5. Primo giorno di scuola

Mi preparo a ripetere una cosa che ho già fatto varie volte. Il ritorno a scuola. Sono decisa a completare il mio corso di studio e se questo implica il dovermi reintegrare, allora lo farò. Non è di certo la prima volta, probabilmente non sarà neanche l'ultima. Con tutte le scuole che ho girato nulla mi sorprende più. Solita storia, cortili strapieni, ragazzi talmente ottusi da sentirsi i signori del mondo e tanto ignoranti da non saper quasi parlare la propria lingua. Cultura sotto le scarpe, tutto basato sull'apparenza e ragazzi emarginati come se avessero contratto la peste.

Ho imparato presto a stare lontana da tutta quella marmaglia, tant'è che nelle ultime due scuole che ho visitato non mi sono neanche sforzata di fare amicizia con qualcuno. A che serve se poi devo dirgli addio?

Almeno posso ammettere che la struttura è molto più grande di quelle che ho già visto. Sembra una scuola da ricconi e ancora non capisco perché papà mi abbia iscritta proprio qui. Questo posto mi fa sentire fuori luogo e a disagio, alquanto strano visto che conosce il mio disprezzo per le cose eccessive e i cancelli placati oro sono assolutamente eccessivi.

E' strano pure che non li abbiano ancora rubati, chissà, magari sono anche attrezzati da cavi elettrici capaci di scagliare una scossa di elettricità tale che ogni ladro che abbia mai provato a portarli via è rimasto attaccato ad essi con i capelli fumanti.

A cosa pensi Talìta? Torna sulla terra ferma.

"Ciao."

Una voce alle mie spalle spaventandomi, mi fa voltare. Davanti a me c'è un ragazzo alto con occhi scuri, mi saluta con una mano come se volesse essere cortese. Mai fidarsi di nessuno.

"Ciao."- ripeto curiosa a mia volta.

"Sei quella nuova giusto? Io sono il rappresentante degli studenti, piacere Liam."


Il ragazzo mi porge la mano strizzando gli occhi per via del sole del mattino. Mi accorgo che ha un viso dai lineamenti sinuosi e un abbigliamento da tipico americano con la fissa per la moda. Ne ho visti tanti come lui, tipici ragazzi espansivi con buoni propositi ma troppo coinvolti nel pensare al giudizio degli altri.

"Talìta, piacere di conoscerti. Si sono quella nuova."- rispondo cercando di mostrarmi educata.

"Perfetto, sapevo di non averti mai vista qui, quindi ho supposto fossi tu quella a cui avrei dovuto dare questo."

Dalla sua tasca tira fuori un foglio ripiegato su se stesso almeno due volte. Me lo porge prima di grattarsi la nuca con l'altra mano. Segno che è a disagio, o per la fretta o perché non vuole essere visto conversare con quella nuova.

Penso sempre che il detto mai giudicare un libro dalla copertina sia assolutamente una stupidaggine. Ogni individuo ha gli stessi caratteri e stessi sentimenti e paure. Chi più chi meno, chi più espansivo chi meno, chi più intelligente chi meno ma tutti uguali alla fine.

"Sono i tuoi orari delle lezioni e il preside vuole parlarti alla fine delle lezioni di oggi."- conclude mentre io comincio a dare un'occhiata alle materie di oggi, mi tocca arte alla prima ora.

"Grazie. Liam giusto?"

"Si giusto, di nulla comunque. Se hai bisogno di qualcosa puoi chiedere a me, ci vediamo in mensa."

Il ragazzo dopo avermi salutato con un gesto della mano si allontana di fretta entrando dentro l'edificio dove è già suonata la campana della prima ora. Si ricomincia.

***

E' tutto confusionario. La luce del sole, proveniente dalle ampie finestre, rende il pavimento più lucido di quanto già non sia. Gli armadietti grigi stanno bene con il rosso acceso delle mura. E' tutto così curato che quasi non sembra una scuola. Quasi. Gli studenti chiassosi sono ovunque e, mio malgrado, non cambiano neanche se sono oltre oceano, sono i soliti ragazzi con gli ormoni in subbuglio.

Così fastidiosi quando ti spintonano senza accorgersene, così sudati da far schifo, così pieni di adrenalina e impazienti di commettere qualche bravata, così stronzi con le ragazze e i ragazzi più piccoli di loro. Scene già viste e riviste. Sarò stramba, ma non sono come gli altri, a me piace la tranquillità.

Busso, senza curarmene tanto, alla porta di quella che deve essere la classe di arte. Non che mia materia preferita. Adoro tutto quello che riguarda il ritrarre o il modellare qualcosa con la sola forza delle mani e della vista, il creare qualcosa dal nulla, ispirati da qualcos'altro di così perfetto da non poter far a meno di guardare.

"E' lei la signorina Naràn?"

Un uomo sulla trentina richiama la mia attenzione dopo che ero rimasta affascinata da quell'enorme stanza.

"Si, sono io, scusi il ritardo ma non trovavo la classe."- rispondo per poi avvicinarmi alla cattedra sentendo gli occhi di tutti i ragazzi sulla schiena, odio quella sensazione.

"Non fa nulla."- mi rassicura. –"lei è una nuova studentessa, frequenterà questa scuola da oggi e si chiama-"

"Talìta"- continuo distrattamente con un filo di voce ancora troppo presa nell'osservare quell'ambiente.

I muri non hanno uno spazio bianco ma sono tutti dipinti con dei murales stupendi, se non fossimo in una scuola penserei che è opera di qualche teppista, come di solito pensavo quando vivevo in Tunisia. Ma questa è pura arte, ogni cosa in questa stanza è perfetta.

Tutti gli studenti hanno una propria postazione dove poggiare teli, fogli, vernici, pennelli e colori di vario genere. Persino lo scaffale dei prodotti per la pulizia degli utensili è affascinante.

"Talìta, Talìtà!"- la voce del professore mi fa tornare alla realtà facendo emergere un mormorio divertito dai presenti. -"Puoi sederti in quel posto in fondo."- continua il professore evidentemente divertito dal mio temporaneo stato di trance, che imbarazzo.

"Scusi, vado subito."

Con una velocità tale da far invidia ad una gazzella, raggiungo il posto indicatomi dall'uomo e subito cerco di diventare invisibile tra gli altri. Mi riesce benissimo da ben diciassette anni.

Il professore comincia a spiegare qualcosa sull'arte di muovere il pennello correttamente mentre io passo lo sguardo sui ragazzi presenti in classe. Tutti uguali, chi si lamenta perché la vernice le ha rovinato la manicure, chi perché si è sporcato la maglia nuova, chi non sopporta indossare quei grembiuli di plastica perché considerati un oltraggio alla moda e chi come me ruota gli occhi al cielo alla vista di tanta altezzosità.

Dopo pochi minuti sento un brusio al mio orecchio destro, con mio grande stupore, voltandomi da quella parte, vedo il così detto Liam farmi un cenno con la mano. Ricambio, contenta di essere in classe con qualcuno che conosco, se pur da pochi minuti.

Riprendendo la mia ispezione non posso fare a meno di soffermarmi sul ragazzo vicino alla porta d'uscita. Era troppo bello per essere vero, a quanto pare il figlio di papà è in classe con me.

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