Capitolo 11

Oggi sono letteralmente distrutta.
Ho lavorato per ben dieci ore, saltando persino l'università. Stamattina, mentre ero ancora davanti alla scuola di Maria, mi ha telefonato il signor Guerrini, il direttore del supermercato, supplicandomi di coprire anche il turno di una mia collega malata.
Adesso sono le otto e dieci di sera e io fatico anche a tenere gli occhi aperti, mentre mi tolgo la divisa nello spogliatoio riservato al personale. Maria è rimasta per tutto il giorno con la signora Giovanna e non vedo l'ora di vederla. Da quando lavoro al supermercato passo con lei ancora meno tempo di quando avevo i turni al Millennium, mi sento terribilmente in colpa, ma questo lavoro mi permetterà di mettere da parte abbastanza denaro per affittare una casetta solo per me e per lei. Non ho ancora deciso cosa farò con nostro padre, probabilmente lascerò la situazione così com'è. E' un uomo adulto e testardo, non smetterà mai di bere solamente perché glielo chiede sua figlia, e io sono davvero stufa di pulire alcool e vomito dal pavimento tutte le sere, sono stufa di accertarmi che respiri ogni santa mattina, sono stufa di ascoltare i suoi sproloqui incoerenti ogni maledetto giorno. Sono stufa di trovarmi davanti un estraneo, perché ormai è diventato proprio questo: un estraneo.
Non è più mio padre, non è più quell'uomo meraviglioso che ogni sabato mattina, quando ero piccola, mi portava alle giostre e poi nel nostro fornaio di fiducia a prendere la pizzetta rossa che tanto amavo. Non è più quell'uomo che quando andavamo al mare e io non sapevo ancora nuotare mi prendeva sulle sue spalle forti, mi portava lontano e giocava con me a fingerci dei naufraghi. Non è più l'uomo che quando andavo alle medie mi aiutava a fare i compiti, né quello che veniva a riprendermi sempre con dieci minuti di ritardo dal coprifuoco alle feste dei miei amici del liceo, fingendo di non aver guardato l'ora, quando invece lo faceva per me, per darmi tempo di salutare tutti quanti.
Detesto i ricordi, servono solo per rigirare il coltello nella piaga, per sbeffeggiarti del fatto che tutto quello che conoscevi ormai non c'è più.
Mi richiudo l'armadietto alle spalle e mi poggio contro di esso, massaggiandomi il collo. Il mio cellulare vibra nella tasca dei jeans, così mi affretto a prenderlo e mi accorgo di aver ricevuto un messaggio. Il mittente è sconosciuto, così lo cancello senza neanche aprirlo. Potrebbe trattarsi di un virus, ed è l'ultima cosa di cui avrei bisogno, visto che bè... il telefono mi serve.
M'infilo il cappotto, prendo la borsa e finalmente esco fuori dal supermercato. Individuo Federico, sta spazzando il pavimento accanto ai tavoli del suo chiosco. Mi avvicino a lui con un sorriso che lui si affretta a ricambiare.
<<Eccola qui!>> Poggia il mento sopra al manico di plastica della scopa e mi guarda divertito. <<Sei entrata con il sole ed esci che è già buio.>>
Alzo un sopracciglio, fingendomi arrabbiata. <<Che fai, prendi in giro?>>
<<Un pochino.>> Mi da un buffetto sul naso e sospira. <<Allora, piccola vampira, che ne dici se ce ne andiamo a mangiare qualcosa insieme? Tanto qui ho praticamente finito.>>
Lo guardo dispiaciuta. <<Fede, magari un'altra volta. Devo tornare a casa, mia sorella mi aspetta.>>
<<Allora domani sera?>> Si apre in un sorrisetto furbo. <<Sai che non puoi dire di essere davvero amico di qualcuno, finché non mangiate insieme?>>
Scoppio a ridere, mentre il mio cellulare inizia nuovamente a vibrare nella tasca dei jeans. <<A me sembra soltanto una scusa, la tua.>>
<<Può essere, ma nel dubbio devi per forza venire a cena con me.>>
Lo guardo divertita, mentre estraggo il cellulare dalla tasca e controllo chi mi sta chiamando. E' un numero che non conosco. Di solito non rispondo, se non so chi c'è dall'altra parte del telefono, ma potrebbe comunque essere qualcosa d'importante, quindi faccio uno strappo alla regola. <<Pronto?>>
<<Cris, quanto ti manca? Sono affamata!>>
Sgrano gli occhi e stringo la presa sul telefono. E' la voce di mia sorella. <<Mar, ma dove sei?>> Sento dei rumori di sottofondo. Clacson e schiamazzi. Di sicuro non è a casa.
<<Nel parcheggio. Ti aspettiamo!>>
<<Cosa? Ma...>>
Vengo interrotta da una voce decisamente troppo familiare. <<Sei in ritardo di ben venti minuti. Muoviti!>> E riaggancia.
Rimango immobile con il telefono ancora poggiato sull'orecchio, mentre Federico mi fissa perplesso. <<Cris, tutto okay?>>
Lo guardo anch'io, scuoto la testa e finalmente mi riprendo dallo shock. <<Devo andare.>>
Corro via, senza neanche dare il tempo a Federico di rispondere. Premo il pulsante dell'ascensore, ma ci mette troppo tempo ad arrivare, così imbocco le scale e mi dirigo al parcheggio sottostante. Ho sempre preso in giro i protagonisti dei film che non hanno la pazienza di aspettare per due minuti l'ascensore, ma in questo momento li capisco terribilmente. Se potessi mi teletrasportei. Insomma, hanno inventato i telefoni che ti fanno addirittura il caffè e non hanno ancora trovato un modo che ti permetta di spostarti con uno schiocco delle dita?
Spalanco la porta antipanico e mi avvio velocemente verso la mia macchina. Ma perché ho parcheggiato così lontano, stamattina?
Giro l'angolo ed eccoli qui: Sebastiano e Maria sono comodamente seduti sul cofano della mia Fiat Punto, estremamente concentrati a giocare con il cellulare.
Lui alza lo sguardo e si apre in un ghigno decisamente fastidioso. <<Ehi, Maria, saluta tua sorella.>>
La mia piccola sorride, mettendo in mostra una finestrella sui denti davanti che stamattina non aveva. <<Cris?>>
<<Sono qui, tesoro.>> Sorrido, mentre lei scende dalla macchina aiutata da Sebastiano e poi corre verso di me. L'afferro al volo e la stringo forte contro di me.
<<Sai che mi è caduto un dente mentre mangiavo un biscotto?>> Faccio per risponderle, ma lei riprende a parlare. <<E poi io e Sebastiano abbiamo giocato a chi leggeva più veloce e ho vinto io! Poi abbiamo anche preso l'autobus e lui mi ha portata sulle spalle e poi mi ha comprato il gelato al cocco!>>
<<Davvero?>> Guardo Sebastiano e lui fa lo stesso. <<Allora vi siete proprio divertiti.>>
<<Già, è simpatico ed è il mio mulo da trasporto.>> Si volta nella direzione di Sebastiano, anche se non può vederlo. <<Vero?>>
<<Certo, scricciolo.>> Lui sorride. <<Quando ti serve un passaggio sulle mie spalle, fai un fischio e io arrivo.>>
Maria torna a guardarmi, entusiasta. <<Visto?>>
<<Sì, ho visto.>> Le prendo la mano e le sorrido. <<Mar, sali in macchina, io arrivo subito.>>Aiuto mia sorella a salire in auto e le allaccio la cintura disicurezza. Dopodiché torno davanti a Sebastiano e lo trapasso con losguardo.
Lui fischia, divertito. <<Della serie "se un'occhiata potesse uccidere...">>
<<Che diavolo ti è saltato in mente?>> Vorrei colpirlo, così infilo le mani nelle tasche dei jeans per evitare tentazioni. <<Sei un idiota, mia sorella ha bisogno di persone responsabili quando esce di casa!>>
<<Chi ti dice che io non sai responsabile, scusa?>>
<<Tu non sai niente di lei, non sai occupartene e non puoi portarla fuori di casa senza il mio permesso.>> Sono letteralmente furiosa. <<Poteva perdersi o farsi male, io non ho davvero parole.>>
Il suo sguardo s'incupisce. <<Okay, ti chiedo scusa se non ho chiesto il tuo permesso, ma non sono un idiota, non avrei mai permesso che le succedesse qualcosa.>> Si ravvia i capelli con la mano, stringendoli per un istante tra le dita con un gesto rabbioso. <<Dio, non è mica una bambola di porcellana! Tua sorella è una bambina come tutte le altre, che ha bisogno solamente di qualche accorgimento in più. Devi smetterla di trattarla come se potesse rompersi da un momento all'altro. La soffocherai.>>
<<Figurati, come se tu ne sapessi qualcosa!>> Guardo Maria e mi avvicino ancora di più a Sebastiano per non farmi sentire da lei. <<Mia sorella è cieca, di questo te ne sarai reso conto. La tratto come se potesse rompersi, perché non voglio che succeda di nuovo, chiaro? Tu non sai quanto fa male questa situazione, quindi non puoi giudicarmi.>> La mia voce trema e mi detesto per questo. Non voglio piangere davanti a lui.
Sebastiano prende un bel respiro e poi torna a guardarmi. <<Senti,non volevo farti arrabbiare. Lei chiedeva di te e così, visto che era già mia intenzione venire a prenderti a lavoro per andare insieme a recuperare la mia moto, ho pensato di portarla con me. Non credevo fosse un problema, ti chiedo scusa.>>
Mi massaggio la faccia con i palmi delle mani e sospiro. <<Okay, ma... avvertimi, la prossima volta.>>
Lui annuisce, ritrovando il sorriso. <<Promesso. Adesso andiamo, ti abbiamo aspettato per un'eternità e moriamo di fame.>>
Corrugo la fronte e lo fisso. <<Te l'ha mai detto nessuno che sei un rompi...>>
<<Shh.>> Mi poggia le dita sulle labbra, facendomi rabbrividire. Ha la pelle calda e liscia, quindi non è certo per il freddo che sono sul punto di tremare. <<Non si dicono le parolacce davanti ai bambini.>>
Mi schiarisco la voce, cercando di non fargli notare quanto il suo tocco mi abbia destabilizzato. <<Mia sorella è in auto, non mi sente di certo.>>
<<Non parlavo di lei, infatti.>> Alza le spalle e si indica. <<Sono ancora un bebè, mi scandalizzo facilmente.>>
Sorrido divertita, spingendolo via con una manata sul petto. <<Sei un idiota, altro che bebè.>>
Sebastiano aiuta Maria a sedersi sul sedile posteriore, mentre io mi metto alla guida, dopodiché prende posto accanto a me e accende lo stereo, infilando un CD nel lettore.
<<Coraggio, scricciolo, fai sentire a Cris come canti.>> Mette play, le note di "Lose Yourself" di Eminem prendono a risuonare nell'abitacolo e Maria inizia subito ad intonarla a modo suo.
<<Oh, mio dio!>> Abbasso immediatamente il volume. <<Cambia canzone.>>
Mia sorella protesta, mentre Sebastiano si sganascia dalle risate. <<Questa cos'ha che non va?>>, mi chiede divertito, corrugando la fronte.
<<Dice le parolacce e Maria è un pappagallo, ripete tutto.>> Scuoto la testa, uscendo dal parcheggio sotterraneo. <<Immagina la faccia della sua maestra d'inglese, nel sentirsi chiedere da lei cosa significa "shit".>>
Maria mette il broncio. <<Non sono un pappagallo.>>
<<Sì che lo sei.>> Imbocco l'autostrada e approfittando di un momento di traffico, afferro un CD dal cruscotto e sostituisco quello di Sebastiano. Sorrido, mentre "I Puffi sanno" di Cristina D'Avena risuona ad alto volume.
Mia sorella sbuffa, lasciandosi ricadere contro il sedile e incrociando le braccia al petto, mentre Sebastiano mi guarda perplesso. <<Sei seria?>> Indica la radio con un cenno della testa e prende ad intonare la canzone con un'espressione disgustata. <<"Basta un po' di buona volontà puffaffero".>>
Trattengo a stento una risata, gonfiando invece le guance per fingermi infastidita dalla sua presa in giro. In realtà sto ridendo come una pazza internamente, ma non voglio dargli la soddisfazione di vedermi divertita. I Puffi  li ho sempre odiati anch'io.
Alzo la testa, cercando di darmi un tono. <<E' una canzone bellissima.>>
<<Cristina D'Avena è una povera squilibrata, ma ti sembra una canzone normale?>> Sebastiano mi guarda come se dubitasse della mia sanità mentale.
Maria scoppia a ridere fino alle lacrime e io stavolta la imito, osservandola dallo specchietto retrovisore. Era da tempo che non la vedevo così allegra.
Mi volto a guardare Sebastiano, che si è arreso alla discografia completa di Cristina D'Avena e cerca di distrarsi con un giochino sul suo cellulare. Gli sorrido, anche se lui non mi vede, troppo concentrato a cercare di far esplodere tutte le bolle colorate prima che scada il tempo. So di essermi arrabbiata poco fa, ma vedere Maria così in sintonia con lui mi ha... scaldato il cuore, davvero. Gliene sono grata, anche se non lo ammetterò mai.



Abbiamo recuperato la moto di Sebastiano parcheggiata davanti a quell'orribile pub. Maria mi ha praticamente supplicato di lasciarle fare un giro insieme a lui e dopo netti ma inutili rifiuti da parte mia, sono riusciti entrambi a convincermi. Bè, più o meno...
Ho acconsentito a farli girare su uno spiazzo largo dieci metri, alla velocità di una lumaca.
Ora sono seduta su una panchina e loro continuano a volteggiarmi attorno, prendendomi in giro per la mia eccessiva preoccupazione.
<<Ti verranno le rughe, se continui a corrucciarti così>>, mi dice Sebastiano, spiegando poi ad una Maria decisamente confusa il significato della parola "corrucciata".
Individuo delle giostre poco distanti da noi. Siamo a novembre, è sera, ma non fa molto freddo. Certo, non siamo ai Caraibi, ma il venticello alzato dagli alberi è ancora tiepido.
<<Mar, ci sono le giostre.>>
Sebastiano si decide a spegnere quella moto infernale, dopodiché la parcheggia e tutti e tre ci incamminiamo verso l'enorme ruota panoramica che s'intravede a pochi passi da noi.
E' una specie di festa del quartiere. Ci sono bancarelle, musica, cibo e chiaramente le giostre. Mi allontano per un istante da Sebastiano e Maria per andare a prendere una bottiglia d'acqua alla mia piccolina, quando torno li trovo entrambi in fila per le macchine a scontro e sento lui che spiega a mia sorella come sono fatte le giostre e tutto quello che la circonda in quel momento.
Sorrido e porgo a Maria la bottiglietta d'acqua. <<Tieni, tesoro. Bevi piano che è molto fredda.>>
Mi appoggio contro una colonna e li guardo mentre sfrecciano sulla pista. Maria si stringe forte al braccio di Sebastiano e lui ride come se fosse un ragazzino, mentre tamponano senza pietà gli altri partecipanti con la loro macchinina gialla e nera.
Non riesco davvero a credere alla loro intesa. Maria, di solito, è molto attaccata a me. Quando siamo insieme a qualcuno, lei tende a monopolizzarmi, mentre adesso se ne sta tranquilla e sorridente con Sebastiano, senza curarsi della sottoscritta. Sembra quasi che si senta al sicuro con lui vicino, e questa cosa mi commuove.
Sono terrorizzata dal modo in cui Sebastiano si sta insinuando nella mia vita. Di solito ho i cancelli chiusi, le porte sprangate, rifiuto come palle da tennis chiunque voglia provare ad entrare nella mia quotidianità, ma con lui sembra non funzionare. Insomma, ci conosciamo appena, eppure è riuscito già a portarmi fuori per ben due volte di seguito, a conquistarsi la stima di mia sorella, a farla ridere di cuore, a far sorridere persino me. In un certo modo è come se riesca a manipolarmi. Non permetterei a nessuno di avvicinarsi così tanto a Maria, di portarla addirittura su una moto, invece a lui l'ho concesso, senza neanche opporre tanta resistenza. E non so spiegare perché, ma mi fido...
Sebastiano mi raggiunge, tenendo Maria sulle spalle. <<La signorina, qui, ha fame.>>
Sorrido, incontrando lo sguardo di Sebastiano. <<Bè, potremmo fermarci a mangiare una pizza.>>
Lui annuisce, depositando nuovamente mia sorella sulla terra ferma. <<Certo, perché no. Conosco una pizzeria buonissima a poca distanza da qui, che è aperta tutta la notte e...>> S'interrompe, non appena il suo cellulare inizia a squillare. Fissa il display, poi mi chiede scusa e si allontana da noi.
<<Perché non invitiamo anche Sebastiano allo zoo con noi, domenica?>>, mi chiede Maria, mentre le allaccio per bene il cappotto.
<<Ti è molto simpatico, eh?>> Le pizzico una guancia e lei ride. <<Guarda che sono gelosa.>>
Mi abbraccia, stampandomi un bacio umidiccio sulla guancia. <<Dai, Cris, invitiamolo.>>
<<Va bene, quando torna glielo chiediamo.>>
Mi volto a cercare Sebastiano con lo sguardo e lo individuo dall'altra parte della strada, intento a gesticolare mentre parla al telefono. Poi riaggancia e si affretta a tornare da noi.
<<Dai, chiediglielo>>, mi sussurra Maria.
Sorrido a Sebastiano, alzando gli occhi al cielo. <<Non che mi faccia piacere, ma che ne diresti se...>>
<<Senti, io devo andare via>>, m'interrompe lui, senza neanche guardarmi. Continua a fissare lo schermo del suo cellulare, digitando furiosamente sulla tastiera touch screen. <<Andiamo, vi riaccompagno alla macchina.>>
Mi sento come se mi avesse schiaffeggiata e so anche il perché. Stavo per mettere via il mio orgoglio, invitandolo a quel maledetto zoo, e lui ha completamente cambiato atteggiamento. Ma che gli prende?
<<No, non occorre.>> Afferro la mano di Maria e torno la solita scontrosa di sempre. <<Noi rimaniamo qui ancora un po'.>>
Finalmente si decide a guardarmi, alzando un sopracciglio. <<Ma è tardi, sono le dieci, non è sicuro.>>
<<Siamo perfettamente in grado di badare a noi due, non ti devi preoccupare.>> Evito il suo sguardo insistente. <<Vattene pure tranquillo.>>
Lo vedo che vorrebbe insistere, cercare di convincermi, ma evidentemente è in ritardo per qualcosa, perché scrolla le spalle, saluta Maria con un buffetto sulla testa e se ne va.
Aspetto di vederlo sparire nel buio della sera, dopodiché m'incammino svelta verso la mia macchina. Salgo a bordo, allaccio la cintura a Maria e metto in moto.
<<Quando lo rivediamo Sebastiano?>>, mi chiede Maria, trattenendo uno sbadiglio.
<<Non lo so, tesoro.>> Vedo il CD di Eminem depositato sul cruscotto, così lo afferro e lo getto malamente sul sedile posteriore. <<Ma tanto noi stiamo bene anche da sole, no?>>
Mia sorella annuisce poco convinta, dopodiché si appoggia con la testa contro lo schienale e chiude gli occhi.
Guido, stringendo la presa sul volante. Sfreccio tra le strade buie di Roma, detestandomi per aver permesso a Sebastiano di farmi sentire così stupida. Non abbasserò la guardia mai più.

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