39. Problemi, problemi.
Sembra passata una vita dall’ultima volta che mi solo alzata dal letto la mattina per andare a scuola, eppure sono stati solo pochi giorni. Pochi giorni e guardandomi allo specchio mi sento cambiata. Se dovessi trovare delle differenze nel mio aspetto, una è sicuramente l’abbigliamento, mi piace di più adesso. Adoro questa t-shirt abbinata a questo cardigan e adoro anche i nuovi jeans, che ho imparato a sopportare benché non siano comodi come le spaziose gonne di nonna.
Anche i miei capelli, ero solita lasciarli sempre sciolti e lunghi sulle spalle. Nonna mi diceva sempre
‘Una vera indiana deve farsi invidiare per suoi capelli scuri, è grazie a quelli che troverai marito!’
Mi urlava, più che altro. Nonna però non è qui né ho bisogno di trovare marito, quindi posso tenerli in una coda da cavallo tranquillamente, credo.
Mi viene da ridere se penso alla faccia che farebbe lei se mi vedesse così ora, per lei i pantaloni sono immorali per una donna. Mi rendo perfettamente conto che il pensiero di mia nonna è completamente differente da quello del resto del mondo. Non so se ridere o piangere per questo.
Comunque sia è meglio non pensarci ora che sono in ritardo per andare a scuola. Papà ancora russa nel suo letto, nel buio della sua stanza quando esco dalla mia e decido di non disturbarlo. Non ho tempo neanche di fare colazione, comprerò qualcosa al bar dell’istituto.
“Finalmente!”- mi spavento quando chiudendo la porta della casa della servitù un Harry irritato mi si para davanti facendomi sbattere la schiena contro la porta stessa. Il cuore mi batte forte e spalanco gli occhi tenendomi il petto con una mano. - “Scusa …”- ridacchia notando la mia reazione- “E’ da mezz’ora che ti aspetto, dobbiamo andare a scuola.”- conclude prendendomi la mano e tirandomi per il vialetto d’uscita.
“E’ un sogno?”- chiedo più a me stessa che a lui. Da quando lui freme dalla voglia di andare a scuola? Deve essere per forza un sogno.
“Ma di che parli?”- aggrotta le sopracciglia mentre ci avviamo a piedi verso scuola.
“Perché non usi la macchina?”
“Perché ti ricordo che non la posso più usare, non ho più le chiavi. Ma stai ancora dormendo?”- mi chiede e mi ritornano in mente i fatti del giorno prima. Già ora non ha più nulla. Forse vuole mettere la testa sulle spalle. Mi sembra quasi cambiato anche lui. Ma la mia supposizione viene declassata quando si volta molto sfacciatamente a squadrare il sedere alla ragazza succinta che ci è appena passata accanto. Io ruoto gli occhi al cielo constatando che è sempre lo stesso Harry.
“Molto educato.”- mi lascio sfuggire mentre controllo che non passi nessuna auto per poter attraversare la strada.
“Ma hai visto che culo?”- fischia seguendomi sull’altro lato del marciapiede.
“No non l’ho visto, perché dovrei?”- chiedo irritata aggiustando la tracolla sulla spalla mentre il vento autunnale ci fa leggermente rabbrividire e scompigliare i capelli.
“Giusto, tu non sei un uomo, tu guardi altre cose.”- scoppia a ridere sotto i baffi al mio fianco. All’improvviso mi sento avvampare, non mi sono mai permessa di fissare un uomo se non negli occhi, per quanto carino possa essere. Quasi. – “Andiamo non fare la timida ora, sotto, sotto sei più pervertita di me.”
“Non è vero!”- sbotto al colmo dell’imbarazzo, adesso non sento per niente il vento freddo sulla pelle, sono fin troppo calda in viso per percepirlo. In risposta lui sorride ancora, lo posso sentire.
“Non ci credo che non hai mai guardato il pacco ad un uomo.”- quando la smetterà? E perché la scuola sembra così lontana questa mattina?
“La smetti? Non mi piacciono certi discorsi.”- rispondo cercando di calmarmi. Nella mia visuale finalmente il cancello sontuoso della scuola. Tiro un sospiro di sollievo.
“E’ proprio perché non ti piacciono che ne parlo fiorellino.”- risponde avvicinandosi velocemente al mio viso e stampandomi un bacio sulla guancia. – “Mi piace farti incazzare.”- urla poi oltrepassando prima di me l’area dell’istituto. Oggi è strano. Devo ancora capire perché sembra così contento di essere a scuola.
Decido di non dargli tanto peso e scrollando le spalle mi inoltro in quella confusione di alunni e professori tutti accalcati nel cortile ampio della scuola. Un palchetto a lato, dei microfoni. Realizzo subito il perché Harry era così contento. Oggi non ci sono lezioni a quanto pare. C’è la solita assemblea mensile e nessuno mi ha informata.
Osservo come tutti sono in gruppi diversi, ognuno con il proprio gruppo di amici, chiacchierano, discutono, alcuni litigano. Altri ragazzi sistemano gli ultimi dettagli sui temi che si tratteranno oggi, i professori, anch’essi in gruppo, probabilmente sparlano di qualche alunno poco motivato mentre il brusio della folla si fa più insopportabile. Cerco disperatamente con lo sguardo qualche viso familiare ma non riesco a vedere bene data l’altezza dei ragazzi a quest’età. Vorrei vedere Liam e gli altri. Mi manca parlare con loro, scherzare di cose superflue e sentirmi una ragazza con degli amici.
“Chi non muore si rivede!”- raddrizzo la schiena a quella frase. Non sono sicura se sia riferita a me o no, ma le mie gambe cominciano a muoversi senza in realtà sapere dove andare.- “Hey Talìta!”- stringo gli occhi e fermo la mia pseudo fuga quando un ragazzo biondo cenere mi taglia la strada.
“Conor, ciao.”- dico piano, fingendo di essere sorpresa di vederlo, ma in realtà voglio che sparisca dalla mia vista.
“Sei sparita in questi giorni, che fine hai fatto?”- chiede con quella finta aria buona. Si sente da un chilometro che emana testosterone da ogni poro. Non credo per niente a come appare. I giocatori di football non corrono dietro a ragazze come me. Qualcosa mi puzza sebbene tenta di nasconderlo.
“Ero fuori città con mio padre.”- rispondo semplicemente spostando lo sguardo ovunque tranne che su di lui.
“Capisco.”- fa una pausa. – “Non ti sto molto simpatico vero?”- sorride amaramente e per un attimo mi fa pena. Mi sento in colpa per il mio comportamento.
“Scusa, non voglio che pensi questo.”
“Però è così.”- sospira per poi riprendere a guardarmi. Il vento ci smuove i ciuffi ad entrambi e non so cosa dire. – “Voglio farti cambiare idea e sta sicura che ci riuscirò.”- dice poi con ritrovato entusiasmo indicandomi con il dito indice. Riprende stranamente a sorridere e la sua reazione fa sorridere anche me. Non capisco niente sui ragazzi. Non riesco a decifrarli né a catalogarli. Non so se mentono o sono sinceri. Tranne Harry, lui è stronzo così come appare. – “Ci vediamo Talìta.”- conclude sorridendomi ancora prima di raggiungere i suoi amici e io lo saluto con un semplice gesto della mano.
Che giornata strana.
Mi ritrovo a pensare con lo sguardo perso sul palchetto improvvisato.
“Cosa voleva Conor?”- una voce fin troppo vicina al mio orecchio mi fa saltare dallo spavento per la seconda volta questa mattina e io sento ancora una volta il mio cuore pompare all’impazzata dopo essermi voltata a guardare la faccia divertita di Harry. – “Smettila di spaventarti.”- ride strizzando gli occhi infastiditi dal sole che sta appena spuntando.
“Smettila di spaventarmi!”- con ancora una mano sul petto inspiro ed espiro per rallentare il mio respiro. – “Cosa vuoi?”
“Niente. Ti ho vista con Conor e quindi …”- dice scrollando le spalle ma poi torna subito serio. – “Te lo dirò una volta sola. Stagli lontano, chiaro?”- mi do a diverse interpretazioni delle sue parole. Perché dovrei stargli lontana? C’è qualcosa che non so e che dovrei sapere?
“Perché?”- chiedo alzando una mano per ripararmi la vista dal sole accecante mattutino.
“Tu fallo e basta.”- risponde semplicemente, non sembra neanche infastidito. Annuisco visto che in realtà era quello che avevo intenzione di fare senza che me lo dicesse. Lascio cadere il discorso, non m’importa molto comunque. Piuttosto dopo essersi guardato circospetto da un lato e dall’altro Harry si avvicina di più a me tenendomi gli avambracci con le mani. E’ una sensazione piacevole, forse perché col suo viso mi fa ombra dal sole. – “Ti ricordi di questa sera vero? Devi aiutarmi con le mie cose.”- mi chiede fissandomi attentamente negli occhi sperando che capisca di cosa parla. Per un attimo mi sono persa a guardarlo ma ho subito capito di cosa stesse parlando e annuisco. – “Tra poco ne parlerò con Louis e Zayn.”- m’informa prima di stamparmi il secondo bacio sulla guancia di oggi e lasciarmi di nuovo da sola.
Vorrei sapere perché è così affettuoso oggi. Inarco le sopracciglia non riuscendo a darmi una risposta e scacciando via anche questo pensiero dalla mia testa mi guardo ancora intorno alla ricerca di Liam o Veronica. E vedo lui, il mio amico appassionato di Batman proprio di fronte all’ingresso dell’edificio, mentre parla con tutti gli altri. Spintonando alcuni ragazzi tra la folla riesco a farmi strada verso le scale che portano alla porta d’accesso. In poco si è già accorto di me e sorridendo avvisa gli altri che si voltano di conseguenza.
“Talìta! Auguri, anche se in ritardo.”- mi abbraccia Liam strizzandomi letteralmente. Sento gli auguri anche dagli altri ragazzi che abbraccio con piacere dopo essermi staccata da Liam.
“Com’è stato il soggiorno a New York?”- mi chiede stranamente la silenziosa Rachel con occhi sognanti.
“Mi sono divertita tantissimo, è stato bello.”- rispondo volendo ritornare indietro nel tempo.
“Rachel appena ha saputo che saresti andata a New York ha spalancato la bocca chiedendo perché non poteva partire con te.”- parla ridendo Ashton al suo fianco facendo arrossire la ragazza.
“Piantala Ash!”- lo rimprovera lei.
“Il suo sogno è lavorare per il New York Times.”- mi sussurra Veronica all’orecchio informandomi del perché di tutto ciò. – “Vedo che comunque questa vacanza ti ha fatto bene!”- continua Veronica riacquistando il suo tono di voce esuberante. – “Guarda un po’ che look, nascondevi un culo sodo sotto le gonne, brava la mia ragazza.”- mi abbraccia scherzosamente facendomi scoppiare a ridere. Provo anche un certo imbarazzo quando pure gli altri ragazzi iniziano a ridere. Diciamo che non sento spesso parlare del mio fondoschiena in pubblico.
“La stai mettendo in imbarazzo.”- la rimprovera Liam cercando di smettere di ridere. Ho notato che si è lasciato crescere la barba in questi giorni. Quando mi ha abbracciata mi ha fatto il solletico.
“Styles!”- sento urlare e non posso fare a meno, insieme agli altri, di voltarmi.
HARRY’S POV
Dovevo aspettarmelo, non potevo passarla liscia. Il vecchio coglione del preside pelato mi è venuto a prendere strattonandomi per un braccio, proprio davanti a tutti. La cosa mi ha fatto incazzare, come si permette di toccarmi?
La giornata era cominciata così fottutamente bene. Anche se ho dormito su un divano del cazzo. Mi sono sentito più a casa ieri sera nella casa della servitù che nei miei vent’anni nella villa. Conrad inaspettatamente non ha rotto i coglioni con nessuna discussione su ciò che sa su di me. Questa mattina mi ha pure svegliato in tempo per la scuola e mi ha preparato la colazione. Sebbene non abbiamo parlato quasi per niente. Sa come sono fatto meglio di papà. E’ fottutamente ridicolo.
Fottutamente ridicolo, proprio quello che ho pensato questa mattina vedendo Conrad con di nuovo la sua divisa da pinguino per andare a lavoro. Ma l’ho solo pensato, non era il caso di dirlo ad alta voce.
Ho dormito così tanto bene che avevo anche voglia di venire a scuola e quale miglior motivo per andare a scuola di fare la strada con Tal?
‘Riprendi in mano la tua vita’ aveva detto Conrad l’altra sera.
Voglio farlo cazzo. Forse dovrei anche ringraziare i miei genitori per avermi buttato fuori di casa e per avermi tolto la macchina. Fottuti stronzi.
“Ti rendi conto della situazione dove ti trovi?!”- urla l’uomo che mi ha trascinato nel suo ufficio. Non so neanche di cosa abbia parlato fino ad ora tanto ero perso nei miei pensieri- “Hai picchiato un ragazzo, ha il polso fratturato! E’ la seconda volta quest’anno, per non parlare della sesta da quando sei in questa scuola!”- urla ancora mentre io tengo stancamente la mascella appoggiata al dorso della mia mano aiutandomi con il bracciolo della poltrona dove sono stato messo a sedere con la forza.- “Tuo padre mi ha telefonato implorandomi di non sospenderti.”- dice abbassando il tono di voce ma compensando colpendo la sua scrivania in mogano con in pugno.
“Mio padre può andarsene a fanculo.”
“Tuo padre sta cercando di salvartelo culo Harry!”- un linguaggio del genere non è ammissibile da un rispettabile dirigente scolastico. Ironizzo nella mia mentre sorridendo.- “Per il bene della tua famiglia ti do un’ultima possibilità.”- continua.- “Non ti sospendo ma devi essere punito.”- annuisco assecondando quello che dice, non vedo l’ora di uscire di qui. – “Due ore.”- afferma deciso dopo aver ripreso posto dietro la sua scrivania.
“Cosa?”
“Due ore di servizio extrascolastico ogni giorno dopo le lezioni per un mese a partire da lunedì.”- spiega divertito e soddisfatto della sua sentenza. Ha una fottuta faccia da cazzo. Ho la voglia irrefrenabile di strappargli quel sorriso dal quel culo che si ritrova al posto del viso a colpi di spranga ma questo peggiorerebbe la mia situazione. Mi domando fin quanto in fondo dovrò cadere prima di non avere più brutte notizie.
Senza degnarlo di un saluto mi precipito fuori dall’ufficio consapevole che protestare non sarebbe servito a niente. L’assemblea è già iniziata ma io sono sicuro che i miei amici non saranno lì insieme a tutto il corpo studentesco. Prendo la direzione opposta all’uscita inoltrandomi per i corridoi della scuola fino a quando non visualizzo la porta secondaria che da sul cortile. Sono sicuro che come degli stronzi siano lì a fumare e spero per loro che sia solo semplice nicotina e non qualche residuato di marijuana che non hanno ancora neanche fottutamente pagato.
Nonostante le mie aspettative incontro solo Louis lì, solo con un pezzo di carta in mano. La schiena poggiata contro il muro e lui seduto in terra nell’angolo non video sorvegliato. C’è qualcosa che non va, lo percepisco. Sto lottando contro me stesso se andare e ricevere un’altra brutta notizia o andarmene e fare finta di nulla, ma ci sono troppo dentro ormai per scappare.
Il mio amico si accorge di me e dopo avermi fissato di sfuggita ritorna con gli occhi sul foglio. Mi siedo accanto a lui aspettando che dica o faccia qualcosa e non tarda a lasciare l’oggetto sulle mie gambe e a chiudere gli occhi abbattuto. Serro la mascella e stringo i denti ma alla fine tengo la carta tra le mani e leggo. E’ una lettera minatoria, sicuramente da Josh.
“Il tempo scorre amico.”- parla Louis mentre leggo velocemente il contenuto della lettera.
“Non è nulla di nuovo, sappiamo già che se non consegniamo quei soldi entro lunedì quelli ci fanno il culo.”- rispondo e lo vedo troppo a terra per ascoltarmi. – “Louis, io ho un piano che potrebbe funzionare.”- è il momento di informarlo. Non sono sicuro che potremmo riuscire a mettere insieme tutti quei soldi, ma l’idea di Tal è l’unica che può aiutare.
“Tipo?”- chiede ormai con le poche speranze rimaste massaggiandosi la testa.
“Vedi, Tal-“
“Oh Tal.”- ridacchia.- “Ovviamente le hai detto tutto.”- continua amareggiato, sembra si vergogni che una ragazza sappia in che cazzo di situazione siamo.
“Si l’ho fatto e se è per questo se non lo avessi fatto adesso non ci sarebbe una speranza stupido figlio di puttana.”- ringhio incazzato dal suo comportamento.- “Ti ricordo che se tu ci avessi detto dei tuoi debiti non ci troveremmo in certi cazzi ora! Quindi sta zitto e ascolta quello che quell’angelo mi ha consigliato di fare!”- sbotto. Sono sicuro di essere sbottato con tutta la forza vocale che avevo in corpo. Ho pure il fiatone ma non stacco gli occhi da quelli spalancati del mio amico.
“Sentiamo cosa ti ha detto quella.”- dice scuotendo la testa poco convinto.
“Talìta.”- stringo i denti.
“Cosa?”- chiede ritornando a guardarmi frastornato.
“Talìta, si chiama Talìta! Non quella”- mi spiego accartocciando il foglio ancora nelle mie mani. Mi ripugna tenerlo in mano ancora.
“Cristo ti ha fottuto il cervello.”- sussurra ma riesco comunque a sentirlo, lo ignoro. Devo farlo se no ritornerebbe a casa con due costole rotte. Non è il momento per farmi incazzare. I dilemmi mi stanno piovendo addosso come una tempesta dopo dieci cazzuti anni di carestia.- “Sentiamo cosa ti ha detto, Talìta.”- mi schernisce con un sorrisetto.
“Possiamo vendere della roba, qualcosa di inutile. Io potrei racimolare un bel po’.”
“Vendere? Harry cosa cazzo vendo io? La mia famiglia ha appena i soldi per mangiare, cosa ti fa pensare che abbiamo qualcosa da vendere?!”- scatta più arrabbiato di quanto lo abbia mai visto. – “Cosa faccio mi vendo un rene?!”- continua appoggiando pesantemente la testa al muro.
Non so come rispondere. Sapevo fossero poveri ma non fino a questo punto. Ricollego ciò che ricordo degli ultimi anni e ricordo che non ho mai visto Louis con una maglia nuova. Sempre le stesse, stesse scarpe, stessa tristezza mascherata dall’allegria che mostrava ma non provava. Io non posso capirlo, ma forse una persona si.
“Louis.”- inizio, ma so che me ne pentirò. – “Vieni da me questa notte, abbiamo delle cose da fare. Avvisa anche Zayn.”
Detto questo mi alzo per tornare dentro, non ho voglia di rispondere al suo sguardo confuso perché so che se non me ne vado ora mi pentirò di quello che sto facendo. Non volevo che Tal avesse contatti con i miei amici, ma forse Louis ha bisogno di una spalla su cui piangere. La spalla più bella e confortante è quella di Tal.
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Non potete dire che non sono di parola. Sono 300 voti e ho aggiornato, grazie mille! Ve lo dovevo soprattutto perchè abbiamo superato le 200 mila visualizzazioni! Non potete capire quanto sia felice per questo. Contrariamente a quanto mi aspettassi Almost sta piacendo davvero. Non so che dire ora a parte il solito votate, commentate e spargete voce :) Inoltre mi è venuta l'idea di darvi i miei contatti Twitter e Instagram e se volete anche quello Facebook potete chiedermelo per messaggio privato :)
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