91. Cambiamenti
"Ciao mamma,
Oggi ho messo finalmente piede fuori dall'ospedale. E' un lavoro duro lì dentro, non sto mai ferma. Ci sono sempre emergenze di diverso tipo, da una semplice caduta per le scale con conseguenti contusioni a incidenti stradali con ossa rotte. E' così stancante. A volte vorrei tornare indietro a quattro anni fa, quando ero ancora eccitata al pensiero di aiutare la gente. Ho ancora quella voglia ma da quando ci sono davvero dentro ho capito che il mio solo desiderio di far stare bene persone malate non basta. A volte vorrei aver scelto di studiare altro e questo capita ogni volta che vedo casi irreversibili. E' terribile essere a conoscenza del destino di una persona ed è terribile comunicarglielo. Persone stupende che nonostante tumori o malattie rare si rialzano e affrontano tutto con forza sono poche. Di più quelle che si arrendono. Seguendo, insieme gli altri specializzandi, il dottori in giro per la struttura ho capito davvero a cosa stavo andando in contro. L'ho capito quando il Dr. Clark ha annunciato ad una coppia che per la figlia, malata di cancro, non c'erano molte speranze. Avevo parlato con quella bambina tante di quelle volte che ho cominciato a volerle davvero bene. Pochi giorni dopo il suo letto in ospedale era vuoto e sono scoppiata a piangere. Volevo mollare in quel momento perché avevo perso un'amica nello stesso modo in cui ho perso te, mamma. Ma non l'ho fatto, sto continuando la specializzazione anche se è difficile. Ogni mattina indosso il mio camice bianco, afferro il mio taccuino e vado in ospedale a prendere appunti su tutto quello che vedo per continuare a studiare. La sera sono così stanca che quasi non mi accorgo di Harry che entra sotto le coperte. Anche lui si sta dando molto da fare. Si è laureato la settimana scorsa! Ci avresti scommesso?"
"Tal, sei pronta?"- Harry entra in camera con un borsone in mano, con quel lungo cappotto che gli mette in evidenza le spalle muscolose. Stessi occhi, stesse labbra che amo, stessi capelli che mi diverto a scompigliare nei minuti liberi. Non è cambiato molto. E' solo più vecchio di quattro anni.
"Si, arrivo. Ho quasi finito."- rispondo seduta nella mia scrivania. Lui annuisce prima di sparire in corridoio.
Alla fine con i consensi di papà abbiamo trovato un appartamento in centro, molto carino e non troppo grande. Il padre di Harry non ha voluto sentire ragioni quando ci ha detto che avrebbe pagato una parte di questa casa, papà non voleva essere da meno, quindi ha contribuito anche lui. E' stato un grande aiuto visto che né Harry né io avevamo tempo per trovare un lavoro tra una lezione e un'altra. Adesso abbiamo casa a New York, questa nuova vita non è poi così diversa. C'è Harry, bambinone e scorbutico come sempre, ci sono io che nella mia troppa precisione gli do fastidio e ci sono Liam e Veronica che spesso ci vengono a trovare nel fine settimana. Liam ha compiuto gli stessi studi di Harry, si sono laureati insieme. Quando discutono di cali in borsa o grafici sembrano due facce della stessa medaglia. Liam calcolatore in ogni minima cosa e Harry che nella sua strafottenza magicamente non sbaglia mai una previsione. Deve essere una dote di famiglia, Harry è nato per lavorare nell'azienda di suo padre. Per quanto riguarda Veronica, beh lei ha trovato lavoro in un'agenzia di modelle. Vive tra servizi fotografici e sfilate di moda, un mondo che non mi ha mai attratta davvero.
"Devo andare mamma. Io e Harry torniamo a Los Angeles per un paio di giorni. Suo padre non vede l'ora di presentare il suo figlio laureato ai colleghi di lavoro. E' come un inserimento in società. Sarà divertente. Harry odia conoscere gente nuova. Per quanto mi riguarda non vedo l'ora di rivedere tutti, soprattutto papà! Non lo vedo da quando lui e Doris sono venuti a controllare che fosse tutto al suo posto.
A presto mamma!"
Velocemente richiudo il mio diario stracolmo di lettere per la mamma e lo nascondo sotto il mio lato del materasso. Infilo i miei stivali rischiando più volte di cadere faccia a terra per la fretta ma alla fine arrivo sana, salva e pronta nel piccolo atrio dove un Harry stanco mi aspetta.
"Non vedo l'ora di mettere il culo a letto."
"Tra un paio d'ore sarai nel tuo letto."- gli assicuro calcolando il tempo del viaggio. Lo sento sbuffare alle mie spalle. – "Non eri contento di ritornare?"- domando uscendo dalla porta d'ingresso e spettando che lui faccia lo stesso.
"Lo sono ma non mi va di partecipare a quella festa di lavoro. Cristo, festa di lavoro. Neanche il fottuto nome ha senso."- si lamenta ancora una volta sbuffando mentre entriamo in ascensore.
"Non fare il bambino. Domani sera metterai su un finto sorriso e stringerai la mano a un po' di vecchi uomini d'affari che usano le banconote da un dollaro come sottobicchieri."- ironizzo osservando i numeri, sul display in altro, retrocedere fino all'apertura delle porte al piano terra.
"Oh, divertente.."- commenta lui con il borsone sulla spalla. – "Ma sarebbe più divertente una serata di sesso estremo."- conclude una volta fuori dal palazzo. Vorrei replicare ma c'è troppa gente adesso attorno a noi mentre lui tenta di fermare un taxi giallo per raggiungere l'aeroporto.
New York è una bella città. Piena di occasioni di ogni genere. In uno dei miei rari momenti di pace mi sono divertita a visitarla con Veronica. Lei mi ha fatto scoprire il piacere dello shopping newyorkese. Ma fare shopping con lei è davvero frustrante. Critica ogni mio gusto in quanto esperta di moda. A volte mi vergogno ad andare in giro con lei perché è sempre così alta e perfetta, sempre ben vestita in bilico su un paio di splendidi tacchi che io al suo confronto mi sento una nullità. Ma devo ringraziarla per avermi mostrato il mondo dei completini intimi che Harry, ho notato, apprezza molto.
Il sole è già tramontato quando finalmente raggiungiamo l'aeroporto, fortunatamente non siamo rimasti per troppo tempo imbottigliati nel traffico o avremmo perso il volo.
"Sono fottutamente stanco."- Harry si accascia al suo posto sull'aereo in procinto di decollare.
"Già."- le giornate in questa città sembrano non finire mai. In questi ultimi giorni Harry è diventato parte del mobilio perché da dopo la laurea non tocca libro. Lui sa per certo che suo padre lo aiuterà in qualche modo. Lo so per certo anche io. Questo potrebbe considerarsi nepotismo, ma è comunque l'erede di un potente uomo d'affari con aziende finanziarie in tutto il paese. Harry dal canto suo ha studiato sodo per potersi laureare e di certo non ha avuto alcun favoreggiamento da parte di suo padre in questo.
"Come faranno senza di te in ospedale in questi giorni?"- quasi mi prende in giro.
"Se la caveranno."- gli do corda. In quell'ospedale sono l'ultima ruota del carro insieme agli altri specializzandi.
"Dottoressa Naràn."- borbotta. – "Suona bene!"
"Non sono ancora una dottoressa."
"Lo sarai."- mi incoraggia come sempre. – "E quando succederà potremo finalmente giocare al dottore."- continua schioccandomi un bacio umido all'angolo della bocca.
"Harry!"- lo rimprovero silenziosamente. Mi guardo intorno sperando che nessun'altro dei passeggero lo abbia sentito.
"Oh andiamo, non fare la timida."- ammicca. –"Sappiamo tutti e due quello che sai fare a letto, fiorellino."
"Questo dovrebbe restare in camera da letto, la gente ha le orecchie."
"Davvero? Non lo sapevo."
"Harry."
"Cosa?"- sorride divertito masticando la sua inconsumabile gomma da masticare. – "Sai cosa pensavo?"- chiede poi apparentemente cambiando discorso. – "Potremmo farlo nel mio vecchio letto adesso."- annuisce soddisfatto della sua riflessione.
"Vuoi smetterla? Pensi solo al sesso ultimamente."
"Sbagliato."- alza l'indice in aria per correggermi. – "Penso sempre al sesso con te ultimamente."
"Lo spero bene!"- ci mancherebbe che pensasse al sesso con qualcun'altra. La mia rara e celata gelosia che talvolta vien fuori lo fa sorridere. Lo so che sta solo cercando di provocarmi ma il solo pensiero di lui con un'altra mi manda fuori di testa. Non voglio ammetterlo ma penso di essere diventata molto possessiva nei suoi confronti.
"A chi altro dovrei pensare se non a te e a quei completini sexy?"- gli intimo di parlare più piano prima di ricontrollare che nessuno abbia sentito. Vorrei sprofondare dalla vergogna quando noto la coppia di anziani vicino a noi perfettamente a portata d'orecchio e Harry spesso tende ad avere un megafono al posto della bocca.
"Abbassa il tono, dannazione!"
"Ti vergogni che gli altri sappiano che facciamo del gran sesso?"
"Si!"
"Io lo urlerei ai quattro venti."- fa spallucce come se la cosa lo rendesse più fiero.
"Lo hai già fatto, grazie."
A volte odio il suo carattere così esuberante. Non prova vergogna per nulla e spesso e volentieri, come adesso, mi mette in imbarazzo. La gente non si fa mai i fatti suoi e sono sicura che qualcuno stia già commentato il comportamento espansivo di Harry. A lui non importa, non dovrebbe importare neanche a me ma m'importa. Metto su il broncio, unico sistema per fargli capire quanto io sia infastidita. Talvolta siamo come cane e gatto, ci stuzzichiamo a vicenda fin quando uno dei due non ne esce incazzato. Ci evitiamo per ore ma in qualche modo finiamo sempre per fare pace. Ultimamente però il nostro fare pace coincide quasi sempre con il fare sesso.
L'aereo atterra a Los Angeles pochi minuti dopo e ringrazio il cielo per questo. Non vedo l'ora di riabbracciare papà e il mio letto. Los Angeles, la villa degli Styles, la casa della servitù sono tutti luoghi che posso fieramente chiamare casa. Quando ritorno mi sento come se lì non mi potesse succedere nulla. Un nido, un luogo sicuro che spero non cambierà mai.
Papà vive ancora lì con la compagnia di tutti gli altri. Doris sta con lui anche se deve spesso tornare a New York per del lavoro per conto del signor Styles. Sono contenta che non è solo.
"Mi terrai il muso tutta la sera?"- domanda Harry spezzando il silenzio all'interno del taxi diretto a casa Styles.
"Fin quando non mi chiederai scusa."
"Va bene, scusami."- sussurra baciandomi il collo per farsi perdonare e per la prima volta in questa sera mi rilasso un po' e distolgo lo sguardo dal finestrino per riportarlo su di lui. Non mi piace litigare, ma lui si diverte a farlo apposta. – "Mi perdoni?"- chiede stringendomi per la vita.
"Sei come un bambino."
"Lo so ma in fondo mi ami per questo."- entrambi capiamo che è tutto risolto quando mi scappa un mezzo sorriso.
"Sei un cretino."
"Mi ami anche per questo."
"Principalmente per questo."- ironizzo per alleggerire la situazione. – "Tra poco riabbraccerò papà."
"Il grande Ruben."- commenta abbracciandomi mentre il tassista si avvicina sempre di più a casa. – "Pensa ancora che dormiamo separati?"
"Io penso che lo abbia capito."
"Dopo quasi cinque anni che stiamo insieme deve averlo capito."- risponde divertito.
"E' passato un sacco di tempo."
"E pensa un po'... ti amo ancora. Strano no?"- ridacchia. Osservo le nostre mani intrecciate insieme sulle mie gambe e poi penso che se sono riuscita a sopportarlo per quasi cinque anni allora deve essere la persona più speciale del mondo. Ma in fondo lo sapevo che mi avrebbe cambiato la vita.
"Si, strano perché anche io ti amo ancora."- mi sorprende con un bacio sulla bocca nello stesso istante in cui l'auto si ferma in un vialetto molto familiare. Mi catapulto fuori dal veicolo felice di rivedere quella che considero ormai la mia famiglia. Sento già il profumo di casa.
Sapevano che saremmo tortati pertanto devono essersi accorti del taxi sul vialetto ed è questo il motivo per cui anche papà si è precipitato fuori dalla casa della servitù. Sembra leggermente invecchiato ma qualche anno in più non cambierebbe mai il bene che gli voglio. Quando finalmente mi prende tra le sue braccia mi rendo conto di quanto davvero mi sia mancato. Il profumo del suo dopobarba è così familiare, le sue braccia così protettive e la sua voce così consolatoria.
"Mi sei mancata piccola mia."
"Anche tu papà."
HARRY'S POV
Devo ammetterlo, è tardi, sono esausto ma essere tornati a casa mi carica di nuova energia. Non ho il tempo di godermi fino in fondo Tal che abbraccia suo padre che sul portico tre figure richiamano la mia attenzione. Il sorriso di mamma, lo sguardo fiero di papà e..
"Harry!"
"Gem!"- mia sorella mi corre incontro saltandomi in fine addosso. Mi getta le braccia al collo come se non mi vedesse da secoli. E' cresciuta, ha dieci anni ormai ed è una chiacchierona di prima categoria. Non pensavo l'avrei mai definita così. Cazzo, con quanta velocità sono cambiate le cose. – "Come stai?"- le chiedo rimettendola giù, comincia a pesare.
"Bene! Quando mi porti a New York con te?"- piagnucola saltellando. Gliel'ho promesso tempo fa ma non ho mai avuto il tempo. Penso che adesso ci penserò seriamente.
"Presto, promesso."- giuro riprendendola in braccio e scoccandole un bacio sulla guancia morbida prima di raggiungere mamma e papà. Le gambe di Gemma penzolano lungo il mio fianco mentre salgo le scale del piccolo portico. Corro da mamma stringendola a me. Mi è mancata da morire.
"Avevi detto che saresti tornato più spesso."- borbotta mamma sulla mia spalla dopo che ho lasciato Gemma in braccio a papà. – "Non ci hai nemmeno chiamati in tempo per vederti laureare."
"Mi dispiace, ma non vi siete persi nulla."- scrollo le spalle ripensando a quella noiosa cerimonia.
"Un figlio che si laurea non succede tutti i giorni."
"Tal ha ripreso tutto e comunque c'è solo Liam che fa il suo discorso da secchione come sempre."- minimizzo. Se ci penso su un attimo però ancora non riesco a credere di essermi laureato.
"Avrei voluto comunque esserci. Se solo ci avessi avvertito prima avremmo disdetto quell'affare in Polonia."- spiega mamma mentre papà annuisce.
Sono felice del loro interesse per me. Se torno indietro a qualche anno fa probabilmente non mi sarebbe importato nulla di loro ma adesso penso che anche io avrei voluto ci fossero ma non li ho avvisati in tempo di proposito. Odio i convenevoli, odio le feste e penso che gli auguri portino sfiga. E poi è vero che ha parlato solo quella fottuta palla di Liam. Dopo i primi tre quarti d'ora gli avrei ficcato il microfono in bocca solo per farlo zittire.
Fottuto Payne.
"Lei?"- chiede papà accennando a Tal poco più in là a salutare Ines e Rose. Intravedo anche la famiglia di Louis e Conrad per non parlare del biondino pasticcere.
"Cosa vuoi sapere?"
"Solo se va tutto bene tra di voi."
"Certo che va tutto bene, che domande."- strizzo gli occhi. Lui dovrebbe saperlo visto che ogni telefonata finivo per parlargli di me e Tal.
"Per dire."- ruota gli occhi al cielo. Torno a guardare Tal sorridente e felice. Penso che dormirà nel suo vecchio letto per questa notte e io voglio lasciarle del tempo con il padre. Per questa volta dormirò nella mia vecchia stanza nella villa visto che il mio appartamento nella casa della servitù è servito per dare più spazio a Jay e ai figli. O almeno è quello che mi ha detto Louis per telefono. Conoscendolo c'è poco da fidarsi, probabilmente lo userà per portarci le ragazze. Ma non lo vedo qui in giro. Chissà dov'è. Eppure gli avevo detto che sarei tornato.
Scrollo le spalle non importandomene più di tanto. Adesso ho solo il bisogno di togliere queste fottute scarpe, strapparmi i pantaloni di dosso insieme alle mutande e dormire. Preferirei fare tutto questo con Tal ma per questa sera è off-limits.
"Oggi ho fatto pulire la tua stanza a Ines. E' come l'hai lasciata."- mi avverte mamma mentre mi accompagna lungo il corridoio sempre perfettamente lucido.
"Probabilmente non riuscirò a dormire."- borbotto spalancando la porta della mia vecchia camera. E' davvero come l'avevo lasciata. I vecchi poster di band musicali, il mio stereo, i modellini di macchine che papà mi ha regalato da bambino. Mille ricordi. La prima masturbazione su quel letto. La prima canna fumata di nascosto insieme a Louis e Zayn in bagno. Chissà che fine ha fatto quel figlio di puttana. Oh e la finestra, ricordo di quella sera con Tal, quando ci eravamo intrufolati in casa all'insaputa dei miei. Erano altri tempi.
"Pensi di non riuscire a dormire perché non c'è lei?"- ridacchia mamma sul ciglio della porta.
"E' stupido, lo so."- rispondo mollando il borsone con sia le mie cose che quelle di Tal al suo interno.
"Non è stupido, sei solo abituato."- la sua voce si spezza alla fine della frase e i miei occhi tornano su di lei che cerca di reprimere i singhiozzi. Cosa ho fatto?
"Mamma.."- mi avvicino per consolarla in qualche modo. Mi si stringe lo stomaco quando la sento piangere così. Vorrei fare qualcosa ma non so cosa. Quando Tal è triste di solito tiro fuori qualche cioccolatino dalla dispensa ma qui non saprei cosa fare. – "Perché?"- chiedo abbracciandola.
"E' solo che sei cresciuto così in fretta."- gesticola quasi divertita. – "Sembra ieri che avevo un adolescente ribelle in casa e adesso stai per compiere ventiquattro anni e sei pure laureato in regola."- spiega asciugando una lacrima ribelle.
Non voglio vederla piangere per nessun motivo al mondo ma una punta di felicità nel mio stato d'animo c'è. Penso sia orgogliosa di me. La stringo ancora più forte se è possibile.
"Basta, vai a dormire."- si ricompone con un sorriso. – "In bagno ci sono asciugamani pulite e un accappatoio nuovo se vuoi fare una doccia. Se hai bisogno sai dov'è la nostra camera.
Mi ritrovo solo in pochi secondi, nel silenzio di questa stanza piena di ricordi. Sbuffo guardandomi intorno. Vorrei che Tal fosse qui, non mi piace dormire solo, non più.
***
"Fanculo, non ci riesco. Io la tolgo."- sfilo incazzato la cravatta dal collo della camicia. E' fottutamente fastidiosa. Questo vestito nuovo mi stringe le palle e manca poco prima che tagli la giacca in due.
"Tu la metti. E' una festa formale e sarai al centro dell'attenzione, presentati bene."- mi convince Tal togliendomi la cravatta di mano. Ci pensa lei e in pochi secondi l'ha annodata in modo perfetto.
"Mi ci strozzerei. Odio queste cazzate."
"Già, tu sei più tipo da camicia e jeans."
"Esattamente."- annuisco osservandomi allo specchio prima di guardare lei. Quasi mi mancano le sue merdose gonne quando la vedo agghindata in questo modo. Le starebbe bene tutto ma con questo abito nero è più sensuale del solito. – "Non vedo l'ora di toglierti quel vestito di dosso."- evidenza ogni suo fottuta curva e devo controllarmi per non toccarle il culo in questo momento.
"Più tardi forse."
"Forse?"- inarco le sopracciglia. – "Ho passato una nottata di merda, devi farti perdonare."
"Devo?"
"Non vuoi?"- scherzo.
"Devo pensarci."- scherza di rimando gettando piccole cose dentro la sua piccola borsa. Se penso che dovremo passare tutta la sera in mezzo a degli sconosciuti vorrei davvero chiudermi in camera mia con lei e non uscirne fino a domani mattina.
Con mia grande sorpresa papà a questa pseudo sceneggiata per presentarmi ai suoi affaristi ha invitato anche il padre di Tal e gli altri abitanti della casa della servitù. Già immagino Rose sfottermi mentre beve un Martini.
"Lo so che ti piacerebbe, non devi di certo fare la sostenuta con me."- incrocio le braccia al petto aspettando che anche lei finisca di preparasi. Acquista immediatamente dieci centimetri d'altezza quando salta sui suoi tacchi e quasi mi viene da ridere perché solo così riesca a guardarmi negli occhi senza dover alzare la testa.
"Lo facciamo molto spesso ultimamente. Se lo usi troppo non smette di funzionare?"- chiede nascondendo un sorriso.
"E' un pene, non una macchinina telecomandata."- spiego. –"E comunque se funziona è merito tuo."
"Quale onore."
"Certo che è un onore."- concludo chiudendomi la porta della stanza alle spalle prima di seguirla lungo il corridoio e giù per le scale dove il salone è già gremito di gente. Panciuti uomini con il gel nei capelli hanno già il loro fottuto champagne in mano e le loro mogli/amanti d'apparenza sono al loro fianco come oggetti di bellezza. Io non voglio finire come loro. Sono sciacalli in cerca di soldi facili. Forse anche papà è così. Spero vivamente di no.
Mi blocco a metà scala quasi cadendo addosso a Tal che si è fermata di colpo davanti a me.
"Tal?"
"C'è lei."- sussurra osservando al centro della sala.
"Merda, che cazzo ci fa Meredith qui?"- urlo silenziosamente. Fantastico. Ci ha visti.
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Come vedete sono cambiate un po' di cose! Mi dispiace ancora per l'ora tarda. Pare che ormai sia routine aggiornare a mezzanotte, ma purtroppo ci metto un po' a scrivere i capitoli e volendo farli decentemente mi prendo un po' di tempo in più. Spero che non ve la prendiate. Comunque sia spero che vi sia piaciuto, non è ancora finita, quasi, ma non ancora.
Volevo chiedervi dei gruppi whatsapp. Chi è che li gestisce? Perchè molte continuano a chiedermi di inserirle ma io non posso perchè non ne faccio più parte. Se c'è qualcuno che ne gestisce uno di quelli che ho creato o un altro me lo dica privatamente così magari inserisce qualche nuova ragazza che me lo ha chiesto. COMUNQUE potete anche evitare whatsapp e vedere la pagina Facebook sulle mie storie! Si chiama My Novels e penso sia più facile per voi conoscervi e parlare lì. Potete inviarmi tutto quello che volete in quella pagina, un commento, un'opinione... vi aspetto!
Con Almost ci sentiamo lunedì prossimo con il capitolo 92! Un bacio.
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