11.



Quando riprese conoscenza non c'era altro che il buio.

Per un attimo Zayd si convinse che doveva essere diventato cieco, poi il suo cervello si mise in pari con la realtà e lui capì di non essere riuscito ad aprire gli occhi.

Con uno sforzo immane costrinse le palpebre, pesanti come macigni, a separarsi.

La prima cosa che vide fu un ventilatore che tagliava l'aria altrimenti immobile della stanza, poi, senso dopo senso, dettaglio dopo dettaglio, il mondo cominciò a ricostruirsi attorno a lui.

Si trovava in quella che sembrava una camera da letto impersonale, che sicuramente non era la sua.

La scarsa luce e il letto su cui era sdraiato, con le lenzuola rigide e bianche, contribuivano ad accentuare l'impressione di fresco inerte, di posto dove viene conservata una cosa morta, ma soprattutto c'era nell'aria un odore di disinfettante che gli fece venire la nausea.

Venne distratto dal tubare insistente di una macchina, sistemata alla sua destra e sormontata da una strana specie di tavoletta frenica più spessa del normale.

Mise a fuoco a fatica i diagrammi sullo schermo, ignorando i segnali di fastidio del suo corpo che lo implorava di non voltare la testa, ma non riuscì a comprenderne il significato.

Infine distinse Aalia.

Stava seduta su una sedia spartana, con il capo reclinato in avanti e un oggetto che non riusciva a vedere bene posato sulle gambe.

Disorientato, sulle prime non riuscì a indovinare che cosa stesse facendo, come se dormire gli avesse tolto la capacità di interpretare i dettagli più semplici, poi si accorse del movimento veloce delle sue pupille e capì che stava usando una tavoletta frenica.

«Che è successo?» gracchiò, sperando che la ragazza si accorgesse di lui.

Aalia ebbe un sussulto e alzò gli occhi.

Si riebbe velocemente dalla sorpresa e gli sorrise, ma aveva lo sguardo velato e la fronte un po' corrucciata. Anche nel suo stato, Zayd distinse la preoccupazione che affiorava appena sotto quella superficie di sollievo.

Sentì una morsa di gelo stringergli la bocca dello stomaco e la nausea ritornare più violenta di prima: forse versava in condizioni peggiori di quello che pensava.

Si sentiva abbastanza bene, anche se debole, ma per quanto ne sapeva lui poteva essere merito dei sedativi.

La ragazza si avvicinò a lui e gli diede un bicchier d'acqua, che bevve avidamente: non si era accorto di quanto ne avesse bisogno.

«Che è successo?» ripeté, impegnandosi a scandire bene le parole, quando si rese conto che la sua prima domanda doveva essere sembrata ad Aalia poco più che un rantolio indistinto.

«Un sacco di cose» rispose lei, come assorta in qualche pensiero lontanissimo da lì.

Zayd la fissò in attesa, sperando che non temporeggiasse oltre.

«Tanto per cominciare» iniziò la ragazza «Hai avuto una reazione allergica al veleno di un insetto.»

Il tono pragmatico con cui parlò lo rassicurò: per serie che fossero state le sue condizioni, ora non era più in pericolo.

«Ti abbiamo portato a braccia fino alla colonia, e se devo dirti la verità ero convinta che saresti morto...» tacque e si alzò, facendo qualche passo senza proposito su e giù per la stanza.

«Più tardi passerà la dottoressa per un controllo e ti spiegherà tutto nel dettaglio. È Mira, la compagna del governatore... Per quel che ne so mi è sembrata competente, e di sicuro abbastanza gentile da installare il tuo linguaggio sul suo traduttore.»

A quel punto Aalia gli rivolse uno sguardo di avvertimento e Zayd recepì il messaggio forte e chiaro: sgranare la sua struttura linguistica sul traduttore, con una filigrana funzionante a basso regime come quella di una colonia, doveva aver richiesto almeno due giorni, durante i quali Mira aveva di sicuro rinunciato al suo traduttore per lasciarlo nella stanza dello Specchio.

Come minimo, doveva esserle grato e lasciare da parte l'atteggiamento che aveva riservato ad Aalia quando lei era venuta in suo soccorso.

«A proposito» intervenne, vergognandosi come un ladro «Non ti ho ancora ringraziato per il tuo aiuto, mi sono solo comportato da arrogante.»

Aalia parve sorpresa, ma subito la sua espressione tornò aperta e sicura: «Nessun danno. Preferisco avere amici un po' maleducati ma spontanei, sono più divertenti. Quando diventi vecchio ti accorgi che il galateo è davvero sopravvalutato.»

Zayd incassò di buona grazia e si concentrò su quell'affermazione buttata lì come per caso, che finiva per confermare i suoi sospetti: aveva già avuto modo di pensarci in precedenza ma – cosa che gli capitava spesso – non vi si era soffermato molto.

«Dunque, mi puoi dire quanti anni hai veramente?»

Aalia scoppiò a ridere «Che significa "veramente"? Ho proprio l'età che dimostro.»

«Tu sembri una mia coetanea» obiettò Zayd «Ma sono abbastanza sicuro che non sia così.»

«Già» rispose lei, mentre un po' del divertimento moriva sul suo viso «Questo è vero, rispetto a te: se non ho contato male, dovrei avere trecentoventisette dei tuoi anni. Ma comparata a qualunque altro membro della mia razza sembro esattamente una persona della mia età.»

Zayd annuì e non chiese altro al riguardo.

Gli era già capitato di incontrare persone altrettanto longeve: anche se trovarli su Giava era un evento raro, essere l'erede della Altawil Corporation esponeva a una grande varietà di esseri umani, provenienti dai pianeti più disparati e così diversi tra di loro da avere in comune soltanto la specie.

Mentre pensava al suo pianeta, la sua mente ancora intontita si soffermò sull'aspetto più importante di tutti, quello che aveva già fatto in tempo a mancargli.

«Malika» disse in un soffio, per poi aggiungere precipitosamente, agitandosi: «Non sono riuscito a inviarle la lettera, quanto è passato? Sarà preoccupata a morte, non le ho neanche fatto sapere che sono arrivato...»

Cercò di alzarsi, ma i muscoli erano intorpiditi e non rispondevano a dovere.

Aalia gli fu accanto e interruppe il suo gesto, mettendogli una mano sulla spalla per fargli capire che avrebbe fatto meglio a rimanere dov'era.

«Sono passati due giorni, ma non preoccuparti. Ho visto che la stavi scrivendo, allora gliel'ho mandata io» lo rassicurò, sorridendo in quel modo che lo faceva sentire bambino e pure un po' scemo «Ho usato la tua impronta digitale mentre eri svenuto e ho portato i dati della tavoletta frenica da Reno.»

«Reno?» il nome gli diceva qualcosa, ma la sua testa sembrava piena di terra e ovatta e i ricordi si muovevano lentissimi.

«Il custode dello Specchio.»

Aalia non gli chiese scusa per aver frugato tra le sue cose: proprio come aveva detto lei, c'erano cose più importanti delle convenzioni sociali. Zayd le fu grato, se non altro perché in quel momento banalità del genere lo avrebbero confuso ancora di più.

Aalia richiamò la sua attenzione con un tono di voce grave: «Ad ogni modo e maniera, sei davvero convinto di voler restare qui?»

Eccola di nuovo, quella ruga di preoccupazione sul suo viso.

Stava per dirle che se fosse stato per lui non sarebbe rimasto in quella stanza un secondo di più, ma poi capì che cosa sottintendeva la sua domanda.

«Perché dovrei lasciare la colonia?» chiese con deliberata lentezza, un po' perché affaticato, un po' perché Aalia non fraintendesse: per lui rimanere su Alma Mater era una questione seria, ma aveva la sensazione che la ragazza lo considerasse come... Un capriccio, o qualcosa del genere.

«Prima abbiamo parlato d'altro, ma c'è un fatto che mi preoccupa» la sua interlocutrice tornò a sedersi e accavallò le gambe, lo sguardo sempre fisso su di lui «Il giorno in cui siamo usciti, all'ora di pranzo, tutti i coloni hanno ricevuto una pillola di profilassi. È una protezione contro le malattie tipiche di una colonia, di solito viene sviluppata direttamente sul campo da chi la fonda. Per questo, quando l'hanno data a me, ho dato per scontato che l'avessi ricevuta anche tu.»

«E così non era» finì Zayd, cominciando a capire dove stesse andando a parare quel discorso.

«E così non era» convenne lei.

«Dimmi» riprese «Hai tenuto le carte che ti hanno dato al banco di registrazione?»

«Certo che l'ho fatto, cosa credi?» rispose lui, quasi offeso «Sono anni che non vedo un foglio. Uno che serve a qualcosa, per di più.»

Poteva anche sembrare una cosa stupida, a una persona di trecentoventisette anni, ma aveva intenzione di portare quel plico a casa come souvenir.

Aalia scrollò le spalle con indifferenza «Sul mio pianeta non ci trovano niente di strano nell'usare la carta, ma immagino si possa considerare un vezzo... Allora, posso avere un attimo i tuoi fogli?»

«Sì, sì. Se avete portato qui lo zaino che avevo, li trovi lì nella tasca esterna.»

Aalia seguì le sue istruzioni, poi frugò nel risvolto del suo giubbotto – un giacchetto senza maniche color sabbia che le aveva visto addosso anche il primo giorno – e tirò fuori qualche cartaccia spiegazzata che sembrava essere stata masticata da una belva.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, mentre la ragazza leggeva con rapidità.

«Come pensavo» disse alla fine «Guarda qui.»

Posò sul letto il plico di Zayd e quello che le apparteneva, disteso alla bell'e meglio.

Apparentemente erano gli stessi documenti, stampati due volte, ma quando Aalia indicò un paragrafo della seconda pagina anche il ragazzo si accorse della differenza.

Quello di lei recitava: "La profilassi per le malattie coloniali conosciute è obbligatoria e sarà somministrata a tutti i nuovi abitanti dopo pranzo, per un'intera settimana, fino a che non avranno sviluppato gli anticorpi necessari, condizione che verrà verificata con opportuni test" e il suo... Il suo non c'era proprio.

La lista proseguiva inalterata, in tutto identica a quella sul foglio gemello, ma non c'era nulla riguardante la prevenzione delle malattie.

Aalia interpretò il suo silenzio come una richiesta di spiegazioni: «Mentre dormivi, due persone si sono fermate a parlare proprio qui davanti» fece cenno alla parete di vetrofumo, nella quale era incassata la porta «Sono convinta che uno di loro fosse il governatore. Si chiedevano come mai tu non avessi preso la pillola che è stata data a tutti; l'altro uomo ha ipotizzato che tu non avessi capito quando ti sei registrato, a causa della barriera linguistica, ma sono stata io stessa a tradurti le regole basilari della colonia.»

«Per cui eri sicura che le cose non fossero andate così...» mormorò Zayd. Iniziava ad avere mal di testa.

«Ora capisci perché qualcosa non mi quadra? Qualcuno ha eliminato quel paragrafo di proposito.»

Zayd cercò di mantenere la mente abbastanza lucida da formulare pensieri coerenti, nonostante le sue forze stessero cominciando a venir meno. Adesso comprendeva perché Aalia fosse così turbata, ma secondo lui l'accaduto non aveva dimensioni così preoccupanti.

«Anche se fosse» ragionò con una certa amarezza «Lo hai detto anche tu: ho avuto una reazione imprevista. Se qualcuno ha cancellato il paragrafo sarà stato per farmi uno scherzo idiota.»

Alle sue stesse parole, una situazione ben precisa gli si delineò nella mente.

«Ecco» mormorò.

«"Ecco" cosa?»

«Il tipo dell'accettazione... Quanto scommetti che è stato lui? In quel momento ce l'aveva con me» tossì, aveva la gola secca «questo non puoi negarlo.»

Aalia assunse un'espressione vacua che non riuscì a decifrare e rimase per qualche attimo in silenzio.

Poi parlò, con una cautela nella voce che prima non aveva: «Può anche essere, non posso impedirti di darti questa spiegazione, però...»

«Non sei convinta. Va bene. Solo gli dei sanno perché ci vedi un attentato alla mia vita, ma» tossendo, Zayd si allungò e con un po' di sforzo raggiunse il bicchiere d'acqua sul comodino «Ma a quel punto chi ha alterato i fogli avrebbe dovuto prevedere una cosa che invece è successa per puro caso.»

«Che tu non incontrassi nessuno, all'ora di pranzo, che potesse darti la pillola» indovinò la ragazza, di nuovo con quella sua aria distante che ogni tanto compariva all'ombra dei suoi gesti. Chiuse gli occhi, come se quello che aveva attorno non fosse autorizzato a disturbare i suoi ragionamenti, poi tornò a posare il suo sguardo su di lui «E sia. Forse è come dici tu e io lo spero, ma tieni a mente quello che ti ho detto.»

Dopo aver pronunciato queste parole con finalità, si voltò a guardare l'ora, proiettata sul muro della stanza.

«Fra poco inizia il mio turno. Verrà qui Yvett a farti compagnia: non sei stato lasciato da solo un attimo, da quando sei stato male» gli sorrise «Cerca di riprenderti.»

«Aspetta un attimo» la fermò Zayd, prima che andasse via: era una persona troppo diretta per non fare tutte le domande che gli venivano in mente quando ne aveva l'occasione, e questo era un aspetto che certamente gli dava da pensare «Perché ti sei presa così a cuore quello che mi succede?»

Quel leggero incurvarsi delle labbra non lasciò il volto di Aalia neppure per un momento: «Trecento anni di meno, e sicuramente sarei stata come te. Per questo, tu sei molto più spontaneo. È tutto.»









N.d.A.: Bene, eccoci giunti a questo orribile capitolo. L'unica cosa positiva che posso dire al riguardo è che ora è stato scritto e che i prossimi saranno per me più divertenti da scrivere.

Non mi faccio vedere dall'alluvione del '92, ma ho davvero molto lavoro da sbrigare. Non sto neppure più toccando "Domani Smetto" perché ho intenzione di terminare A.M. in tempi brevissimi. Ho un sacco di cose da fare su Wattpad, spero di cavarmela nei prossimi giorni e che, nel frattempo, questo capitolo non vi abbia annoiati troppo.

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