46. L'acquirente

TALITA’S POV

Passi indefiniti oltre la porta si susseguono ancora per qualche minuto e ormai anche la mia paura è quasi scomparsa. Sebbene siano i passi del padre di Harry ho come la sensazione che la mia paura di essere beccati sia infondata. Ci ho pensato in questo lasso di tempo in cui il ragazzo dai capelli ricci è rimasto chiuso in bagno.

Lui stesso una volta mi ha detto che nessuno entrava in camera sua, ben che meno i suoi genitori. Le probabilità che lo facciano ora sono ancora inferiori dal momento che Harry non c'è dentro per essere rimproverato per qualcosa. O almeno loro credono non sia dentro.

Al buio è tutto più macabro, la stanza già oscura di per sé sembra ancora più tenebrosa. Il silenzio è rumoroso e io ho capito solo ora di avere una certa paura del buio ma mi aggrappo a quel minimo di dignità che mi resta facendo affidamento sulla grande finestra vicino a me. La luce della luna riempie una piccola parte della stanza facendomi visualizzare uno scorcio di letto, un comodino, meno di mezzo armadio e un triangolo di tappeto. Se non fosse che non dovrei per nulla al mondo essere nella stanza di Harry all’insaputa di tutti, nel cuore della notte, penserei che è anche un bel posto e un bel momento per rilassarsi.

Ma con Harry nei paraggi è sempre difficile rilassarsi.

 

Se solo ripenso a quello che è successo arrossisco dall’imbarazzo. Mi teneva ancora stretta quando ho sentito quel fastidio sulla coscia. Il mio primo istinto è stato quello di allontanarmi il più velocemente possibile. Non posso essere io a fargli questo effetto, diamine, indosso un pigiama rosa da bambina. Senza accorgermene sto coprendo la bocca con una mano per nascondere una risata mentre i miei occhi vagano fuori dalla finestra a fissare la fontana blu al centro del cortile. Sembra una serata così tranquilla, mi piacerebbe continuare a leggere Cime Tempestose, seduta su questa poltrona, in questa stanza con solo il chiarore lunare ad illuminare le parole del libro.

Oppure potrei farlo vicino alla finestra della mia stanza. Molto più conveniente.

I miei pensieri sono subito interrotti dal sottile cigolio di una porta che si apre dietro di me. Il mio battito cardiaco accelera per pochi secondi prima di accorgermi che è solo Harry che esce finalmente dal bagno.

Si ferma più in là, lontano da me e dalla barriera di luce che la luna sta creando. E’ avvolto dall’oscurità e riesco a scorgere solo qualche ricciolo, la piccola luce dei suoi occhi e le sue lunghe scarpe.  Non so cosa potrei dirgli per farlo stare meglio. Quando si è chiuso in bagno sembrava davvero dispiaciuto, ma io ero seria quando gli ho detto che non m’importava.

“Come stai?”- mi sfugge di bocca in un sussurro.

“E’-“ – inizia con un filo di voce- “ E’ tutto al suo posto.”- annuisco con un sorriso, sto provando con tutta me stessa a non ridere per non farlo stare peggio. La situazione è prettamente differente all’ultima volta, ricordo che ero piegata dal ridere in quel corridoio della scuola. – “Tu hai ancora paura?”- chiede finalmente sotto la luce e la mia intera visuale.

“No. C’è silenzio da un po’, credo siano andati a dormire.”- affermo mentre lui prende posto sul bracciolo della poltrona sulla quale sono seduta. Sospira stancamente e credo di non essere l’unica in questo momento che sta rimpiangendo il proprio letto. Dal riflesso della finestra vedo che anche lui sta guardando fuori pensieroso. Un suo braccio è sullo schienale per tenersi in equilibrio l’altra mano invece comincia ad affondare nei miei capelli.

E’ un’azione così dolce che mi fa venire anche la pelle d’oca, ogni volta che le sue dita sfiorano la mia guancia per afferrare altre ciocche di capelli e lisciarle è un brivido. Un brivido rilassante e piacevole. Mi stupisco ancora come ogni volta che mi tocca quando lo lascio fare. Di tanto in tanto quando la sua mano non arriva a sfiorarmi la guancia sono io ad avvicinarmi facendo in modo che mi tocchi. Le sue grandi mani sono così morbide e lisce. Arrossisco quando ritornando al suo riflesso sul vetro della finestra noto che non sta più fissando fuori bensì la sua testa è china in un sorriso a fissare me.

“Ti piace?”- chiede piano quando appositamente striscia il dorso del suo indice sulla mia gota.

Non so come rispondere, se dico la verità e cioè che adoro il suo tocco la cosa mi metterebbe in imbarazzo, ma se dico che non mi piace potrebbe offendersi e magari non farlo più e la cosa mi dispiacerebbe da morire.

“Si.”- rispondo fissandomi le unghie con un certo nervosismo.

“Anche a me.”

Passa qualche minuto in completo silenzio, il suo dito che riga la mia pelle fa quasi più rumore del silenzio e ammetto che se potessi starei così per ore ma a quanto pare questo momento di estasi è destinato a finire presto.

“Dovremmo andare. Stanno sicuramente dormendo.”- dice poi alzandosi dal suo posto vicino a me e io quasi mugolo per il fastidio provato quando si è allontanato. Quasi. Mi sono fermata appena in tempo ritrovando la mia poca sanità mentale in questa notte autunnale.

“Si, andiamo.”

Mi alzo anche io e mentre Harry apre delicatamente la porta della sua stanza, la luce del corridoio è di nuovo spenta ora e mi chiedo come arriveremo alle scale senza farci sentire. Harry mi fa cenno di prendere silenziosamente la valigia. La tiro giù dal letto con la forza che ho e ringrazio le rotelle sul fondo che mi facilitano il trasporto fino alla porta.

Harry sta evidentemente pensando, il suo sguardo si perde prima lungo il corridoio per perlustrare, poi sui suoi piedi ed in fine su di me.

“Non posso usare il cellulare per far luce, potrebbero vederci.”- mi sussurra in un orecchio. – “Dammi la mano.”- non so cosa sia stato a farmi improvvisamente innervosire. Sento quel groppo in gola, mi sento sudata e anche rossa in viso ma per fortuna qui c’è così buio che nessuno ci farebbe caso. Mi afferra la mano e con l’altra mi toglie di mano la valigia. “Merda.”- impreca bisbigliando subito dopo e io aggrotto le sopracciglia mentre ritorna la paura di essere scoperti.

“Cosa succede?”

“Le mie scarpe, devo toglierle o faranno un rumore infernale.”- velocemente ritorna dentro la stanza per togliersi le scarpe lasciando me sul ciglio della porta e più spaventata che mai. Torna poco dopo scalzo e con il suo paio di scarpe scamosciate con suola in cuoio tra le mani. Me le porge e dopodiché riprende la mia mano e la sua valigia guidandomi cautamente nel lugubre corridoio.

Trattengo il fiato quando passiamo lentamente davanti alla stanza da letto dei signori Styles e ho una voglia matta di urlare in faccia ad Harry per avermi messa in questa situazione, ma non è decisamente il momento. Velocemente raggiungiamo le scale e altrettanto velocemente Harry lascia la mia mano facendomi segno di passare avanti e scendere prima di lui. Non obietto e scendo senza fare rumore. Anche se volessi non potrei fare un minimo fragore con  le mie pantofole pelose. Raggiungo il piano di sotto aiutandomi tenendomi alla ringhiera e sospiro sollevata. Mi sento al sicuro ora lontana dai padroni di casa. Adesso la scala che ho appena sceso è metà illuminata dalla luce del satellite della Terra mentre la parte più in cima è completamente oscurata e non vedo l’ora di vedere Harry apparire presso gli ultimi scalini. Deve star facendo fatica a scendere silenziosamente le scale senza scarpe e con una valigia pesante dietro.

Mi guardo leggermente e circospetta intorno tenendomi al pomello del corrimano sull’ultimo scalino. L’intero salotto sembra colorato di blu e nero, l’acqua della fontana immediatamente davanti alla villa si riflette con piccole onde azzurre su alcune pareti della sala penetrando dalle enormi finestre vetrate. Il piccolo tavolino da tè ha una scintilla brillante al suo centro grazie alla fioca luce di fuori e il lampadario di cristallo scintilla dal tetto. E’ tutto così costoso e fantastico, guardando questa sala di notte mi ricorda un acquario, un acquario al cui interno nuotano pesci di cristallo e coralli di bronzo.

Ero talmente assorta tra le ricchezze che non mi sono accorta che Harry ha già fatto la sua apparizione e sta scendendo gli ultimi due scalini. Lo seguo fino alla cucina da dove siamo entrati ma proprio sulla porta si ferma all’improvviso facendomi sbattere contro il masso che è la sua schiena.

“Ma che ti prende?”- gli chiedo ricomponendomi. Non risponde il che non è un buon presagio. Quando mi sporgo oltre la sua spalla quasi sudo freddo nel vedere il padre di Harry davanti al frigorifero aperto nel buio e con un bicchiere di latte in mano.

HARRY’S POV

Dovevo immaginarlo, non c’è una fottuta cosa nella mia cazzo di vita che vada per il verso giusto per una merdosa volta. E’ un momento terribile e sembra quasi il trailer di un fottuto film horror. Mancano solo i lampi e i tuoni e poi passo ufficialmente etichettare la figura fantasmagorica di papà come quella di un cazzo di serial killer.

“Edward.”- si, questo è il cazzo di nome che mi hai dato, lo odio. La sua aria è quasi sollevata. –“Ciao Talìta.”- mi ero quasi dimenticato di lei e della sua paura di essere scoperti.

“Buona sera.”- risponde timida con voce strozzata. Credo che mi stia usando come una rete di sicurezza

“Perché non hai risposto alle mie chiamate?”- chiede rimpiazzando il silenzio con un tentativo di conversare. Sembra così fottutamente tranquillo mentre chiude il frigo e sorseggia il suo latte, mi da sui nervi.

“Non avevo niente da dirti.”

“Beh io sono tuo padre e voglio sapere se mio figlio dorme sotto un ponte o no.”

“Mi hai cacciato tu di casa.”- le risposte escono fuori dalla mia bocca più al momento giusto di quanto potessi immaginare. Non sembra scomporsi, non sembra né arrabbiato né contento, è fottutamente neutrale. Non c’è più gusto a provocarlo, ormai combatte le mie sfide con l’ignorarmi.

“Lo sai che non è così, è stata una decisione di tua madre e in questo momento non sta molto bene.”- risponde abbassando lo sguardo sul bancone stralucido della cucina. Per un momento ho la necessità di sapere cos’ha mamma che non la fa stare bene ma reprimo la mia curiosità e aspetto che sia lui a continuare il suo discorso. – “E’ triste e si è già pentita di quello che ha fatto, ma è come te, è orgogliosa e non lo ammette. Non ci crederai ma non averti in casa la fa stare male.”- mi viene quasi da ridergli in faccia. Tante belle parole, frasi ben articolate di un uomo che ha fatto dei discorsi convincenti il mezzo per un buon affare. Se mamma fosse stata davvero male probabilmente sarei tornato indietro nei miei passi e le sarei stata accanto, ma quello che secondo papà sta passando non è un cazzo rispetto a quello che sto passando io, sta solo subendo le cause delle sue scelte come sto facendo io.

“Poteva pensarci prima.”- concludo sull’orlo di una rissa verbale con mio padre. – “Tal, andiamo.”- l’avverto strisciando la mia valigia attraverso la cucina per raggiungere la porta da cui siamo entrati.

“Dimmi almeno dove stai!”- mi chiede sconsolato quando apro la porta e vi spingo delicatamente attraverso Tal per farla uscire.

“Da Conrad.”- concludo prima di chiudere l’entrata alle mie spalle e lasciarmi dietro anche la mia pseudo famiglia.

Devo ancora realizzare che papà non mi abbia rimproverato per aver messo piede dentro casa, in fondo è sempre stato uno senza palle tranne che nel lavoro. Riesce a dare fottuti ordini a sette filiali della sua azienda sparse per tutti gli stati uniti e non riesce a gestire la sua famiglia. Se si può chiamare ancora così, è da tempo che non lo siamo più ormai.

“Ti prometto che non ti chiamerò più nel cuore della notte per farmi una valigia.”

“Dovresti scriverlo questo, tanto per ricordarti che lo hai detto.”- scherza lei con la poca forza che le resta mentre mi aiuta a tirare su la mia valigia su per le scale della casa della servitù.

“Grazie.”- tiro un sospiro di stanchezza quando finalmente siamo in cima e a pochi passi dai nostri letti.

“E’ la seconda volta che me lo dici questa sera, stai bene?”- mi chiede ancora con quell’aria quasi preoccupata ma più divertita quando la sua mano calda raggiunge la mia fronte scherzosamente

Ruoto gli occhi al cielo godendomi nel frattempo la dolce sensazione di lei che mi tocca il viso, per un attimo ho anche chiuso gli occhi sotto il suo tocco e mi sento terribilmente stupido solo a pensarlo.

“Buona notte fiorellino.”- la saluto quando scompare dietro la porta del suo appartamento con un cenno della mano. Ricordo di aver detto questa stessa frase l’altra sera dopo che l’ho baciata a tradimento mentre dormiva.

Penso di aver appena ammesso a me stesso che mi piace.

 

***

Da Fiorellino: Sta attento.

Da Fiorellino: Fammi sapere subito com’è andata mi raccomando.

Da Fiorellino: Hai preso tutti i documenti?

 

A Fiorellino: Smettila mi fai salire l’ansia, non hai nient’altro da fare?

Da Fiorellino: Sto studiando ma questo non m’impedisce di preoccuparmi, stupido.

 

“Se non ti scolli da quel telefono adesso ti faccio fare una brutta fine, hai dimenticato perché siamo qui?”- mi rimprovera Zayn che sembra più nervoso di me.

“Sto per lasciare la mia fottuta e adorata auto ad un cazzo di estraneo per colpa vostra, come faccio a dimenticarlo?”- rispondo alla sua domanda con un’altra domanda.

Quando sono uscito di casa Tal sembrava più nervosa di me, continuava a dirmi che l’acquirente sarebbe potuto essere un maniaco o un serial killer ma mentre lei dava sfogo alla sua fervida fantasia io pensavo a quanto fosse pazza e bella. Ha continuato a farmi inutili raccomandazioni, neanche fosse mia madre, e continuava anche a raccomandarmi di avvisarla. Io sorridevo e ridevo per il suo comportamento isterico probabilmente dovuto al recente ciclo femminile.

Mentre stavo attento ad uscire l’auto dalla villa dopo essermi assicurato che i miei fossero di nuovo fuori casa ho cominciato a preoccuparmi anche io ma con supposizioni più realistiche di quelle di Tal. Ho cominciato a valutare la possibilità che quel l’uomo non si sarebbe fatto vivo per pagare l’auto, oppure che dopo averla vista non era quella che si sarebbe aspettato e non avrebbe pagato.

Ho continuato a torturarmi con questi pensieri e se si fossero realizzati saremmo stati davvero nella fottuta merda. Se non abbiamo quei settemila dollari entro oggi, per domani saremmo morti. Già rabbrividisco al pensiero che qualcosa domani con Josh possa andare storto ma per ora non ci voglio pensare.

“Sta arrivando qualcuno.”- mi annuncia Zayn appoggiato al muro della banca centrale di Los Angeles insieme a me.

“Ricordami ancora perché il fottuto Louis non è qui.”- chiedo mentre noto un’auto parcheggiare poco lontano da noi.

“Perché ha portato la madre a fare un’ecografia.”- buffoneggia ridendo. –“ Mi chiedo perché la gente faccia questi figli.”- commenta divertito mentre io penso che se sua madre l’avesse pensata in questo modo lui non sarebbe neanche nato. Sarebbe stato meglio probabilmente, uno stronzo drogato in meno no? Forse neanche io sarei dovuto nascere. – “Eccolo.”

Un uomo magro con degli occhiali da sole e in jeans raggiunge il luogo in cui siamo noi e più si avvicina più cruccio le sopracciglia e stringo le labbra focalizzando ogni fottuto zigomo e ogni fottuta ruga familiare sul suo viso.

“Cosa cazzo ci fai tu qua?!”- sbotto spalancando gli occhi quando la figura fottutamente irritante di Conrad si ferma davanti a noi togliendosi gli occhiali dal naso.

“Lo conosci?”

La voce di Zayn è lontana dalle mie orecchie, non sento più niente, non ragiono, vedo solo tutto nero e fottutamente nero di rabbia. Tutto quello che pensavo sarebbe successo sta succedendo e io mi ritrovo a voler prendere a pugni quello stronzo di un maggiordomo ficcanaso che ha rovinato tutto.

“Sapevo che stavi combinando qualcosa, devi darmi delle spiegazioni.”- parla seriamente?
“Io non devo spiegarti niente! Tu non ti rendi neanche conto della merda in cui mi hai messo con questa messa in scena!”- lo spingo violentemente dal petto con tutta la forza che provo ad avere in corpo. Mi viene da piangere solo a pensare che non vedrò un soldo.

“Spiegamelo allora! Spiegami perché hai talmente bisogno di soldi da vendere la tua auto!”- urla Conrad contro di me mentre il vento si alza e le persone cominciavo a voltarsi dalla nostra parte per via delle urla.

“Spiegate a me! Harry lo conosci?”- mi chiede Zayn autoritario.

“E’ in nostro fottuto maggiordomo!”- abbaio  frustrato gettando le mani nei miei capelli. Li strapperei uno ad uno per colpa della rabbia che ho in corpo.

“Ho parlato con lei al telefono?”- chiede calmo e irritabilmente cortese Zayn mentre io ho i cazzo di nervi a fior di pelle. Conrad annuisce e io vedo ogni speranza andare in fumo.

“Mi spieghi come cazzo sapevi che fossimo qui?!”- sbotto ancora desiderando affondare le unghie nella sua faccia.

“Ho origliato  quella notte quando eravate tutti in garage! E ho fatto bene a quanto pare.”- ridacchia demotivato come se quello con dei problemi fosse lui.

“No! Hai fatto fottutamente male!”- Zayn non parla più, si guarda solo intorno senza capire niente a parte il fatto che Josh ci farà un culo grande quando una cazzo di  mongolfiera.

“Hai bisogno di soldi Harry?”

“Come sei perspicace.”- cerco di ironizzare ma non c’è nulla da ridere.

“Per cosa? Per comprare altra droga?”- rimprovera ora me, ora Zayn.

“Se l’avessimo pagata fino ad ora non saremmo nello sterco di vacca fino al collo ora! E tu ti diverti a fare il fottuto detective.”- vorrei che Tal fosse qui a calmarmi ora, so per certo che sarebbe l’unica a riuscirci e a non darmi sui nervi adesso.

“Vi siete indebitati per la droga? Cosa avete di sbagliato?!”- ci rimprovera ancora cercando di tenere il tono di voce basso visto che fondamentalmente siamo a pochi passi da una banca video sorvegliata e ad un’auto dei poliziotti. Anche le sue mani raggiungono la sua testa. Non so più che fare, sono prosciugato da ogni cosa e ormai sono sicuro che niente nella mia vita andrà per il verso giusto. Forse dovrei scappare su un’isola deserta lontano da tutti. Magari porterei solo Tal con me.

Dio, che pensieri stupidi.

 

Momenti che sembrano minuti passano nel silenzio più completo mentre Zayn serra la mascella barbuta guardandosi le punte sporche delle sue scarpe da ginnastica. Conrad è appoggiato di schiena alla mia auto e si tiene il ponte del naso con due dita. E io sono l’idiota che guarda il cielo diventare via, via più scuro. I gabbiani volano evacuando merda sulla testa della gente, i cani pisciano agli angoli della strada e io tento con tutto me stesso di pensare a qualcosa di bello come il culo di Tal.

Perché non la smetto di pensare a Tal?

 

“Cosa avete intensione di fare ora?”- mi prende per il culo?

“Bah, pensavamo che qualche stronzo avrebbe comprato l’auto e saremmo stati salvi, ma invece sei comparso tu.”- commento amaramente appoggiando la testa al muro dell’edificio.

“Al diavolo.”

Alzo la testa appena per notare che Conrad sta entrando in banca di tutta fretta, non collego subito le cose ma appena mi rendo conto di quello che sta per fare mi fiondo anche io verso l’entrata in vetro. Fottuto Conrad.

“Cosa cazzo hai intensione di fare?!”- cerco di fermalo quando tira verso di lui un numerino di carta mettendosi in fila. – “Non voglio i tuoi fottuti soldi, cazzo Conrad!”- la cosa è più stressante del previsto e cercare di non farmi sentire dalla gente in fila per un prelievo mi rende ancora più nervoso del previsto. – “Hai tre secondi per uscire da qui e tornare a casa.”- provo con il tono più minaccioso che riesco a fare ma non credo di avere l’effetto desiderato. – “Cristo, non voglio avere debiti anche con te!”

“Non lascerò cadere in basso anche te, ho già perso un figlio per questo!”- sbotta contro di me con tanta rabbia. Mai visto così arrabbiato, neanche tutte le volte che mi ha beccato con un sacchetto di polvere bianca in mano, neanche tutte le volte che mi ha intimato di smettere quando notava i miei occhi rossi e assenti.

“Lo sai che a me non succederà.”

“Anche lui lo diceva.”- conclude raggiungendo lo sportello essendo arrivato il suo turno. Non ho la forza di muovermi dopo quella frase e un sentimento di paura ha cominciato a pulsare piano sotto il mio strato di pelle. E all’improvviso diverse domande e forse un po’ di consapevolezza in più pervadono la mia mente al pensiero di quello che ha ingerito il mio corpo.

Tutti i tossicodipendenti pensano di non essere dei tossicodipendenti? Forse.

Io sono un tossicomane? Si.

Com’è successo? Non lo so.

Voglio uscirne? Si.

Voglio continuare? No.

Ne uscirò? Non lo so.

 

Continuo a ripetermi che questa è l’ultima cazzata che faccio prima di rimettere la testa apposto. Ma se non ci riesco? Se mi succede quello che è successo James? Ricaduta dopo ricaduta, lui continuava a cadere ma si rialzava, fino a quando non si è rialzato più. Se capita anche a me la stessa cosa?

James era un eroe per il piccolo me di qualche anno fa. Ma anche gli eroi nascondono un lato oscuro. E quando quella sera non era tornato per giocare con me a basket come sempre ho conosciuto quel lato. Non avevo mai pensato a tutto questo, una forma di rimessione del mio cervello mi ha impedito di pensare a quello che è successo a colui che reputavo il mio fratello maggiore anche se geneticamente non lo era. Ora ho paura.

E se fossi senza speranze?

 

Brutti pensieri affollano al mia testa mentre stranamente guido ancora la mia auto da solo verso casa. La busta con i soldi di Conrad è nel sedile del passeggero accanto a me e vibra leggermente assecondando il movimento del motore dell’auto sulla strada. Mi ritrovo a pensare a Gemma. Non so perché ma penso a lei, piccola, innocente con un fratello cocainomane. Se anche io finissi come James, Gemma resterebbe figlia unica, sola in quella casa di matti. Ha appena poco più di cinque anni e io e lei siamo spesso stati complici. Probabilmente la capisco più io solo guardandola negli occhi che i nostri genitori quando tentano di farla parlare ma non ci riescono.

Io e Gemma abbiamo sempre avuto questo legame e le voglio troppo bene per farla soffrire come ho sofferto io quando James non c’è stato più.

Stupide lacrime. Stupide, stupide lacrime che mi appannano la vista obbligandomi ad accostare sul ciglio della strada. Getto pesantemente la testa indietro sul sedile cercando di ricordare come è iniziata questa merda. E ricordo benissimo quando si è presentato, ciao io sono Louis aveva detto.

Ma non posso incolpare lui, in fondo era nella merda ancor prima di conoscerlo e lui è il tipico ragazzo a cui piace avere tanti amici. Il debole sono stato io a ficcanasare dove non dovevo. Ricordo quando mi ha invitato la prima volta a casa sua, avevo sedici anni, lì conobbi anche Zayn. La casa era vuota quel giorno e quando ho messo piede nella sua stanza Zayn stava già aspirando col naso qualcosa dal comodino utilizzando un cilindro di carta. Un prova anche tu e un vedrai è fantastico dopo ero già entrato nel tunnel senza accorgermene.

Fantastico. Una vita di merda.

 

Se devo fare un riepilogo di tutto quello che mi è successo in meno di un mese c’è da mettersi le mani nei capelli. Non ho più una vera casa, né un letto. La mia macchina l’ho praticamente rubata dal garage di papà. Non ho un soldo, sono indebitato per via della droga, i miei genitori sono delle teste di cazzo, mia sorella non parla, i miei voti a scuola sono precipitati come un fottuto paracadutista da un fottuto aereo, domani inizierò la mia punizione pomeridiana a scuola per aver picchiato un tizio. Le ragazze mi girano attorno come fastidiose civette ma quella che mi piace non mi considera minimamente in quel modo e mi ritrovo a baciarla quando dorme e a farmi seghe pensando a lei.

Quanto cazzo ancora può diventare patetica la mia vita?

 

Rimetto in moto per evitare di ridere di me stesso troppo a lungo da buttarmi davvero sotto un treno. Ormai anche il sole sta tramontando e le palme nere ai lati della strada danno un’immagine via, via spezzettata del cielo arancione e rosso. E mi piace, mi piace pensare che oltre l’oceano forse c’è un posto dove posso essere felice, dimenticato da tutto e tutti e dove posso ricominciare una vita mia senza errori.

Ma questa breve felicità è solo un soffio di vento che mi sbuffa in faccia dal finestrino e poi va via da egoista qual è.

Quando torno a casa so che probabilmente i cosiddetti genitori saranno tornati ma sinceramente non m’importa molto se papà si arrabbierà vedendomi dentro l’auto. Come mi ha detto una volta Tal mi ha già buttato fuori di casa, cos’altro può farmi?

Parcheggio al solito posto davanti al garage e lascio dentro le chiavi lasciandola aperta. Afferro la busta più importante della mia vita tenendola stretta e al sicuro dentro la tasca di pelle della mia giacca.

Da Zayn: Louis sta facendo i salti di gioia. Ringrazia il tuo maggiordomo da parte nostra.

 

Il messaggio di Zayn mi fa quasi sorridere, quasi. Non sono apposto con me stesso sapendo che questi non sono i soldi che mi aspettavo. Ora ho i conti in sospeso con Conrad e la cosa mi da ai nervi. Devo aver fatto un giro molto lungo penso quando mi accorgo che l’auto scassata di Conrad è già parcheggiata fuori dalla casa della servitù. Le luci del giardino si stanno già accendendo  e tutto prende luminosità, i grilli cominciano il loro canto e il venticello fruscia tra i rami degli alberi.

Quando apro la porta la luce arancione, la televisione accesa su un telefilm divertente, un profumino di salsicce e hamburger  delizioso. Chiudo la porta dietro le spalle senza neanche accorgermene e qualcuno vedendomi si spaventa.

“Ah, sei tu.”- mi chiedo quanto ancora mi terrà il muso.

“Andiamo Rose.”- sono stufo, non le ho fatto niente. Mi ha tirato su praticamente lei perché mamma era sempre a lavoro con papà. Non mi piace essere ignorato così.

M’ignora completamente mentre continua a cucinare e lavare i piatti in eccesso, mi chiedo se abbia mai fatto altro nella sua vita, la ricordo lavare vasi e strofinare soprammobili da sempre praticamente. Ha già apparecchiato la tavola e da quel che vedo questa sera si mangia tutti insieme nella stanza comune. Ovviamente non io, perché qui non sono il benvenuto comunque.

Me ne vado su per le scale salendone due alla volta e i miei piedi corrono nell’appartamento di Tal spalancandone la porta come se fosse casa mia.

Ma forse non avrei dovuto farlo perché appena apro la soglia mi ritrovo a richiuderla col fiatone alle mie spalle.

______________

Finalmente ho continuato vero? Scusate :) E' iniziata la scuola e i prof già rompono le palle. Tutto normale. Comunque vorrei ringraziarvi per i 119 commenti al capitolo precedente non era mai successo! Grazie. Spero che aspettare ogni volta per un capitolo ne valga la pena e che continuiate a leggere, commentare, votare e condividere questa storia!

Come è stato il vostro primo giorno di scuola? Il mio ultimo primo giorno di scuola è stato schifoso perchè mi hanno fatto venire la depressione per gli esami di quest'anno. Fottuti professori.

Rispondete se vi va. Un bacio <3

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top