45. Missione chiavi
"Hey mamma, come stai? Spero bene. E' da un po' che non trovo del tempo per scriverti e la cosa non mi piace per niente, ti prometto che scriverò più spesso d'ora in poi. Negli ultimi giorni mi sono resa conto di quanto velocemente passi il tempo, è già passata una settimana da quando sono stata a New York con papà e da quando ho visto Nash e Doris l'ultima volta. E' passata una settimana anche da quando ho il mio nuovo cellulare ed è passata una settimana da quando sono coinvolta nelle disgrazie di Harry. Le cose cambiano in una settimana sai. Ho conosciuto il lato festaiolo di Veronica e Liam, il lato superprotettivo di papà, quello premuroso di Harry che mi è stato accanto tutto il tempo quella notte al pronto soccorso. Forse ti parlo un po' troppo di Harry in questo diario. Mamma ... non ci credo che sia successo di nuovo. So che Conor non era in sé in quel momento ma è comunque successo e io sono svenuta di nuovo. Perché non posso essere come tutte le altre ragazze? Innamorarmi, baciare un ragazzo, farmi carezzare da lui senza averne paura, andare alle feste senza preoccupazioni e divertirmi con i miei amici? Ho diciannove anni eppure mi sembra di non aver vissuto fino ad ora."
Ho appena finito di scrivere l'ultima frase del mio monologo con mia madre quando mentre chiudo il diario con il suo nastro di pelle, il mio cellulare vibra sul comodino sotto la luce fioca dell'abatjour. Quasi sbuffo per dovermi smuovere dalla mia posizione sdraiata a pancia in giù sul letto per afferrarlo. Rotolo sulla schiena per raggiungere l'oggetto che continua a vibrare e questo mi fa capire che è una chiamata e non un semplice messaggio. Mi chiedo quando finalmente potrò passare una serata chiusa in camera mia a guardare uno stupido telefilm divertente fino ad addormentarmi.
"Pronto."- chiedo sbattendo la testa sul cuscino sbuffando.
"La tua felicità nel sentirmi è disarmante Tali."
"Nash!"- ero così occupata a pensare a quanto fossi infastidita da non notare che era il suo il nome sul display.
"Ecco adesso ci siamo."- ridacchia dall'altra parte della cornetta. - "Come stai lì?"
"Potrebbe andare meglio."- ammetto. - "Ma nel complesso non mi posso lamentare."- ho un tetto sopra la testa, un letto comodo e papà ha una busta paga degna di nota. Non posso di certo lamentarmi della fortuna che abbiamo ora e che abbiamo a lungo cercato.
"Beh preparati perché le cose andranno alla grande tra poco."- dice più che eccitato. Lo immagino già nella sua stanza con il suo berretto dei Red Sox mentre lancia una pallina di gomma sul muro.
"Perché le cose andranno alla grande?"- sono proprio curiosa di sapere cosa dirà.
"Perché ho convinto mamma a portarmi con lei a Los Angeles la prossima settimana. Mi ha fatto promettere di non rompere le palle e nessuno soprattutto a lei mentre lavora ma il problema non si pone visto che le palle che romperò saranno le tue. Anche se non le hai fisicamente parlando."- diamine è impressionante e mi viene da ridere ripensando a quanto veloce sia la sua parlantina. Se devo ammettere che mi è mancato allora si, mi è mancato.
"Non stai scherzando vero? Non vedo l'ora e dove starete?"- chiedo dopo essermi fatta contagiare dalla sua eccitazione. E' sempre così esuberante e io adoro ridere quando cerca inconsapevolmente di farmi ridere.
"E' tutto vero piccola Tali. Mamma di solito sta in un hotel lì vicino visto che è per pochi giorni. Ma dammi ventiquattro ore e la convinco anche a stare da voi."
"Noi vi ospitiamo con piacere, staremo un po' stretti ma si può fare."- rispondo non vedendo davvero l'ora di abbracciarlo e andare un po' in giro per Los Angeles con lui. Come quando eravamo a New York, sarà stupendo.
Mi chiedo come abbia fatto questo ragazzo ad entrarmi nel cuore così in fretta. E' genuino, divertente, intelligente, si gode la vita e lo fa pure bene. Forse è per questo che mi piace stare in sua compagnia, lo sto prendendo come un modello di vita, anche io vorrei tanto essere spensierato come lui. E' determinato, sa pure cosa vuole e gli obbiettivi che si pone sono da lodare. Mi ha più volte parlato di volersi laureare in economia il più in fretta possibile per entrare e trovare un posto nel mondo degli affari.
Dall'esterno non si direbbe per niente che sia un ragazzo con la testa sulle spalle. Le sue maglie enormi e i suoi jeans quasi sempre di due taglie più grandi insieme ai suoi berretti sportivi non fanno di certo l'immagine di un economista in giacca e cravatta. Ma lui è Nash.
"Preparati a farmi da guida, devi restituirmi il favore."
"Contaci."- rido ricordando quando ha tentato di riassumermi alcuni eventi storici passeggiando per New York.
Dopo brevi saluti di buona notte riattacchiamo e io sono altamente tentata di andare a dormire come ha già fatto papà da qualche ora. Sono felice al pensiero che Nash venga qui e sono al settimo cielo ora che lo so, sono felice anche perché domani è domenica e non devo svegliarmi necessariamente in orario.
Ho appena il tempo di sciogliere i capelli lunghi dalla crocchia e sedermi sul letto appena scoperto dal piumino quando il cellulare riprende a vibrare e questa volta neanche Nash potrebbe evitarmi uno sbuffo sonoro.
Da Harry: Alza il culo fiorellino, devi aiutarmi. Sono in giardino, ti aspetto.
Ho sperato con tutto il cuore che fosse uno scherzo di mezzanotte eppure ogni volta che rileggo il messaggio non vedo nessuna traccia di burla o ironia. Mi ritrovo a ruotare gli occhi al cielo visto che già pregustavo la morbidezza e la freschezza del mio letto sulla schiena. Devo stare molto attenta che papà non si accorga che sto uscendo a quest'ora anche se le possibilità che mi veda sono praticamente nulle. Ha lavorato tutto il giorno ed ora sembra collassato sul suo letto a pancia in giù e russa come uno scaricatore di porto. Di solito quando russa così il suo sonno è pesante e questo significa solo che sta facendo un riposino da Dio.
Mi chiudo la porta della casa della servitù alle spalle mettendo entrambi i miei piedi ricoperti dalle mie pantofole sull'erba fredda e umida per via della pioggia di oggi.
"Alla buon'ora."- un Harry in tuta da ginnastica picchietta il piede destro sul cemento sotto di lui mentre con la schiena è poggiata al muro dell'edificio.
"E' mezzanotte, si può sapere perché ti serve il mio aiuto per prendere un mazzo di chiavi?"- mi lamento stanca e sussurrando.
"Devi preparare una valigia con i miei vestiti, non ho un cazzo da mettere."- dice prendendomi per la mano ed incominciando a trascinarmi verso la casa bianca. Più volte temo di perdere una pantofola per quanto andiamo di fretta ma alla fine sbuffo sapendo che lamentarmi ancora con Harry non porta mai a nulla. - "Io nel frattempo cerco le chiavi."
"Sei sicuro che i tuoi non torneranno mentre siamo dentro?"- chiedo pulendo le scarpe sul tappeto all'entrata della cucina sul retro. L'aria in questa casa è molto fredda. Se non sapessi che è vissuta penserei che sia abbandonata e ci vivono solo alcuni fantasmi o ectoplasmi con questioni in sospeso. Di notte fa paura tutta al buio.
"Conrad mi ha detto che torneranno domani mattina da una festa a Boston."- mi avvisa imitando i miei gesti sul tappeto e chiudendosi la porta sempre aperta alle spalle. - "Abbiamo casa libera."- continua con un tono da uomo poco raccomandabile. Lo sapevo che sarebbe venuta fuori la sua fetta pervertita prima o poi. Le sue intenzioni sono confermate dall'occhiolino provocatorio che mi lancia ma ormai lo conosco fin troppo bene da sapere che mi sta provocando solo per farmi innervosire.
"Non mi guardare con quella faccia da maniaco."- assottiglio gli occhi mentre gli schiaffeggio un braccio con la mano. Mi fa quasi ridere quando fa finta di essersi fatto male massaggiandosi il punto colpito, quasi. - "Andiamo, voglio essere nel mio letto il prima possibile."- continuo incamminandomi verso l'entrata del salotto dove poi saliremo le scale. Alle mie spalle lo sento ridere sotto ai baffi e so che sta pensando a qualcosa. Lo sento. - "Avanti cos'hai da ridere?"- mi volto velocemente prima di salire al piano superiore.
"Scusa è che hai ancora quel pigiama rosa adorabile addosso e quelle pantofole pelose da dove sbucano fuori?"- mi chiede coprendosi la bocca con una mano nel tentativo di reprimere una sghignazzata.
"E' possibile che non ti va mai bene come mi vesto? Hai da ridire anche sul mio pigiama."
"Perché Gemma ne ha uno uguale Tal!"- questa volta non spegne la sua risata e per poco non contagia anche me ma decido comunque di mantenere quel poco di dignità che mi resta.
"Harry, le chiavi dell'auto."- gli ricordo già a metà scala.
"Pessima idea salirmi le scale davanti fiorellino. E' una provocazione?"
"Ma cos'hai questa sera?"- mi fermo appiattendomi alla ringhiera e facendolo passare avanti come ho fatto già una volta qualche giorno fa. - "Sembri più pervertito del solito."
"Perché tu sembri più eccitante del solito con quelle pantofole pelose bambolina."- mi risponde avvicinandosi quasi latrando al mio viso prima di stamparmi ormai il suo consueto bacio sulla guancia che fa ancora il suo effetto sul mio sistema nervoso centrale. Poi mi sorpassa velocemente arrivando in cima. - "Muoviti lumaca."- mi richiama dal mio stato di semi-coma quasi divertito.
Mi affretto a raggiungerlo su per le scale decidendo di ignorare qualsiasi cosa stesse succedendo nel mio stomaco a causa quasi sicuramente della stanchezza del mio corpo. Mi ritrovo completamente al buio, la luce delle finestre al piano di sotto si sono affievolite a tal punto che ora non vedo ad un palmo dal naso. Non vedo neanche i miei piedi e in questi casi mi chiedo se mi sto muovendo oppure no.
"Harry."
"Sono qui."- mi risponde immediatamente la sua voce nell'oscurità, deve essere vicino a me perché sento la sua presenza.
"Non vedo niente."- sussurro come se non volessi farmi sentire da nessuno eppure in questa casa non c'è veramente nessuno questa sera. Perché sussurro? Momentaneamente assorta nel mio stupido pensiero solo pochi attimi dopo mi accorgo che Harry ha acceso il suo cellulare illuminando il corridoio gelido, anche la luce del display del suo telefono risplende maggiormente riflesso nelle piastrelle lucidissime del pavimento.
"Va meglio?"- chiede con un sorrisetto spavaldo sul viso. Annuisco semplicemente prima che lui riprenda la strada con quel suo solito ghigno in faccia. Lo seguo fino alla porta della sua stanza, la riconosco subito come al solito. Il cartello con scritto proprietà privata è ancora lì in evidenza e quasi mi viene da ridere ripensando alla prima volta che l'ho visto. Ricordo che ero ferma proprio qui davanti a pensare e ripensare se chiedere ad Harry, ragazzo sconosciuto con cui non avevo minimamente parlato, se poteva accompagnarmi al bowling da Liam e gli altri.
Se quella sera mi avessero detto che Harry sarebbe diventato uno dei miei più cari amici non ci avrei creduto neanche morta.
"Allora ti muovi?"- Harry ha già spalancato la porta ed è già dentro. Con maestria trova immediatamente l'interruttore della luce e le mie cornee lo ringraziano infinitamente per l'improvviso fastidio.
Altri flash di quando lui era sdraiato sul letto in preda ai postumi di una brutta sbornia e di una tirata di marijuana mi assalgono la mente. Proprio su quel letto ordinatamente rifatto c'era lui con lo straccio bagnato sugli occhi che gli avevo messo io. Ricordo che fu la prima volta che lo vidi a torso nudo e m'impressionai. Mi viene quasi da ridere di nuovo. Quasi.
"Cazzo devi essere proprio stanca."- borbotta afferrando una valigia vuota da sopra il suo armadio in legno d'acero. Mi stupisce che non abbia neanche bisogno di una sedia per arrivarci.
"Cosa?"
"Ti capita spesso di imbambolarti?"- ridacchia poggiando il bagaglio sul suo letto scompigliando lievemente il copriletto in raso.
"Imbambolarmi?"
"Cristo Tal, torna tra i vivi!"- non capisco se è divertito o irritato. Capisco subito che perdermi nei ricordi mi ha fatta sembrare alquanto strana e per questo mi rimbocco le maniche del mio pigiamino rosa e sintonizzo la mia mente di nuovo sulla missione chiavi.
"Si, ci sono dimmi cosa devo fare."
"Svuota l'armadio e riempi la valigia, ricorda le mutande."- dice sbrigativo raggiungendo la porta. - "Io cerco quelle dannate chiavi."
"Potresti chiederlo un po' più gentilmente."- sussurro, ma apparentemente anche un sussurro qui dentro farebbe eco. Questo mi porta a credere che il motivo per cui si sia fermato di nuovo sul ciglio della porta sia perché mi ha sentito.
"Potresti mettere le mutande in valigia per favore, fiorellino?"- mi schernisce con un sorriso, appoggiato allo stipite. Ruoto gli occhi al cielo e questo lo fa ridere mentre io comincio ad aprire i primi cassetti non curandomi più di lui. - "Grazie Tal."- continua poi serio ma quando dirigo nuovamente lo sguardo su di lui già non c'è più.
HARRY'S POV
Ci sono diciassette stanze in questa casa, se escludiamo la mia e i quattro bagni la decisione si riduce a dodici. Escludiamo anche la stanza di Gemma e la cucina e ne restano dieci. Dubito che papà nasconderebbe le chiavi in biblioteca, di rado ci entra. Nove. La palestra è da declassare in principio, papà non ha mai messo piede lì dentro. Otto. Il salotto e la sala tv è dove passano il tempo libero il più delle volte ma non credo che abbia messo lì le chiavi. Sei. Mamma non avrà preso sicuramente le chiavi quindi posti come la lavanderia e la sala da cucito dove passa il tempo inutile possono essere cancellate dalla lista. Ne restano quattro. Quali altre stanze ci sono?
L'ufficio di papà, la sala giochi al piano di sotto, la loro camera da letto e la stanza di controllo telecamere. Eliminando la seconda e l'ultima mi pare logico che gli unici posti dove quel grassone può aver nascosto le mie chiavi dell'auto siano nella sua stanza e nella sua fottuta scrivania in mogano.
Riaccendendo nuovamente la torcia del mio cellulare prendo la strada verso la stanza più vicina, se non ricordo male dovrebbe essere a due stanze prima della mia. Questa fottuta casa è fottutamente grande e si gela. Mi fermo davanti a quella che deve essere la loro stanza matrimoniale e senza esitare apro la porta entrandovi.
Non entro qui dentro da anni, forse l'ultima volta è stata quando avevo undici anni e fù perché c'era un cazzo di temporale e io avevo paura dei tuoni.
Quella sera papà con tutta la sua fottuta delicatezza mi disse ...
"Harry sei grande ormai come fai ad avere ancora paura dei tuoni? Torna a dormire."
Non scorderò mai la sua voce assonnata e il suo poco interesse e subito dopo le sue spalle rivolte verso di me quando tornò a dormire non curante. Mamma non mi aveva neanche sentito.
Scaccio via dalla mentre questi pensieri e strizzando gli occhi cerco di vedere con il solo chiarore della luna proveniente dalla finestra dove sia l'interruttore della luce. Fortunatamente questa casa sembra fatta con lo stampino e senza personalità. L'interruttore è proprio dov'è il mio nella mia stanza, a dieci centimetri a destra dalla cornice della porta d'entrata. Fottuti ricconi.
Mi dirigo velocemente verso il comodino di papà e lo apro con forza frugandovi disordinatamente ma dentro non c'è niente a parte un paio d'occhiali di riserva, un libro e un preservativo. Avrei fatto meglio a non guardare. Con un ghigno disgustato in faccia raggiungo il comodino di mamma ma anche questa volta è un buco nell'acqua.
Mi guardo intorno con una mano sulla testa per capire in quale altro posto cercare. Guardo il grande comò con specchiera e mi ci fiondo cercando in mezzo alle lenzuola e ai gioielli di mamma ma nulla, zero. L'ultimo posto è l'armadio ma non spero di trovarvi dentro nulla a parte una pila di vestiti.
Trussardi, Dolce&Gabbana, Burberry, Versace sono poche delle grandi marche qui dentro, le pellicce invernali di mamma mi solleticano il naso e le scarpe lucide di papà sono ovunque, cosa volevo trovare qui dentro? Quasi mi derido da solo. Quasi. Si perché prima di chiudere le ante dell'armadio specchiato i miei occhi cadono su una strana scatola vecchia in fondo proprio dietro le scarpe di Cavalli di papà. L'afferro curioso. Ha quell'aria passata da casa di campagna. E' una semplice scatola in cartone ma quello che mi porta a crucciare le sopracciglia è la scritta in rosso sul davanti.
Cheshire
Socchiudo la mia bocca mentre lievi immagini della mia infanzia per breve tempo felice mi passano davanti. Tocco il coperchio della scatola e non posso fare a meno di aprirla. Dentro carte, piccoli oggetti, documenti, lettere, non so dove guardare. Come prima cosa mi capita tra le mani un fascicolo che riconosco subito come il contratto di vendita di una casa. L'hanno venduta.
Deglutisco lottando contro me stesso e il desiderio di continuare a frugare. Le mie dita arrivano a toccare un mazzo di chiavi. No, non quelle dell'auto. Quelle di quella casa, le riconosco grazie al vecchio e scucito portachiavi a forma di palla da football. Quasi sorrido rivedendole. Poi il mio sguardo si sposta su alcune buste, bianche ma ingiallite dal tempo e dall'umidità. Le prendo in mano sfogliandole una ad una. Sono vecchie bollette della luce e del gas. Decido di fermarmi qui perché la mia mascella si è già irrigidita e una di quelle buste è già finita ripiegata nella tasca dei miei jeans.
Rimetto tutto in ordine e rilascio la stanza nel buio in cui era sommersa prima del mio arrivo. Basta sentimentalismi. Devo trovare le mie fottute chiavi e ormai so per certo che siano nell'ufficio di papà.
Ripercorro il corridoio al contrario, supero la mia stanza chiusa ma con la luce aperta dove una dolce ragazza fruga tra i miei cassetti, supero anche la biblioteca e il bagno per arrivare velocemente nell'ultima stanza in fondo al corridoio mentre il cuoio delle mie scarpe schiocca sul pavimento cerato. Spalanco la porta dell'ufficio e mi fiondo dove so potrebbe aver messo le mie chiavi. Tiro con forza i cassetti della scrivania esaminandone uno ad uno il contenuto. Graffette, fottuti fogli bianchi, fottute pinzatrici, altri fascicoli, penne di ogni genere, timbri, post-it, inutili tagliacarte in ferro riccamente decorati e altre costose stilografiche fino a quando con un ghigno soddisfatto non trovo quello che cerco.
Afferro le mie chiavi e mi avvio verso la porta per andare da Tal ma un tonfo rumoroso mi obbliga a fermarmi sull'uscita. Il mio primo pensiero va a lei. E se si è fatta male, se è caduta da qualche parte?
I miei piedi corrono verso la mia stanza e rischio di scivolare più volte su questo cazzo di pavimento ma quando arrivo spalanco la seconda porta questa sera.
"Cos'è stato? Ti sei fatta male?"- le chiedo col fiatone.
Mi aspettavo di trovarla dolorante o di trovare qualcosa di grosso caduto a terra ma lei mi guarda assolutamente tranquilla mentre chiude la mia valigia ben fatta.
"Sto bene, credevo fossi stato tu a fare quel rumore."- dice spalancando gli occhi e venendomi vicino. C'è qualcosa che non va qui.
"Non sei stata tu?"- scuote la testa e io deglutisco poi un altro tonfo, questa volta sembra un mazzo di chiavi che viene lanciato sulla scodella in ceramica al piano di sotto. Conosco fin troppo bene questo rumore. - "Porca troia."- ripeto a bassa voce chiudendo velocemente la porta della mia stanza alle spalle. - "Spegni la luce, muoviti."- senza dire una parola fa come le dico mentre io raggiungo la finestra.
"Harry che succede?"
"Sono tornati i miei Tal."- mi volto velocemente verso di lei che assume presto un'espressione talmente preoccupata da farmi quasi paura. Papà sta parcheggiando la sua Mercedes nel garage e da quel che ho capito mamma e Gemma sono già dentro.
"Ma-"- inizia prima di avvicinarsi alla finestra con me. - "Ma Conrad non aveva detto che sarebbero tornati domani mattina?"- ha la voce sommessa e tiene adorabilmente le mani unite in un pugno sul petto.
"Infatti."
"Allora perché sono qui?!"- urla silenziosamente con un tono isterico. - "Mio dio."- se non si calma all'istante andrà in iperventilazione e questo non è il fottuto momento per dei fottuti attacchi di panico.
"Respira Tal! E fallo silenziosamente, se ci beccano qui dentro siamo fottuti."- non credo di riuscire nel mio intento di tranquillizzarla se le parlo così. Sembra ancora più preoccupata di prima, come me infondo.
Non mi serve a un cazzo la sfuriata dell'una e un quarto.
"Scusami, vieni."- lo ammetto forse ne sto approfittando, ma cosa c'è di più bello che consolarla tra le mie braccia quando è inquieta? E poi senza saperlo sta tranquillizzando più lei a me. - "Sarai nel tuo letto prima di quanto pensi."- le sussurro con il mento sulla sua spalla. Dai suoi movimenti credo stia annuendo ma per ora mi godo solo la meravigliosa sensazione delle sue braccia avvolte attorno al mio busto mentre le mie mani avvolgono i suoi fianchi fasciati da un orribile pigiama rosa.
Anche questo momento però viene presto brutalmente interrotto dal rumore di passi sul corridoio. Siamo al buio non vediamo nulla ma i vecchi hanno acceso le luci della villa e ora vedo perfettamente le ombre nere dei piedi di papà passare di fronte alla mia stanza. Tal trattiene il respiro fino a quando non passano oltre e quando passano oltre mi accorgo che anche io stavo trattenendo il respiro con lei.
"Dobbiamo uscire da qui in qualche modo."- penso ad alta voce.
"In quale modo?"
"Ci sto ancora pensando."
Seguono alcuni minuti di completo silenzio, anche la fuori sembra che i miei si siano fermati ma so perfettamente che non sono ancora andati a dormire. Probabilmente mamma stara leggendo qualcosa a Gemma per farla dormire e papà starà sistemando le pratiche dell'affare che avrà sicuramente chiuso alla festa di questa sera. Solita vita, solita solfa, solite palle.
"Le hai trovate almeno le chiavi?"- mi chiede Tal piano probabilmente per cercare di pensare a qualcos'altro, annuisco. Solo ora mi rendo conto che siamo praticamente appiccicati alla finestra e io la tengo ancora stretta con un braccio. Dio, se solo sapesse quello che mi passa per la testa in questo momento. Non mi frega un cazzo neanche se c'è il poster di Megan Fox attaccato alla porta a tre metri da me, c'è Tal che è ancora più sexy, se solo indossasse quel completino in pelle che aveva nel sogno, quegli stivali lunghi che le arrivavano alle ginocchia e cazzo, se tenesse in mano anche quella frusta sarebbe la mia morte.
Prima che me ne accorga mi ha già dato uno spintone e si è allontanata dalla mia presa con un sospiro strozzato. Non capisco.
"Cosa c'è?"- sussurro poi quando la vedo coprirsi la bocca con le mani. Non risponde, solo il suo sguardo parla e nell'attimo che segue si è abbassato e rialzato velocemente e questo mi fa trasalire. Spalanco gli occhi e la bocca quando realizzo, abbasso lo sguardo che arriva sul cavallo dei miei pantaloni e effettivamente sulla mia prominente erezione. Non ci posso credere, non voglio credere che sia successo di nuovo, di nuovo davanti a lei.
Mi rinchiudo velocemente nel mio bagno al colmo dell'imbarazzo e sbatto la testa alla porta desiderando piangere. La prima volta che è successo non ero così in imbarazzo, lo ero, ma non così. Se penso che prima se succedeva una cosa del genere in pubblico mi sentivo come un dio mi viene da vomitare. Sarà stato più volte appagante vedere come le altre ragazze mi saltavano addosso con le loro minigonne quando mi vedevano i pantaloni gonfi ma sono sicuro che tutto era solo l'effetto dell'alcol e della droga. Ora lo so. Ero in un altro mondo.
In questo mondo invece voglio essere sobrio e astemio e più di tutto non mi sento mai appagato quando mi viene un'erezione davanti a Tal.
Credevo di averla superata questa fase. Stava andando tutto bene, perché mi è venuta in mente la fottuta cazzata di baciarla mentre dormiva? Mi ha smosso tutto dentro e non era nemmeno cosciente.
Mi farà diventare pazzo.
"Harry, Harry ti prego esci."- sussurra dall'altra parte della porta ma non voglio uscire fino a quando non mi sarà passato questo cazzuto inturgidimento del cazzo. Mi ritrovo a desiderare di essere un fottuto vecchio sessantenne con il pene moscio che si raddrizza solo con un fottuto viagra in questo momento. I miei ormoni stanno scoppiando nelle mutande e sto cercando di pensare a pony ed arcobaleni pur di non arrivare a dar fuoco alle trombe proprio ora. - "Harry."
L'ho lasciata sola nella mia stanza e ora è ancora più ansiosa.
Non riesco mai a fare un cazzo come si deve.
"Mi dispiace, non doveva succedere."- sussurro anche io in risposta.
"Non importa, ho troppa paura per pensare a questo ora, tuo padre è passato davanti alla porta almeno tre volte."- cazzo, dovevo farmela solo la valigia, dovevo lasciarla nella sua stanza e non dovevo chiederle altro ancora. Cristo. Chiudo i pugni ai lati dei miei fianchi e faccio lo stesso con gli occhi.
Sono solo egoista. Quante volte dovrò coinvolgerla nei mie problemi prima di capire che ne ha già dei suoi? Ma non posso farne a meno, la voglio accanto sempre.
Quanto sono stronzo. E potenzialmente pazzo di lei.
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E be e be e be. Vorrei sapere davvero cosa ne pensate della storia fino ad ora. Ancora la strada è molto lunga, ci sono un sacco di cose che devono succedere ma è un buon punto per chiedere. Fatemi sapere!
Davvero io ancora non credo al fatto che Almost sia tra le FanFiction di Tendenza, Grazie! Vi ringrazio anche per le 469.075 visualizzazioni, per i 16.028 voti e per i 1.225 commenti! Vi continuo a dire come al solito di Commentare ancora, di votare e consigliare la storia se vi sta piacendo.
Se volete essere seguite, come ho detto nel capitolo precedente potete contattarmi per messaggio privato e vi seguo.
Dai è arrivato il momento di conoscerci un po', vi faccio qualche domanda. Quando siete nate? Io il 22 maggio del 96'
Rispondete se vi va, un bacio al prossimo aggiornamento<3
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