31. Partenza!

TALITA’S POV

In questi casi faccio sempre quello che mi riesce meglio. Studio. Non so fare altro per scacciare lo stress, mi concentro su un argomento da imparare e non penso a nient’altro. Ma non sta funzionando questa volta. Sono piegata sulla scrivania della mia stanza da un paio d’ore e non ho ancora combinato niente se non qualche pagina di filosofia.

Chiudo il libro sgarbatamente e abbastanza demoralizzata. Sbuffo mentre mi alzo dalla sedia e mi getto sul letto a fissare il soffitto. Chiudo gli occhi per qualche secondo e poi li riapro, ma la situazione non è comunque cambiata. Non riesco a smettere di pensare a quello che è successo. Se penso che se il cosiddetto Conor non ci avesse interrotti, Harry mi avrebbe baciata di nuovo mi viene la pelle d’oca.

Stava per succedere di nuovo, mi stava toccando e io ero felice che lo stesse facendo. Perché non riesco ad avere paura di lui? Non è un ragazzo molto stabile, si droga, beve fino all’inverosimile, è uno stronzo con i suoi genitori e ha umiliato il suo migliore amico volutamente. Allora perché mi piace stare in sua compagnia? Non mi capisco proprio in questo periodo. Anzi, non capisco proprio niente. Qualcuno bussa alla porta della mia camera, ma so già chi è.

“Posso?”

“Papà, hai già finito di lavorare?”- chiedo mettendomi seduta a gambe incrociate-

“Ho finito presto e indovina un po’, ho una sorpresa.”

Il suo sguardo acceso mi dice che è molto contento e sorride come non mai. Ha le mani nascoste dietro la schiena e mi passa per la testa l’idea che abbia qualcosa per me.

“Cos’hai lì dietro?”- mi sposto di un lato per cercare di vedere ma non me lo permette- “Dai, ti prego!”- lo supplico lamentandomi come quando ero piccola. Ride alla mia reazione e finalmente con un sorrisetto stampato in bocca muove le sue braccia muscolose facendo spuntare le mani. Tengono dei foglietti di carta.- “Cosa sono?”- non riesco a vedere bene dal letto e sono costretta ad alzarmi, la curiosità mi divora.

Quando finalmente sono a pochi centimetri da papà capisco che sono dei biglietti aerei in prima classe per New York. La mia bocca assume la forma di una ‘o’ quando leggo che sono per venerdì, due giorni. Non riuscendo a trovare le parole porto le braccia attorno al collo di papà e lo abbraccio cingendogli la vita con le gambe, per quanto la gonna me lo permetta.

“Finalmente eh, il signor Styles ha chiamato alcune agenzie e ci ha trovato questi biglietti a poco prezzo.”- sussurra ricambiando l’abbraccio. Quello che sento ora è la mente leggera, sta già vagando su quello che potrò fare e vedere in quella grande città. Mi ritrovo a sorridere come un ebete osservando ogni angolo di quei biglietti. E’ anche l’occasione buona per staccare da tutto quello che è successo. Basta Harry, basta scuola, basta cheerleader e giocatori di football sconosciuti. Per pochi giorni non voglio pensare a nessuno, chissà se non riesca anche a chiarirmi le idee. -“ tra poco c’è la finale di campionato, pizza? Niall ci fa compagnia.”- mi fa l’occhiolino papà e ho notato una punta di malizia nel suo sguardo.

“Perché mi hai fatto l’occhiolino?”

“Così.”- risponde con nonchalance. -“ … solo, pensavo, visto che tifa la mia stessa squadra è un ragazzo apposto.”- si rigira i pollici e quasi mi strozzo con la saliva per quello che ha detto, spalanco gli occhi. Non pensavo che avrei mai sentito papà parlarmi di ragazzi.

“Stai scherzando? Da quanto vuoi che abbia un ragazzo?”- chiedo poggiando i biglietti sulla scrivania e sedendomi sulla sedia girevole.

“Da un po’, non ne hai mai avuto e sei ormai maggiorenne, sei giovane Tal.”- fa una pausa sospirando.- “ho paura che tu abbia paura degli uomini dopo quello che è successo.”- è così infatti, non posso sapere quello che un uomo pensa, e se mi prendesse in giro? E se mi usasse per i propri fini? Se facesse il carino solo per poi potermi portare a letto con la forza?- “So che è così, ma devi andare avanti e superarlo. Sono tuo padre e sarei geloso di chiunque ti si avvicinasse, ma so anche che è qualcosa di cui hai bisogno. Qualcuno di cui tu ti possa fidare.”

“Io mi fido di te, ci sono anche Liam e i suoi amici e Niall di cui mi fido, non capisco perché dovrei avere un ragazzo ad ogni costo.”- abbasso lo sguardo sui suoi scarponi sporchi di terra. Non ho bisogno di un ragazzo.-

“Ora non capisci, ma capirai prima o poi quello che voglio dire.”- sussurra avvicinandosi, dopo avermi baciato la fronte delicatamente continua a parlare. - “vado ad ordinare la pizza.”- mi regala un sorriso che ricambio distrattamente ancora troppo concentrata sulle sue parole, a tal punto che non mi accorgo neanche che mi ha lasciata sola in camera a mordermi il labbro nervosamente mentre il mio sguardo è perso sul parquet in legno …

***

Disagio. Mi sento a disagio tra due uomini che urlano ad ogni goal, bevono birra e mangiano pizza nello stesso tempo. E’ disgustoso come gli uomini possano essere animali in queste circostanze. Ci sono patatine ovunque sul tavolino del salotto, la luce completamente spenta e la stanza illuminata solo dal televisore che trasmette le immagini di energumeni che corrono dietro ad un pallone.

Mangio tranquillamente la mia pizza in un angolino del divano lottando con tutta me stessa per non spegnere la tv proprio nel bel mezzo del calcio di rigore. Non ricordo neanche quante volte ho alzato gli occhi al cielo questa sera anche se a dirla tutta sono due soggetti talmente disgustosi da essere divertenti. Papà e Niall sembrano padre e figlio, sembro quasi gelosa di non poter fare queste cose con papà. Ma non è colpa mia se sono nata donna.

“Talìta mi passi un fazzoletto?”- mi chiede Niall dopo aver fatto cadere qualche goccia di sugo sul suo maglione. Provando quasi fastidio per dovermi muovere da quella posizione comoda, allungo il braccio verso il tavolino per raggiungere i fazzoletti. Quando glieli passo mi sorride strizzando gli occhi blu, deve essere il suo modo per dirmi grazie.

Spostando lo sguardo su papà vedo che ci guarda in modo strano. E’ come se mi incitasse a saltargli addosso. Ma che gli prende?! Capisco subito quello che pensa e mi affretto a lanciargli uno sguardo di fuoco che se fosse vero incendierebbe l’intera proprietà. Per fortuna Niall non se ne è accorto e io torno a guardare la televisione senza capire niente.

“La difesa era scarsa, per questo abbiamo perso, se avessero mandato in campo il numero sette a fine partita avremmo almeno pareggiato.”- commenta papà-

“Secondo me l’attacco dell’altra squadra era troppo forte, non avevamo possibilità comunque di vincere contro quelli …”- risponde Niall. Che noia. -“Tu cosa ne pensi Talìta?”- stavo quasi per addormentarmi, ho la pancia piena, la luce è spenta e ho guardato in tv qualcosa che mi ha conciliato il sonno per almeno un quarto d’ora prima che fossi svegliata dall’ennesimo urlo per un goal subìto. Morale della favola è che non ho la minima idea di cosa sia il calcio.

“Cosa?”

“Della partita.”- sorride Niall- “cosa ne pensi?”-

“Penso che il calcio fa schifo.”- rispondo strofinandomi gli occhi assonnati. Loro se la ridono sotto i baffi, cosa c’è da ridere?

“Si è fatto tardi, vi lascio soli ragazzi, io vado a dormire.” – papà da ottimo attore qual è fa la sua uscita trionfale ma non prima di avermi dato il bacio della buona notte ed avermi lanciato un’altra di quelle occhiate maliziose.

“Perché ci ha guardati così?”- mi chiede Niall sottovoce dopo che papà ha lasciato la stanza.

“Perché pensa che tu sia il fidanzato perfetto per me.”- mi viene da ridere e non mi trattengo, lo stesso fa lui dopo le mie parole. La stanza si riempie di risate silenziose e forse un pizzico d’imbarazzo che sento solo io. La sua risata è contagiosa soprattutto quando si tiene la pancia per ridere. Lo definirei tenero.

“Ti va di fare una passeggiata?”- chiede dopo essersi asciugato gli occhi lucidi. Accetto la sua offerta visto che sono diventata claustrofobica a stare qui dentro e dopo aver sistemato il porcile che avevano combinato siamo scesi in giardino stando attenti a non svegliare gli altri dipendenti nella casa della servitù.

L’aria qui fuori è già più respirabile nonostante faccia un certo freschetto che mi fa rabbrividire leggermente. Molto gentilmente dopo essersi accorto dei miei brividi mi poggia la sua giacca sulle spalle. Il suo calore mi provoca sollievo sulla pelle e parte dalle spalle e scende su tutto il mio busto in una sensazione tanto piacevole che non sento neanche freddo sulle gambe leggermente scoperte dalla gonna.

Il venticello pungente mi sposta alcune ciocche di capelli interrompendo di tanto in tanto la mia visuale.

“Come va con la scuola?”

“Come al solito, voglio ottenere una borsa di studio per poter continuare a studiare.”- rispondo guardando i miei piedi insieme ai suoi muoversi sulle pietruzze.

“Cosa vorresti fare dopo?”- mi chiede ancora curioso, il suo ciuffo si muove lievemente con il vento, anche se è buio riesco a vedere i suoi occhi azzurri illuminati come fari notturni dalle luci del cortile- “intendo, dopo la scuola, cosa vorresti fare?”

“Non ne ho idea.”

“Hai le idee chiare vedo.”- ridacchia sotto i baffi contagiando anche me-

“Si molto.”- commento scherzosamente- “… non lo so, escluderei a priori di diventare un avvocato o qualche medico, quelle cose non fanno per me.”

“Ti ci vedrei con un camice bianco a curare bambini.”

“Probabilmente mi odierebbero i bambini, tu invece, continuerai a lavorare alla pasticceria?”

“Non lo so, aspiro a qualcosa di più che  vendere dolci se devo dirla tutta.”- sospira silenziosamente prima di continuare.- “quando io e mamma avremo una situazione più stabile finanziariamente, e spero che accada presto, vorrei tornare a studiare.”

“E’ dura, ti capisco.”

“Già.”

“A volte mi chiedo perché ci sono persone che nascono ricche e persone che nascono povere.”- do voce ai miei pensieri.

“Hai trovato una risposta?”

“No.”

“Be io si.”- sposto lo sguardo dal vialetto al suo viso per incitarlo a continuare- “… è solo una questione di culo.”- scrolla le spalle semplicemente e mi fa ridere la sua espressione da chi ha detto una cosa ovvia. - “vedi Harry per esempio, lui è uno che ha avuto culo, ha tutto. Vedi suo padre invece, è partito da niente, lui si è costruito la sua ricchezza. La ricchezza di chi è da ammirare secondo te?”- la risposta è altrettanto ovvia anche qui e non serve neanche rispondere.

Harry è sempre stato abituato ad avere tutto ciò che vuole e dubito che sappia il vero valore di quello che ha. Facendo un bilancio adesso, le impressioni che ho di Harry e quelle che ho di suo padre non sono per niente cambiate. Lui è il figlio viziato di un uomo gentile e benestante che pensa al bene della sua famiglia.

HARRY’S POV

Sono sfinito, esausto, arrabbiato e probabilmente bisognoso di qualche tiro di canna per rilassarmi, ma ho finito la mia scorta e non mi va neanche di uscire per rimediarne un po’. Meglio tornare alle vecchie abitudini, leggere. Avrei tanta voglia di rileggere per l’ennesima volta Cime Tempestose ma ricordo che ora non è in biblioteca bensì con Tal. Tal … non l’ho più vista oggi dopo che è scappata dal campo da football lasciandomi nelle mani dei miei cosiddetti amici.

Mi hanno fatto il terzo grado volendo sapere cosa c’è tra me e lei, e non credo neanche di averli convinti rispondendo che non c’è un cazzo tra di noi. Ma loro sono il mio ultimo problema, a preoccuparmi è Conor, non voglio che si avvicini a lei.

Dopo aver dato un pugno al materasso morbido sotto di me mi alzo accendendo l’abatjour sul comodino. La stanza prende già un altro colore ma è sempre silenziosa, tutta la casa è silenziosa e non solo perché è mezzanotte. E’ un mortorio.

I miei piedi nudi toccano il pavimento freddo mentre abbandono definitivamente il letto e raggiungo il davanzale della finestra. Il mio cellulare segna le 00:28, dopo averlo controllato lo getto sulla poltrona alla mia destra poi appoggio entrambe le braccia sulla cornice della persiana.

Sento un leggero brivido sulla pelle soltanto notando un certo vento fuori ma non ho intenzione di mettere un fottuto pigiama. Il mio sguardo spazia dal cielo, scende agli alberi tutti attorno alla proprietà, raggiunge la casa della servitù, dove probabilmente una certa ragazza starà dormendo e poi scende ancora di più sulla superficie illuminata della piscina. Mi perdo per un attimo a guardare l’acqua che ondeggia pigramente spinta dall’aria e non penso assolutamente a niente, ho la testa vuota ora, calma … non ricordo l’ultima volta in cui mi sono sentito così in pace. Forse è così che mi sentivo quando non usavo ancora l’erba per addormentarmi.

Due figure attirano la mia attenzione e la calma muta in irrequietezza. Passeggiano tranquillamente a bordo piscina e sono evidentemente immersi in una conversazione per loro interessante ma soporifera per me conoscendo quanto fottutamente profondi sono nei loro discorsi filosofici del cazzo quei due. Lei porta una giacca che non è sicuramente la sua. Mi irrita. Mi irrita da morire, come quando l’ho vista con i vestiti di Liam l’altra sera. Mi farà uscire pazzo quella ragazza. Senza accorgermene ringhio appena continuando a guardarli ridere e scherzare e non ne capisco il motivo.

Beh, è inutile negarlo Tal ha quel qualcosa che mi spinge a fare sogni poco casti sul suo corpo. Lo ammetto, l’ho immaginata nuda davanti a me più volte e anche ora solo a pensarci mi lecco i baffi. Se penso a quello che mi ha detto oggi, cioè che mi trova attraente, non credo che ci metterei molto a farla entrare sotto le mie coperte. Se potessi ce la porterei con la forza ma non mi abbasserei mai a questo livello, soprattutto dopo quello che ha passato. Eppure, lo ha detto lei stessa che non ha paura quando la tocco. Cazzo questa cosa è così eccitante. Mi mordo il labbro e  nel frattempo la mia fronte è appiccicata al vetro gelido e non le scollo gli occhi di dosso.

Il biondino non esiste più nella mia testa. C’è solo lei. Prima che mi venga un’erezione solo guardandola da sei metri d’altezza mi allontano dalla finestra tornando seduto sul letto. Getto la testa tra le mani poggiando i gomito sulle ginocchia e comincio a riflettere più col cervello che col pene.

Se mi gettassi addosso a lei come se niente fosse perderebbe quella pochissima fiducia che ha in me e che l’ha portata a raccontarmi del quasi stupro, anche se tecnicamente l’ho costretta con le cattive a dirmelo, cazzo come era mordibile la pelle del suo collo quel giorno anche se tremava come una foglia. Va presa con le pinze questa situazione e ho paura che possa degenerare. Senza contare che è sicuramente ancora vergine. No. Non posso fare nulla con lei. Non si merita di essere trattata come le ragazze che sono solito frequentare.

Frustrato e grugnendo per il nervoso mi sdraio pesantemente sul letto nella speranza di pensare a qualcos’altro a parte il suo fottutissimo corpo che non vedrò mai nudo. Serro la mascella e chiudo gli occhi cercando di dormire, ma dubito che ci riuscirò ora come ora.

Dio ho bisogno di fumare.

TALITA’S POV

“Finalmente è arrivato il momento mamma! Andiamo a New York questo pomeriggio e sono più esaltata che mai. Papà è quasi arrivato a legarmi le mani per farmi smettere di fare e disfare la valigia mille volte. Sarà ridicolo visto che non è la prima volta che faccio una valigia, ma è la prima volta che la faccio per qualcosa che volevo da tanto tempo. Un compleanno a New York, quale miglior modo di festeggiare i miei diciannove anni se non quello di salire sull’Empire State Building?”

“Talìta? Talìta torna tra noi!”- una mano viene sventolata davanti al mio viso distraendomi dal mio scrivere e in una frazione di secondi riconosco il viso del professor Smith davanti a me mentre tutta la classe mi fissa.- “Non so cosa stessi scrivendo ma non è questo il momento.”- mi rimprovera mantenendo però il suo cipiglio sarcastico. E’ in questi momenti che ringrazio che non sia uno di quei vecchi professori prossimi alla pensione che mi avrebbe già mandato fuori in corridoio a quest’ora.

“Mi scusi.”- rispondo flebilmente imbarazzata dall’aver richiamato tanta attenzione. Il professore riprende la sua lezione d’arte contemporanea iniziando a spiegare quali famose opere sono conservate al British Museum di Londra.

Rilascio un sospiro quando tutti tornano ad ignorarmi proprio come piace a me e mentre l’attenzione è rivolta al camminare convulsivo del docente mentre spiega con un libro in mano, io penso che dovrei avvertirlo che mancherò a qualche lezione vista l’imminente partenza.

La campanella segna la fine della lezione e dopo aver riposto la mia roba nella borsa raggiungo il professor Smith prima che se ne vada.

“Professor Smith!”- lo richiamo aggiustando la borsa in spalla.

“Signorina Naràn, qualche problema?”

“No, volevo avvisarla che mancherò alle prossime lezioni. Io e mio padre andiamo fuori città per qualche giorno.”

“Non ci sono problemi, con la tua media non farai fatica a recuperare un paio di lezioni.”- mi fa l’occhiolino, ma questo sparisce tornando serio in poco tempo e probabilmente vuole continuare il discorso invece che farmi uscire dall’aula come mi aspettavo. - “… come va con Harry?”- ma perché tutti mi fanno sempre ricordare Harry …

“Cosa vuole sapere di preciso?”

“Non è venuto a lezione oggi.”

“Non lo fa quasi mai.”- rispondo non vedendo il problema, è Harry, lui è quello che apre un libro solo in casa lontano dal mondo.

“Allora arriviamo al punto. Io conto su di te.”- risponde alzando le mani all’altezza del suo viso parallele l’una all’altra.- “Quando è entrato in questa scuola era un ragazzo brillante! Talìta, aveva una media scolastica pari alla tua. Tutti noi insegnanti abbiamo visto il suo calo anno per anno come anche abbiamo visto che ha completamente cambiato amicizie.”- ho già avuto una conversazione simile con lui ma sapere che Harry sotto è una mente funzionante mi fa venir voglia di saperne di più.

“Lo so che vuole che lo aiuti ma io non so proprio come fare, lui non vuole essere aiutato.”- a parte quando è sbronzo e non riesce neanche a camminare, ma questo è meglio non dirlo.

“Sei la persona più vicina a lui che conosco. Fai il possibile ti prego.”- mi congeda con questa frase lasciandomi più dubbi di quanti ne avessi già prima. I miei occhi raggiungono il pavimento e stringo i denti. Non so cosa fare. Vorrei tanto vedere quell’Harry che conosceva il professore, forse non è così impossibile farlo tornare. La sua stanza, la biblioteca dove spesso si rinchiude e la dolcezza che ha negli occhi quando guarda Gemma lo dimostra.

Ora sono sola in aula e probabilmente tra poco si riempirà per la prossima lezione. Meglio che me ne vada. Percorrendo i corridoi per raggiungere l’aula magna per gli avvisi mensili mi sento osservata, è una situazione inquietante che mi spinge a camminare più velocemente. Ma la mia corsa viene arrestata quando un ragazzo che ho già visto mi supera parandosi davanti.

“Ciao.”- aggrotto le sopracciglia, come si chiamava?-“Sono Conor, ti ricordi di me?”- ah, già il giocatore di football.

“Si, mi ricordo.”- non mi ispira molta fiducia, forse perché conosce Harry, si molto probabile che sia per quello.

“Facciamo la strada insieme? Vado anche io in aula magna.”- il ragazzo con i capelli biondo cenere mi mostra un sorrisetto nervoso e per un attimo mi passa per la testa il pensiero di averlo giudicato male a causa del primo impatto. Annuisco alla sua proposta e iniziamo a camminare più lentamente di quanto stessi facendo prima.- “Non so ancora come ti chiami però.”


“Talìta.”

“Mi piace, è un nome carino per una ragazza carina.”- mi viene quasi di scoppiargli a ridere in faccia ma mi limito ad una risatina silenziosa. Se questo è il modo di abbordare una ragazza degli americani è davvero pessimo-

“Grazie ma con me non attacca.”- lo sento ridere al mio fianco.

“Si, lo immaginavo, ma che sei bella lo penso davvero.”- non rispondo, credo che la miglior risposta in questo caso sia il silenzio, anche perché non saprei cosa controbattere.

Raggiungiamo l’aula magna in pochi minuti e una volta dentro ci salutiamo visto che i suoi amici agli ultimi posti in fondo alla sala lo richiamano mentre io riconosco la chioma nera di Veronica a poca distanza dalla cattedra dei professori nelle prime file.

“Talìta, finalmente ci si rivede, sei sparita in questi giorni.”- mi saluta la ragazza con un sorriso, Ashton che ho visto solo ora è accanto a lei che mi fa un cenno con la testa.

“Si, scusate sono stati dei giorni un po’ pesanti.”

“Lo sappiamo, Liam ci ha detto di quello che è successo a casa sua.”- continua Ashton con una strana bandana in testa.

“Già, ma non te la prendere, io ho dato il mio primo bacio al primo anno e per giunta ad un ragazzo che aveva dei brufoli grandi come i suoi occhi.”- disgustosa è l’immagine che Veronica fa materializzare nella mia mente e la mia faccia insieme a quella di Ashton la dicono tutta.- “Non fate quella faccia, l’ho baciato io non voi, cosa mi passava per la testa poi a quei tempi …”

“Liam dov’è?”- chiedo volendo scacciare via dalla testa il pensiero del bacio con Harry e … anche quello di Veronica.

“Dovrebbero arrivare.”- risponde lei girandosi verso l’entrata per controllare- “lui e Rachel avevano un progetto di biologia da consegnare.”

“A proposito, è vero che parti per New York?”- mi chiede Ashton.

“Si, è vero, parto questo pomeriggio.”

“Cosa, parti?!”- la voce di Harry che assomiglia più ad un urlo mi fa saltare dallo spavento sulla mia sedia. E’ appena sul piccolo corridoio che separa due blocchi di sedie e la stanza è abbastanza grande da permettere alla sua voce di fare eco, per fortuna c’è così tanta gente che nessuno ci fa caso.

“Perché urli, che problema c’è?”- gli domando incredula per il suo comportamento.

Mi fissa senza rispondermi ma mi si spezza un respiro quando con forza mi prende per un braccio costringendomi ad alzarmi dal mio posto. Sono questi i momenti in cui mi fa paura. Quando è così rude e … cattivo, mi fa paura. Mi strattona per tutta la sala col solo obbiettivo di raggiungere la porta d’uscita. Vado a scontrarmi con qualche tizio durante il percorso e nonostante venga tirata cerco di scusarmi con tutti.

Una volta fuori da quel caos, chiude la porta alle nostre spalle e il suo rumore echeggia  in tutto il corridoio causandomi un fastidio alle orecchie.

“Cosa è successo? Perché parti? Dove vai? Mio padre ha licenziato il tuo?”- le sue domande arrivano una ad una senza che mi lasci il tempo di rispondere- “cazzo lo sapevo! È stato lui!”- continua stringendo i pugni mentre compie qualche passo a casaccio mostrandomi talvolta la schiena e talvolta il suo viso. Sarei tentata di stare zitta e guardare fino a che punto arriva. Mi fa piacere però vedere che in un certo senso ci tiene a me. -“posso parlare a mio padre e farlo riassumere.”- continua respirando pesantemente con una strana tristezza negli occhi. Io come un’ebete sorrido e decido di portare avanti questa finta per un po’.

_______________

Ve lo dico col cuore! Grazie! mi fate un sacco di complimenti per questa storia e mi fa davvero tanto piacere! Continuate a commentare e votare!:)

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top