65. Cose non dette

TALITA’S POV

Basta un singolo rumore per farti abbandonare il mondo dei sogni per entrare in quello del dormiveglia. E ne basta un secondo per svegliarti completamente. Due tonfi in particolare mi obbligano ad aprire gli occhi quasi impaurita. Guardo il buio della stanza da sotto le coperte e una figura i cui bordi familiari sono illuminati dalla luce naturale della luna proveniente dalla finestra.

“Dove sei stato?”- mi obbligo a chiedere insonnolita mentre cerco di ricordare come sono arrivata nel suo letto.

“Sono qui. Dormi.”- anche se palesemente stordita noto che non ha risposto alla mia domanda, bensì dopo aver capito che i due tonfi appartenevano alle scarpe che si era tolto, entra sotto le coperte dietro di me smuovendomi leggermente dalla sagoma del materasso che avevo scaldato col mio corpo.

Una sua mano giunge al mio fianco mentre si sistema sul suo cuscino preparandosi a dormire. Alzo lo sguardo verso la sveglia sul comodino che con le sue luci intermittenti rosse mi dice che sono quasi le due di  notte. Non posso fare a meno di chiedermi dove sia stato a quest’ora.

Sono fortemente convinta di chiederglielo una seconda volta dopo una breve riflessione, ma forse non è stata così breve dal momento che appena tento di riaprire bocca un sospiro pesante fuoriesce dalla sua bocca. Si è addormentato.

***

Sono quasi le sette del mattino quando mi risveglio e non c’è nessuno dietro di me. Harry ha dormito poco. Confusa mi siedo sul letto guardandomi intorno senza un preciso motivo, o forse perché speravo di vederlo da qualche parte qui in giro, ma non c’è traccia. Decido di non pensarci, piuttosto mi sbrigo a lavarmi e vestirmi per andare a scuola. Oggi ho un test importate e gli ultimi voti segneranno la fine del primo trimestre prima di Natale. Chissà com’è un Natale a Los Angeles, questa città è praticamente il al sole per tutto l’anno e il suoi simboli sono le spiagge dorate e i chihuahua coi maglioncini rosa. Nonostante l’ovvio vento freddo invernale so che non sarà lo stesso natale di sempre.

Mi mancherà la neve quest’anno.

In preda al mio sproloquio mentale scendo al piano di sotto dove mi stupisco di trovare in soggiorno l’intera famiglia Styles che fa colazione. Harry è lì con il suo cellulare in mano intento a digitare, non si è accorto della mia presenza e quasi mi dispiace stonare in quel quadretto familiare. Diciamola tutta, io qui non c’entro niente. Vorrei tornare a fare colazione con papà.

“Talìta, che fai lì in piedi?”- strizza gli occhi Anne intimandomi a gesti di raggiungerli mentre taglia il pancake sul piatto di Gemma.

“Buongiorno.”- dico per cortesia ricevendo risposta dal gentile sig. Styles. Harry mi saluta semplicemente con un sorriso prima di tornare al suo cellulare mentre sorseggia una tazza di latte.

Qualcosa in questo Harry non mi convince.

***

Oggi è una giornata grigia, sono confusa e stranita dallo strano comportamento di Harry. Non mi sarei posta troppe domande se le stranezze si fossero fermate al rincasare alle due del mattino oppure al convulsivo digitare sul cellulare. Quando ha chiesto al padre di accompagnarmi a scuola perché lui aveva una cosa da fare prima, ho cominciato a struggermi di dubbi e quesiti.

Di solito, ogni mattina anche se distrattamente, trova due secondi per darmi un consueto dolce bacio del buongiorno, oggi nulla.

Chissà se riuscirò a prendere un buon voto al test con tutti questi pensieri per la testa.

Facendo mente locale entro nella classe del professor Smith, pronta per una nuova lezione. Trovo subito Liam seduto al suo posto e poco più in fondo a scarabocchiare sul bordo di un quaderno Ashton. Mi passa subito per la testa di chiedere a Veronica se conosce certi strani comportamenti dei ragazzi ma noto che non è in classe oggi. Queste sono cose da ragazze no?

Piagnucolando mentalmente vado al mio posto nel momento esatto in cui entra il professore in classe poggiando i suoi libri sulla scrivania e salutandoci con un monotono buongiorno.

Anche se io e Harry non frequentiamo le stesse lezioni sono quasi sicura che non sia ancora arrivato a scuola. Vorrei tanto sapere cosa aveva da fare e dove diavolo è stato ieri notte.

Sbuffo in frustrazione e vedo di concentrarmi sulla lezione.

HARRY’S POV

Non riesco a guidare bene, ho le mani gelate. Sono tentato di soffiarvi calore con la bocca ma quando sto per farlo spunta un cazzo di pedone sulla strada che mi obbliga a tenere la mani sul volante. E’ ancora fottutamente presto ma le strade sono già piene di gente che va a lavoro, forse avrei fatto meglio a prendere la metro.

Il mio cellulare sul sedile del passeggero riprende a suonare ma lo lascio lì dov’è. Sarà di nuovo Louis in presa ad una crisi di fottuti nervi. Non so cosa lo preoccupi così tanto, ho dovuto lasciare Tal nelle mani di papà per andare a controllare. Non voglio altri stupidi problemi, voglio solo concentrarmi su Tal e vedere di risolvere il rapporto con suo padre.

Dio quanto mi mette in soggezione quell’uomo. Stare con lui nella stessa stanza mi fa uno strano effetto, mi sento come schiavizzato e prima questo non succedeva. Mi terrorizza certe volte a tal punto che non riesco a formulare frasi di senso compiuto.

Scuoto la testa e spero mentalmente che le parli davvero. Se le cose tra loro non si sistemano non so se io e Tal potremo ancora stare insieme. La causa di tutto sono io e lui è suo padre.

Provo a non pensare a tutto questo quando accosto a lato della sudicia strada del malandato quartiere. Blocco l’auto pregando che qualche drogato o tossico non le faccia danni e salgo a due a due le scale del palazzo usurato alias casa di Louis. Come fanno a vivere qui..

Salgo gli svariati piani ignorando il sudiciume agli angoli dei pianerottoli e presto raggiungo la porta dal loro monolocale bussandovi.

“Finalmente!”- quasi urla il mio amico aprendo la porta e istantaneamente un odoraccio di chiuso perfora le mie narici, ma sembra che lui ci sia abituato.

“Qual è il problema? E’ tutta la mattina che rompi.”- sbuffo pensando che in questo momento sia io che lui dovremmo essere a scuola se vogliamo passare l’anno.

“Sono sull’orlo di una crisi di nervi.”- confessa in un sussurro raggiungendo la sua stanza, che ovviamente condivide con le sorelle. In casa non c’è nessuno a parte lui.

“Parla, non mi fare stare sulle spine cazzo.”- comincio a perdere la pazienza. Da questa mattina all’alba non ha fatto altro che inviarmi messaggi con praticamente zero contenuto tranne qualche parola a casaccio e io ho tentato di capirci qualcosa ma non mi ha ancora spiegato nulla. Ora ne ho abbastanza e voglio sapere cosa sta succedendo.

“Lo vedi anche tu il problema Haz.”- perché è così enigmatico oggi? –“Non usando più droghe non faccio altro che pensare e pensare e cazzo sono stanco di pensare che vivo in un posto del genere.”- la droga è una dipendenza e adesso si sta praticamente disintossicando da quella merda. E’ tornato alla relatà.

“Spiegati meglio.”

“Mia madre è quasi al termine ultimo, potrebbe partorire da un momento all’altro e adesso indovina dov’è.”- mi porge una domanda ma non ne ho idea. –“E’ a lavoro.”- una donna incinta di nove mesi sta lavorando la fuori. –“ E’ a pulire condomini e io non so neanche dove, se le succede qualcosa come posso aiutarla?”- si tira i capelli evidentemente stressato.

“Calmati, ti telefonerà se succede qualcosa.”- tento di tranquillizzarlo ma so perfettamente che una donna in quelle condizioni non dovrebbe fare troppi sforzi. Deve mantenere la sua famiglia in qualche modo, con cinque figli e altri due in arrivo.

“Quel pezzo di merda non ci da neanche in mantenimento, se n’è andato lasciandoci nella merda con altre due bocche da sfamare.”

“Ma di chi parli?”

“Di mio padre! Haz, concentrati!”- strilla. –“Aiutami.”- scongiura con voce rotta. Deve essere difficile rendersi conto solo adesso dello stato in cui vessa la sua famiglia.

“Cosa posso fare?”

“Non lo so, so solo che qui non possiamo stare, è troppo pericoloso.”- lo è davvero ma non so davvero come aiutarlo a trovare una nuova casa e nel migliore dei casi come faranno a pagarne l’affitto? Questa è una vera situazione del cazzo.

“Non so come aiutarti, ma se posso fare qualcosa, qualunque cosa, chiedimi quello che vuoi amico.”- quasi sussurro colpendogli amichevolmente una spalla. Mi dispiace terribilmente per lui, sapevo le condizioni in cui viveva e pensavo spesso a come sopportava vivere così, ma lui sembrava non darci troppo peso. Ora so che era la droga a non farlo pensare correttamente. –“ Andiamo a scuola, lì almeno si può respirare. Ma cos’è questa puzza?”- arriccio il naso tastando l’ambiente.

“Si è rotto lo scarico del bagno.”- sospira leggermente prendendo da un angolo il suo zaino e un cappellino rosso dal tavolo. Voglio fare qualcosa per lui.

“Senti, fanculo la scuola..”- inizio sapendo di non saper come finire.

“.. si, continua.”- aggrotta le sopracciglia quando vede che non finisco la mia frase.

“Andiamo a bere qualcosa.”- concludo con la prima cosa che mi viene in mente. Forse non è la scelta migliore bere alle otto del mattino ma non conosco altri fottuti modi per distrarlo ma allo stesso tempo ho paura che l’alcol possa sostituire la droga attualmente.

“Scusa, amico, ma non mi va proprio.”- sorride amaramente al mio patetico tentativo di farlo stare meglio facendolo stare peggio. Speravo che rifiutasse in fondo. – “Andiamo a prostitute.”- propone lui spingendomi dalla schiena divertito.

“Louis.”

“Stavo scherzando. Andiamo a scuola, lo so che ci vuoi andare. Ultimamente sei diventato un fottuto secchione Haz.”- ironizza la situazione aprendo la cigolante porta dell’appartamento.

Divertito dal suo apparente cambiamento d’umore lo seguo fino alla mia macchina diretti a scuola. Mi perfora le orecchie la sua terribile e fottuta scelta di musica House alla radio e io la spengo dopo appena due minuti sorbendomi in cambio le sue lamentele su quanto quella musica sia profonda di significato. Per me è solo rumore.

Freno dolcemente ad un semaforo rosso controllando l’orario. Abbiamo già perso la prima ora di scuola. Batto freneticamente il piede sul tappetino aspettando che la luce rossa si trasformi in verde ma mentre aspetto qualcosa fuori dal parabrezza richiama la mia attenzione.

Una figura familiare sul marciapiede esce da una caffetteria mano nella mano con un’altra figura familiare. Strabuzzo gli occhi e inconsapevolmente le mie labbra si separano. Quel figlio di puttana se la spassa mentre sua figlia piange la notte perché lui non le parla.

“Sembra che hai visto un fantasma, Haz.”- sento Louis mentre i miei occhi non perdono di vista nemmeno per un secondo i due  che ridendo passeggiano insieme inconsapevoli che li sto guardando.

Improvvisi clacson mi distraggono e mi rendo conto che il semaforo è adesso verde. Tal lo saprà? E se non lo sa, come la prenderà?

Quanti fottuti problemi.

TALITA’S POV

“E’ davvero successo tutto questo dopo che me ne sono andato?”

E’ bello sentire una voce familiare adesso. Continuo a pensare ad Harry e al suo strano comportamento e non mi ha neanche ancora scritto, non so neanche se adesso è a scuola. Dopo la prima ora abbiamo saputo per la felicità di tutti che per le prossime due ore non avremo lezione. A quanto pare la signora Wilkman ha l’influenza. Fa ridere pensare che se una persona sta male altre quindici stanno bene. E i miei amici hanno fatto i salti di gioia.

Io ne ho immediatamente approfittato per rinchiudermi dentro il teatro in disuso e chiamare Nash.

“Mi dispiace Tali. Vorrei essere lì adesso.”- so che lo vorrebbe e lo vorrei anche io. Lui ha la grande capacità di consolarmi quando non sono completamente in me. Ovviamente gli ho raccontato tutto, dal bordello al litigio con papà e mi sento molto più leggera dopo averne parlato ad alta voce.

Quello che con Harry non riesco a fare, riesco a farlo con Nash, parlare apertamente. Non so spiegarmi il motivo, ma con lui viene tutto più semplice. Harry invece è così complicato e pieno di suoi problemi che mi dispiace tartassarlo con i miei. Si, forse è per questo.

“Ora sto bene. Come sta tua madre?”- chiedo per cambiare discorso.

“Dimmelo tu, è lì per lavoro da due giorni ormai.”- Doris è qui? Per lavoro? Io non l’ho vista per niente in giro, ne sono abbastanza sicura.

“Non ne ho idea, io non l’ho vista.”

“Sicura?”

“Sicura.”

“Strano, di solito quando lavora è sempre dietro il vecchio Styles con mille scartoffie tra le mani.”- già, di solito la presenza di Doris si fa sentire.

“Forse è solo impegnata in ufficio e non è passata a casa.”- risolvo il problema.

“Già, forse.”- la sua voce più bassa. –“Quindi tu e Mr. Suscettibilità adesso state insieme.”- arrossisco stendendo le gambe sul pavimento quando se ne esce con questo dopo pochi secondi di silenzio.

“Si.”- rispondo in imbarazzo.

“Lo sapevo che prima o poi si sarebbe dichiarato.”- la sua voce metallica adesso come sempre esuberante.

“Veramente l’ho praticamente fatto prima io.”

“Dettagli, l’importante è che adesso sapete cosa provate.”- ridacchia amichevolmente. –“Ma è comunque uno stronzo.”- ride ora di gusto.

“E’ una brava persona se la conosci.”- mi sento in dovere di difenderlo ma il tono di Nash mi fa ridere.

“L’ho conosciuto circa un mese fa e voleva praticamente uccidermi, era geloso perché pensava che noi stessimo insieme.”- ride. –“Tecnicamente non posso chiamarti Tali perché lo fa incazzare.”- seguo la sua risata immaginando perfettamente un Harry geloso. Completamente diverso da quello di questa mattina.

“Già.”- il mio tono senza che io lo controlli cambia.

“Hey, che succede?”- torna serio anche lui al telefono.

“Niente, solo delle mie paranoie.”- provo a tornare normale ma l’argomento Harry mi è appena tornato in testa più forte che mai.

“Sai che puoi parlarne con me, cosa ti preoccupa?”

“E’ solo che ieri notte è uscito dopo che mi sono addormentata e questa mattina non si staccava dal cellulare. Non lo vedo da colazione e non mi ha né chiamata né scritto.”- incredibile come suoni disperata dopo aver detto quello che mi preoccupa ad alta voce. Sembro una stupida ragazzina dipendente dal suo ragazzo. Dov’è scritto che debba sapere ogni singola cosa che lui fa? Adesso mi sento stupida.

“Oh.”- è la sua risposta che mi fa vacillare.

“Oh, cosa?”

“Niente, stupidaggini.”- risponde frettolosamente. – “Non pensarci, vedrai che non è niente.”

“Nash, dimmi a cosa stai pensando.”

“Davvero, a niente.”- prova a rassicurarmi, ma sento come se sapere cosa pensa mi farà stare tranquilla.

“Nash.”

“Lascia perdere, va bene?”- sento che è meglio così. Forse non voglio sapere a cosa sta pensando. Forse lo so e non voglio pensarci neanche io.

“Okay.”

***

Tiro un sospiro di sollievo quando esco dalle porte vetrate dell’istituto. Tutto questo scervellarmi mi ha fatto venire un terribile mal di testa e alla fine ho optato per l’unica soluzione razionale. Se i suoi strani comportamenti persisteranno, ne parlerò con lui a quattrocchi, come due persone adulte.

Questo modo di tranquillizzarmi da sola mi ha aiutata a superare le successive ore scolastiche e a svolgere il mio test con una mente lucida.

“Quindi ci sarai?”

“Dove?”- Ashton alza le sopracciglia notando che non li stavo ascoltando.

“Alla festa di Conor. Sabato. Ci vanno tutti.”- spiega Liam mentre insieme scendiamo le piatte scalinate che portano in cortile.

“Ah, non lo so.”- l’ultima volta che ho avuto un faccia a faccia con Conor è stato in quel pub settimane fa. Da allora non ha neanche tentato di rivolgermi la parola. Meglio così.

“Pensaci.”- continua Ashton coprendosi  il capo con il casco prima salire a cavallo della sua moto.

“Qualcuno ti aspetta.”- mi sussurra Liam all’orecchio indicandomi una lucida macchina nera proprio all’entrata dell’istituto e un ragazzo dai capelli folti appoggiatovi sul cofano.

Saluto velocemente Liam correndo da Harry, non sono neanche sicura che stia aspettando me ma ho bisogno di parlargli, almeno per sapere se qualcosa non va.

“Dio, mi sei mancata.”- mi viene in contro appena mi vede da dietro i suoi occhiali neri da sole. Per la prima volta mi stupisce baciandomi davanti a tutti nel cortile. Tutti conoscono Harry qui e non è cosa da tutti i giorni vederlo scambiarsi effusioni con una come me.

Nonostante tutto, poco m’importa degli sguardi altrui, sono solo felice di vedere che non sembra cambiato nulla tra di noi.

“Come mai non sei venuto a scuola?”- gli chiedo appena le sue labbra lasciano purtroppo le mie.

“Sono venuto più tardi, ti ho pure cercata ma non ti ho trovata.”- aggrotta le sopracciglia scrollando le spalle allo stesso tempo. Forse è successo quando ero rinchiusa in teatro tra le mille domande. – “Andiamo a casa?”- annuisco ritenendomi ancora più stupida di quanto pensassi.

Saliti in macchina non parliamo molto a parte per interrogarci su come è stata la nostra giornata. Io gli racconto che il test è andato bene, lui vagamente mi dice che si è solo annoiato tra un appunto e un altro.

Non so se voglio chiedergli spiegazioni riguardo questa mattina. Tutto sembra normale adesso. Tutto sembra solo frutto dalla mia fantasia adesso.

“Tal.”- non riesco a chiudere la portiera dell’auto parcheggiata sul vialetto di casa che la strana voce di papà mi richiama. Mi sta davvero parlando?

Mi volto quasi dubbiosa sistemando la mia tracolla sulla spalla mentre il sole batte sui miei occhi accecandomi. E’ un miraggio?

“Possiamo parlare?”- non so se riesco ancora a parlare, forse per la troppa felicità, in qualunque caso annuisco senza pensarci due volte. – “Soli?”- noto la presenza di Harry al mio fianco.

“No, lui resta.”- trovo il coraggio di dire, forse stupendo l’uomo al mio fianco e quello di fronte a me. –“Il tuo problema è lui, perché dovrebbe andarsene?”- credo sia meglio così.

“Si, parliamo Ruben.”- parla ad alta voce con tono scherzoso Harry.

Lo sguardo di papà viaggia da me a Harry a ripetizione, ma si sofferma su di lui più che su di me ogni volta.

“Io voglio parlare con mia figlia.”- ringhia papà.

“Prego.”- gesticola Harry. E’ come se lui sapesse qualcosa che io non so e il suo comportamento è di nuovo strano.

“Se hai intenzione di fare il gradasso io-“

“Papà!”- lo richiamo prima che salti addosso ad Harry  con quell’aria inferocita.

All’ombra di un pieno albero ritorna il silenzio tra noi tre, aspettando che l’aria ritorni priva di tensione e che papà incominci a parlare. Nel frattempo sento la mano di Harry legarsi alla mia mantenendo la sua posizione ora più vicina a me.

“Ti chiedo scusa.”- esordisce papà. –“odio non averti a casa con me e odio sapere che stai con lui ogni notte.”- serra gli occhi come se quelle parole costassero dette di fronte ad Harry. –“Torna.”

“Sei tu che mi hai buttata fuori di casa.”

“Lo so, mi dispiace. Non dovevo farlo, ti ho spinta ancora di più tra le sue braccia del cazzo.”- lancia una seconda occhiataccia ad Harry e io per poco non ruoto gli occhi al cielo.

“E’ per questo che ti dispiace? Avermi spinta di più tra le sue braccia?”- onestamente mi aspettavo scuse diverse. Scuse del tipo mi dispiace, ho sbagliato. Dovevo rispettare la tua volontà e se vuoi stare con lui proverò a farmelo piacere.

 

“Mentirei se dicessi no. Tal, non mi piace.”

“Prova a conoscerlo prima.”- sembra quasi una supplica la mia. Serra gli occhi stringendo il ponte del naso tra due dita.

“Tal..”

“Per favore.”- al mio fianco la mano di Harry strizza più forte la mia.

“Okay.”- so che gli è costata tanto quella semplice parola e non sono neanche sicura che ci proverà ma per ora mi basta questo e ritornare nel mio letto tra le mie cose.

“Grazie.”

“Sicuro di non avere altro da dirle?”- Harry al contrario non sembra molto soddisfatto. –“Sicuro Ruben?”

______________

Mi scuso se ho saltato l'aggiornamento della scorsa settimana ma sono stata davvero male e non riuscivo ad alzarmi dal letto. Ho cercato di fare il capitolo più lungo per farmi perdonare.

Dico solo questo: 2Milioni di visualizzazioni.... GRAZIE.

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