Capitolo 25





Scendo nel parcheggio del centro commerciale e cammino fino alla mia auto. Oggi ho lavorato solamente tre ore, perché non mi sento affatto bene. Forse sto covando l'influenza, spero di no, altrimenti il dottor Perrotta non mi farà restare in reparto.

Sono passate esattamente due settimane dall'intervento di Maria e nonostante i suoi parametri vitali siano stabili, la mia piccola non ha dato ancora segno di volersi svegliare.

Apro la macchina e sistemo la borsa sul sedile del passeggero. Ho appuntamento con Dante a casa sua, mi ha preparato un pranzetto veloce prima che io vada in ospedale.

<<Cris!>>

Mi volto e mi trovo davanti Paola e Federico. E' una vita che non li vedo. <<Ehi, ragazzi, che fate qui?>>

Mi abbracciano entrambi, prima l'uno e poi l'altra. A giudicare dalle loro mani intrecciate, credo proprio che stiano insieme e ne sono felicissima, perché se lo meritano.

<<Pensavamo di trovarti al supermercato, invece te ne eri già andata.>> Paola mi sorride. <<Volevamo sapere come stavi. Rosita mi ha detto di tua sorella, Cris, mi dispiace davvero tantissimo. Io non ne sapevo nulla.>>

Effettivamente l'unica a sapere della mia situazione familiare era Ros. Mi sento in colpa per non aver detto nulla a Paola e Federico, in fin dei conti sono miei amici anche loro ed era giusto che li mettessi al corrente.

<<Mi dispiace per non essermi confidata con voi, ragazzi, ma è davvero difficile.>> Abbasso lo sguardo a terra. <<Comunque sia ora mia sorella sta clinicamente meglio, dobbiamo solo sperare che si svegli al più presto.>>

Federico mi accarezza una spalla. <<Sai che ci siamo, vero? Per qualsiasi cosa.>>

<<Lo so.>> Li guardo, ammiccante. <<E voi due? Vi vedo parecchio... vicini.>>

Federico arrossisce all'istante, mentre Paola si stringe contro i lui e gli bacia il collo. <<Già. alla fine ha ceduto.>>

<<Tu hai ceduto.>>

<<Sono felicissima per voi, ragazzi.>> E lo penso davvero. Se lo meritano. Meritano tutto il bene del mondo.

<<E tu, invece?>> Paola mi dà di gomito. <<Con quel fustacchione del tuo vicino?>>

Smetto di respirare, neanche mi avesse dato una pugnalata al centro del petto. Probabilmente avrebbe fatto meno male, avrebbe causato meno danni.

<<Lui... insomma, abbiamo entrambi un'altra persona.>> Alzo le spalle, cercando di non andare in pezzi. <<Non ha funzionato.>>

<<Davvero? E chi sarebbe l'altra persona?>>

<<Dante, il mio capo al Millenium.>>

<<Stai scherzando!>> Paola mi guarda con occhi sognanti. <<Dante Vercelli è praticamente il Christian Grey di Roma e tu te lo porti a letto. Quanto t'invidio, Cris.>>

Federico le lancia un'occhiataccia. <<Prego, continua pure, tanto io sono invisibile.>>

<<Amore, dai, in senso metaforico intendo.>>

Sorrido, divertita dalla linguaccia lunga della mia amica. Chissà che faccia farebbe se sapesse che a letto con il Christian Grey dei poveri non ci sono mai stata. <<Tanti auguri, Fede. Paola è parecchio impegnativa>>, dico, facendole una linguaccia.

Il cellulare inizia a vibrare nella tasca dei miei jeans. Sicuramente sarà Dante che vuole sapere dove mi sono cacciata. Alzo gli occhi al cielo e guardo il display: è il numero del dottor Perrotta.

Rispondo senza esitare e l'attimo dopo sono già sulla macchina, pronta a mettere in moto, sotto gli sguardi confusi di Paola e Federico. Li saluto, promettendogli di spiegargli tutto più tardi, dopodiché parto a tutta velocità verso l'ospedale.







"Si tratta di Maria, è urgente."

Queste sono state le uniche parole pronunciate dal dottor Perrotta, bastate ampiamente a farmi avere un principio d'infarto. Mentre ero in autostrada ho chiamato Ros, chiedendole di raggiungermi in ospedale e pregandola di avvisare anche mio padre e Dante.

Ora me ne sto qui, seduta in questa dannata sala d'attesa ad aspettare che qualcuno venga a dirmi cos'è successo. Mi sento così impotente, vorrei fare qualcosa, ma posso soltanto attendere notizie. Inerme.

La porta della stanza di Maria si apre e il dottor Perrotta viene verso di me. Non riesco a decifrare la sua espressione. Sembra tranquillo, ma lui è sempre estremamente calmo, quindi non so proprio cosa pensare.

<<Cristina, buongiorno.>> Si sistema sul bancone dell'accettazione e inizia a firmare dei fogli.

Io lo guardo confusa, in attesa che si decida a dirmi qualcosa. <<Claudio, ma che succede?>>

<<Non capisco cosa ci fai qui.>> Non mi guarda neanche, tiene lo sguardo su quei maledetti fogli.

<<Mi hai chiamato tu, hai detto che era urgente.>>

Rimane in silenzio, finisce di sistemare i documenti, manda un messaggio con il cerca-persone e poi ricomincia a camminare verso la macchinetta del caffè. Io lo seguo come un'automa, faticando a credere all'assurdità della situazione che sto vivendo. Probabilmente sono sotto shock, altrimenti lo avrei già afferrato per il collo e l'avrei sbattuto contro il muro, forzandolo a dirmi cosa diavolo è successo.

<<Vuoi seguirmi per tutto il giorno, Cristina?>> Il dottore infila una monetina nel distributore e spinge il tasto per un caffè ristretto. <<Lo trovo un po' fastidioso.>>

<<Claudio, ma che stai dicendo, io non capisco cosa...>>

<<Vuoi andare a salutare tua sorella, sì o no?>>

Rimango immobile, incapace persino di respirare. Guardo il dottore con gli occhi sbarrati, non sapendo bene cosa fare. Fatico ad assimilare le sue parole. <<Non capisco.>>

<<Cris, Maria è sveglia.>> Finalmente il dottor Perrotta mi prende per le spalle e sorride. <<Sta bene. Si è svegliata e ti sta aspettando.>>

Non so di preciso dove trovo la forza di muovermi, né quanto tempo impiego ad arrivare davanti alla porta della stanza di Maria, so soltanto che mi sembra di volare e che vorrei gridare, piangere, ridere e cantare.

Chiudo gli occhi mentre apro la porta, dopodiché li riapro e la vedo: la mia piccola se ne sta sdraiata nel letto, mentre un'infermiera le sistema una flebo nel braccio e lei la prega di fare in fretta perché odia gli aghi.

Sorrido, piango, rimango in piedi, mi getto a terra. Non so neanche io cosa faccio, so soltanto che quando Maria sorride e si volta verso la porta, nonostante non possa vedermi, e chiama il mio nome... io ricomincio finalmente a respirare.
Io ricomincio a vivere.







<<Guarda che sorriso che hai, mi bebè.>> Rosita stringe le guance di Maria e le lascia un bacio sulla fronte.

Mia sorella, impunita com'è, si asciuga la pelle con il polso, neanche Rosita fosse una lumaca piena di bava. Io guardo la scena divertita, mentre sistemo i pigiami di Maria nell'armadio.

Sono passate due settimane da quando ha ripreso conoscenza e secondo il dottor Perrotta, è prontissima per essere sottoposta alla cura sperimentale di cui mi ha parlato più volte.

Domani è il grande giorno. La proteina prodotta in laboratorio verrà inserita direttamente nei bulbi oculari di Maria e poi non ci resterà che sperare.

<<Il sorriso da furba, ecco cos'ha.>> Le pizzico un braccio, facendole la linguaccia. <<Ieri si è divorata una scatola intera di barrette Kinder senza che me ne accorgessi.>>

<<Fa bene, deve crescere.>>

Ho chiesto a Rosita di rimanere qui con Maria, perché tra un'ora ho appuntamento con un agente immobiliare. Ho trovato una casetta in affitto carinissima, a pochi passi dalla scuola di Maria. Ha un saloncino con l'angolo cottura, due camere da letto e un bagno. Un sogno che si avvera, insomma. Spero solo di riuscire ad ottenerla, so che ci sono vari acquirenti.

A mia sorella non ho detto nulla, voglio farle una sorpresa. Magari la vedrà con i suoi occhi, se l'intervento riesce bene. Io ci spero con tutta me stessa, perché voglio che Maria possa tornare a vedere il mondo e tutto ciò che lo riempie, ma se così non fosse non me ne importerebbe nulla, perché per me l'importante è che sia viva.

Infilo il cappotto e lascio un bacio sulla guancia di Maria, dopodiché abbraccio Ros ed esco dall'ospedale. C'è bel tempo oggi, fa quasi caldo. Siamo all'inizio di marzo e tra tre settimane sarà il mio compleanno, compirò ventiquattro anni il ventiquattro marzo. Sarebbe da giocarselo al Lotto, magari porta fortuna.

Raggiungo la mia macchina e un attimo prima di salire a bordo vedo Diletta dall'altra parte della strada. Esce dall'ospedale sottobraccio a sua madre ed ha una bruttissima cera. Ha i capelli legati in una coda disordinata e indossa una tuta che le sta molto grande, probabilmente non è la sua. Magari è di Sebastiano.

Questo pensiero mi fa venire mal di stomaco, cerco di non pensarci. Le lancio un'ultima occhiata mentre sale a bordo di una Bmw e l'occhio mi cade sulle sue braccia. Da sotto le maniche della felpa spuntano fuori due bende bianche, legate rispettivamente sui polsi.

Diletta si sistema sul sedile e abbassa il finestrino. Guarda nella mia direzione, ma non mi vede, ha gli occhi persi nel vuoto. Sembra quasi che sia sedata.

Magari ha avuto un incidente e si è ferita ed ora è intontita per gli antidolorifici. Ad ogni modo mi dispiace per lei, non le auguro niente di male.

Mi decido a montare in macchina e partire, sperando di non tardare all'appuntamento con l'agente immobiliare. Ho bisogno di pensare a cose positive, come la salute in miglioramento di Maria, il lavoro e l'università che vanno a gonfie vele, la casa che spero di ottenere tra poco.

Sebastiano, Diletta, la loro storia, la nostra storia... fanno male e basta, devo smettere di pensarci.



*Angolo dell'autrice*

Buongiorno a tutti!
Ebbene sì, Maria potrebbe tornare a vedere, cosa ne pensate voi? Ci riuscirà.
Per quanto riguarda DIletta, la faccenda è parecchio complessa. Secondo voi perché si trovava in ospedale?
Lasciatemi pure un commento con le vostre idee, non può che farmi piacere!

BecLynn.

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