68. E' difficile
Sembra un film, tutta la mia vita sembra un film. Non un film con uno stupido e atteso lieto fine, ma un film drammaticamente difficile da comprendere dove tutto va male anche se apparentemente sembra tutto rose e fiori. C’è sempre qualche colpo di scena pronto a rovinare ogni atto e molto spesso mi sono chiesta se non sono proprio io la responsabile di tutto ciò che va male.
Rifletto senza un preciso punto d’arrivo, rifletto e basta senza arrivare ad una conclusione mentre striscio la zip della mia borsa pronta per andare a scuola. Il primo giorno di scuola del nuovo anno e non ci sarà Harry fuori dalla porta ad aspettarmi nervosamente battendo un piede in terra.
Il solo pensiero mi rattrista ma una vocina interiore mi continua a ripetere lo hai voluto tu ed ha ragione.
Papà sta facendo la sua solita colazione a base di caffè lungo e biscotti confezionati seduto ad un estremo del tavolo della cucina nella penombra del mattino.
“Buongiorno.”- abbozza un sorriso stanco. – “vuoi qualcosa da mangiare?”
“No, sono in ritardo non ho tempo. Prenderò qualcosa nella macchinetta automatica a scuola.”- rispondo frettolosamente prima di dargli un veloce bacio sulla guancia e sgusciare fuori dalla porta di casa.
C’è un freddo pungente a quest’ora tra le strade e mi rannicchio istintivamente alla mia giacca pesante mentre il traffico mattutino mi sfreccia di fianco. Durante il cammino non posso fare a meno di pensare ai giorni indietro, a dire la verità, non faccio altro da settimane.
Non posso credere che tra me e lui sia tutto finito, per colpa mia. Per la mia stupida gelosia e poca fiducia, mi manca, non posso non ammetterlo. Sospiro se ripenso a quella sera. Lui mi ha chiamato un taxi per tornare a casa ed è stato proprio quando l’ho lasciato nel parcheggio di quell’ospedale che ho iniziato a razionalizzare ciò che era successo.
E’ difficile pensare che dorme nell’appartamento di fronte al mio e nonostante questo non riusciamo più a rivolgerci la parola. E’ tutto così imbarazzante e.. stupido a volte, che ho spesso voglia di tornare indietro per chiudere la mia stupida boccaccia e fidarmi di lui. Ma ormai è troppo tardi.
“Talìta, aspetta!”- sento richiamare il mio nome appena dopo aver chiuso seccamente il mio armadietto per prendere i libri che mi servono per la lezione. La slanciata figura di Liam mi corre incontro.
“Perché corri?”- piuttosto vorrei chiedergli dove trova la forza di correre alle otto del mattino.
“Mi serve un grosso favore. Tieni.”- mi porge un blocco di fogli pinzati in gruppi, sono un bel po’ e inevitabilmente la mia espressione diventa interrogativa.
“Cosa sono?”
“Sono i copioni per la recita del primo anno. Puoi portarli in teatro durante la pausa? Ho un impegno.”- in teatro durante la pausa. Il teatro.
“Hanno rimesso in funzione il teatro?”- chiedo sbigottita ripensando a quante volte mi sono chiusa in quel posto polveroso per scrivere tranquilla.
“Si, strano eh. Puoi farmi questo favore?”
“Certo, non c’è problema.”
“Grazie.”
Mi sorride prima di sfuggire via ancora di fretta per i corridoi fino a scomparire dalla mia visuale lasciandomi con una pila di copioni tra le mani. E ora dove vado a scrivere?
Il brusio e la confusione della scuola era un vago ricordo qualche giorno fa eppure adesso mi ritrovo di nuovo in questa orda di barbari sovraeccitati, solo che da ora in poi nessuno verrà a trovarmi tra un’ora e un’altra. Il pensiero è già frustrante e con un gesto veloce e sgraziato apro il testo di letteratura sperando di essere assorbita dalla lezione.
All’ora di pranzo nulla è cambiato, sempre la solita confusione, sempre il solito brusio, sempre le solite battute squallide dei miei coetanei con la voce troppo alta. Schivando agilmente gli studenti affamati con in mano il mio vassoio di cibo raggiungo quello che ormai considero il mio tavolo e immancabilmente Veronica e Rachel stanno parlando tra di loro proprio sedute lì.
“Finalmente! Allora?”- esuberante come sempre veronica mi guarda curiosa.
“Cosa vuoi sapere?”
“Come stai?”- il suo tono si smorza e diventa più dolce e subito capisco di cosa vuole parlare. In fondo è la prima a cui l’ho detto.
“Bene, credo.”
“Non sembri stare bene. Cosa posso fare?”- chiede pensando. – “Possiamo andare a fare shopping insieme oggi, cosa te ne pare?”
“Si, io ho bisogno di un nuovo cardigan.”- si aggiunge Rachel sorridente.
“Oggi non posso, iniziano le mie lezioni di lingue.”- sono eccitata per questo, non vedo davvero l’ora di mettere piede in quel sontuoso edificio e mettermi alla prova con nuovi paradigmi e costruzioni linguistiche.
“Già. Mi era passato di mente.”- fa il broncio la ragazzo dai capelli scuri. –“Domani allora.”
“Va bene.”- cedo divertita sapendo che non si sarebbe arresa fin quando non le avessi detto di si.
“Ti faremo distrarre da quel macigno che è Harry Styles.”- complottano le mie due amiche ma vengo drammaticamente distratta dall’esile figura di Harry che fa il suo ingresso in mensa con due quaderni tenuti in bilico da una mano e da un suo fianco. L’aria tesa, occhi fissi davanti a sé e i suoi soliti jeans neri. Io ho lasciato quel ragazzo.
E il mio cuore perdere quasi un battito quando vedo corrergli dietro la magra e bionda Meredith, decido di smettere di guardare per la mia salute mentale e iniziare a dedicarmi al mio hamburger da mangiare con le mani.
“Hey, non farci caso.”- sussurra Rachel confortandomi, le concedo un timido sorriso di rassicurazione. In fondo è tutta colpa mia, è inutile crogiolarsi sui propri sbagli.
***
Controllo più volte l’ora mentre corro l’ungo il corridoio diretta in teatro. Stando attenta che i fogli non mi cadano di mano misuro i miei passi sperando di riuscire ad arrivare in tempo alla prossima lezione. Appena spalanco la porta del teatro lo osservo come non l’ho mai visto. Un gruppo di ragazzi sta pulendo le poltroncine della platea, altri sono sul palco con dei fogli in mano e alcuni provano delle parti. Questo posto non è mai stato così pieno. Mi avvicino ad una ragazza con gli occhiali che sembra molto presa dal leggere qualcosa.
“Scusami.”- i suoi occhi saettano su di me. –“Liam mi ha detto di portare qui questi.”
“Era ora!”- esclama prendendo i copioni dalle mie mani come se fossero oro. –“Ragazzi! Abbiamo la sceneggiatura!”- gli altri ragazzi da ogni parte si lasciano andare in sospiri di sollievo e ora sembrano tutti molto più motivati man mano che afferrano ognuno un testo dalle mani della ragazza con gli occhiali. –“Grazie.”- sorride dalla mia parte e io annuendo vado via lasciandoli alle loro bizzarre prove.
Ancora non ci credo che abbiano rimesso in uso il teatro. Non so se essere felice o triste. Comunque non ho il tempo di pensarci troppo, devo correre in classe.
***
Sembra che oggi non riesca proprio a fermarmi, corro da una parte all’altra come una pallina da flipper e pensare che è solo il primo giorno dopo le vacanze di un Natale orribile. I brividi taglienti di gennaio sono fastidiosi soprattutto in un posto quasi sempre soleggiato ed estivo come Los Angeles. Con nelle mani gelate la cartina svolto l’angolo mentre una leggera brezza fredda mi appiattisce i capelli in testa. Davanti a me trovo il lungo edificio che pare sfiorare il cielo e so che al diciannovesimo piano di questo palazzo mi aspetta la prima lezione di mediazione e crediti aggiuntivi per gli ultimi mesi di scuola.
In ascensore sono nervosa, continuo a fare mente locale e controllare di non aver dimenticato nulla. Un giorno ripagherò papà per avermi permesso di frequentare questi corsi. Aperte le porte della scatola di acciaio mi si presenta davanti uno spazioso salotto con un angolo relax e un angolo caffè e proprio di fronte una scrivania dietro la quale un’impeccabile donna bionda armeggia col suo computer.
“Nome?”- chiede la donna con una voce meccanica vedendomi.
“Talìta Naràn.”- mi chiedo cosa guardi in quello schermo.
“Può entrare.”- un sorriso forse forzato solca le sue labbra e io annuendo decido di seguire l’indice della sua mano verso la porta socchiusa da cui proviene un lieve ronzio. Non pensavo che fosse tutto così formale.
Quella che pensavo fosse una semplice classe invece somiglia ad un’elegante sala conferenze. Non è molto grande ma è comunque molto ben attrezzata. Un uomo dietro una cattedra sopraelevata sistema dei fogli tra le mani e alle sue spalle ha un enorme telo collegato ad un proiettore sopra le nostre teste.
Scelgo un posto centrale per non farmi notare troppo e guardandomi intorno già altri ragazzi hanno preso posto e stanno sistemando block notes e matite sul tavolino pieghevole di cui sono dotate tutte le sedie.
Imitando le azioni di una ragazza poco lontana da me sistemo il mio pieghevole avvicinandolo alla mia pancia. Dopodiché afferro un’agenda dalla borsa insieme ad una penna, attendendo che succeda qualcosa da scrivere.
“Talìta.”- una voce sottile sussurra il mio nome. Spalanco gli occhi quando rivolgo il viso verso l’ultima persona che mi sarei mai aspettata di trovare qui.
“Zayn.”- i miei occhi sono instabili e non sanno dove guardare. La sua mascella è tesa e a disagio. Non l’ho più visto dopo quella sera. La sera in cui mi ha fatta rapire da Josh.. non voglio ricordare ora. Non so neanche come mi sento adesso.
Sta per aprire bocca ma viene interrotto dalla voce dell’uomo dietro la scrivania e la salasi è praticamente riempita. Prende posto qualche sedia più in la e per il resto della lezione tento di non far caso alla sua presenza.
Le due ore passano velocemente tra le battute del giovane professore e ci dimette alle cinque in punto dopo un assegno sulle lingue internazionali da portare per la prossima settimana.
“Talìta!”- speravo davvero di sgattaiolare via senza farmi vedere ma Zayn mi raggiunge prima di arrivare nell’ascensore preso d’assalto da altri ragazzi. Mi volto senza dargli troppa confidenza. – “Mi dispiace, se sapevo che c’eri tu..”
“Non fa niente.”
“No! Lo so che sei arrabbiata con me e se Harry lo sapesse mi verrebbe a trovare sotto casa con una scarica di pugni.”- si tiene la fronte guardando verso la macchinetta del caffè.
“Io e lui ci siamo lasciati.”- sussurro e ritorna il silenzio.
“Non lo sapevo.”- la butta giù lì. –“La mia amicizia con Harry è finita da un po’, non sono aggiornato su queste cose.”- risponde con un filo di ironia, provo a sorridere anche io, e per quanto mi costi ammetterlo non riesco a provare rabbia verso di lui. Sono contrariata per quello che ha fatto ma non davvero arrabbiata.
“Non è un problema se frequenti questi corsi.”
“Sei sicura?”
“Si.”
Senza un’altra parola raggiungiamo insieme l’ampio ascensore. Mi lascia passare per prima per poi raggiungermi all’interno. Le porte si chiudono ed è imbarazzante il silenzio che si crea. I miei occhi sono rivolti verso l’alto osservando i piani che scendiamo secondo un mix di luci rosse.
Non mi ero resa conto di star trattenendo il respiro quando le ante di metallo si spalancano lasciandomi sgambettare via.
“Mi dispiace.”- quasi urla ad alta voce per farsi sentire in mezzo all’affollato atrio del palazzo moderno. – “Per quello che ho fatto, intendo.”
E’ la prima volta che vedo quell’aria mortificata sul suo viso. Non che mi sia mai concentrata davvero sulle sue espressioni facciali. Non lo conosco per niente, di lui so solo che era un caro amico di Harry e niente di più. Poi quello che mi ha fatto..
“Se c’è un modo per farmi perdonare dimmelo.”- sussurra abbassando lo sguardo. Quanto sono lunghe le sue ciglia? Non so cosa sia, forse compassione. Ci penso su un attimo e poi decido che tutti si meritano una seconda possibilità.
“Puoi offrirmi una cioccolata calda.”- allargo le braccia quasi in rassegnazione alla mia stessa decisione. Un rapimento non è per niente paragonabile ad una cioccolata calda e da questo capisco che l’ho praticamente perdonato anche se so che è sbagliato.
“C’è una caffetteria qui vicino.”- i suoi occhi ora sono luminosi e scuri allo stesso tempo mentre l’angolo destro della sua bocca si allunga in un mezzo sorriso. Vuole davvero farsi perdonare. –“ Andiamo.”
Lo seguo a ruota da una parte contenta e dall’altra estremamente curiosa di capire questo strano ragazzo che ha architettato il mio rapimento per dei soldi facili ma che può allo stesso tempo permettersi dei corsi così costosi.
HARRY’S POV
“Harry, sposta quelle Buganvillee in vetrina e portami qui i Girasoli, per favore.”
“Si..”
La stanchezza inizia a farsi fottutamente sentire, sono esausto. Finché c’era solo il lavoro non era così pesante, ma è appena il primo giorno di scuola e adesso vorrei solo andare a dormire. Il cielo è ricoperto di rosso e arancione, sta per farsi tardi e sta anche arrivando il fottutissimo orario di chiusura che tanto agogno.
“Sicura che posso andare?”
“Si, vai pure, chiudo io qui. Ci vediamo domani.”- insiste Sandra, chi lo avrebbe mai detto che sarebbe diventata la mia datrice di lavoro.
Annuisco forse fin troppo evidentemente felice di togliermi questo fottuto grembiulino con decorazioni floreali. Lo detesto. Forse a Tal sarebbe piaciuto. Lei ama i fuori.
Cristo.
Devo smettere di pensare a lei. Mi ha lasciato, è finita. Devo andare avanti.
Afferro la mia giacca pesante trascinandone la zip fin sopra il mento mentre raggiungo l’auto parcheggiata poco più in là. Mi fermo sui miei passi in corrispondenza dei tergicristalli notando una fottuta multa per divieto di sosta. Sbuffo strappandola dal vetro ed entro in macchina accartocciandola sul sedile del passeggero.
Metto in moto ed ho un’ultima tappa prima di poter tornare a casa. Sfreccio sulla strada illuminata di arancione dai lampioni in fila sui marciapiedi da entrambe i lati dalla carreggiata. Man mano che cambio marcia i marciapiedi stessi si fanno meno affollati e quando iniziano ad essere lerci e decorati da barboni e bottiglie di birra capisco di essere arrivato.
Questo palazzo inizia a diventare sempre più familiare per quanto volte vengo qui ultimamente. Busso alla porta ed è un’indaffarata Felicity ad aprirmi.
“Entra, Louis è nella sua stanza.”- mi avverte tenendo uno dei neonati in braccio, il maschietto, forse per fargli fare il consueto ruttino. Sul divano Jay culla la bambina per farla addormentare e mi saluta con un semplice gesto della mano che ricambio. Dall’altra stanza provengono le voci delle altre ragazza probabilmente impegnate a lamentarsi dei compiti oppure perché una di loro ha rubato i trucchi ad un’altra.
Sorvolo sui giochi sparsi per il mini appartamento e raggiungo la stanza di Louis.
“Ah, sei qui.”
“Sei felice di vedermi vedo.”- ruoto gli occhi al cielo, oggi non è venuto a scuola.
“Difficilmente sarò felice fin quando non risolvo questa merda.”- sta cercando una casa per la sua famiglia, ma non possono permettersi nulla di decente, forse neanche questa catapecchia dove sono adesso.
“Posso parlare con mio padre.”- all’inizio pensavo che ce l’avrebbe fatta ma invece le cose stanno peggiorando a vista d’occhio e presto non potranno neanche pagare l’affitto per sfamare altre due bocche.
“Cosa?”
“C’è la casa della servitù dove potete sistemarvi, ci sono alcuni appartamenti liberi. Non sono enormi ma almeno non dovete pagare l’affitto e tua madre potrebbe aiutare in cucina o da qualche altra parte e verrebbe pagata.”- getto fuori tutto d’un fiato. Papà non rifiuterà, può permetterselo. Sarebbe solo un’impiegata in più.
“Lo faresti?”- chiede il mio amico che sembra tirare un sospiro di sollievo finalmente. Mi chiedo perché non ci ho pensato prima. Risolverebbe tutto.
“Certo.”
Louis corre a dare la bella notizia alla madre e per la prima volta sorrido in questo appartamento quando la dolce Jay mi abbraccia. La sento tirare su col naso e sono contento. Forse avere altra gente in giro per la casa della servitù mi aiuterà a non pensare a Tal tutto il tempo.
Mi manca. Tanto. Con il primo stipendio che sono riuscito a mettere da parte le ho comprato un regalo di Natale in ritardo. Una fottuta idea malsana attuata troppo in fretta. Non saprei neanche come o quando darglielo. Forse mai.
La vibrazione del cellulare mi avvisa di un messaggio e mentre Felicity e Jay sistemano le culle e Louis bada ai gemelli io ne approfitto per controllare.
Da Liam:
Birra?
A Liam:
Si, arrivo.
E’ fottutamente strano. Non pensavo che saremmo mai tornati a parlare. Eppure la sera che Tal mi ha lasciato ed è scomparsa dalla mia visuale dentro quel taxi avevo bisogno di parlare con qualcuno e Louis non era di certo disponibile a sentire i miei problemi.
Sono andato da Liam.
Quattro birre dopo gli avevo già raccontato quello che era successo e mi ha ascoltato e a suo modo consolato.
E’ come una terapia adesso. Liam è diventato il mio pseudo – psicologo.
“Allora come va?”- chiede Liam stravaccato sul suo divano con una bottiglia marrone in mano.
“Va di merda, come cazzo vuoi che vada?”
“Non vi siete ancora parlati?”
“No.”- rispondo sorseggiando la mia bibita alcolica.
“Veronica mi ha detto che è giù di morale.”- confessa e io saetto gli occhi su di lui.
“E’ stata lei a volerlo, se potessi tornare da lei anche adesso lo farei.”
“Lo so.”- annuisce. –“Cos’è questa storia con Meredith?”- come cazzo fa a sapere sempre tutto? Possibile che quelle sue amiche siano pagate per pedinarmi?
“Non c’è nessuna storia, è tornata ad essere la cozza che era. Sempre appiccicata allo scoglio del mio culo.”- borbotto poco interessato. A quanto pare la notizia che Tal mi ha lasciato è arrivata alle orecchie di Meredith in qualche modo.
Sento Liam ridacchiare sotto i baffi e in un certo senso contagia anche me con il collo piegato all’indietro sullo schienale del divano.
“Mi manca.”
“Lo so.”- sospira. –“Parlale. Dovete parlare.”
“Cosa posso dirle?”- chiedo a quello che una volta era il mio migliore amico. – “Tutto quello che vorrei fare è pregarla di tornare con me. Ma non vuole.”
Non ricevo risposta. Continuiamo ad osservare il tappeto immobili fino a quanto non decido che è ora di tornare a casa. Dipende tutto da Tal, io non voglio forzarla. Le darò tutto il tempo che vuole ma questo non significa che smetterò di amarla. So per certo che lei è l’unica per me.
In auto sospiro rilassato quando entro nel vialetto di casa, felice di poter mettere piede sul divano di Conrad. Forse farei bene anche io ad usare uno degli appartamenti liberi della casa della servitù. Avrei un letto. Ne parlerò con papà anche di questo.
Parcheggiata l’auto davanti al garage ampio mi avvio verso casa quando davanti al cancello scorgo due figure. Una è Tal, riconoscerei la sua gonna ovunque. L’altro ci metto un po’ a focalizzarlo.
“Fottuto bastardo.”- sibilo tra i denti sgranando gli occhi quando si abbracciano.
Zayn. Giuda.
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Ho saltato un aggiornamento mi dispiace tanto ma ve lo avevo detto che sarebbe potuto capitare :( Comunque sia il capitolo ora è qui e spero che sia valsa la pena di aspettare! Godetevelo e ci sentiamo al prossimo aggiornamento domenica<3 Grazie mille per i voti!
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