55. Bugie
Ultimamente non riesco ad avere mai delle buone idee, difficilmente prendo giuste decisioni e mi ritrovo spesso più confusa di quanto sia mai stata. Non riesco a guardarmi indietro e a riconoscere qualcosa della mia vita passata che sia rimasto fin ora a parte papà. Mi sto rendendo conto che ora faccio cose che non mi sarei mai sognata di fare prima d’ora e questo mi spaventa, mi spaventa perché è come se fossi stata contagiata dall’ambiente in cui mi trovo. Los Angeles sembra così aperta a tutto, sembra un luogo dove ogni sogno si può realizzare e dove si ha voglia di realizzare i propri sogni.
Se mi avessero detto qualche tempo fa che avrei lavorato in una panetteria non ci avrei creduto, anzi, probabilmente sarei pure scoppiata a ridere. Talìta, quella ragazza che non faceva altro che studiare, chiusa dentro una stanza umida di uno stupido monolocale. Adesso ho più possibilità, tangibili, non più visioni oniriche senza speranza. Ma la vita purtroppo non è neanche rose e fiori e io lo so bene per questo non mi costa né mi dispiace indossare un grembiule rosso mogano e stare dietro un bancone pieno di biscotti di ogni tipo.
“Allora come va?”- Harry mi ha presentato questa donna gentilissima, si chiama Sandra e lavora anche lei qui. E’ molto alla mano e sembrava felice di conoscermi anche se ho creduto che in fondo mi conoscesse già.
“Tutto bene, sono nervosa.”- confesso alla donna sorridente. Il profumo del pane appena sfornato mi piace, è un odore così casalingo e rende tutto l’ambiente rustico e familiare. Ma neanche questo profumo di biscotti misto a pagnotte riesce a calmarmi. Ho paura di non saper parlare ai clienti, di non essere spontanea e ancora peggio ho paura di essere licenziata se sbaglio qualcosa.
“Per quale motivo? Ti imbarazza lavorare col tuo ragazzo?”- ammicca verso di me silenziosamente e io all’istante arrossisco distogliendo lo sguardo da lei. Le parole tuo e ragazzo mi fanno ancora uno strano effetto.
“No, non è per quello.”- forse è anche per quello ma non penso di confessarlo a Sandra. Non sono ancora entrata nel concetto di stare insieme a qualcuno. Mi sembra qualcosa di strano ma bello, qualcosa che apparentemente non cambia nulla della tua vita ma che invece la stravolge completamente con mille diverse sensazioni. Ma non mi sento diversa, mi sento solo più felice, forse.
“Stai pensando a Harry?”- sussurra ancora la donna e il mio livello di imbarazzo sale a dismisura. Ride della mia reazione mentre prendo a giocare con la carta da confezione sul banco d’esposizione. – “Anche lui sta pensando a te, quasi sicuramente.”- mi comunica per poi tornare velocemente e saltellando in cucina dove un Harry indaffarato sta infornando teglie su teglie. Non sono ancora entrata in quella stanza per il semplice fatto che non riesco a muovermi dalla mia postazione per paura di non essere presente all’arrivo di un cliente.
Il padrone del negozio ha accettato senza repliche la mia assunzione. “Un bel visino in più qui dentro attirerà più clientela”. Ha detto appena mi ha vista. Il viso di Harry a quelle parole ha assunto un colorito più paonazzo ma non ha risposto sgarbatamente. Questo lavoro mi serve e lui lo sa e se questo significa sopportare certe frecciatine da un avido burbero per qualche tempo allora sopporterò. A patto che Harry sia sempre con me. Ho scelto il turno serale per poter stare con lui e di certo non gli è dispiaciuto.
Sobbalzo quando la porta del negozio si apre facendo dondolare i campanellini posti sull’uscio. Una donna non più tanto giovane entra con la sua pelliccia e il suo cappotto beige, l’acconciatura ben fatta e perfettamente intatta nonostante in vento che c’è fuori da qui. La sua borsetta sotto braccio e gli occhiali sul naso. I suoi tacchi risuonano nell’ambiente e un incerto sorriso si crea sul mio viso.
“Vorrei del pane fresco.”- annuncia indicandomi con un dito quello che preferisce da oltre il vetro dell’espositore. Cerco di mantenere la calma e di fare ciò che mi richiede alla fine riuscendoci. Sono felice quando esce da qui lasciando i soldi sul bancone e portandosi dietro il suo pane e un vassoietto di biscotti. Non è così male, né difficile. Posso riuscire ad organizzarmi con questa cosa e a studiare allo stesso tempo. Harry lo sta facendo e ci sta riuscendo, perché non dovrei io?
“Com’è stato il primo giorno di lavoro?”- la mano di Harry racchiude la mia dondolandole entrambe nello spazio tra di noi.
“Divertente, credevo peggio.”- confesso adorando l’aria fresca della sera delle strade della California. Io e Harry stiamo passeggiando sul marciapiede diretti a casa e non vedo d’avvero l’ora di togliermi queste scarpe, sono davvero stanca. – “Non vedo l’ora di correre dal direttore domani mattina per fargli inviare la mia iscrizione ai corsi.”- sono in fibrillazioni per quei corsi.
“Figo.”
“Cosa c’è?”- il suo tono disturbato e il comportamento ambiguo.
“Niente, solo non mi va di vederti lavorare, lo sai.”- sussurra guardando i lampioni che si susseguono sulla strada.
“A me serve questo lavoro, lo sai.”
“No non ti serve realmente, quei soldi potevo darteli io, lo sai.”- è infastidito e lo conosco abbastanza bene da sapere che odia essere contraddetto ma non ho intenzione di cedere.
“Non ricominciare con questa storia, ti prego.”- il mio tono capriccioso.
“Sono preoccupato Tal.”- sospira tirandomi per attraversare la strada il più velocemente possibile.
“Per cosa?”
“Perché sei già stanca dopo un giorno di questa vita, hai gli occhi spossati e sbadigli da quando siamo usciti dal negozio. E poi quell’invasato del capo ti guardava in un modo che non mi piaceva cristo.”- sembra ringhiare mentre parla. La cosa da un lato mi piace, sembra geloso ed è una cosa carina, ma dall’altra probabilmente ha ragione, quel tizio è inquietante, ma non sarà per sempre.
“Mi servono solo quei soldi per pagarmi i corsi, non lavorerò lì per sempre.”- non mi risponde più. Si limita a tenermi la mano conducendomi fino a casa con passo accelerato e qualcosa mi dice che sia arrabbiato.
Varcato il cancello di casa molla la mia mano lasciandomi sola a camminare sul vialetto, lui più avanti di qualche passo e mi domando se sarà sempre così d’ora in poi. Non sembra una di quelle relazioni da film che ho visto in passato, questa è la vita reale e la realtà è che Harry è un cavolo di bipolare. Sbuffo raggomitolandomi nel mio giubbino e raggiungendo la casa della servitù subito dopo di lui. E’ tutto tranquillo come al solito.
L’acqua della fontana è sempre blu, le lanterne sul vialetto sono sempre accese, la villa è sempre silenziosa, il giardino e sempre verde e la casa della servitù è sempre piena di voci che parlano al suo interno. Varcata la soglia tolgo la sciarpa e una Ines indaffarata in cucina intrattiene una conversazione con un Conrad in pigiama davanti alla televisione comune. Rose guarda le sue riviste di gossip seduta al tavolo e Niall aiuta sua madre a sbattere le uova in un piatto di ceramica.
“Buona sera a tutti.”- saluta tagliente Harry prima di correre al piano di sopra. I suoi passi sono pesanti quando attraversa la saletta e sono altrettanto pesanti quando arrivano al piano seguente sbattendo la porta del suo appartamento. Non so cosa diavolo gli prende. Non può essersi arrabbiato perché lavoro in quel panificio, diamine me lo ha pure proposto lui.
“Cosa gli prende?”- chiede Niall stralunato mentre tutti gli altri hanno osservato zitti i suoi movimenti. Scrollo le spalle perché davvero non so cosa rispondergli.
“Lasciatelo stare, chi lo capisce è bravo.”- risponde acida Rose senza staccare gli occhi dai suoi giornali. Arrotolo la sciarpa tra le mani osservando le mie stesse mosse ancora sul ciglio della porta pensando se andare da lui a parlargli oppure no. Alla fine decido di non farlo. Credo che lasciarlo pensare sia la cosa migliore. Sorrido a tutti comunicando che scenderò presto per la cena, questa sera tutti insieme. Quando arrivo davanti alla porta del mio alloggio mi guardo indietro verso quella di Harry ma prima di correre da lui e fare uno sbaglio decido di entrare in casa e richiudermi la porta dietro la schiena.
“Papà.”- chiamo.
“Sono qui.”- la voce piatta sulla sua poltrona davanti alla tv. Mi piego per dargli un bacio sulla guancia ma la sua non è la reazione che mi aspettavo. Mi lancia un’occhiata raggelante e all’istante capisco che c’è qualcosa che non va. Mi chiedo perché questa sera gli uomini che amo sono così strani.
“Perché mi guardi così?”- un’improvvisa stanchezza s’impossessa di me a tal punto che sono costretta a sospirare abbandonando giacca e sciarpa malamente sul divano.
“Come dovrei guardarti?”
“Non lo so, dimmi cosa devi dirmi e finiamola qui.”- si alza svelto dalla sua postazione ponendosi davanti a me con aria di rimprovero, cosa ho fatto per meritarmi questa reazione?
“Dimmi tu la verità.”- incrocia le braccia.
“Quale verità papà?”- mi lamento cercando di farlo parlare una volta per tutte.
“Non prendermi in giro!”- urla facendomi alzare la guardia. – “E’ questa l’ora di tornare?!”- grida gesticolando. – “Dove sei stata e con chi?”- marca particolarmente l’ultima parola e rispondo assottigliando gli occhi.
“Sono-“- sono spaventata. – “Sono stata a scuola, mi dici che ti prende?”
“Non dirmi bugie!”- colpisce con la mano il mobile al suo fianco facendo risuonare il colpo nella stanza. E’ una sfida di sguardi tra me e lui e lui mi conosce troppo bene e sa quando dico la verità o no.
“E’ la verità! Seguo dei corsi pomeridiani!”- tento di mentire dicendo una mezza verità.
“I corsi di cui non mi hai parlato! E che non hai neanche cominciato!”- sbianco a quelle parole. Credo di aver fatto un sogno, o meglio, un incubo su una sua possibile reazione su questa situazione e ora questo incubo sembra così reale. Come fa a sapere?
“Come lo sai?”- chiedo in un sussurro e mi merito la sua risata amara in risposta. Tenta di ricomporsi e di parlare in maniera civile come è solito fare quando è particolarmente arrabbiato e questo mi fa riprendere a respirare per fortuna.
“Ha chiamato il direttore della scuola questo pomeriggio, ha parlato di corsi di lingua a pagamento. Ha detto che ha bisogno di una risposta al più presto, Tal dimmi cosa cazzo combini? Hai bisogno di soldi? Perché non me lo hai detto?!”- riprende a gesticolare e in questo momento mi sento più una bambina che ha combinato un guaio.
“Come faccio a parlarti di soldi? Dopo quella settimana a New York, dopo i nuovi vestiti che mi hai comprato col primo stipendio come posso chiederti ancora dei soldi per degli stupidi corsi?! Non navighiamo nell’oro papà!”- sento che mi sto per mettere a piangere, quello che temevo di più si sta compiendo. Non volevo questa conversazione con lui su questo, stavo cercando di risolvere questo problema da sola.
“Sei mia figlia Tal! Lavoro per te, per darti un fottuto futuro, puoi parlarmi di tutto!”- e sono le parole che non avevo neanche considerato di sentire uscire da questa conversazione. Ha sempre lavorato per me, per noi, ha sempre lavorato per farmi studiare e io gli ho mentito. Sembra così simile a Harry quando nervosamente si passa la mano sui capelli cercando di calmarsi e i miei pensieri ritornano a colui che dall’altra parte del corridoio è arrabbiato con me. – “Dimmi dove sei stata fino a quest’ora, non sei tornata di pomeriggio e non sei neanche iscritta a quei corsi. Quindi parla.”- ora è quieto e la cosa mi rassicura. Non mi piace quando la voce che anni fa mi raccontava le favole per farmi addormentare fa eco in questo modo per la casa spaventandomi.
“Ho trovato un lavoro.”- confesso a bassa voce quasi a non volerglielo far sentire.
“Cosa?”- il suo viso stupefatto e la bocca dischiusa. Gli occhi che mi fissano increduli. Sembra così stupida come soluzione ora che ci penso, ma lavorare mi permetterà di pagarmi i corsi da me. Harry non vuole dipendere dalle tasche di suo padre e io non voglio neanche. Sono abbastanza grande per potermela cavare da sola no? – “Questo è un colpa basso Tal. Non mi piace la piega che sta prendendo il tuo comportamento, non mi piace quando mi menti così.”- si risiede flebilmente sulla sua poltrona racchiudendo la fronte nella sua grande mano da lavoratore incallito. Mi sento così in colpa ora.
“Mi dispiace papà. Ma-“
“Non parlare. Non fai altro che dirmi cazzate.”- freddo, sento freddo.
“Non è vero! Non volevo pesarti con questa storia dei corsi. E se un giorno sarai licenziato? E se saremmo costretti a trasferirci di nuovo? Non siamo mai stati in un posto per più di un anno papà. Come sai che non accadrà anche ora? Come sai che non rimarremo di nuovo senza soldi? Quei seicento dollari per quei corsi potrebbero servirci in futuro per dormire in un posto non infestato da fottuti topi!”- sembro Harry dal mio modo di parlare.
“Perché pensi che mi licenzieranno prima o poi?”
“Perché pensi che non possa succedere?”- rispondo con un’altra domanda mantenendo la mia posizione.
“Sei testarda come tua madre.”- ridacchia prima di far cadere la stanza nel silenzio. Forse sono troppo preoccupata per il futuro, forse la mia preoccupazione può sembrare stupida. Ma la nostra situazione è sempre stata molto precaria, non credo nel lieto fine, non credo che le cose resteranno sempre le stesse, tutto cambia. E mentre Harry non vuole i soldi di suo padre per orgoglio, io non voglio quelli del mio perché sono gli unici che abbiamo.
“Qualcosa da lei dovevo pur prenderla.”- cerco di scherzare.
“Hai preso tutto da lei, anche l’aspetto.”- sorride ricordando quanto amava quella donna. So che quando si tratta il tema mamma papà si rattristisce. Ci lasciamo andare ai ricordi e a quanto ci manca. Parlare di lei mette sempre fine alle discussioni, come se fosse proprio la sua presenza ad intimarci di smettere ed è per questo che mi avvicino a mio padre, mi siedo sulle sue gambe come ero solita fare da bambina e lo abbraccio forte per tenerlo con me, perché almeno lui non può e non deve abbandonarmi.
HARRY’S POV
Non vorrei comportarmi così, non volevo comportarmi così con lei. Eppure l’ho fottutamente fatto, sbagliando. Non dovevo ignorarla, non dovevo, non dovevo fingere che non fosse dietro di me sul vialetto d’entrata. Non so neanche io il motivo del mio comportamento ma so che se fossi rimasto con lei ancora per un po’ sarei scoppiato. Non dovevo fottutamente proporle di lavorare con me. Il capo è un fottuto bastardo e come la guardava mi ha fatto ribollire in sangue fino al cervello.
Un fottuto vecchio grassone che ammicca in quel modo ad una ragazza. Lei non se n’è neanche accorta forse ma io ho subito pensato a quello che le è successo. Ho paragonato il fottuto capo panettiere al suo stupratore e sono uscito di testa. Ma lei è troppo ingenua, è troppo buona, cerca di trovare sempre il buono nelle persone, ci ha provato anche con me e forse ha tirato fuori da me quella parte buona. Ma questa sua qualità può essere anche un difetto. Non può essere così ingenua porca puttana, con fin troppa tranquillità ha accettato il lavoro.
Sono arrabbiato con lei perché nonostante quello che le è successo si fida ancora facilmente della gente. A me quel tizio non la conta giusta, c’era qualcosa di familiare nello sguardo di quell’uomo, qualcosa che fino ad ora non ho mai notato ma che ora mi preoccupa enormemente.
Continuo a fissare il muro del salotto seduto sul divano con sguardo perso a ripensare a quanto fottutamente testa di cazzo sono stato con lei. Continuo a rimuginarci immaginando svariati modi in cui avrei potuto far sviluppare la situazione e persino la più fottuta delle visioni era meglio di come realmente sono andate le cose. Cristo, per quanto ho aspettato di poter stare con lei e io mi comporto da stronzo. In preda ad un attacco di rabbia contro me stesso mi alzo dal fottuto fosso che ho creato con culo sul divano e mi avvicino alla porta d’ingresso aprendola. In poco sono davanti alla sua porta ma mi blocca il sentire delle urla dall’altra parte. Sta litigando con suo padre.
Non so da quanto tempo battibeccano in questo modo ma deve essere qualcosa di importante. E se suo padre avesse scoperto di noi? Se non me la facesse più vedere. Sono quasi in procinto di bussare e di entrare senza neanche aspettare il permesso ma il mio pugno si ferma a mezz’aria quando con non curanza un coglione si mette in mezzo.
“Cosa stai facendo?”- volto lo sguardo alla mia destra per vedere il biondino che mi squadra dal ciglio delle scale, cosa cazzo vuole ora questo?
“Fatti i cazzi tuoi pulcino.”- ritorno a guardare la porta di fronte a me e le urla sembrano essersi placate, non si sente più nulla. Devo parlare con Tal.
“Possiamo parlare?”- chiede il ragazzo sbiancato.
“Di cosa vuoi parlare? Hai perso la mamma?”
“Smettila di scherzare sono serio.”- io non ho mai neanche rivolto la parola a questo tizio.
“Cosa vuoi? Ho da fare.”
“Voglio parlarti di Talìta.”- la cosa comincia ad interessarmi all’improvviso. Incrocio le braccia al petto per incitarlo a sputare il rospo, qualsiasi cosa riguardi lei riguarda anche me.
“Di cosa?”
“Non c’è niente tra voi due vero?”- assottiglio lo sguardo cercando di capire dove vuole arrivare.
“Perché questa domanda?”
“Perché mi interessa, allora?”- come cazzo si permette di dirmi una cosa del genere. Lui non sa un cazzo e non può sapere un cazzo porca puttana. Non posso dirgli che stiamo insieme, Tal mi ucciderebbe, mi ha fatto promettere di non dirlo ancora a nessuno. – “Hey?”- mi sventola la cazzo di mano davanti al viso per richiamare la mia attenzione-
“No.”
“Quindi posso chiederle di uscire. Grazie, davvero, credevo che-“- non riesco a farlo finire di parlare con la sua voce fottutamente fastidiosa che l’ho già incollato al muro rumorosamente afferrandolo per il colletto della sua stupida e fottuta polo. – “Che diavolo ti prend-”- gracchia dimenando i piedi a penzoloni a centimetri da terra.
“Tra me e lei non c’è niente ma se tu ti azzardi a chiederle di uscire io ti taglio le palle e te le ricucio in fronte!”- ringhio a denti stretti esprimendo in queste parole quanto cazzo sono furioso.
“Se tra te e lei non c’è un cazzo perché non posso provarci?”- osa rispondere con la faccia da finto duro che si ritrova. Cristo santo, quanto mi da sui nervi.
“Cosa succede? Harry.”- la voce di Tal che fa capolino dalla porta mi fa quasi spaventare e lascio andare con poca cura sul pavimento il biondino, che mugola per il dolore. –“ Ti sei fatto male?”- amorevole come sempre tira su lo stronzo cascamorto da terra mentre Ruben sentendo del frastuono esce a controllare. Lo sguardo che mi rivolte fa accapponare la pelle. Gli prenderebbe un fottuto infarto se scoprisse che sto con sua figlia. Quasi rido per l’ironia della cosa, quasi. – “Vieni, vuoi dell’acqua, sei pallido.”- parla Tal preoccupandosi per Nait. Lo stronzo ne sta approfittando.
Prima di entrare dentro l’appartamento Tal mi rivolge un’occhiata che sta espressamente esprimendo la sua perplessità. In meno di un secondo sono solo in corridoio appoggiato al muro e giocando con il feltro del mio tutore come se stessi aspettando un segno divino. Ma forse sto solo aspettando che lei ritorni qui e mi baci come se non ci fosse un fottuto domani.
“Mi dici cosa è successo?”- ne esce proprio lei qualche minuto dopo, sussurra chiudendo la porta di casa sua dietro di sé.
“Cosa fa nel vostro appartamento? Non è mica morto.”- soffio irritato.
“Cosa ti ha fatto? Perché lo tenevi così?”- chiede ancora, la voce un mormorio guardandosi di tanto in tanto in torno. Questo mi da fastidio, nascondermi mi da fastidio.
“Voleva chiederti di uscire.”- sussurro a mia volta.
“E tu come lo sai?”
“Perché me lo ha detto, perché lo avrei appeso al muro e minacciato di staccargli le palle se no?”- rispondo come se la cosa fosse fottutamente ovvia. La sua espressione prima frastornata comincia a mutare e un dolce sorriso comincia a farsi spazio sulle sue bellissime labbra.
“Perché te lo avrebbe detto?”- ridacchia divertita.
“Cosa cazzo ne so, pensava che ci stessimo frequentando. Mi ha praticamente chiesto il permesso.”- gesticolo fastidiosamente con le mani cercando di trovare le parole da dire e di non dirle ad alta voce. – “Che non gli ho dato.”
“Sei geloso.”- si da impazzire. Lei sorride a questa sua rivelazione e a me gioisce il cuore nel vederla spensierata.
“Ovviamente.”- non riesco a resistere, non più. Mi guardo furtivamente intorno e poi, disperato, mi fiondo sulle sue labbra. Disperato perché forse mi voglio far perdonare del mio caratteraccio di questa sera, perché forse voglio ricordarle che comunque e in ogni caso la amo. Lei si alza sulle punte delle sue ballerine per raggiungermi meglio e non c’è niente di meglio di questo bacio pubblicamente proibito. C’è suo padre dietro una porta con un fottuto bambinone piagnucoloso e tutti gli altri inquilini al piano di sotto.
Lecco il suo labbro quasi a volerla assaporare con ogni papilla gustativa e la stringo a me, petto contro petto. Il suo sembra più gonfio schiacciato al mio e amo quando accarezza il mio collo con le mani quando mi bacia.
Ad un tratto la porta si apre e in mezzo secondo siamo già distanti ma felici. Suo padre mi squadra dalla testa ai piedi accusandomi di qualcosa che non conosco con quel suo sguardo querelante. Conniventi sono gli occhi miei e di Tal che fissa suo padre tranquilla.
“Non farlo più.”- mi rimprovera la ragazza come se avesse appena concluso una ramanzina sul mio caratteraccio. Annuisco provando a trattenere le risate quando lei rientra in casa sua sotto gli occhi del padre che al contrario sembra voler dire più di quanto non voglia.
“Sta lontano da mia figlia.”
E io ruoto gli occhi al cielo alla semplice frase che se pur attesa mi fa comunque ricordare che lui non mi accetterà mai.
***
Finalmente è il fottuto sabato, il mio unico giorno di riposo durante la settimana. L’unico giorno in cui posso fottutamente dormire senza che lo stronzo di Conrad mi butti giù dal divano all’alba per andare a lavoro. Quando scalcio la coperta dal mio corpo premuto sul divano la giornata sembra bella, ma ormai ogni giorno mi sembra stupendo da quando posso dire a Tal quanto sono innamorato di lei. Fottutamente sdolcinato, a volte mi faccio schifo da solo.
Preparo il mio caffè dopo essermi vestito e ancora con la tazza tra le mani scendo al piano di sotto per sgraffignare qualche toast caldo ad Ines che è già all’opera nel lavare i piatti della sera prima. Ormai questa cazzo di casa della servitù è diventata davvero casa mia. C’è aria di famiglia qui dentro. Vorrei che Gemma fosse qui con me. Cristo, quella bambina continua a stare in quel palazzo vuoto da sola. Questo pensiero basta per spegnere il sorriso che avevo guardando dalla finestra la ragazza in giardino che annaffia i fiori delle siepi.
Divoro il toast e finisco il mio caffè lasciando tazza e briciole sul tavolo in cucina meritandomi occhi di fuoco da Ines che tendo di addolcire con un sorriso.
Quando metto piede fuori dalla porta per raggiungere la mia ragazza il mio cellulare mi squilla in tasca e sono costretto a prenderlo per farlo zittire.
“Pronto?”
“Harry?”
“Louis, che succede?”- da quanto tempo non lo sento? Saranno un paio di giorni ormai.
“Abbiamo un problema.”- un altro problema richiama il mio sguardo strizzato dal sole verso quella faccia di cazzo che riconosco come Liam. Cammina sul vialetto del giardino e punta Tal. Lei lo saluta sorridente. Cosa cazzo ci fa qui lui? – “Mi stai ascoltando? Haz?”- mi richiama il mio amico al cellulare.
“Si.”- rispondo distrattamente non distogliendo lo sguardo dai due in mezzo al prato.
Contemporaneamente una figura grassoccia esce dalla villa bianca poco distante e saltella giù per le scale con delle carpette di vari colori in mano in uno dei suoi soliti completi firmati da qualche stilista di fama internazionale. Papà posa i suoi documenti in macchina mentre Tal sorride ad una battuta di Giuda in persona. E io continuo a non ascoltare Louis che sembra particolarmente agitato.
“Louis parla.”
“Si tratta di Josh, ti sta cercando.”- biascica Louis al cellulare.
“Cosa?”
“Edward possiamo parlare?”- mi volto di scatto per riconoscere la sagoma di mio padre a pochi metri da me. Ora Tal mi guarda, poi guarda mio padre e poi ancora me e Liam fa lo stesso.
Non so a cosa pensare prima. A Louis, a Tal, a Liam o a papà? Deve essere tornata la mia sfortuna cosmica del cazzo.
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Questa volta è domenica e sono puntuale. Grazie a dio non sono svenuta sul pc mentre scrivevo perchè sto davvero da schifo.Ho un raffreddore pazzesco.
Intanto grazie mille perchè ormai ogni capitolo che posto ogni settimana raggiunge i quasi 700 voti ed è fottutamente fantastico! Per usare un gergo alla Harry xD
Seconda cosa grazie per tutti i complimenti che mi fate per la storia e per quelle che mi chiedeno sempre quanti capitoli mancano lo ripeto all'infinito: Non lo so, perchè non tengo un conto, quando finirò l'ispirzione finirò Almost ma ho ancora tantissimo da scrivere quindi mettetevi il cuore in pace xD, dovete sopportarmi.
Terza cosa date un'occhiata alla mia traduzione di Stay! è una bella storia.
Quarta cosa LEGGETE, VOTATE, COMMENTATE E COSIGLIATE ALMOST. Ci sentiamo al prossimo aggiornamento<3
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