84. Latte al cioccolato e ospedale pediatrico
Harry è furioso. Passeggia pesantemente da una parte all'altra del salotto reprimendo la sua rabbia. Se avessi saputo che sarebbe successo questo non lo avrei mai fatto tornare da Holmes Chapel. Gemma è seduta accanto a me pensierosa mentre mangia il suo yogurt alla fragola. Il fatto che dovrà passare una visita da un dottore non sembra scalfirla minimamente. Deve davvero esserci abituata.
Probabilmente sia lei che Harry sanno già cosa gli dirà il dottore.
"Come ha potuto?!"- sbotta poi Harry ringhiando. – "Senza neanche chiedermelo!"- la nonna è stata subdola a prenotare quella visita. Lei sapeva che Harry non glielo avrebbe permesso se lo avesse saputo.
"Urlare non risolverà la situazione."
"Lo so!"
E' davvero arrabbiato. In questi casi è meglio non contraddirlo, devo dire che a volte mi fa paura. Ma non posso biasimarlo in questo caso, è sua sorella e in più Anne e Des non ne sanno nulla. E' loro figlia. Non so cosa dia il diritto a quella donna di prendere certe decisioni all'insaputa dei genitori.
"Se solo tu parlassi."- inizia di nuovo questa volta rivolto alla bambina che alza lo sguardo verso il fratello con il vasetto di yogurt a mezz'aria. – "So che lo sai fare, perché non vuoi?"- esasperazione nel suo tono di voce mentre nervosamente tira il suo ciuffo indietro sulla testa come è solito fare.
"Parlerà quando si sentirà di farlo."- non è di certo facendola sentire in colpa sua che la farà parlare. Anzi, penso sia lo cosa peggiore che si possa fare.
"Continuerà a passare da dottore in dottore se non lo fa, Tal!"- sbraita contro di me indicando con una mano Gemma. Non mi piace questa situazione.
"Smettila Harry."- borbotto alzandomi dal divano e prendendo per mano Gemma. Farà meglio a sbollire la rabbia, odio quando urla a quel modo soprattutto contro chi non ha nessuna colpa. La nonna ha pensato bene di scappare subito dopo aver sganciato la bomba.
Porto Gemma in cucina. Una cucina lussuosa dove riesco a specchiarmi anche negli sportelli bianchi e brillanti delle ripiani. Non penso neanche che la usi per cucinare, sembra nuova di zecca. Tipico di chi ha qualche milione da buttare solo per decorare casa. Ruoto mentalmente gli occhi al cielo mentre apro il frigorifero in cerca di qualcosa da mangiare.
Due uova, un pezzo di formaggio, quattro pesche... Forse la cameriera non le ha fatto la spesa. Adocchio del latte e poco dopo cercando nelle dispense mezze vuote trovo pure le cacao in polvere.
"Abbiamo fatto bingo, Gemma."- esulto mostrandole il cacao. Ha la faccia così triste dopo quello che le ha detto Harry. Ma sono felice di veder spuntare un mezzo sorriso dopo il mio strambo tentativo. – "Vuoi un po' di latte al cioccolato?"- le chiedo prendendo due bicchieri. Il suo sorriso si allarga ancor di più. – "Lo prendo per un si."- ridacchio miscelando il latte e il cacao nei due bicchieri.
Il cioccolato risolve sempre tutto.
"Posso averne un po' anche io?"
La voce di Harry direttamente dalla porta mi fa voltare per un attimo la testa verso di lui. Sta lì, nella sua figura slanciata in una posa da modello appoggiato allo stipite della porta. Senza dimenticare un leggero sorriso sul viso.
"Ti sei calmato?"- chiedo semplicemente in risposta porgendo il latte a Gemma che beve lentamente gustando ogni sorso. Io continuo a mescolare il mio senza degnarlo di uno sguardo. Mi costa tanto ma cerco di concentrarmi sul cucchiaino che sbatte contro le pareti del mio bicchiere. Mi rilasso leggermente quando senza che potessi o volessi farci nulla, me lo ritrovo dietro con il mento sulla mia spalla.
"Mi perdoni?"
"E' con Gemma che devi scusarti."- sento una sottile risata alle mie spalle poco prima che si allontani da me per raggiungere sua sorella. Prende posto in uno degli sgabelli candidi accanto a lei e comincia a punzecchiarla come solo un fratello rompipalle può fare.
"Gem?"- la chiama e io trovo molto divertente quando lei lo ignora. Gemma sa il fatto suo. – "Dai Gem. Mi perdoni?"- chiede Harry avvicinandosi di più a lei e pizzicandole una guancia. Lei continua a sorseggiare il suo latte al cioccolato non curante e io gusto il mio godendomi la scena. – "Arriva il mostro del solletico se non mi perdoni."- la minaccia in modo scherzoso. Gemma sembra strabuzzare gli occhi impercettibilmente. Penso che non sia la prima volta che lui usa una simile minaccia. Ci mette pochi secondi a poggiare il suo bicchiere ancora mezzo pieno sul bancone e a girarsi per abbracciare Harry. – "Sei una fifona, Gem."- ride Harry stringendo la sorella a sé.
In questi momenti penso a quanto vorrei avere anche io una sorella più piccola. Beh, ho Nash. Ma lui non conta. Non è piccolo e adorabile.
Un fastidioso rumore arriva alle mie orecchie e guardando fuori dall'enorme finestra vedo che ha iniziato a piovere. Ah, l'Inghilterra. Ritorno a Harry che nel frattempo ha smesso di stuzzicare la sorella che voleva solo bere il suo latte in pace.
"Ora cosa farai?"- gli chiedo sorseggiando la mia bevanda.
"Cosa vuoi che faccia? Non posso fare niente."
"Quindi porterai Gemma da quel logopedista?"- scrolla le spalle arreso. Se Gemma non parla non c'è verso di dimostrare alla nonna che non ha bisogno di dottori. – "Già, non hai scelta."
"Tu vieni con noi, no?"
"Certo."- strabuzzo gli occhi, non me ne starò di certo qui ad aspettarli.
"Senti, vuoi darmene un po'?!"- comincia a lamentarsi dopo aver notato che sia io che Gemma stiamo davvero apprezzando il cioccolato. Io scuoto la testa e Gemma allontana il bicchiere il più possibile da lui. – "Oh ma grazie."
"Fattelo da solo."- rispondo.
"Non so farlo come lo fai tu."
"E' solo del latte e del cacao, non devi essere laureato per farlo!"- assottiglia gli occhi assumendo una finta espressione arrabbiata, poi inizia a guardare sua sorella che si lecca i baffi. Approfittando di un suo momento di distrazione requisisce il bicchiere di Gemma bevendone un paio di sorsi. Lei ovviamente se ne accorge.
"Hey!"
Ci metto qualche secondo per realizzare che non è stato Harry a parlare e né sono stata io. Harry spalanca gli occhi e io sorpresa mi dimentico come si deglutisce. Tengo il mio bicchiere a mezz'aria e osservo Harry che restituisce il suo alla piccola con uno sguardo compiaciuto.
Gemma d'altro canto, dopo un attimo di smarrimento e imbarazzo, riprende il suo latte e con sguardo a terra riprende a bere. Deve essere stato un gesto istintivo il suo, ma sta di fatto che dalla sua bocca è uscito un suono. Ho sempre voluto sentire la sua voce e devo dire che è tanto dolce quanto la immaginavo.
Io e Harry non diciamo nulla per non metterla in apprensione ma lo vedo dagli occhi verdi di Harry che è felice e tenta di nascondere un sorriso.
"Hey Gem."- ricomincia lui con nonchalance. – "Se ti do dieci dollari, lo rifai davanti a nonna?"
"Harry."- sussurro ruotando gli occhi al cielo.
"Che c'è? Di più? Cento?"- aggrotta le sopracciglia. Quando non vede risposta continua. –"Mille?! Vuoi lasciarmi al verde?"- si lamenta contro Gemma ma capisco, e anche lei capisce, che è solo un maldestro tentativo di alleggerire la situazione. Gemma sorride sotto i baffi e Harry non riuscendo a trattenersi stampa un sonoro bacio sulla guancia alla piccola che presa alla sprovvista per poco non fa cadere il suo latte, ormai quasi finito.
***
Quando la nonna nel pomeriggio torna a casa la tranquillità è completamente finita. Quella donna è ossessionata dall'ordine in modo maniacale. Si è accorta di ogni singolo cuscino fuoriposto per non parlare di quando ha visto i bicchieri puliti ma ad asciugare sul lavello. Forse quello è stato uno dei momenti in cui avrei preferito rinchiuderla dentro il frigorifero che subire il suo eccessivo odio nei miei confronti.
Ovviamente Harry ha preso le mie parti ancora una volta. Abbiamo deciso di non dirle che Gemma ha parlato. Sono riuscita a convincere Harry a non mettere pressione alla sorella, è già una cosa così meravigliosa che abbia parlato di sua spontanea volontà. Però avrei voluto che avesse detto qualcosa in più di un semplice Hey!
Comunque sia, il diavolo in tacchi rossi ha ordinato a tutti di prepararci per la visita dal dottore. Il suo tono autoritario mi da sui nervi. Nella mia mente si susseguono scene di me che le rispondo a tono ma non ho il coraggio di farle davvero.
"Siamo sempre in tempo per prendere quella stanza d'hotel, Tal."- ridacchia Harry mentre cambia la sua maglia nera con una bianca.
"Sono davvero tentata di farlo."
"Facciamolo allora."
"Come fai con Gemma? Tua nonna vorrà tenerla con sé."- risponde sbuffando mentre cerco una camicia che stia bene con i miei jeans chiari. – "Non voglio lasciare Gemma qui, sola con lei."- sussurro. Diamine sembro una mamma apprensiva per quella bambina.
"Scappiamo di notte."- propone esultando, come se avesse proposto un grande piano. – "Lo so che lo vuoi."- borbotta sulla mia spalla abbracciandomi da dietro. Mi rilasso nuovamente in seguito al suo tocco distraendomi dallo stress di trovare la camicia perfetta. Penso che il mio sia solo un modo per piacere alla donna nell'altra stanza. Sono davvero caduta in basso.
"Quando torneremo a Holmes Chapel?"- chiedo per cambiare argomento girandomi per guardarlo negli occhi.
"Il prima possibile."- risponde stringendomi a sé e poggiando la sua fronte alla mia. – "Gemma deve vedere quel posto, ora più che mai."
"Non ci credo che ha davvero parlato."- sussurro.
"Te lo avevo detto. Sa farlo, solo che non vuole."- continua strattonando il mio naso con il suo. – "Odio quando quei fottuti dottori la visitano. Si atteggiano e prescrivono stupide medicine che non servono a nulla a parte peggiorare le cose."- sussurra sospirando. Lo stringo a me per confortarlo. Mi dispiace così tanto per Gemma e per Harry.
Loro sembrano i soli a capirsi perfettamente a vicenda.
Forse la strada sarà ancora lunga e dura ma spero vivamente che prima o poi tutto si risolva. Passano minuti forse, ma io adoro quando siamo così vicini. Sento il suo cuore battere nel suo petto ed è come una dolce ninnananna.
"Commovente, ma arriveremo in ritardo se non vi date una mossa."- sobbalzo dalle braccia di Harry quando la nonna spunta davanti alla porta nel suo completo verde mela. Gemma alle sue spalle compare perfettamente vestita in modo adorabile.
I suoi modi poco simpatici non fanno altro che innervosirmi di più. Al diavolo la camicia perfetta, uscirò con quella che indosso già che le piaccia o no.
Harry mi tiene per mano mentre lasciamo l'edificio. Di fronte all'ingresso un'auto lucida e un autista ci aspettano. L'uomo è posato e in divisa. Ci sorride da copione prima di aprirci lo sportello. Ovviamente non mi aspettavo nulla di diverso da un donna di potere come lei. Ci mancava solo l'autista privato.
Il viaggio passato in rigoroso silenzio. Gemma tra me e Harry sul sedile posteriore mentre la grande donna siede davanti come colei che vuole controllare ogni cosa. Anche se l'auto si ferma correttamente al semaforo. Continua a ricevere telefonate di lavoro alle quali risponde con fermezza e autorità. Non ho neanche capito perché è una donna così influente a Londra.
Quando finalmente l'auto si ferma davanti all'ospedale, scendendo noto che è un ospedale pediatrico. Lontano dal centro città ma molto grande con uno spazio verde molto vasto. Sull'erba vedo infermiere informali giocare con bambini. Mi incuriosiscono. Ma non posso fermarmi, seguo gli altri all'interno e i muri sono colorati di arancione, verde, giallo, blu, suppongo per mettere a proprio agio i bambini che spesso passano da qui.
Alcuni giochi sono ammassati dentro un cesta all'angolo dell'ampia sala d'attesa. Gemma appare davvero tranquilla, forse anche per questo ambiente accogliente. Piccole api e farfalle sono disegnate sui muri e in lontananza, forse da altre stanza lungo il corridoio, risuonano risate di bambini.
"Styles?"- un'infermiera in camice bianco e con una cartella in mano ci richiama e saltiamo tutti in piedi. – "Seguitemi, il dottor Simon vi aspetta."
"E' uno dei migliori qui a Londra."- si atteggia fiera la nonna per la sua scelta. Non le do tanto peso, bensì seguo Harry che tiene per mano Gemma lungo il corridoio seguendo l'infermiera sorridente.
"Può entrare solo una persona con lei."- annuncia la donna. La nonna si appresta a farsi avanti ma sono sollevata quando Harry prende l'iniziativa prima di lei.
"Entro io."- risponde risoluto e so che questa visita andrà benissimo.
In corridoio restiamo solo io e la nonna e la cosa mi mette alquanto in soggezione. Vorrei davvero scappare di qui. Ed è quello che faccio. Non letteralmente ma mentre lei risponde all'ennesima chiamata io sgattaiolo via lungo il corridoio osservando le decine di foto di bambini sui muri. Mi colpiscono di nuovo. Molti sono senza capelli ma con un sorriso meraviglioso, altri sono sulla sedia a rotelle, altri ancora sembrano non avere nessun problema ma qualcosa mi dice che non è così. Infermiere senza camici ma vestite con abiti normali sono nelle foto con loro e sembrano divertirsi un mondo con palloncini e fette di torta.
Senza rendermene conto sorrido a delle foto. Vengo distratta quando altre risate, come quelle che avevo sentito prima, giungono alle mie orecchie e allora non ci penso due volte a raggiungere la fine del corridoio e quindi la stanza socchiusa dalla quale provengono quelle risate.
Senza fare rumore sbircio dalla porta e senza farmi vedere osservo chi c'è dentro. Pochi bambini ognuno sul proprio letto bianco. La stanza è quasi asettica e sterilizzata. Mascherine e bombole d'ossigeno sono qua e là nella stanza. Un paio di bambini sono attaccati a delle flebo. Una di loro, una bambina non ha più i capelli, porta solo una fascia blu con un fiocco in testa, è pallida ma sorride.
Vorrei tanto non saperne nulla ma purtroppo so che si tratta di Leucemia.
Mi si stringe il cuore all'improvviso e sento come il bisogno di piangere. Sembrano tutti così forti, i bambini sono più forti degli adulti. Hanno quella voglia di vivere, quella felicità che spesso i grandi perdono quando si trovano in simili condizioni.
Poi sento tutti di nuovo ridere e allora guardo meglio all'interno della stanza, c'è una ragazza con un naso rosso da pagliaccio che racconta barzellette e intrattiene quei bambini. Sorridono così tanto. E' tutto così bello in apparenza che non penserei mai che tutti quei bambini sono malati.
"Mi scusi."- sobbalzo spaventata quando una voce alle mie spalle mi coglie sul fatto.
"M-mi dispiace."- mi scuso come se avessi fatto qualcosa che non avrei dovuto fare.
"Non si preoccupi, solo che è l'ora delle medicine e dovrei passare."- la dolce signora mi intima con cortesia di spostarmi da davanti la porta e non me lo faccio ripetere due volte. – "Chi vuole per primo la medicina?"- chiede ad alta voce e con tono scherzoso la donna che è appena entrate. Molti dei bambini fanno facce disgustate ma sanno che devono prenderle per stare meglio.
Osservo con attenzione tutto il processo, chi prende le proprie pillole senza problemi e con maestria, chi invece si rifiuta e la donna deve farsi sentire per fargliele prendere, chi invece arriccia il naso e tappandolo con le proprie dita manda già lo sciroppo. Mi allontano dalla porta quando la ragazza con il naso rosso da clown viene verso di me, uscendo dalla stanza.
"Ciao."- mi sorride lei.
"Ciao."
"Sei venuta a trovare uno di loro?"- chiede ancora, ma non riesco a prenderla sul serio con quel nasone rosso.
"No, io non li conosco, purtroppo."
"Ah, quindi sei venuta a curiosare?"- continua con tono accusatorio tanto che non so cosa rispondere. –"Stavo scherzando!"- inizia a ridere e io mi rilasso un po'. – "Io sono Melissa."
"Talìta."- mi presento con un sorriso stringendo la sua mano. Nello stesso momento si accorge di aver ancora su quel naso rosso e scusandosi lo toglie.
"Come mai eri nascosta dietro la porta, Talìta?"- questa ragazza fa tante domande.
"Sentivo ridere ed ero curiosa."- rispondo. – "Quei bambini sono tutti.."
"Malati? Si."- risponde bevendo un bicchiere d'acqua preso dal recipiente all'angolo. –"Summer non cammina dalla nascita."- dice indicandomi la bambina sulla sedia a rotelle. –"Lily ha perso la vista in un incidente d'auto con i suoi genitori, è rimasta orfana."- continua indicandomi la bambina dai capelli biondi che gioca toccando la faccia di un altro bambino. – "Marie ha la leucemia."- la bimba dalla fascia blu. – "E Jerry è nato senza un rene."
Guardo Melissa con un nodo allo stomaco, non mi sono mai soffermata a pensare a quanto fossi fortunata io ad essere così in salute.
"Sono tutti orfani?"- me lo sono chiesta dal principio, perché non ci sono genitori qui in giro?
"La maggior parte che passano di qui lo sono, altri sono figli di tossicodipendenti o carcerati. Molti non hanno nessuno o nessuno si vuole prendere cura di loro."- annuisco osservando quei bambini ancora una volta.
"Loro stanno sempre qui?"
"Finché qualcuno non decide di adottarli e prendersi cura di loro. Ma i genitori vogliono figli sani, quindi se cercano un figlio vanno in orfanotrofio a cercarlo. La gente con un gran cuore è davvero poca."- sospira Melissa prima di scusarsi e tornare ad intrattenerli.
Sapere tutto questo mi ha davvero cambiato la giornata. Onestamente non so più come mi sento. Non so se sono felice o triste o entrambi. Mi dispiace così tanto per quei bambini, vorrei che fossero tutti in salute, che facciano le cose che tutti i bambini fanno, giocare, correre, guardare e curiosare, mangiare quantità di dolci.
Ma non tutti nascono con quella fortuna.
Bisognerebbe ricordarselo ogni tanto.
HARRY'S POV
Ho davvero un diavolo per capezzolo.
Odio i dottori, sono così fottutamente formali e sterilizzati. La stanza è così da ospedale, un lettino verde, aggeggi per misurare ogni cosa dalla pressione sanguigna a peso e altezza. Armadietti strapieni di pillole e antibiotici, garze e siringhe.
"Salve, sono il Dr. Simon."- l'uomo con il camice bianco mi porge la mano. Sembra piuttosto giovane. – "Lei deve essere Gemma."- sorride a mia sorella offrendole una caramella al limone. Se li compra con le caramelle, fottuto bastardo. – "Lei è il padre?"
"No, è mia sorella."
"E i genitori?"- domanda compilando un foglio, seduto dietro la sua scrivania. Decido di sedermi anche io e tenere Gemma sulle mie gambe.
"Sono in un'altra città."
"Allora la signora che ha chiamato.."
"Nonna."
"Oh, capisco."- ridacchia sotto i baffi muovendo con abilità la sua stilografica. – "Beh, sua nonna al telefono mi ha detto che Gemma non parla."- ruoto gli occhi al cielo.
"Gemma sta bene."
"Allora perché siete venuti?"
"Perché quella donna è una psicopatica."- borbotto ma sono sicuro che mi ha sentito quando lo vedo ridere.
"Tu dici che sta bene, lei dice che ha qualcosa che non va. Chi mente e chi dice la verità?"- mi sembra una domanda legittima in fondo.
"Io dico la verità. Gemma non vuole parlare. E' la sua volontà."- spiego.
"Te lo ha detto lei?"- perché mi da del tu? Non gli ho mica dato tutta questa fottuta confidenza.
"Con me ha parlato, più di una volta. Ma nessuno l'ha mai sentita e non mi crederebbero comunque. Quindi resta che tutti pensano che sia malata."- preciso. Il viso di questo Simon diventa più serio e annuisce capendo la situazione. Gemma sulle mie gambe giocherella con i post-it sulla scrivania.
"Gemma come stai?"- le chiede poi. Lei ovviamente non risponde ma lo guarda timidamente dondolando le gambe ai lati delle mie. – "Oh, lo so fare anche io il gioco del silenzio."- continua fissando Gem con uno sguardo dolce da chi sa come prendere i bambini. Nessuno dei due parla o fiata minimamente. Come se stessero avendo un dialogo interiore che mi affascina e mi rende geloso allo stesso tempo.
Questo fino a quanto lui non ridacchia e distoglie lo sguardo da mia sorella.
"Abbiamo una bimba molto timida qui."- commenta. – "Solo, molto timida."- continua lanciandomi un'occhiata d'intendimento. Che cazzo di visita è stata questa? Possibile che un estraneo abbia capito Gemma più di quanto siano riusciti a fare i genitori e i parenti? – "Le prescrivo solo tante caramelle al limone e frullati alla fragola, una volta al giorno."- prosegue scherzosamente e io non posso non ridere.
Capisco che è arrivato il momento di andare quando il dottor Simon mi porge una finta ricetta medica.
"Grazie."- rido sotto i baffi per la buffa visita.
"Di nulla."- ricambia lui. –"Ciao Gemma."- per la prima volta vedo Gemma sorridere ad un estraneo con un sorriso magico. Quel fottuto bastardo fa bene il suo lavoro.
Sono fottutamente soddisfatto, soddisfatto di poter provare a nonna che Gemma è una bambina normale come tutti gli altri. Quando esco dall'ambulatorio lei è lì in piedi dentro il suo completo verde vomito con sguardo curioso. Poco più distante Tal che sorride, ma non con il suo solito sorriso. Questo mi preoccupa. Nonna le ha detto qualcosa?
"Cosa c'è che non va?"
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Urca, beh che dire.. è stato un capitolo particolare da scrivere. Avevo da un po' questa idea di dare un po' di spazio ai bambini meno fortunati e sono felice che questo capitolo sia capitato in contemporanea con l'iniziativa di Louis con Believe in Magic Ball. E' una bella cosa far sentire principi e principesse tanti bambini per una sera. Quel ragazzo ha donato 2.000.000 di sterline per quei bambini ed è un gesto stupendo. Tutti dovremmo contribuire.
#ProudOfLouis
Detto questo sono davvero felice di aver scritto questo capitolo e spero che vi sia piaciuto. Un bacio a tutti e commentate, votate e consigliate Almost! A lunedì prossimo con un altro aggiornamento : )
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