49. Gelosia
TALITA’S POV
C’è uno strano e inusuale fermento nel nostro alloggio questa sera. E’ una di quelle situazioni in cui apparentemente non sai dove mettere le mani, cosa fare o cosa dire ma alla fine si risolve tutto. Pensavo che questo posto per me e papà fosse enorme, ho il mio spazio e addirittura una stanza tutta mia. Questo prima non era neanche concepibile. Però ironicamente proprio ora mi sono resa conto di quanto piccolo sia questo appartamento per quattro persone.
E’ divertente vedere papà adoperarsi nel cercare nell’armadio cuscini e lenzuola nuove senza però prima aver considerato dove metterli. Nash è sprizzante di felicità come suo solito e mi mette allegria prendendo atto della strana e intensa giornata passata in ospedale tra medici, infermiere e malati. La povera Doris al contrario è in imbarazzo e poverina in balìa di un figlio con grandi doti persuasive.
“Se ci sono problemi possiamo andare in hotel come al solito.”- continua a ripetere ma papà prontamente risponde che non c’è nessun problema.
“Va bene se stiamo qui giusto?”- Nash togliendosi il suo impermeabile si mette comodo sul divano e supponendo l’inizio di una conversazione lo seguo.
“Certo, è divertente avere gente nuova in casa.”- lo rassicuro. E’ strano vedergli i capelli, di solito erano sempre coperti dai suoi cappelli sportivi. – “Cosa ti è successo? Sembri più, normale.”- continuo esitando nel notare il suo a me nuovo abbigliamento.
“Ho anche io vestiti normali. Credevi che indossassi solo maglie e canotte del basket?” – ride guardandomi come se fossi un alieno.
“Si lo credevo.”- ammetto.
“Oh piccola Tali, non mi conosci per niente.”- incrociando le gambe sul sofà prende a digitare bottoni sul telecomando della televisione cambiando ripetutamente canale. Per me è inevitabile compararlo a Harry. Spesso fa la stessa cosa quando viene qui. – “A proposito, dimmi un po’, era quello Harry?”- chiede dopo pochi minuti trovando interessante una rubrica culinaria sul canale sei.
“Si, era lui.”
“Brutto tipo, da come me ne parlavi lo credevo meglio.”
“Cos’ha che non va?”- chiedo curiosa del suo giudizio. – “Insomma, non ci hai mai parlato.”
“Non lo so, cioè, per intendersi …”- distoglie lo sguardo dalla tv- “… ammettilo, fisicamente sono meglio io.”
La sua faccia apparentemente seria mi aveva quasi ingannata ma sul viso di Nash è inevitabile considerare anche la componente ironica tant’è che guardando la mia espressione perplessa scoppia a ridere. Stringe gli occhi in fessure e allarga la bocca facendo spuntare la sua dentatura perfettamente bianca.
Come quella di Harry. Penso tra me e me.
“Stupido, stavo cominciando a pensare che fossi geloso!”- rido anche io strattonandolo per una spalla.
“Ma io sono geloso piccola Tali!”- risponde abbracciandomi come un bambino che in procinto di addormentarsi stringe il suo orsacchiotto.
Non posso fare a meno di provare un tenero sentimento di affetto per questo ragazzo, strano ragazzo, che studia economia ma veste come un rapper di terz’ordine ma che sa essere normale in certe occasioni. Questa cosa tra di noi è scattata quasi subito e non so nemmeno come o perché adesso ci ritroviamo così legati l’uno all’altro. So solo che se ho voglia di ridere, di scherzare su cose prettamente stupide e superficiali o di alleggerire emozioni importanti che mi provocano una certa angoscia con l’ironia posso andare da lui perché sa come comportarsi con me anche se effettivamente non ci conosciamo quasi per niente.
“Anche io sono gelosa.”- rispondo accoccolandomi a lui come faccio con papà. Sento il suo petto vibrare e so che sta ridendo sulla mia testa.
“Posso dormire con te questa notte?”
“No.”
“Acida.”- e ancora una volta mi ritrovo a pensare a lui.
HARRY’S POV
Mi prude, mi prude la fottutissima gamba e io sto impazzendo. Ho i nervi a fior di pelle e nemmeno un film porno potrebbe rilassarmi al momento. Ho bisogno urgente di una doccia, puzzo di ospedale e i miei capelli non hanno più una cazzo di forma. Tutto va storto ad Harry Styles. Va tutto, sempre, fottutamente storto. In auto avevo dei precisi piani per la serata e tutti implicavano la presenza di Tal, egoisticamente parlando. Già pregustavo il momento in cui le avrei chiesto fottutamente gentilmente di prepararmi qualcosa da mangiare e magari d’imboccarmi mentre lo spettacolo dei suoi occhi blu mi avrebbe fatto desiderare di fermare il tempo.
Tutto questo è andato a puttane quando un suricato di un metro e ottanta ha richiamato l’attenzione della mia Tal. Doris me la pagherà prima o poi per essersi portata dietro quel tipo. Sono fottutamente incazzato.
“Fanculo.”- impreco gettando dall’altra parte del tavolino un’inutile penna che di certo non è riuscita ad alleviare il prurito all’interno dell’ingessatura.
“Fai mai un sorriso tu? Sembri il ritratto del due novembre.”- commenta Conrad aggiungendo un cuscino sotto la gamba. Non ho mai desiderato così tanto un fottuto letto in vita mia, sono stufo del divano.
“Per cosa dovrei sorridere?”
“Sei vivo, poteva andarti peggio di così.”
“Non mi fa sorridere sapere che avrei potuto rimetterci la pelle.”- sarebbe stato il completamento della mia vita di merda e la soluzione a tutti i miei problemi, ma probabilmente il karma ha ancora qualche trauma in serbo per la mia povera salute psicofisica.
“Senti io vado a letto, devo lavorare domani, hai bisogno di qualcosa?”- chiede strofinandosi gli occhi stanchi, probabilmente non ha dormito per niente da quando l’hanno avvisato dell’incidente. Scuoto la testa, non ho bisogno di nulla, forse solo di pensare un po’ davanti ad un telefilm serale. – “A domani allora, non andare a scuola se non te la senti.”- questa volta non rispondo parendomi ovvio che non ci andrò, dovrei anche scontare la mia punizione. Al solo pensiero butto fuori un respiro stanco mentre accendo il televisore nel buio del salottino.
Non so neanche quanto tempo passa, ma so di aver visto più o meno quattro sitcom diverse consecutivamente e un notiziario notturno. Nessuno di questi mi ha conciliato il sonno e sono fottutamente nervoso, continuo a picchiettare l’indice sul telecomando pensando che a pochi metri da me Tal è insieme a quel tizio con i capelli strani. Decido di mandarle un messaggio.
A Fiorellino: Sei sveglia?
Probabilmente sarà fottutamente egoistico da parte mia pensare che la voglio tutta per me, ma cazzo, la voglio tutta per me. Non passa neanche un minuto e risponde fortunatamente.
Da Fiorellino: Si, non riesco a dormire. Ti pensavo.
Non so come sia possibile ma un sorriso mi ha appena solcato le guance. Mi stava pensando. Cristo, la voglia di vederla è tanta. Se non mi conoscessi penserei di essere una fottuta femminuccia in questo momento. Innamorato, illuso e bisognoso d’affetto. Patetico insomma. Ma preferisco dare sfogo ai miei bisogni alle undici di sera per poi ritornare alla mia immagine da penoso bastardo incazzato domani mattina.
A Fiorellino: Vieni da me. Per favore.
Nella mia mente continua a farsi spazio il pensiero di quanto sia debole e di quanto non riesca a stare senza l’aiuto o il conforto di qualcuno. Tal ha detto che chiedere aiuto non è una debolezza e in altri casi sarei d’accordo con lei, ma quando lo si vive sulla propria pelle ci si sente solo stupidi. Non posso però negare a me stesso che potrei facilmente rinunciare all’aiuto di tutti tranne che del suo. Io ho bisogno di lei. Solo Dio sa quanto sia cambiata la mia vita da quando la conosco.
“Harry.”- una delicata voce, un sussurro al di là della porta d’ingresso mi avvisa che è venuta davvero. Mi affretto a prendere le stampelle al mio fianco e ad alzarmi dal divano che mi ha fatto compagnia per tutta la serata. La gamba fa male.
“Entra.”- le dico con uno stupido sorriso in faccia quando le apro la porta. – “Cos’hai lì?”- chiedo notando il piatto nelle sue mani. Ma prima di tutto noto però che è dentro il suo pigiama rosa e ha rialzato i capelli in una coda alta. Come può qualcuno essere perfetto anche quando sta per andare a dormire? Io sembro un fottuto zombie.
“Io e Doris ci siamo date ai dolci.”- sorride in un sussurro poggiando il piatto sul tavolo in cucina. – “Conrad dorme?”
“Si.”- rispondo mentre lei mi aiuta a sedermi su una sedia riponendo le stampelle ordinatamente vicino al muro. –“E quel tizio, Flash?”- sono più curioso di sapere dove stia dormendo più che altro.
“Nash.”- mi corregge con un coltello in mano. Per un attimo ho avuto paura che mi uccidesse ma poi ho tirato un sospiro di sollievo quando lo ha utilizzato per tagliare una fetta di torta al cioccolato per me. – “Lui e Doris dormono nella stanza di papà che invece ora sta sul divano.”- sono sollevato anche del fatto che non dorma vicino a Tal.
“Non mi avevi detto che sarebbe venuto.”- affermo gustando il dolce preparato dalla mia dolcezza in persona.
“Dovevo?”- cristo, lei non è tenuta a dirmi niente.
“Non necessariamente.”- cerco di sdrammatizzare mentre anche lei addenta la sua fetta al cioccolato. E’ tutto così fottutamente erotico. Sono fuori di testa. Trovo sensuale l’immagine di una ragazza che mangia una torta. Forse è solo il cioccolato, in fondo è considerato un afrodisiaco ho sentito dire su un programma culinario in tv. Se fosse vero mi verrà una fottuta erezione a breve se continuo a guardarla mentre si lecca le labbra sporche di glassa.
“Secondo me andreste d’accordo.”- spezza poi i miei peccaminosi pensieri.
“Chi?”- sembro intontito.
“Tu e Nash.”- risponde masticando un boccone di pan di spagna. –“E’ simpatico se lo conosci, sa un sacco di cose interessanti.”- chi cazzo è? Oscar Wilde? – “Vedrai, sa sempre cosa dire.”
“No grazie, non m’interessa.”
“Provaci almeno.”
“Non succederà mai che io faccia l’amico con Flash, chiaro?”- forse sono sembrato un po’ brusco. – “Scusa.”- abbasso lo sguardo sul mio piatto.
“Perché lo chiami Flash?”- ride dopo pochi attimi di silenzio. Il suo tentativo di sorvolare il mio cattivo carattere è ammirevole. Alla sua domanda avrei voluto rispondere perché quel ragazzo se ne andrà via più velocemente a calci in culo di quanto è arrivato, ma non posso risponderle così.
“Perché mi va così.”- scrollo le spalle finendo la mia torta e lei sorride, dio quando sorride. Stringe gli occhi, le si allarga la bocca, mostra il suo stupendo sorriso e sembra che le si gonfino le guance. La adoro. Automaticamente sogghigno anche io fissandola di soppiatto.
***
A volte ripensando a tutto quello che mi sta succedendo mi sento pervaso da una certa adrenalina e voglia di cambiare tutto della mia vita, renderla migliore insomma per me e per chi mi sta attorno, ma sono solo sentimenti destinati a svanire in pochi attimi perché subito dopo quella voglia di cambiare viene sostituita da un estremo pessimismo sulle mie possibilità. Comincio a pensare che nulla può cambiare per il semplice fatto che io non ne sarei capace. Forse esagero. Mi trovo sempre sul punto di pensare che ci sono quasi, ma poi vengo di nuovo calato nel baratro da cui sono arrivato.
Voglio una vita che non sia questa. Troppi problemi, troppa fatica, troppe delusioni. Ma in fondo quale vita non è complicata? Giusto?
“A cosa stai pensando?”- i miei stupidi pensieri mi hanno distratto dalla ragazza al mio fianco. La luce blu della televisione si rispecchia nei suoi occhi del medesimo colore e io resto ammaliato per brevi attimi prima di riprendermi.
“A niente, stupidaggini.”- rispondo scrollando le spalle. E’ rimasta con me per molto tempo e sinceramente non mi aspettavo la sua compagnia questa sera, eppure è qui con me invece che col suo nuovo fottuto ospite.
“Forse è ora di andare, si è fatto tardi.”- annuncia poi alzandosi dal divano e lasciando un posto vuoto accanto a me.
“Perché? No.”
“C’è scuola domani, mi dispiace.”- come posso farla sentire in colpa per questo? Che idiota.
“No, hai ragione, vai.”- la consolo. – “Aspetta, potresti prendermi il pigiama nella valigia prima?”- forse è solo un tentativo per farla restare più a lungo, un patetico tentativo. E so per certo che non mi direbbe di no.
“Certo.”- velocemente si avvicina al mio bagaglio abbandonato nell’angolo del salotto e comincia a trafficare tra i vari indumenti accovacciata al suolo. Cristo, io neanche lo indosso il pigiama la notte. –“Cos’è questa? Era in mezzo al pigiama.”- afferma ritornando poco dopo. Mi porge i vestiti e una busta, che avevo dimenticato di avere con me.
“Oh, nulla, solo una vecchia bolletta.”- rispondo afferrandola. – “Non so come ci sia finita qui.”- mento, l'ho nascosta lì la sera stessa in cui l'ho trovata in camera dei miei genitori.
“Bene, allora io vado.”- comincia ad avviarsi, ma non la lascerei andare in questo modo.
“Dove vai? Non saluti neanche?”- la derido. Lei divertita si volta di nuovo verso di me, seduto sul divano e comincia a scuotere la mano in segno di saluto ma non è questo che voglio. – “Saluta Flash così. Io voglio un bacio.”- continuo con ovvietà incrociando le braccia al petto.
Non credo lo farà. Anzi è ovvio che non lo farà ma avevo programmato di farla avvicinare e poi sarei stato io a concedermi il lusso di sfiorare la sua guancia candida. Ma come sempre mi prende contro piede. Ci ha pensato, so che ci ha pensato ma il suo passo deciso quando si avvicinata a me mi ha quasi bloccato il battito cardiaco e quando con forza prende il mio viso tra le sue mani noto quanto magnificamente grandi siano i suoi occhi.
Baciami Tal. Fallo.
Spero mentalmente e forse mi aspetto troppo. Si siede tra le mie gambe e lentamente avvicina le labbra al mio viso, ho già smesso di respirare guardandola in tutta quell’orientale bellezza. Le mie mani lambiscono i suoi fianchi mentre il mio sguardo è fottutamente frenetico e scostante mentre passa dai suoi occhi alla sua bocca. Troppo vicini per resistere e troppo voglioso per evitare di mordermi il labbro mentre un mezzo sorriso si forma sulla mia faccia. Adoro respirare la sua stessa aria. E’ tutto così bello e tranquillo.
Quando poi le sue labbra toccano la pelle ruvida della mia guancia non so se essere felice o incazzato per aver sperato fottutamente altro. Un secondo bacio sullo stesso punto e in fine un terzo. Il suo profumo, che buono il suo profumo.
“Ti voglio bene Harry.”- dice in fine abbracciandomi.
“Te ne voglio anche io.”- e non sai quanto, aggiungo mentalmente stringendola di più.
Decido che mi basta, si mi basta fottutamente. Non lo aveva mai fatto, non mi aveva mai dato un bacio, sulla guancia, ma sempre fottutamente un bacio. Sento che qualcosa questa sera è cambiato, non so precisamente cosa, ma lei sembra diversa, più aperta forse. Più spensierata, più felice.
Quando se ne va lasciandomi nel buio del salone ci penso ancora e ancora e forse non prenderò sonno a furia di pensarci. E’ stato fottutamente bello sentirla così vicina a me e sono anche fiero di me per essere riuscito a controllarmi. Il mio autocontrollo sta migliorando, se questo fosse successo qualche settimana fa non avrei esitato a baciarla senza ritegno.
Non è strano pensare che fino a poco tempo fa tutto quello che volevo era puro piacere personale e ora passo più tempo a pensare alla sua felicità che alla mia? Forse perché se lei è felice sono felice anche io. E lei sembra felice ora nonostante quello che ha passato, quindi fanculo alla mia sfiga e alla mia vita di merda.
Prima di addormentarmi con un ebete sorriso in bocca do un’ultima occhiata alla busta tra le mie mani.
85 London Road, Holmes Chapel, Cheshire. United Kingdon.
Sospiro e poi cado in un sonno profondo.
***
“Fanculo alle stampelle”
Cerco inutilmente da venti minuti di scendere le strette e ripide scale della casa della servitù. Ad ogni passo ho il timore di essere proiettato con la faccia in terra in seguito ad uno scorretto slancio. Non c’è verso che ci riesca. Braccia e gambe sono fottutamente scoordinate e credo che molto probabile non riuscirò ad arrivare di sotto senza prima rompermi l’altra gamba.
“Hai bisogno d’aiuto?”
“No.”
“Sicuro?” – fastidioso. E’ lui, sono sicuro che è lui, non c’è nessun’altro in casa, sono tutti a lavoro e Tal è a scuola. Fottutissimo Flash. – “Io credo che tu ne abbia bisogno.”
“Invece no! Non ho bisogno del tuo fottuto aiuto.”- sbotto voltandomi verso la sua faccia da fottuto pretzel, ma che fisionomia del cazzo.
Ritorno in me e nei miei vani tentativi di arrivare in giardino cercando di ignorare la sua presenza alle mie spalle. Poggio le punte delle stampelle sullo scalino seguente e con attenzione provo a saltellare su un piede mantenendo sollevato l’altro ma sbaglio la traiettoria e finisco per saltare due livelli atterrando direttamente a metà scala. Se non mi fossi aggrappato alla ringhiera sarei già capitolato sul pianerottolo. Una stampella è riuscita a fare la fine prevista e ora mi ritrovo a sbuffare con una gamba ingessata e a pensare a come scendere con un solo supporto.
“Io continuo a pensare che tu abbia bisogno d’aiuto.”- ringhio mentalmente soffiando via il ciuffo dagli occhi. Non gli servono parole e nonostante provi un profondo disprezzo nei suoi confronti mi aiuta a saltellare giù reggendomi per un braccio mentre io cerco di tenermi su con l’ultima stampella rimastami. Forse sarebbe stato meglio rotolare per le scale e rompermi un femore piuttosto che stare così appiccicato a faccia da pretzel.
Sospiro stancamente sollevato quando finalmente giungo su un pavimento pianeggiante. Mi porge l’altra stampella che mi affretto ad afferrare solo per la premura che ho di allontanarmi da lui.
“Neanche un grazie? Tali aveva detto che eri un dolce ragazzo.”- ridacchia dalla sua posizione mentre io mi fermo in prossimità della porta d’uscita.
“Tal ti ha parlato di me?”- chiedo mentre le parole dolce ragazzo uscite dalla bocca di Tal mi fanno battere il cuore.
“Si lo fa spesso, banana?”- suggerisce afferrandone una dal cesto della frutta al centro del tavolo.
“No. Cosa ti ha detto esattamente Tal?”- spero proprio che non sia andata a dire a questo tizio tutto della mia vita. Un contrasto di sentimenti dentro di me, due fazioni lottano una contro la voglia di sapere e l’altra contro la voglia di lasciare al più presto questa casa.
“Sostanzialmente che la tua vita è una merda. Mi dispiace che ti abbiano buttato fuori di casa a proposito.”
“Ti ha detto altro?”
“Niente a parte il fatto che hai un garage pieno di auto d’epoca. Hai un garage pieno di auto d’epoca? No perché mi piacerebbe vederle.”- scordatelo fastidioso grillo parlante. Ruoto gli occhi al cielo e mi volto nuovamente per andarmene prima che la sua voce mi fermi ancora una volta. – “Tali mi aveva detto che sei anche parecchio intrattabile.”
Ognuno ha in se inferno e paradiso, diceva qualcuno, no? Ma non m’importa di questo, piuttosto mi irrita che la chiami Tali con così tanta confidenza.
“Si chiama Talìta.”- lo correggo.
“So come si chiama.”- risponde addentando la sua banana.
“No, tu l’hai chiamata Tali.”- mi spiego.
“Non posso?”
“No.”
“Perché tu puoi chiamarla Tal e io non posso chiamarla Tali?”- chiede aggrottando le sopracciglia e mantenendo il boccone di banana all’interno della bocca facendo sembrare le sua guance più gonfie di quanto già non siano.
“Perché-“ – non so cosa rispondere, non riesco a formulare un motivo che regga a parte … -“ Perché io sono io.”- ribatto pateticamente – “E va al diavolo.”- concludo, credo di sentire una risata alle mie spalle mentre io scappo via saltellano sui miei supporti cercando di non umiliarmi ulteriormente.
A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio diceva Wilde.
TALITA’S POV
Non faccio altro che pensare a ieri notte, al mio strano comportamento, ad Harry che mangia la torta. Sto ancora cercando il motivo per cui l’ho quasi baciato ieri sera. Quando i miei piedi si sono mossi verso di lui il mio intento era proprio quello, volevo farlo. Solo dio sa quanto mi batteva il cuore in quel momento di incredibile tensione emotiva per me. Ero a pochi millimetri dalla sua bocca, dalla tentazione. Ancora poco e lo avrei fatto e lui sembrava così consenziente dal modo in cui mi teneva stretta.
Non riesco più ad essere lucida pensando a lui. Eppure in quel momento bucolico sono riuscita a riprendere il controllo di me stessa e a non fare quello sbaglio. Gli ho dato un bacio sulla guancia, uno di quelli che lui da sempre a me per qualche motivo. Poi sono letteralmente corsa via, lontana da chi pare mi confonda più del previsto.
Le ore scolastiche sono passate fin troppo velocemente pensandoci e mentre percorro il corridoio con i miei libri in mano ho lo sguardo consapevolmente perso tra le gambe e i piedi degli altri studenti.
Lui mi ha chiesto un bacio e io stavo per darglielo …
“Chi si rivede.”
“Liam.”- annuncio vedendolo corrermi in contro.
“Ma che fine hai fatto?”
“Scusa?”
“Dopo quella sera al pub non ti sei più fatta sentire, come stai?”- ha ragione, dopo quella volta all’ospedale non l’ho più rivisto, né lui né gli altri.
“Sto bene, scusa sono stata presa da un po’ di cose.”- tento di giustificarmi mentre entrambi ci dirigiamo verso l’uscita dell’edificio.
“Si lo so, in giro si dice che sia stato coinvolto in una rissa e che è finito in ospedale.”- pur non pronunciando il suo nome so per certo che parla di Harry. Il loro astio per me è ancora un mistero, non credo alla banale spiegazione che mi ha dato Harry settimane fa.
“Si, diciamo che non è un buon periodo per lui.”- dico abbassando lo sguardo sugli angoli spiegazzati dei miei quaderni. Lui non risponde e so perfettamente che parlare di Harry lo irriti, ma in fondo ha iniziato lui questa volta.
“Giusto te cercavo.”- la figura del professor Smith punta il dito verso di me e per un attimo credo che sia arrabbiato per qualcosa. Forse il compito in classe è andato male.
Si avvicina in fretta facendo schioccare le sue suole di cuoio sul pavimento cerato del corridoio. Liam al mio fianco mi mima un ciao e dice che mi chiamerà dopo. Annuisco distrattamente volendo solo sapere cosa voglia il professore.
“Buongiorno. Qualcosa non va?”- chiedo.
“No, volevo solo sapere come va con Harry.”- ovviamente. Tutti in questa scuola sembrano interessati ad Harry ultimamente. Sento spesso come ne parlano gli studenti tra una pausa e l’altra e sento tante di quelle storpiature della realtà che a volte ho voglia di urlare ai chiacchieroni che non è come dicono loro.
“Sta bene.”- rispondo semplicemente.- “Per la sua punizione, non credo che potrà-“
“Lo so, le voci girano signorina Naràn.”- sospira. – “E’ per questo che la cercavo, il direttore vorrebbe parlare con i genitori di Harry nel pomeriggio.”
Non so come prenderà questa informazione. Di cosa vorrebbe parlare con i signori Styles?
“Perché?”- oso chiedere.
“Perché non frequenta spesso la scuola, salta le lezioni, il suo rendimento è pessimo e rischia di non farcela quest’anno, per non parlare del fatto che non sconta la sua punizione. Il rettore è furioso non sa cosa fare.”- ero tanto occupata a pensare alla vita di Harry fuori dalla scuola che non ho pensato a quella al suo interno. – “Ti avevo chiesto di aiutarlo ricordi?”- annuisco, apparentemente su questo frangente pare che io non abbia fatto nulla per Harry ma invece ci sono sempre stata per lui in altre circostanze.
“Farò il possibile per aiutarlo."
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Nuovo capitolo! Questo capitolo mi piace abbastanza devo dire. Da voi vorrei sapere se questa storia vi prende ancora come all'inizio oppure vi sta deludendo e sta perdendo a livello d'interesse. Sono i miei soliti dubbi scusate. Ma voglio sapere se devo cambiare qualcosa o far succedere determinate cose per mantenere l'interesse :)
Detto questo nello scorso capitolo, in particolare nei commenti, mi sono un po' alterata. Al riguardo vorrei dire che io non voglio mai essere brutale o maleducata con le persone che leggono la mia storia. Ognuno può commentare e dire ciò che vuole su questa storia, cose belle o critiche che siano, non mi pare di aver mai vietato di farlo perchè anzi mi serve sapere se devo variare qualcosa per suscitare interesse. Sono stata sempre abbastanza chiara su questo per questo motivo a volte vi chiedo se vi piace ancora o no la mia storia, perchè volente o nolente niente è perfetto e tutto si può sempre migliorare.
Chiarito questo a una cosa tengo particolarmente, non avere pressioni. Cerco sempre di aggiornare una volta a settimana e sinceramente non mi pare che siano tempi impossibili da sostenere, se non è una settimana saranno dieci giorni ma non ho mai ritardato più di così. Se alcune di voi cominciano però a lamentarsi di questo e vogliono che aggiorni più spesso la risposta è semplice, non posso.
Scrivere non è un lavoro per me, è un passatempo, mi piacerebbe se fosse un lavoro ma non lo è perchè per ora sono altre le cose che mi prendono maggiormente come tutte voi, tipo la scuola, tipo il quinto anno di liceo classico e gli esami imminenti, il fatto che sto cercando di prendere la patente, di seguire le lezioni exstra d'inglese nel fine settimana e oltre questo dormire, mangiare, lavarmi e scrivere xD Sono cose che facciamo tutti e per questo vorrei che chi si lamenta se non aggiorno sempre capisca che ho anche una vita e non sono un automa.
Non è un non accettare le critiche, perchè io le accetto eccome, si tratta solo di rispetto. Tutto qui volevo solo essere chiara io non ce l'ho con nessuno anzi vi adoro tutte perchè, cavolo, leggete la mia storia come faccio a non volervi bene :)
Ho finito col monologo! Adesso vi chiedo come al solito di Commentare, votare e condividere Almost e di criticare quanto volete! xD Passate a leggere Stay sul mio profilo e se volete chiedermi qualcosa potete benissimo per messaggio privato. Anche perchè seguo sono 81 persone e vorrei seguirne di più, quindi potete chiedermi il follow se volete.
Basta ho finito <3
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