rispondere di si. Il tizio scende dalla mia Range Rover e mi porge le chiavi. Come cazzo sapeva che stavo tornando a casa? Pensavo di dover trovare la macchina da solo invece il personale mi imbocca come un bambino. Cristo, spero non arrivino a pulirmi il culo, sarebbe imbarazzante.
"Grande macchina Signor Styles, buona serata."- saluta il parcheggiatore.
"Grazie."- non mi abituerò mai a questo.
"Oh! Amico, hai pure un parcheggiatore personale!"- ride divertito Liam ancora una volta. Sto per farlo star zitto con un calcio sul fottuto stinco ma la mia attenzione è richiamata da una sensazione. La sensazione di essere osservato. Mi volto e non trovo nessuno a primo impatto. E' quasi buio ma sono riuscito appena a scorgere un'ombra scomparire in un vicolo a fianco dell'azienda.
Forse era solo una mia impressione. Scuoto la testa ritornando a Liam che continua a prendermi in giro. Questa volta quel calcio non glielo toglie nessuno e quasi sorrido soddisfatto quando guaisce contro di me.
"Stronzo. Le tue scarpe del cazzo fanno male."
"Sali in macchina, idiota."- lo spingo prima che anche io prenda posto sul sedile del guidatore. Accelero mettendo in moto ma prima di lasciare il quartiere do un'ultima occhiata a quel vicolo. Troppo buio per vedere se qualcuno vi è nascosto. Lascio perdere e imbocco la strada. Penso e ripenso, tento di convincermi che sia stata solo la mia impressione ma l'istinto mi dice che non è così.
Magari era qualche barbone o drogato. Siamo a New York in fondo.
Dopo aver accompagnato Liam a casa la mia mente accantona quell'ombra e inizia a pensare che tra poco sarò da Tal. Parleremo da qui a poco e sono nervoso. Cristo, mi sento stupido. Come se fosse un primo appuntamento. Magari passo a comprarle dei cioccolatini.
Quando arrivo nel parcheggio sotterraneo del nostro palazzo, quasi rabbrividisco per il freddo che c'è. Il cuoio delle mie scarpe rimbomba nel salone solo stracolmo di macchine. Da parziale fifone quale sono per un attimo allungo il passo fino ad arrivare alla porta d'ingresso. Sospiro sollevato quasi come se stessi scappando da qualcuno. New York la sera mi mette timore. Cazzo, non lo ammetterei mai ad alta voce.
Questo è un altro motivo per cui preferisco Los Angeles, la fottuta criminalità a New York è statisticamente più alta.
Mi lascio alle spalle i piani che mi separano da lei. Forse avrei dovuto inviarle qualche messaggio per assicurarmi che fosse in casa, se non lo fosse a quest'ora sarei alquanto preoccupato. Devo occuparmi di più di lei.
Finalmente arrivo davanti alla porta di casa e tenendo con un braccio i cioccolatini e la giacca, tento con l'altra di inserire la chiave nella serratura.
"Tal! Sono a casa."- annuncio accendendo la luce dell'ingresso. Appoggio giacca e chiavi sul mobile cercando di fare poco rumore possibile. – "Tal?"- la chiamo di nuovo. Comincio a spaventarmi quando non mi risponde e comincio a perlustrare la casa. In cucina non c'è. Neanche nello studio dove di solito passa ore a leggere. In camera da letto c'è una luce accesa. Il mio cuore batte come un forsennato. E se le fosse successo qualcosa? – "Tal?"
Tiro un sospiro di sollievo quando la vedo addormentata con il suo diario tra le mani. E' così dolce. Mi avvicino a lei sedendomi sul letto. Sorrido senza pensarci e le sfioro una guancia con un dito. Morbida. Profuma di buono, deve aver fatto la doccia perché ha le punte dei capelli umide. Osservo il suo diario socchiuso. Il suo indice fa da segnalibro in una pagina appena scritta e sono fottutamente curioso di sapere cosa scrive.
"Harry."- borbotta aprendo e chiudendo gli occhi assonnati. – "Mi sono addormentata?"
"A quanto pare."- scherzo in un sussurro. – "Com'è andata oggi?"- chiedo mentre lei si ricompone e richiude il suo diario poggiandolo sul comodino dietro di lei.
"Bene."- sbadiglia. – "La solita storia, ospedale e shopping con Veronica."- sorride contagiando anche me. – "Tu? Il primo giorno in azienda, com'è andato?"- domanda incrociando le gambe davanti a sé sul letto. Osservo ogni sua mossa quasi venerandola. Vorrei palare solo di lei, sapere ogni minima cosa che ha fatto oggi.
"Bene credo, ho un ufficio, una segretaria, un parcheggiatore.. oh! E un frigorifero che fa pure il caffè!"- racconto. Ride e mi guarda con uno sguardo così dolce che vorrei baciarla adesso. – "Cosa hai comprato?"
"Quando?"
"Non sei andata a fare shopping oggi?"- domando credendo di aver capito male.
"Si, ma non ho comprato nulla."- di solito le ragazze non svaligiano i negozi quando fanno shopping?
"Perché?"
"Non c'era nulla che mi piacesse."- scrolla le spalle semplicemente.
"Oh."
Odio quando cala il fottuto silenzio imbarazzante tra di noi. Non è naturale questo. Entrambi sappiamo cosa succederà adesso, dobbiamo parlare ma nessuno dei due ha il coraggio di iniziare a farlo anche se è inevitabile.
"Tal."
"Si, si lo so."- sospira giocherellando con le sue unghie.
"Cosa ti succede, spiegami. Sei cambiata da quella sera. Ho anche paura a baciarti ora come ora."- confesso le mie preoccupazioni.
"E' solo che ho avuto paura."
"Perché? Sarebbe così terribile avere un bambino?"- chiedo ancora cautamente.
"No. Ma non sono pronta per questo, abbiamo schivato un proiettile, Harry."- la guardo cercando di capire. Non parlo, aspetto che sia lei a continuare. – "Se fossi stata incinta cosa sarebbe successo?"
"Beh da come hai reagito quando te l'ho chiesto sembrava volessi darlo in adozione o.."- non voglio neanche pensare a quello.
"Non lo avrei mai fatto."
"Dici sul serio?"- una piccola speranza nasce nel profondo di me. Lei annuisce. – "Allora perché quella reazione? Non capisco di cosa hai paura, Tal."
"Ho paura di non essere in grado di proteggerlo, accudirlo, cambiargli i pannolini, allattarlo."- evito di sorridere all'immagine che mi si è formata in testa e cerco di stare attento a quello che vuole farmi capire.
"Sono paure normali. Pensi che non ci abbia pensato anche io?"- mi guarda comprensiva. – "Probabilmente sono l'ultima persona al mondo in grado di crescere un bambino. Cristo, fino a qualche anno fa ero in mezzo ad una strada a strafarmi di canne."
"Ci tieni molto ad avere un bambino?"
"Diavolo, si."- rispondo senza timore. – "Ma solo con te e quando tu vorrai."- non voglio forzarla, non era mia intenzione. E' l'ultima cosa che vorrei, cazzo. Un sorriso appare sulle sue labbra. – "Ti sottovaluti, Tal."
"In che senso?"
"Nel senso che saresti una mamma perfetta."- quasi mi lamento perché non riesce a vedere quello che vedo io e che probabilmente vedono tutti. – "Hai tirato su me dal baratro dove mi trovavo, sei tu che mi dai il coraggio di provare."
"Quando e se succederà dovrai essere tu a darmi il coraggio."- quasi ride.
"E io te lo darò."
Cala di nuovo il silenzio, ma un silenzio diverso. Si è riacceso ciò che si era spento. Adesso non c'è un cazzo che possa andare male. E io che ero pure preoccupato per quello che sarebbe potuto succedere. E' andata alla grande.
"Posso baciarti adesso?"- chiedo alzando un sopracciglio e sfidando me stesso per non ridere. Lei sorride come non l'ho vista sorridere da giorni e mi sento più leggero finalmente.
"Non chiedere, fallo e basta."
Non me lo faccio di certo ripetere due volte. Chiudo lo spazio tra me e lei afferrandola dolcemente per le guance e finalmente dopo giorni bacio l'amore della mia vita. Lei ricambia morbidamente allacciando le braccia attorno al mio collo. Un mio braccio l'avvolge e a causa delle leggi della fisica e della forza di gravità ci ritroviamo a pomiciare sdraiati sul nostro letto.
"Pensi che potremmo..?"- domando mettendo in gioco il mio sguardo da seduttore.
"No!"
"Okay, okay scherzavo."- recupero riprendendo a baciarla semplicemente. Niente più di questo stanotte ma non mi dispiace. Mi basta che tutto sia tornato normale, o quasi. Continuo a scoccarle baci ovunque la mia bocca possa arrivare e mi beo della sua risata quando anche non volendo le faccio il solletico col mio respiro. Ma questo fa ridere anche me.
"Ti ho comprato dei cioccolatini."- ci interrompo indicando la confezione ai piedi del letto.
"Prendili."- risponde fissandomi con una strana luce negli occhi. Riconosco una Tal eccitata quando la vedo. – "Non metterti strane idee in testa."- quasi deluso metto un finto broncio.
"Sai che il cioccolato è un afrodisiaco?"- chiedo allungandomi per prendere la scatola e metterla sulle sue gambe.
"Harry."
"E' vero."- mi difendo. – "Cerca su internet."- la sento sorridere dentro la sua enorme felpa mentre tira fuori un cioccolatino. Quando lo mette tra i denti so per certo che mi sta provocando. Le sue ciglia sbattono sensualmente ma so che comunque questa notte non succederà niente.
Mi avvicino di più a lei e la bacio mentre con i denti rubo metà del suo confetto di cioccolato che da al tutto un sapore più sensuale. Lei geme sulla mia bocca e io muoio dall'amore per lei.
"Avevi ragione, assolutamente afrodisiaco."
"Te lo avevo detto."
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Ho aggiornato. Ho voluto prendermi una pausa di una settimana per riorganizzare le idee perchè mi è stato fatto presente che la storia stava perdendo l'interesse da parte di alcune lettrici. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e non vedo l'ora di pubblicare il prossimo. Mi è servita questa pausa perchè adesso ho un'idea carina per il finale. Mancano 5 capitoli e già sento nostalgia. Grazie mille a tutte! Un bacio e al prossimo aggiornamento <3
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