44. Sentimenti e paure
TALITA’S POV
Il dolce fine settimana. Resto in dormiveglia sempre molto a lungo prima di alzarmi completamente. Nessuno mi fa fretta, niente scuola, niente problemi dentro il mio involucro di piume d’oca. Niente e nessuno può farmi del male sotto le mie coperte. Un leggero venticello freddo entra dallo spiraglio della finestra e nonostante sia già coperta riesce a farmi rabbrividire e affondare il naso ancora di più sotto il piumino. Adoro questa sensazione di tranquillità quando non ho ancora aperto gli occhi.
Apro prima una palpebra poi l’altra dandomi il tempo di abituarmi alla luce del giorno. Non c’è molto sole oggi. Dalla finestra vicino al mio letto scorgo un cielo grigio e minaccioso. Probabilmente oggi pioverà ma non m’importa, non ho intenzione di uscire dalle cancellate della proprietà oggi. Dio, se penso che lo scorso fine settimana a quest’ora stavo salendo su un aereo per New York mi viene una terribile nostalgia. Mi manca girare per la città con Nash e ridere, mi mancano anche i pranzetti di Doris. Spero venga presto lei.
Sbadiglio e stendo i muscoli mettendomi seduta sul letto. Rilascio un sospiro e mi viene da ridere pensando che mi sento stanca anche se non ho fatto altro che dormire. E’ questo quello che mi merito per dormire troppo.
Con coraggio mi tiro fuori dal mio letto energicamente mettendomi in piedi.
Appena alzata i miei occhi cadono su qualcosa che non è mio, qualcosa che stona con il suo nero sulla mia poltrona rossa. La giacca di pelle di Harry è ancora lì, non l’ha presa. Immagini di ieri sera mi passano davanti agli occhi e sento lentamente il mio umore cambiare. L’ospedale, il pub, Conor, Harry che mi porta in braccio, papà arrabbiato e poi nient’altro. Sono caduta in un sonno stanco e profondo dopo che Harry mi la lasciata sul mio letto chiudendosi la porta della mia stanza alle spalle.
Chissà cosa è successo dopo. Lui e papà avranno litigato di nuovo?
Un’improvvisa angoscia mi fa diventare nervosa. Quella che sembrava una giornata iniziata bene è già stata macchiata dai ricordi dell’altra sera. Poi un dubbio.
Harry avrà detto a papà quello che è successo?
Mi ritrovo a sperare che lo abbia fatto, non so il motivo preciso. Forse perché non ho il coraggio di raccontare a papà tutto da sola, forse perché ho paura di scoppiare a piangere rivivendo mentalmente i fatti avvenuti. Senza prima cambiarmi lascio silenziosamente la mia stanza. Guardo in giro per il corridoio e nella stanza di papà ma non c’è.
Chiudo la porta della mia camera con cura per evitare che la corrente ventosa proveniente dalle finestre aperte la faccia sbattere.
“Tal? Sei sveglia?”- la voce di papà mi fa quasi spaventare, viene dalla cucina e subito dopo un’assordante rumore di una pentola che colpisce il pavimento.
“Cosa fai?”- chiedo una volta raggiunta la cucina nel mio pigiama rosa.
“La colazione, non si vede. Inizia a mangiare.”- sorride per poi rivoltarsi verso i fornelli. Perché sembra contento? Sembra tranquillo, probabilmente Harry non gli avrà detto nulla.
La mia opinione cambia in fretta quando sbarro gli occhi sulla tavola imbandita. Pancakes, bacon, uova, cereali, latte, succo d’arancia, wurstel sono solo poche delle cose che riempiono l’intero tavolo. E chi la mangia questa roba ora?
“Non avrai esagerato?”
“Tutto per la mia bambina.”- ridacchia mentre cuoce l’ennesimo uovo strapazzato. La cosa da un lato mi rende felice, mi diverte. Ma dall’altro so perché lo fa.
“Harry te lo ha detto vero?”- chiedo quasi borbottando prendendo posto a tavola. Fragole fresche, le adoro.
“Si.”- un breve silenzio poi, spezzato semplicemente dallo scoppiettare del bacon in padella mentre io gusto la mia seconda fragola con lo sguardo perso tra le leccornie. – “Vuoi chiamarlo?”
“Chi?”
“Satana con il cespuglio in testa.”- scoppio a ridere quasi sputando il latte che stavo sorseggiando. Cerco di inghiottire evitando che il latte mi vada di traverso poi posso finalmente piegarmi a ridere con la faccia sul tavolo. – “Almeno ti ho fatta ridere.”
“Perché dovrei chiamarlo?”- domando asciugando le piccole lacrime formatasi agli angoli dei miei occhi.
“Non farlo se non vuoi.”- il suo comportamento è strano. Divertente. Ma fottutamente strano. Harry direbbe così. Sorrido ancora sotto i baffi ripensando al comportamento di papà e poi comincio a pensare che in due non finiremo mai di mangiare tutto questo ben di dio. Allora l’idea di chiamare Harry non è poi così male.
Devo comunque restituirgli la sua giacca.
HARRYS’ POV
“Cazzo.”
“Harry porca miseria muoviti! Devo andare a lavoro e sono già in ritardo.”- Conrad continua a bussare alla porta del bagno e mi sta dando non pochi problemi di concentrazione.
“Ti costa molto aspettare con la bocca cucita per due fottuti minuti?!”- urlo da sotto la doccia mentre l’acqua fredda continua a scendere su tutto il mio corpo. Il rompi coglioni ha borbottato qualcosa che non sono riuscito a sentire e poi finalmente ha smesso di bussare alla fottuta porta.
Cristo se penso a ieri sera. Ci penso continuamente. Anche durante la notte ci ho pensato e forse è stato questo ad aver consigliato al mio cazzo di subconscio il sogno erotico che ho fatto su Tal. Non ho mai fatto un sogno così nitido e reale come quello. E lei era selvaggia, fottutamente selvaggia. Chissà se lo sa fare davvero quel giochetto con la lingua.
“Cristo.”- ringhio contro me stesso all’ennesimo spasmo. Mi sono svegliato con un fottuto bazooka nei pantaloni della tuta e ringrazio qualsiasi essere superiore esistente per non aver fatto venire Conrad in salotto durante la notte. Di solito mi masturbavo guardando il poster di Megan Fox in camera mia, come cazzo ci sono finito sotto una doccia fredda facendolo pensando ad un sogno su Tal. – “Questo è fottutamente strano anche per me.”- parlo anche da solo ansimando dopo essermi soddisfatto con la mia stessa mano.
Mi appoggio stanco alle mattonelle bianche, fredde e bagnate della doccia di Conrad mentre l’acqua ormai gelata mi colpisce il petto. Si, ci voleva una fottuta doccia fredda. Dovrei farla tutte le volte che penso a lei in quel modo. Cazzo, quanto sono stronzo.
“Vorrei sapere cosa cazzo mi hai fatto fiorellino.”- parlo ancora da solo quando esco finalmente dalla doccia avvolgendomi i fianchi con un asciugamano bianco. Ho il pene in fiamme ma almeno non è più eretto. Apro velocemente la porta del bagno uscendone sgocciolando da ogni angolo. Ovviamente Conrad ruota gli occhi al cielo quando lo scanso.
“Potevi almeno asciugarti! Mi bagni tutto il pavimento così.”- grida arrabbiato dal bagno mentre io sono già caduto sul divano stanco.
No, non me ne fotte un cazzo se ti bagno il divano.
Voglio la mia fottuta privacy, la mia fottuta stanza e il mio fottuto poster di Megan Fox. Penso sbuffando e strofinando con una mano i miei capelli fradici. E’ la suoneria del mio cellulare a costringermi ad alzarmi e a raggiungerlo sul tavolo in cucina.
“Pronto?”
“Harry, ho delle novità, indovina un po’.”- non sono in vena di giochetti del cazzo.
“Parla Zayn.”
“Okay, non ti incazzare. C’è un acquirente per l’auto. Ce n’erano sei veramente ma lui è l’unico che non ha cercato di contrattare.”- m’informa e presto la realtà è che dovrò dire addio alla mia auto.
“Bene, quindi?”- chiedo rubando un paio di pantaloni della tuta dall’armadio di Conrad.
“Quindi, gli ho parlato. Deve essere un damerino con la puzza sotto il naso, il coglione mi ha chiamato alle sei del mattino.”- si lamenta ancora e io comincio a spazientirmi.
“Arriva al dunque.”- esigo facendo capolino in corridoio assicurandomi che Conrad sia ancora chiuso in bagno.
“Il dunque è che vuole la macchina domani, deve essere di Los Angeles perché mi ha detto di incontrarci all’entrata della banca centrale di qui.”- la mia adorata auto, ma che cazzo.
“Va bene.”- sospiro al telefono arrendendomi al potere supremo della droga. – Grazie Zayn.”
“Grazie a te amico.”- fa una pausa. – “Ci stai tirando tutti fuori dalla merda con questo. Puntuale, domani alle cinque. Prepara le carte.”- annuisco anche se so che non può vedermi allora lo saluto e riaggancio prima che mi metta a piangere. Era la mia fottuta auto, porca puttana.
Tentando di non pensare a niente mi vesto con solo quei fottuti pantaloni grigi troppo grandi per me. E’ quasi inverno e nonostante il freddo che comincia a farsi sentire io sento caldo, e sono solo le nove del mattino. Sbircio dalla finestra della cucina controllando casa ma non c’è niente e nessuno nei paraggi. La mia stanza è proprio lì, i miei vestiti sono lì, il poster è lì e non posso metterci piede. Frustrato lascio cadere la tenda dalla mia mano e apro il frigo in cerca di qualcosa da mettere nello stomaco.
“Vai tu ad aprire, mi sto vestendo!”- Conrad urla ancora dalla sua stanza, non mi ero neanche accorto che avessero bussato alla porta. Sbuffando e ciondolando raggiungo la porta d’ingresso nel legno più brutto che abbia mai visto. Certo che papà ha proprio risparmiato nel costruire questa fottuta casa della servitù.
“Tal.”
“Hey, buon giorno.”- dice con un sorriso leggero e un gesto della mano. Ha ancora il suo pigiama rosa.
“Come mai qui?”- chiedo poggiandomi allo stipite della porta, inconsciamente nella posa che lei possa considerare la più seducente del mondo. Inconsciamente.
“Mio padre ha preparato una colazione enorme, vuoi venire?”- chiede lei questa volta indicando con un dito la porta del suo appartamento. Valuto in pochi secondi l’offerta. Se resto qui mangio due pesche rancide e dio solo sa perché Conrad non si decide a fare una fottuta spesa. Oppure vado da lei e mi gusto una colazione con i fiocchi.
Mentre la guardi di nascosto.
Devo mettere una museruola alla mia psiche.
“Okay, va ben-“
“Talìta!”
“Niall!”- ma da dove cazzo esce ora il biondino. – “Non ti vedo da giorni.”- lo saluta lei mentre lo slavato si avvina a noi dopo aver chiuso la porta del suo di appartamento.
“Potrei dire la stessa cosa, che fine hai fatto?”- le chiede dopo averla abbracciata.
“E’ colpa tua, lavori sempre.”
“Mi tocca.”- risponde scrollando le spalle.
Cosa sono, invisibile? A volte mi chiedo dove abbia la testa questa ragazza. Ci sono io a torso nudo e lei dà tutta la sua attenzione ad un palo della luce caduto dal cielo. Non la capisco.
“Perché non vieni anche tu a fare colazione da me, c’è cibo per un esercito.”- ditemi che è un fottuto scherzo. Sono quasi tentato di gridare un No apocalittico e rivendicare il mio possesso su Tal. Ma poi mi sento ancora più stupido per aver fatto un pensiero del genere. Cosa mi prende? Ora sono io a non capire me stesso.
Ho paura di quello che mi passa per la testa. Ma è una bella paura.
“Si, ho il turno di pomeriggio oggi.”- le risponde e la mia voglia di sprangargli la faccia con un asse del parquet tenta di prendere il sopravvento. – “Oh, ciao Harry.”- assottiglio gli occhi al suo saluto, se vuole farmi credere davvero che non mi aveva visto fino a questo momento non ci sta riuscendo.
“Andiamo allora.”- Tal fa segno di farsi seguire e ignoro la figura del biondo al suo fianco concentrandomi sul suo fondoschiena quasi invisibile a causa dei larghi pantaloni rosa che indossa. Mi ritrovo a mordermi un labbro. Sto facendo fottuti passi indietro. Mi sento come i primi giorni in cui l’ho conosciuta. Ho una voglia irrefrenabile di possederla e farla mia.
Baciare Tal la prima volta è stato un semplice sfizio. Baciarla per la seconda volta è stata la mia condanna a morte.
Ne voglio sempre di più e la cosa mi spaventa. Spaventerebbe anche lei e in certe cose è troppo fragile. Ha paura del tocco di un uomo, ha paura a fidarsi di un uomo, ha paura. E’ piccola, dolce, pura. Io non posso toccarla nel modo in cui voglio toccarla. Eppure non ha paura di me e questa è una piccola speranza ma so pure che basterebbe poco a farla fuggire. Lei non ha idea di quello che mi sta scatenando dentro.
Ed anche fuori.
Devo solo fare passi avanti. Basta passi indietro. Devo considerarla come una semplice sorella da proteggere dal resto del mondo. Basta passi indietro, basta baci rubati, basta pensare a lei mentre dormo. Solo basta. Mi basta solo starle vicino come un semplice amico. In tutto questo non mi sono accorto che lei continua a chiamarmi e io sono rimasto impalato sullo stipite della porta.
“Harry, vieni o no?”
“Arrivo.”
TALITA’S POV
Una colazione strana più che altro, intensa, ma strana. Harry è strano. Niall e papà ovviamente sono occupati in una delle loro noiose conversazioni sul calcio ed è uno strazio sentirli discutere sull’organizzazione di un’altra serata tra uomini per guardare la partita. Papà addenta nel frattempo un pancake e Niall mescola il suo cappuccino e sgranocchia il suo bacon. Una volta ricordo che mi sono chiesta se Niall e papà non fossero fratelli separati alla nascita. Sono simili in tutto e per tutto. Tranne che per mangiare. Niall sembra venerare il cibo e assapora ogni boccone. Papà sembra un cane, molto più simile a Harry che ha più volte fatto colare della cioccolata sul suo petto nudo e altrettante volte si è pulito con un pollice dal quale poi ha leccato il cioccolato.
E ogni volta tu gli hai sbavato dietro.
Assolutamente no, io non sbavo dietro a nessuno. Sono il ciclo e gli ormoni in subbuglio che mi fanno pensare a queste cose.
“Tal, mi passi il coltello per favore?”- mi chiede proprio Harry allungando un braccio lungo il tavolo. Mi riprendo dai miei pensieri e afferro il coltello al mio fianco porgendoglielo.- “Grazie fiorellino.”- sussurra facendomi l’occhiolino prima di tornare a guardare la sua fetta di toast.
“Possiamo portare anche Tal!”- Niall con il suo solito entusiasmo mi circonda le spalle con un braccio facendomi sussultare a tal punto che non m’importa neanche di cosa stesse parlando con papà. Probabilmente di calcio. – “Ahi!”- urla Niall dopo che un’arancia è volata colpendo la sua testa. – “Ma ti è dato di volta il cervello?!”
“Scusa, mi è scivolata di mano.”- dice Harry con poca cura dando un morso al suo toast di cioccolato. E’ stato lui a lanciare quell’arancia sulla testa di Niall? Sorrido verso il ragazzo sotto, sotto premuroso dagli occhi verdi che mi risponde con un altro occhiolino. Mi piace pensare che lo abbia fatto per far togliere il braccio di Niall dalle mie spalle. E se è così, ci è riuscito.
Papà ovviamente non riuscendo a tenere le mani a posto colpisce Harry alla nuca facendogli quasi andare di traverso il suo latte. La scena sarebbe pure divertente se non sapessi che i due si odiano davvero.
“Certo che tu sei proprio stronzo.”- commenta Harry.
“Scusa, mi è scivolata la mano.”
“Vuoi che mi scivoli un pugno sulla tua faccia?”
Sarebbero in grado di scatenare una rissa all’ultimo sangue ma so che probabilmente non lo farebbero davanti a me eppure stranamente mi ritrovo a sorridere e pensare che questa sarebbe una scena che vorrei vedere tutte le mattine a colazione.
E’ strambo che Harry nella mia testa rappresenti un supereroe? Lui con una tuta aderente che risalti i suoi pettorali, nera come nero è lui quando si arrabbia. Una maschera verde che risalti i suoi occhi oppure una fascia sempre verde che tenga a freno i suoi capelli stupendi. E non mancherebbe un mantello grande, rosso ed avvolgente come il suo cuore.
E’ il mio supereroe che mi salva da chiunque tenti di mettermi le mani addosso.
“Porca puttana, le chiavi.”- si lamenta Harry stringendosi il ponte del naso tra pollice ed indice. Magari al mio supereroe servirebbero anche lezioni di buona educazione.
“Le chiavi?”- quali chiavi?
***
“Come pensi di trovare quelle chiavi?”
“Non ne ho idea”- sospira abbattuto. – “Non so dove cazzo può averle messe.”
Dopo colazione Harry mi ha detto che doveva parlarmi ed era urgente. Mi ha praticamente obbligata a cambiarmi e a uscire fuori in giardino con lui. A papà non è piaciuto molto come comportamento ma quale cosa di Harry gli piace in fondo?
Hanno trovato un acquirente mi ha detto e domani è la consegna. Solo che il ragazzo seduto sull’erba a fianco a me le chiavi dell’auto le aveva lanciate ai piedi del padre giorni fa e ora le ha lui. Ma non si sa dove.
“Hai oggi e metà domani per trovarle.”- rifletto. – “Non vedo spesso i tuoi in questi giorni.”
“Siamo a novembre, partecipano ogni anno a quelle cazzute feste o festival pre-natalizi dove vanno tutti i ricconi proprietari d’aziende. Per non parlare delle cene di lavoro.”- mi spiega lui stendendosi sul prato umido dalla rugiada della notte. A volte mi chiedo se il tono che usa quando parla dei suoi genitori sia davvero infastidito oppure semplicemente malinconico. Ho paura di pensare che anche lui volesse partecipare a quelle cazzute feste.
“Quindi casa vuota.”- commento.
“Se sono ad un festival possono stare fuori anche tre giorni senza tornare.”- inizia con un velo di mestizia nella voce. Credo che non lo abbiano mai portato con loro a questi avvenimenti troppo importanti per fare bella figura e accaparrarsi un posto sicuro tra le amicizie di uomini potenti. – “Se sono ad una festa torneranno in serata credo.”
Ora capisco perché non vedo i signori Styles più così spesso in questo periodo.
“Allora possiamo entrare a cercarle.”
“E se tornano oppure qualcuno dello staff ci vede?”- da quando ha così paura di queste cose, ho sempre pensato che non gli importasse.
“E’ casa tua.”- diavolo sembra così triste mentre mi guarda con quell’aria preoccupata. Se solo si sfogasse. – “Harry è casa tua! Io credo che sia ridicolo avere paura di entrare nella casa dove sei cresciuto.”- sta avendo un momento di debolezza. E’ lecito con tutto quello che sta vivendo. Mi sdraio sull’erba bagnata anche io per poterlo guardare meglio. Non parla ha semplicemente chiuso gli occhi blindandoli ulteriormente con un suo braccio. – “Lo sai che ci sono io ad aiutarti. Se anche dovessero tornare mentre siamo dentro, cos’altra potrebbero farti?”- chiedo più dolcemente. Lui annuisce togliendo le barriere dai suoi smeraldi poi si gira da un lato in modo da essere faccia a faccia con me. E’ come se fossimo sdraiati su un letto, un letto d’erba però.
“Tu come stai Tal?”- mi chiede poi improvvisamente con voce flebile mentre una sua mano mi sposta una ciocca di capelli dal viso riponendola dietro un orecchio.
“Vado avanti.”- scrollo le spalle. Quello che è successo ieri sera è un altro tassello della mia vita che difficilmente dimenticherò ma non posso rimuginarci in eterno. – “Probabilmente dovrò convivere con questa paura per il resto della mia vita.”- è triste pensandoci. Non riuscire a sopportare di essere toccata da qualcuno è qualcosa che ti segna. Sono molte le domande che mi pongo al riguardo. Troverò mai l’uomo della mia vita? Diventerò mamma? Sono solo alcune. Ma mi sembrano cose irrealizzabili se non supero questa cosa.
“No invece. Posso aiutarti.”- afferma poi pensieroso rimettendosi a sedere con le gambe incrociate mentre il suo sguardo mi perfora dall’alto. – “Devo solo riuscire a metterti in testa in fatto che noi, uomini di sesso maschile, non siamo tutti dei maniaci sessuali.”- dice tranquillamente. Sembra quasi una minaccia, o un obbiettivo ma il tono che ha usato mi ha comunque fatto ridere.
“Ah no?”- ho dei seri dubbi su questo, più volte lui stesso mi ha provato che lo è in fondo. Ma Harry e il mio quasi stupratore sono due cose prettamente differenti.
“Non guardarmi con quella faccia, so a cosa stai pensando.”- continua puntandomi un dito contro con aria divertita. – “Anche se ho spesso elogiato il tuo culo non vuol dire che sono un maniaco.”- si difende ma il suo tentativo di discolparsi mi fa solo ridere di più. – “Smettila di ridere di me.”
“Non posso, sei troppo divertente.”- rispondo cercando di trattenere una risata.
“Non sembri una che ieri è svenuta in un pub.”- ridacchia anche lui giocherellando con qualche filo d’erba e in quel momento mi accorgo di quanto fosse contagiosa la mia risata.
“Io sto bene adesso.”- scrollo le spalle pulendo con un dito lo schermo del mio cellulare. Ormai lo porto ovunque.
Per minuti seguenti regna il silenzio, il cinguettare degli uccelli su un albero e lo scoppiettare dell’acqua della fontana ci tiene compagnia in questa giornata uggiosa. Il cielo è ancora grigio e nuvoloso e mi chiedo quando pioverà finalmente per poi lasciar spazio al consueto sole di Los Angeles. Entrambi immersi nei nostri pensieri, pensierosi eppure non posso dire di star pensando a qualcosa in particolare, forse mi sto solo godendo una giornata in compagnia di un amico caro.
Guardo come l’alta villa si sviluppa sopra i nostri occhi e se la prima volta che l’ho vista ho pensato che fosse un paradiso terrestre ora quella mi sembra sono la casa degli orrori. Se non fosse per il verde, fioritoe rigoglioso giardino nel perimetro nessuno si sognerebbe di mettere piede qui.
“Harry.”- lo chiamo immersa nel mio ultimo pensiero. Da lui ricevo un mugolio segno che probabilmente stava per addormentarsi. – “Dov’è Gemma?”- chiedo. Mi manca quella bimba.
“Come mai me lo chiedi?”- sospira. Volto il viso verso di lui nel momento esatto in cui lui apre gli occhi e per un attimo penso che abbiano lo stesso identico colore dell’erba sulla quale è steso.
“Curiosità.”
“I vecchi se la saranno portata dietro, è carina, dolce, adorabile e soprattutto non parla quindi è la figlia perfetta per far bella figura con i colleghi di lavoro.”- sorride amaramente piegando le braccia dietro la testa a mo di cuscino.
“Ma non va a scuola? Ha quasi sei anni ormai no?”
“Non l’hai ancora capito?”- chiede ma io non ho idea di cosa dovrei capire. – “Per i miei genitori Gemma è come una bambina malata. La tengono in un fottuto guscio, non ha amichetti con cui giocare, non ha mai messo piede in un cazzo di parco nella sua breve vita e dubito che la manderanno in una scuola. Al massimo le pagheranno un insegnante privato.”- spiega con una punta di irritazione nella voce. – “Come hanno fatto con me per un breve periodo quando ho cominciato a cambiare strada.”
L’immagine che aveva inizialmente dei signori Styles si sta pian piano disintegrando man mano che assumo informazioni da Harry. I genitori gentili che farebbero di tutto per i propri figli non li vedo più, vedo solo un uomo ed una donna facoltosi con desiderio di accrescere ulteriormente la loro fortuna e che utilizzano i figli per riuscirci. Ma ho solo paura che questa sia l’immagine che Harry stesso ha creato nella sua testa.
“Gemma non è malata. Ha solo bisogno di fottute attenzioni, quelle che non hanno dato neanche a me da quando-“
“Da quando?”- si stava aprendo, lo stava per fare. C’è qualcosa che ancora non so lo sento.
“Lascia stare.”- mi dimette richiudendo gli occhi.
Apriti Harry. Apriti.
Non voglio forzarlo, è sensibile, più di quanto voglia far credere. Se lo costringo probabilmente mi si ritorcerà contro quindi mi limito a ristendermi al suo fianco e a riguardare il cielo grigio.
“Quando vuoi parlarne io sono qui.”
“Lo so.”- sospira. – “Tu ci sei sempre.”
“Sempre.”
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Che capitolo malinconico e divertente lol vorrei chiarire e dirvi un po' di cose.
Dunque: 1) Gemma ha quasi sei anni e Talìta ne ha appena fatti diaciannove. Non so se sono stata io ad essere poco chiara oppure semplicemente avete letto male ma le cose stanno così lol. Vi pregherei di dirmi o segnalarmi il punto in cui dico che Talìta ha diciassette anni/ quasi diciotto perchè non mi pare di averlo mai scritto ma se è così ditelo e io correggo subito senza problemi. L'unica volta in cui parlavo di una Talìta diciassettenne è quando ho raccontato del suo quasi stupro avvenuto anni prima e nel capitolo precedente.
2) Se dopo che ho aggiornato vi arrivano notifiche di diversi aggiornamenti sappiate che è wattpad ad essere stupido ahah, infatti dopo mi tocca cancellare i capitoli in più che poi sono tutti uguali. Se succede e io dimentico di cancellarli voi votate e commentate solo il primo e non le copie che seguono e che poi cancellerò.
3) Siccome ho notato che ho più di 700 strani follower lol mi sento un po' in colpa a seguire solo 50 pensone. Quindi se magari vi interessasse il mio follow potete chiedermelo per messaggio privato e io vi seguo. Anche perchè mi verrebbe difficile seguirvi tutti e 700 in una volta. Quindi chi vuole si faccia sentire.
4) Grazie! per tutti i voti, i commenti, le visualizzazioni e per consigliare Almost ai vostri amici/amiche
Al prossimo aggiornamento! Vi voglio bene<3
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