82. Holmes Chapel

HARRY'S POV

Gli eventi di ieri sera mi hanno messo una tale rabbia addosso che non riesco più a prendere sonno. Sospiri di rabbia invece del mio solito russare. Sgualdrina, sgualdrina ... nessuno può definire Tal, fottutamente, con un aggettivo squallido come sgualdrina. Le mie narici si allargano e si restringono e i miei pugni quasi stritolano le lenzuola ai miei lati.

Al contrario Tal dorme tranquilla al mio fianco, coperta fino al naso. Se non fossi così arrabbiato con quella che la è comunemente definita mia nonna, mi godrei di più questo momento. Ho sempre detto che è dolce quando dorme. Sembrano passati secoli dell'ultima volta che abbiamo dormito insieme. La guardo sperando di riuscire poi ad addormentarmi. Gioco con le dita delle sue mani affusolate sul cuscino e pian piano riesco a sbollire la rabbia fino a cadere nel sonno che tanto cercavo.

Ma non dura. Il mio cellulare prende a squillare nel cuore della notte, svegliandomi malamente. Con un salto felino raggiungo il comodino prima che Tal possa svegliarsi. Sono le sei del mattino, Cristo. Velocemente esco sul balcone socchiudendomi la porta alle spalle.

"Pronto!"- sbotto sussurrando.

"Figliolo. Siete sani e salvi?"- scherza, ma c'è ben poco da scherzare.

"Papà qui sono le sei del mattino, c'è il jet-leg!"- ringhio esausto. –"Cosa vuoi?"- continuo cercando di calmarmi e finire questa chiamata il più in fretta possibile.

"Mi ha chiamato nonna. Che avete combinato?"- quale stupida cazzata gli ha detto ora quella vecchia..

"Non abbiamo combinato niente. Lei piuttosto, come al solito crede che sia uno stronzo senza una prospettiva per il futuro e ha chiamato Tal, sgualdrina."- ringhio più ferocemente quanto quel particolare ritorna nella mia mente. Dall'altra parte del telefono sento un sospiro. Tutti sappiamo com'è fatta nonna. Avremmo dovuto tenerla all'oscuro del nostro arrivo. – "Tua madre deve darsi una fottuta calmata."

"E' anche tua nonna."

"E' prima di tutto tua madre!"

"Harry."

"Papà."

Battibecchiamo come fratelli perché nessuno della mia famiglia oserebbe mai contraddire nonna. E' una donna potente, quando vuole. Fa paura. Ricordo una volta quando ci eravamo da poco trasferiti a Los Angeles. Ci venne a trovare e Rose era appena stata assunta per fare le pulizie in casa. Nonna l'aveva licenziata perché aveva pulito male un fottuto vaso. Rose le aveva risposto per le rime, risi quella volta. Vecchie bisbetiche. Nonna aveva il coltello dalla parte del manico. Ovviamente quando se ne andò papà riassunse Rose.

Non ho il coraggio di pensare a quello che farebbe a me. Chiamare papà è già una sua stupida strategia per farmi pagare la brutta figura a cena. Potrebbe anche convincerlo a diseredarmi, conoscendola. Ruoto gli occhi al cielo per la sfortuna che continuo ad avere.

"Sai com'è fatta tua nonna."

"Tua madre."

"Smettila, Edward."

"Sono troppo incazzato e chiamarla nonna mi fa incazzare di più."- ride dall'altra parte e se non fossi oltre oceano, gli avrei sputato in un occhio. Sembra mi stia sfottendo.

"Cos'hai da ridere?"- sbotto.

"Tu." – ora sono anche divertente. – "Ero come te anni fa. Anche io ero un fallito ai suoi occhi. E' stato lo stimolo che mi ha portato a darmi da fare. Falle vedere chi sei realmente."- un'onda di determinazione inizia a nascere nel mio stomaco e uno sguardo da ribelle ha preso posto sulla mia faccia. – "Sei cresciuto, ho fiducia in te. E Talìta non ha nulla da dimostrarle."

"Lo so."

"Non potevo sperare per una ragazza migliore per te."- lo so perfettamente. La vecchia dovrebbe togliersi i paraocchi. – "Gemma?"

"Dorme insieme a Satana."- sbuffo.

"Harry."

"Cosa?"- quasi ridacchio. Ruoto gli occhi al cielo. – "Dorme insieme a nonna."- mi correggo contro voglia mimando due virgolette immaginarie nella mia testa.

"Bene. Domani partirete per il Cheshire?"

"Se per domani intendi tra tre ore, allora si."- voglio fottutamente andare a dormire. Lui sembra capire l'antifona e dopo veloci saluti riattacco sperando di poter dormire ancora per un'ora o due. Tal è perfettamente dove l'ho lasciata, raggomitolata tra le lenzuola. Non riuscendo a trattenermi le do un bacio sulla fronte, stando attento a non svegliarla. Poi l'abbraccio a me prima di addormentarmi.

***

Non sono solito prendere il treno, devo dire che è alquanto scomodo rispetto ad un aereo con posti in prima classe. Ma almeno c'è il paesaggio. C'è così tanto di familiare nel perdere lo sguardo nelle campagne inglesi. Non so neanche cosa cazzo coltivano qui ma è comunque molto bello. I miei pensieri vanno inevitabilmente a Gemma, sono preoccupato. Nonna ha insistito per farla restare con sé, viziandola con un po' di shopping nella capitale. Forse è la cosa migliore per lei piuttosto che andare in un paesino lontano dopo noiose ore di viaggio. Eppure sarei stato più tranquillo se fosse venuta con noi.

"Stai bene?"- la voce di Tal mi riporta indietro dal mondo del mio subconscio e il mio sguardo dalla finestra del treno in corsa, ricade su di lei.

Mescola il suo tè sul tavolino che ci divide. Oggi ha deciso di abbandonare la classicità nel vestire che ha usato ieri per impressionare nonna, ed è tornata semplicemente Tal. Con orecchini colorati e gonna orribile. La preferisco così com'è.

"Hey!"- sventola una mano davanti a me e mi accorgo di essermi imbambolato di nuovo a guardarla.

"Si, si. Sto bene."

"Sembri nervoso."- sussurra sorseggiando la sua bevanda al limone. Effettivamente sono nervoso. Continuo a rigirarmi tra le mani quella busta con scritto l'indirizzo di quella vecchia casa ad Holmes Chapel. Esisterà ancora? Ci vivrà qualcuno? Sarà abbandonata? Mille domande.

"E se fosse abitata?"- chiedo come se lei potesse darmi una risposta.

"Busseremo alla porta."- risponde con ovvietà, sorridendomi. In una frazione di secondo decido che questo tavolino mi sta tenendo troppo lontano da lei. Mi alzo dal mio sedile e raggiungo il suo dall'altra parte per starle accanto. Scuote la testa come se si aspettasse una mia simile mossa. Ma non sembra per niente dispiaciuta.

"Tu stai bene?"- chiedo. Non abbiamo più parlato di ieri sera, per lei deve essere stato un inferno. Non scorderò mai i suoi occhi lucidi dopo i giudizi del cazzo di nonna su di lei.

"Si."- risponde ma non è convinta. – "Diciamo."

"Non è vero niente di quello che ha detto."- cerco di tranquillizzarla. E' ovvio che è una persona completamente diversa da quella che pensa nonna. – "Non ci avrai creduto.."- il mio braccio circonda la sua vita mentre appoggio il mento sulla sua spalla.

"No."- risponde sicura. – "Ma non è stato bello."

"Lo so."

"Insomma, da un lato la capisco."- continua e aggrotto le sopracciglia. – "Lei ti conosce come quel genere di ragazzo che va con quel genere di ragazza. Quindi.."- sospiro. Forse non riuscirò mai a liberarmi degli errori che ho fatto.

"Ma io non sono più il genere di ragazzo che va con quel genere di ragazze. E' lei che dovrebbe cambiare quei fottuti fondi di bottiglie che ha per occhiali. Solo un cieco non vedrebbe che tu sei tutt'altro genere di persona, Tal. Ma è sempre stata così, ha sempre giudicato tutti, nessuno è meglio di lei stessa ai suoi occhi."- annuisce sospirando. Mentre gli altri passeggeri, ognuno nel loro mondo, leggono giornali o lavorano al computer, noi stiamo zitti osservando fuori le terre che corrono veloci. La sua testa sulla mia spalla e le mie labbra sul suo collo. Le mie mani sulla sua pancia mentre le mie braccia la circondano.

E' il mio tutto. Ora e per sempre.

Quando il treno, dopo quelle che sono sembrate decine e decine di fermate, si ferma, finalmente alla nostra destinazione, tiro un sospiro di sollievo. Mentalmente, per qualche strano motivo ho pensato, finalmente a casa. E' strano, non ho più messo piede qui da quando ero piccolo. Dopo i soliti convenevoli e un breve tragitto in taxi fino all'ingresso del paese, finalmente inizia ad essermi tutto più familiare.

E' tutto così piccolo rispetto alle grandi città a cui sono abituato. Nessun grattacielo, niente traffico. Le case sono così familiari, quasi tutte con le stesse fantasie cromatiche. Anche casa mia era così. La ricordo fatta di mattoncini rossi e finestre bianche. Assolutamente finestre bianche. Prendo per mano Tal, non sapendo, onestamente, dove sto andando. Cammino lungo una via principale, più larga delle altre. In lontananza riesco anche a vedere il vecchio viadotto arcato.

Sembro un fottuto bambino sovraccaricato di fottuto zucchero. Accanto a me sento Tal ridere.

"Non è stupendo?!"- sorrido come un idiota mentre più mi guardo in giro più riconosco molti particolari.

"Si, è bello qui."

"Lì c'era un panificio una volta, credo."- indico una bottega chiusa. Più ci addentriamo nelle strade più piccole più perdo di vista l'obbiettivo. Sono troppo distratto da tutto. – "Il parco! Mamma mi portava lì! Andiamo!"- corro trascinando Tal con me verso i cancelli del parco. Oltrepassandoli noto che non è cambiato. Le altalene e le giostre sono leggermente più arrugginite ma ci sono ancora un sacco di bambini qui. I miei occhi cadono su un camioncino di gelati in disparte e tutti intorno decine di bambini con monete in mano. Quello è il camioncino. Mille ricordi. – "Vuoi un gelato?"- propongo a Tal mentre era intenta ad osservare i cespugli con tanti di quei bei fiori. Qualcosa mi dice che questo posto piace anche a lei. Comunque annuisce alla mia domanda e non aspettavo altro.

"Bob!"- sgrano gli occhi alla vista del vecchio dentro il camioncino. Con la divisa sgualcita e il cappello da gelataio in testa.

"Si?"- chiede l'uomo interdetto mentre consegna un gelato ad un bambino. Ovviamente non si ricorda di me. Come potrebbe.

"Non ti ricordi?"

"Ci conosciamo?"- chiede ancora strizzando gli occhi dietro gli occhiali e curvando le labbra sotto i baffi. Annuisco sperando che si ricordi di me. Ricordo che riuscivo sempre a strappargli un gelato gratis. Sapevo contrattare bene. Comincia ad analizzarmi dalla testa ai piedi fino a quando non l'ascia il compito di servire i bambini, a quello che credo sia suo figlio. Bob scende dal camioncino e si avvicina a me. – "Oh, conosco quegli occhi."- esulta battendosi un pugno su una mano come se avesse vinto una scommessa. –"Harry!"

Non posso ancora crederci. E' come se fossi davvero tornato a casa. Non mi sentivo così da anni, fottuti anni. Abbraccio Bob come se fosse un mio parente stretto, ma anche se non lo è, è comunque una persona importante della mia infanzia.

"Lei è Talìta, la mia ragazza."- una punta di orgoglio nella mia voce.

"Salve."- saluta timida lei.

"Indiana?"- spalanco ancor di più gli occhi quando Bob indovina la sua nazionalità. Sarà il modo di vestire.

"Si, come ha fatto a capirlo?"- chiede Tal sorpresa, stringendo la mano all'uomo.

"Gli orecchini."- indica Bob. – "Hanno i colori della bandiera indiana e sono a forma di chakra."- non so di cosa cazzo stiano parlando ma è fottutamente affascinante come una parte del mio passato interagisca con una parte del mio presente e futuro. Tal e Bob sembrano andare d'accordo. E lui è più informato su materia indiana di quanto pensassi.

"Erano di mia madre. Diceva che sono portafortuna."- continua Tal sfiorando le sue orecchie. Ovviamente dopo ne approfittiamo facendoci preparare due gelati al sapore di casa ma questa volta decido che è giusto pagare. E' ormai passata l'ora di pranzo e sebbene non abbiamo pranzato come si deve penso sia arrivato il momento di trovare la mia vera casa.

"Venite a cena da me questa sera. Mi devi raccontare un sacco di cose."- propone felice Bob. – "E anche tu."- si rivolge ora a Tal.

"Ci sto."- accetto. – "Dove abiti?"

"Quella casa laggiù."- il suo dito si allunga fino ad indicare una casa proprio di fronte all'ingresso del parco e mentalmente penso già, quella è casa sua. Come ho fatto a non pensarci. – "Ci conto!"

Sazi di fresco gelato alle nocciole, il più buono che abbia mai mangiato, tiro fuori la busta dalla mia giacca, una volta usciti dal parco.

"E' simpatico, Bob."- esordisce Tal sorridendo.

"Si, lo è."- sorrido anche io. – "Va bene per te andare a cena da loro vero? Non riuscirei a farmi altre quattro ore di viaggio questa sera per tornare da quella pazza."

"Non c'è problema, questo posto mi piace."

"Troveremo un albergo più tardi per la notte. Domattina ripartiamo."- organizzo la giornata nel minimo dettaglio. Prenderemo il treno di domani alle nove del mattino. Per l'ora di pranzo dovremmo essere a casa di nonna. E spero di essere in un hotel in centro Londra per l'ora di cena. Continuando a passeggiare chiediamo indicazioni sulla nostra destinazione. Ci mettiamo un'ora buona per trovare la via giusta, camminiamo tanto e credo che Tal sia stanca ma non vuole darlo a vedere. L'adoro per quello che sta facendo. E' continuamente al mio fianco ad aiutarmi, mi sarei perso cento volte se non ci fosse stata lei ad aiutarmi ad orientarmi. Ho capito che sono una frana con le cartine.

"E' questa. Il 91 di London Road."- conferma lei confrontando l'indirizzo sulla busta con il numero civico della casa che abbiamo trovato. E' senz'altro lei. Mattoncini rossi e finestre bianche. Il giardino è curato e la casa è in buone condizioni. Ci sono delle giostre in giardino, prima non c'erano e hanno ridipinto il garage. E abitata da un'altra famiglia.

"Si, è proprio questa."- sussurro guardando ogni singolo particolare di quella casa. Ogni angolo mi ricorda qualcosa. In giardino papà mi faceva giocare con i modellini di auto che mi regalava e che ora sono in camera mia a Los Angeles. Mamma che sta sempre in cucina. La finestra della cucina è dove si affacciava sempre per chiamarci, il pranzo era pronto.

"Harry."- sento chiamarmi. – "Vuoi entrare?"- domanda cauta e cercando di decifrare la mia reazione. Ma si perché no.

"Si. Andiamo. Voglio vedere se dentro è come la ricordo."- Tal annuisce e lascio andare avanti lei. E' quella con la testa e gli ormoni apposto tra i due in questo momento. Suona al campanello senza paura mentre io osservo il vialetto, decisamente più piccolo e stretto di quello che ho in California. Riporto lo sguardo sulla porta marrone quando una donna con capelli biondi e una scopa in mani la apre.

"Salve. Posso aiutarvi?"- chiede la donna poggiando la scopa al muro al suo fianco.

***

"Quindi tuo padre è quel signore che ci ha venduto la casa. E' Styles giusto?"- domanda ancora la donna servendoci del tè. Annuisco distrattamente continuando ad osservare la casa. E' strana, diversa per certi versi. Le pareti sono ridipinte di colori diversi, prima era tutta bianca. La cucina è evidentemente nuova, quella vecchia dove mi arrampicavo agli sportelli per prendere le merendine non c'è più.

Il salotto è pure diverso, i divani sono anch'essi nuovi, una schermo al plasma su un tavolino vicino al camino. Il camino è sempre lo stesso. Ricordo papà che sistemava la fuliggine con quegli aggeggi in ferro la sera. Nell'angolo mettevamo l'albero di Natale.

"Harry."

"Si?"- mi giro di scatto quando Tal richiama la mia attenzione. Lei e Connie parlano come vecchie amiche. Tal è abile nel tirare fuori informazioni alle persone. Adesso so che nella mia vecchia stanza dormono una coppia di gemelli. Connie e suo marito hanno comprato la casa quindici anni fa circa. Hanno una figlia grande che va al College e i due piccoli hanno poco più di sette anni.

"Connie ha chiesto se vuoi andare a vedere il piano di sopra."

"Oh."- non ho sentito niente di questa discussione, troppo attratto dai miei ricordi e pensieri. – "Si, certo."- Connie è stata davvero disponibile. Non ha battuto ciglio, né ha dubitato quando le abbiamo raccontato che questa era casa mia una volta. Come se capisse i miei sentimenti e la mia curiosità, mi ha ospitato in casa sua. Si, perché questa non è più casa mia.

Salendo le scale noto come c'è sempre uno scalino scricchiolante. Mamma si lamentava sempre per questo.

Il piano di sopra, come mi aspettavo, è cambiato. Ridipinto, moquette nuova, differenti profumi. La mia vecchia stanza è completamente disseminata di giochi, tipico di bambini di sette anni. Sorrido. Al muro però c'è ancora quell'orribile carta da parati a fiori.

"C'è ancora la carta da parati."- parlo osservando in giro.

"Si, a mia figlia piaceva quando ci siamo trasferiti. Abbiamo deciso di lasciarla."- sorride.

"Anche a mia madre piaceva."- ricordo ad alta voce.

Due letti sono ai due lati della stanza. Non c'è niente di mio qui. Solo la finestra. Ricordo quando io e papà ci mettevamo qui con il telescopio ad osservare i pianeti.

"Harry, voglio mostrarti una cosa."- esordisce la donna richiamando sia la mia attenzione che quella di Tal. Percorriamo il corridoio fino a un'altra stanza da letto, quella matrimoniale. Semplice e quasi asettica. Si avvicina ad una vecchia cassapanca sotto la finestra. Mamma la usava per metterci dentro le lenzuola invernali. – "Qui dentro ci sono alcune cose che abbiamo trovato in casa quando siamo arrivati qui."- torna con in mano una cornice che mi porge. E' una foto mia, da piccolo. Un sorriso da idiota, sembro Joker. Mi porge anche due portacandele in ceramica e un anello. Mi ricordo di quest'anello.

"E' l'anello di mia nonna."- guardo Tal. –"La madre di mia madre."- chiarisco. –"Mamma pensava di averlo perso durante il trasloco."- rigiro l'anello tra le dita. Ottima fattura, non si è rovinato in tutti questi anni. Tre pietre di cristallo sul dorso, probabilmente di poco valore. Nonna Marie. Era divertente lei. Peccato non ci sia più.

"Sembravano cose importanti, non volevamo buttarle vie."- alza le spalle Connie.

"Grazie."- le sorrido. Ovviamente porterò queste cose con me. Sento la mano di Tal stringere la mia maglietta, penso sia ora di andare. Siamo qui da almeno due ore.

Salutiamo gentilmente Connie che dolcemente ci invita a tornare quando vogliamo. Possibilmente quando suo marito e i suoi figli sono in casa perché ci terrebbe a presentarceli. Siamo stati fortunati a trovare una persona gentile e disponibile come lei.

Usciamo da quella casa tranquilli, con i miei ricordi materiali dentro la borsa spaziosa di Tal. Non mi lamenterò mai più di quanto inutili siano le borse delle donne. Lo giuro.

"Come ti è sembrata la casa? Che impressioni hai avuto?"- chiede Tal mentre io spensierato dondolo le nostre mani incrociate tra di noi.

"Mi è sembrata.. non casa mia."- rispondo abbastanza sicuro di me. Quella casa ha un'altra storia ormai. – "Sto bene ora. Ci vive una bella famiglia felice, ma non c'è quasi più nulla di quello che ricordavo."- ero indifferente.

"Ti vedevo malinconico e triste."- sussurra. – "Non sprizzavi gioia da tutti i pori come quando eri al parco o quando abbiamo messo piede in paese."

"Già. Il paese non è cambiato più di tanto. Ma quella casa è completamente differente. Però, Hey, ho ritrovato l'anello di mia nonna. Mia madre mi farà una statua."- scherzo osservando prima lei e poi il sole del pomeriggio in procinto di calare. Tiro Tal verso di me e la stupisco baciandola all'improvviso. – "Grazie, per essermi stata accanto."

"Sempre."

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Solo Pov Harry oggi.  Capitolo tutto dedicato a lui. Spero vi sia piaciuto! anche se sono terribilmente in ritardo. Qui dal caldo si muore, mi alzo la mattina pregando qualche Dio che piova lol. Al prossimo aggiornamento! Spero domenica questa volta. Vi voglio bene.

PS: Qualcuno di voi è di Milano? Se passo i test andrò a studiare lì. Un bacio.

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