93. AMORE

Sospiro guardando la mia immagine riflessa nello specchio del bagno. Guardo i miei capelli poco curati annodati in un'acconciatura di fortuna ormai completamente disfatta, guardo il mio trucco sbavato e tento di rimuoverlo come meglio viene. Pettino i capelli arricciando il naso ogni volta che i nodi s'impigliano alla spazzola. Ora mi rendo conto di quanto sia poco curata nel mio aspetto. Ultimamente non è stato il mio pensiero fisso, troppo da fare e poco tempo per farlo. Forse anche i frequenti litigi tra me e Harry sono dovuti a questo, forse più che altro sono dovuti a me e al mio livello di stress. Sbuffo spegnendo la luce del bagno per avviarmi in camera da letto.

Fortunatamente, dopo che Harry è venuto da me, la serata ha preso una piega diversa, anche se era praticamente quasi finita. Non abbiamo ancora avuto modo di parlare ma tra un saluto a una donna facoltosa e una stretta di mano ad un uomo abbiente mi ha sussurrato di quanto non vedesse l'ora di stare solo con me questa notte.

Pur sapendo che papà avrebbe storto il naso, ho scelto di dormire con Harry nella sua vecchia stanza per chiarire quello che è successo questa sera e poi mi mancava stare con lui. La casa è silenziosa, del tutto il contrario di qualche ora fa quando era gremita di gente a me sconosciuta. Cammino lungo il corridoio accorgendomi solo a metà strada tra il bagno e la sua stanza che la luce di una stanza in fondo è accesa.

La curiosità ha il sopravvento e in punta di piedi e dentro il mio pigiama raggiungo la luce che si rivela provenire dalla vecchia biblioteca. Non ci entro da tanto. Immagini di me e Harry litigare per Cime tempestose vagano nella mia mente. Penso sia iniziato tutto quel giorno e quasi mi viene da ridere ricordando.

Sbircio dentro ma a parte la luce accesa sembra non ci sia altro. Forse c'è Des. Le mie supposizioni sono inutili quando vedo Harry sbucare fuori da uno scaffale pieno di libri in tutta la sua bellezza dentro i suoi pantaloni comodi che usa per dormire. Si adagia con una spalla alla libreria vicina a lui e mi osserva con un mezzo sorriso. Con un cenno della testa mi invita ad entrare e raggiungerlo.

Non so cosa abbia in mente ma di solito quando non ne so niente è qualcosa di cui dovrei preoccuparmi. Aggrottando le sopracciglia lo raggiungo circospetta. Le lampade verdi illuminano fiocamente la sala ma sono solo dettagli perché sono concentrata solo su di lui.

"Cosa stai tramando?"- chiedo cauta.

"Vieni."- si ammorbidisce più di quanto già non sia quando mi avvicina a sé abbracciandomi. Un semplice abbraccio affettuoso. Sospiro sulla sua spalla e socchiudo gli occhi alla bela sensazione di lui che mi circonda.

"Mi dispiace."- dico poi sentendomi l'unica responsabile di come è andata questa sera.

"Dispiace anche a me."

"Tu non hai fatto nulla, sono troppo gelosa."- ammetto. – "A quanto pare."

"Io non ho di certo aiutato, Tal."- per un attimo il timore che mi stia per rivelare qualcosa che io non voglio sentire si fa spazio nella mia mente. Ma lo cancello subito. Mi fido di lui. E' di Meredith che non mi fido. – "Volevo ci fossi tu accanto a me questa sera. Volevo vantarmi del fatto che sei la mia ragazza."

"Perché non sei venuto prima da me invece di stare con lei?"- la domanda che mi porgo da tutta la sera.

"Per lo stesso motivo per cui non sei tornata tu da me! Ero incazzato, Tal."- confessa la verità di entrambi e io annuisco. – "Meredith parlava e io le davo corda."- per un attimo immagino me stessa come una terza persona in questa stanza e mi immagino ascoltare la nostra conversazione. Mi rendo conto di quanto tutto questo sia futile e stupido. Un litigio senza un fondamento preciso, una catena di ripicche che ci hanno solo rovinato la serata.

"Volevi farmi ingelosire?"- scherzo alleggerendo l'aria.

"Può darsi."- ridacchia stringendomi ancora più forte a sé. – "E tu? Con il biondino e Louis?"

"Io non volevo farti ingelosire, volevo solo qualcuno che mi consolasse, credo."- confesso.

"Mentre tu ti consolavi, io volevo uccidere chiunque ti si avvicinasse."

"Sono solo amici, tu lo sai benissimo."- lo tranquillizzo. Non c'è niente che leghi me e loro in qualcosa di più di un'amicizia. Niente.

"Certo che lo so. Ma il tuo amico pasticcere non la pensa così."

"Che vuoi dire?"

"Tu gli piaci, da sempre credo."- scrolla le spalle. La cosa mi sorprende ma non mi sfiora per niente. – "Davvero non lo sapevi?"- mi deride. Io scuoto la testa. Non mi è mai capitato di pensare di piacere a qualcuno che non sia Harry. Nella mia visuale c'è solo lui non ho bisogno di pensare a questo.

"Non m'importa."

"Importa a me."- risponde semplicemente. – "Sarà pure un tuo amico ma non mi piace il modo in cui ti guarda. Solo io posso farlo in quel modo."- non ho davvero idea di che sguardi lui abbia visto. Non ci ho mai fatto caso.

"E allora tu con Meredith? Lo stesso vale per me."

"A me non interessa per niente Meredith."

"Ma io sono gelosa comunque."- gli faccio notare il mio punto.

"Non devi."- mi sorride dolcemente.

"Perché tu puoi essere geloso di Niall e io non di Meredith?"- chiedo senza abbandonare il tono scherzoso.

"Perché il mastro pasticcere non sta per sposarsi."- ride sotto i baffi. Ci metto un po' ha capire quello che ha detto. Spalanco gli occhi. Meredith sta per sposarsi? E' uno scherzo?

"Davvero?"

"Si, me lo ha detto prima che mi minacciasse di prendermi a calci in culo se non tornavo da te."- sorride compiaciuto.

"Ti ha detto lei di venire da me?"

"Mi ha dato una spinta, si."- ammette.

Forse nonostante tutto ho fatto male a giudicare male Meredith. In fondo sono passati anni e lei sarà cambiata. Avrei dovuto darle una possibilità, invece per colpa del carattere che ho scoperto di avere l'ho valutata frettolosamente. Probabilmente il fatto che lei si sposi però non eliminerà del tutto la gelosia che provo quando sono insieme. Spero comunque che non accada più spesso.

Harry, all'improvviso, batte le mani talmente forte da farmi spaventare e destare dai miei pensieri mentali.

"Ora che abbiamo chiarito posso darti il mio regalo?"- domanda in un evidente stato di sovreccitazione. Sapevo che c'era un motivo se si trovava proprio in biblioteca. Sembra quasi un bambino a Natale.

"Quale regalo? E per cosa? Oggi non è il mio compleanno."- non mi risponde ma si limita ad incrociare le nostre dita per condurmi in fondo alla stanza. Non c'è niente di eclatante ma solo uno dei tavoli sgombro di libri e un vassoio sopra.

"Non so tu ma io ho fame, ho preparato dei tramezzini."- ovvero l'unica cosa che sa cucinare. Trattengo le risate e apprezzo il suo pensiero. Anche io ho una fame incredibile, quelle tartine al tonno non sono bastate a nessuno.

"Perché in biblioteca?"- chiedo non perdendo tempo e afferrandone uno. Lo seguo sedendomi sul tavolo e osservando gli alti scaffali e il tetto vetrato mentre attendo una sua risposta.

"Mi piace stare qui."- come dargli torto. – "Hai ancora tu Cime tempestose?"- chiede masticando. Annuisco mandando giù un boccone.

"E' in camera mia."

"La tua camera qui o la nostra a New York?"

"Qui."- rispondo semplicemente. – "A parte le cose essenziali non ho portato via nulla da quella stanza, qui ho lasciato tutte le cose importanti."- gli sorrido sperando che riesca a capire che lui conta tanto per me. Ma sono sicura che lo sa già.

"Tipo?"

"I vestiti di mia madre, i suoi gioielli, le foto di famiglia.. il tuo libro."- elenco.

"Ecco perché non ti vedo più indossare i tuoi orecchini."

"Sono più al sicuro qui."- annuisco.

Cala per poco il silenzio tra di noi ma la sua testa continua a macinare pensieri. E' pensieroso mentre continua a mangiare con lo sguardo perso tra libri di autori famosi. Vorrei quasi entrare nella sua testa e leggere i suoi pensieri.

"Quindi suppongo lascerai qui anche questo."- esordisce poi ingurgitando l'ultimo boccone del suo tramezzino prima di infilare la mano nella tasca della sua tuta e tirarne fuori un cofanetto blu. Spero vivamente che non sia quello che penso. Il mio battito cardiaco comincia a diventare più frenetico e le mie pupille non smettono di muoversi dal suo viso alle sue mani e viceversa .

"C-che stai facendo?"- il tono preoccupato. Non so se sono pronta a questo. Mi guarda negli occhi per pochi secondi prima di iniziare a ridere di me.

"Non ti sto chiedendo di sposarmi, Tal!"

HARRY'S POV

Il suo faccino preoccupato mi ha fatto ridere. Cosa sarebbe successo se le avessi davvero chiesto di sposarmi? Beh è una domanda che non avrà ancora una risposta. Non sono pronto per questo e da quel che ho visto neanche lei.

"Non volevi chiedermelo?"- domanda retoricamente tirando un sospiro di sollievo. Io scuoto la testa convinto ma continuando a guardare la scatolina tra le mie mani. Gliela porgo pensando che forse è meglio che la apra lei. L'afferra delicatamente, quasi spaventata di quello ce potrebbe esserci dentro e quando la apre la sua espressione più tranquilla muta in seria. – "No."- risponde richiudendo la scatola e ridandomela. Cosa cazzo è successo?

"Che ti prende? Perché no?"- chiedo fottutamente sbalordito. Eppure ero sicuro che le sarebbe piaciuto l'anello di nonna.

"Non posso averlo io, sei impazzito?"- risponde come se la cosa fosse ovvia. Ma cazzo, non lo è.

"Perché?!"

"E' un gioiello di famiglia, io non c'entro niente, Harry."- spiega seria. Non vedo il problema.

"Tu sei parte della mia famiglia!"

"Dovrebbe averlo tua madre o tu o Gemma."- continua.

"Mia madre è d'accordo che lo abbia tu e io voglio che lo abbia tu."- affermo risoluto. La guardo nervosa e agitata mentre pensa a cosa fare. I suoi occhi vagano ovunque tranne che su di me. Sembra proprio che l'abbia messa in crisi. Pensavo sarebbe stata felice di averlo, sarebbe stato stupendo vederglielo al dito almeno una volta.

"Non so che fare."

"Prendilo, questo devi fare."- continuo.

"Non dovrei averlo io."- sussurra.

"Vedila in un altro modo."- improvviso. –"Pensa che te lo stia solo affidando, mettilo insieme al libro e alle cose di tua madre. Ti prego."- propongo poggiando la scatola tra le mani sul suo grembo cautamente.

"Harry."

"Ti prego."- ripeto ormai a un dito dalla sua bocca. Le mie mani le carezzano le guance. Prima mi guarda negli occhi poi abbassa lo sguardo tra le sue mani e sfiora il cofanetto, in fine sospira e per me quello è la risposta. Ho vinto io. La fottuta e agognata vittoria. Annuisce e nel medesimo istante chiudo la distanza tra di noi. Mi piace baciarla perché ha delle labbra talmente morbide che amo morderle. Amo anche quando, inconsciamente, sfiora la mia mandibola con i suoi polpastrelli.

So per certo che se continuo così useremo il tavolo per fare altro e non è il caso. A malincuore mi allontano da lei senza perdere però il nostro contatto visivo.

"Andiamo a letto."- affermo mentre la sua mano scende sul mio addome provocandomi brividi fin troppo familiari. Concorda con me e saltando giù dal tavolo, lei insieme all'anello di nonna si avviano all'uscita mentre io spengo le luci della biblioteca. I miei gesti sono frenetici, non vedo la fottuta ora di chiudermi in camera con lei. Sento che manca davvero poco prima che perda il mio fottuto contegno e prima che le mie mutande scoppino.

Come può un solo bacio scatenarmi un'eccitazione simile?

Le corro dietro per raggiungerla davanti alla porta della mia vecchia stanza. Le lenzuola sono pulite, il solito raso ricopre il materasso e il mio solito affanno pre-erezione riempie la stanza silenziosa. Tal ha appena il tempo di posare l'anello sul comò e io appena quello di chiudere la porta a chiave. Abbiamo imparato la lezione.

La porto frettolosamente con me sul letto. Si forse ultimamente lo facciamo molto spesso ma non credo ci sia da lamentarsi. Credo sia una cosa positiva. Capisco subito quando Tal è eccitata quanto me perché mi guarda come un bambino guarda un gelato in estate e la cosa mi piace fottutamente tanto. Tirandola per un braccio la lascio cadere sopra di me e la sua coscia preme tra le mie gambe facendomi trasalire. La coinvolgo in un bacio quasi disperato ma non tanto diverso da ogni volta che la bacio.

Le sue mani sono sul mio petto e sono più che sicuro che lo stia facendo apposta a muovere il ginocchio a quel modo sulla mia eccitazione. Lei sa come farmi felice. In tutti i sensi.

"Togliti i vestiti."-quasi le ordino affannato dopo quel bacio.

"Toglimeli tu."

"Non provocarmi."- ridacchio tirandola ancora di più verso di me facendo appiattire il suo petto sul mio. Riprendo quel bacio intenso che non avrei mai voluto interrompere e nel frattempo le mie mani scivolano dentro i pantaloni del suo pigiama ma non voglio aspettare, la voglio mia adesso, per questo tiro via entrambi gli indumenti che la ricoprono e lei mi aiuta calciandoli fuori dal letto.

Solo in canotta e reggiseno è seduta sopra di me e la sola visione mi fa sospirare. Quasi mi manca il respiro. Quanto è bella. Gli occhi azzurri sembrano due fari nella penombra e i capelli lunghi e scompigliati le danno un'aria così sensualmente selvaggia a cui non riesco mai a resistere.

Non perdo altro tempo per liberarla anche degli ultimi indumenti e come ogni volta che facciamo l'amore mi prendo dei secondi mentali per ricordarmi che lei è tutta e solo mia. Nessuno avrà mai il piacere di vederla così, solo io posso e solo io devo.

Ma così non mi basta ancora. Mi libero anche io dei miei pantaloni e dei mie boxer. Solo così riesco a sentirla completamente mia. Anche solo sfiorandosi i nostri corpi nudi emanano fottuto elettricità, quando la sua pancia tocca la mia mi sento come una ragazzina innamorata. Con le farfalle nello stomaco. Imbarazzante detto da un uomo ma penso che basti a descrivere come mi sento.

Mi piace fare l'amore con lei perché quando lo facciamo nessuno ci corre dietro, tutto viene da sé. Questi momenti scarseggiano ultimamente e per via dei suoi turni di lavoro spesso ci diamo solo a del sano sesso di fottutamente di fretta.

"Harry."

"Mmh."- mugolo cercando le sue labbra.

"Non abbiamo un preservativo."- continua tra un bacio e l'altro.

"Non fa niente."- rispondo, forse più senza pensare che altro. Ma almeno questa sera voglio sentirla completamente.

"Harry."

"No, facciamo senza."- la supplico. – "Compreremo una pillola domani."- la rassicuro. Lei un po' titubante alla fine si lascia andare annuendo e questa è una seconda vittoria. Ci siamo quasi quando riprendiamo a baciarci lei divarica le gambe per stare a cavalcioni su di me e il suo petto ancora sul mio. Completamente eccitato e drogato dalle sue labbra mi faccio spazio dentro di lei con lentezza. Le nostre mani unite, io sostengo lei e lei sostiene me. Mentre comincio a muovermi dentro di lei, mi sposto anche a baciare, mordere e leccare il suo collo.

La tengo per i fianchi, carezzandole la schiena e poi il fondoschiena con poco ritegno ma poco m'importa se a ripagarmi sono i suoi gemiti di piacere.

La lentezza amplifica il piacere e in poco tempo entrambi siamo quasi al culmine. E' in questo momento che amo prendere in mano la situazione e ribaltarla. Io sopra e lei sotto. Lei sapeva che lo avrei fatto, mi conosce troppo bene e per questo sorride mentre le nostre bocche e le nostre lingue non si lasciano mai.

Entro ed esco da lei ancora un paio di volte, le più intense prima che entrambi i nostri organi si contraggano per il piacere. Quando vengo mordo ogni parte di lei che possa raggiungere. E' una fottuta abitudine involontaria. In compenso lei amplifica la stretta sulla mia vita con le gambe gettando al contempo la testa indietro.

Senza preservativo il tutto è amplificato per dieci volte.

Ci ritroviamo qualche minuto dopo con il respiro un po' più calmo e felici. Abbracciati, nudi e perfettamente in sintonia. La circondo con le braccia e lei poggia la guancia sulla mia clavicola. Ci addormentiamo sempre senza dire altro.

***

Sento profumo di lavanda quando mi sveglio. Sbatto le palpebre maledicendo il fottutissimo sole del mattino che mi acceca. Guardando alla mia sinistra trovo Tal nel mio accappatoio con i capelli bagnati che giocherella con il suo telefono. Ha un buon profumo il mio fiorellino.

"Buongiorno amore."- sbadiglio rievocando immagini dell'altra sera. Lei mi guarda con uno strano sorriso in faccia e aggrotto le sopracciglia per capire cos'abbia. – "Perché mi guardi così?"

"Niente, mi piace quando mi chiami così."- scrolla le spalle tornando al suo telefono.

"Amore?"- chiedo divertito mentre lei annuisce in assenso. – "Ti ci chiamerò più spesso allora."- rispondo scoccandole un bacio sull'angolo della bocca. – "A chi scrivi?"

"Nash."- risponde semplicemente. – "Dice che Doris vuole organizzare una festa per il suo compleanno, solo con noi e papà."

"A New York?"

"Si."

"Come porti tuo padre a New York?"- quel bastardo non si muove mai da Los Angeles, tranne se non è strettamente necessario.

"E' tra due settimane, Doris riuscirà a convincerlo."

"Ruben l'agnellino innamorato."- lo derido mentre non c'è. Non lo potrei fare realmente, mi ucciderebbe.

"Smettila!"- mi ammonisce divertita.

Mi godo ancora per qualche minuto la calma del mattino mentre osservo Tal parlare con il suo pseudo fratellastro. Più che osservarla la sto ammirando. Mi mordo nervosamente il labbro inferiore mentre mi passano stupide idee per la testa che non posso o non voglio prendere in considerazione.

"Colazione?"- propongo per distrarmi.

"Si"

In un balzo sono in piedi e ancora nudo. Cerco per terra i miei vestiti che indosso mentre lei indossa elegantemente i suoi. Scendiamo in silenzio al piano di sotto raggiungendo la cucina dove la mia famiglia sta già facendo colazione. Saluti di cortesia e una Tal decisamente in imbarazzo. Gemma racconta a tutti i preparativi della festa di fine anno nella sua scuola, è bello sentirla parlare anche se devo dire che nonostante gli anni è ancora fottutamente strano.

Tal si dà da fare tra i fornelli per preparare la colazione per entrambi. Un'altra cosa che amo di lei? Fa dei pancakes fenomenali. La raggiungo lasciando i miei e mia sorella al loro argomento di discussione. Prendo il latte dal frigorifero approfittandone per dare una sbirciata al culo di Tal perfettamente fasciato dai suoi jeans attillati.

Coperti dall'isola in marmo della cucina allungo la mano strizzandole il sedere il che la fa sobbalzare e maldestramente versare metà pastella fuori dalla padella. Faccio di tutto per trattenere le risate ma invano. Lei mi sussurra parole di odio ma io non riesco a smettere.

"Cosa è successo?"- chiede mamma notando il casino.

"Niente."- risponde il mio fiorellino frettolosamente. – "Mi sono solo scottata un dito."- continua in imbarazzo.

"Ti sei fatta male?"- continua papà.

"No, sto bene."- si difende ancora a sguardo basso mentre ripulisce il casino che ha combinato per colpa mia. Cerco di darle una mano. – "Ti odio."

"Ti amo anche io, amore mio."- la sorprendo con un bacio per farmi perdonare e per aumentare il suo imbarazzo davanti ai miei genitori. Il suo sguardo truce nei miei confronti si affievolisce trasformandosi pian piano in un ghigno divertito.

"Mmh. Harry."- mi richiama papà. – "Ho chiamato la filiale di New York per avvertirli che farai lo stage lì."

"Davvero?"- chiedo contento.

"Si. Inizi lunedì."- risponde facendo uscire la parte più imprenditoriale di sé. Non vedo l'ora di mettere in pratica tutto quello che ho studiato e forse non mi sarò laureato per niente. – "Prova come dirigente del settore marketing."- cosa? Ci vuole molta più esperienza per quello.

"Non posso iniziare con un compito così difficile, non ho mai diretto nessuno!"

"Doris ti seguirà e ti consiglierà. E puoi chiamarmi quando vuoi. Sono sicuro che ce la farai."

Quest'uomo è passato dal non avere per niente fiducia in me ad averne troppa.



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Aggiornato. Scusate per ieri ma non ho potuto. Mi sono appena trasferita a Catania per l'università e ieri avevo la prima lezione. Ma mi sono rifatta con oggi. Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Per quelli che me l'hanno chiesto, Almost avrà 100 capitoli, quindi ne mancano 7. Al prossimo aggiornamento<3


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