Allevata dall'Oceano

Alta, snella, con occhi di zaffiro e la pelle ambrata, i lunghi boccoli color mogano le incorniciavano le gote, per poi fluire lucenti oltre le scapole.
Stava ritta all'ombra dell'albero maestro, nel fresco respiro della brezza.
Il timoniere canticchiava allegramente qualcosa sul rum e le sirene, nel frangersi delle onde contro la prua cullata dal placido mattino.
Le vele danzavano in sbuffi sommessi.
Il mozzo avanzava barcollando per il ponte con aria beata, e accompagnava distrattamente il motivetto del timoniere tra caracolli e singhiozzi.

«Dovresti smetterla di bere, eh, William?» lo canzonò la ragazza.

Quello si limitò a sorridere stupidamente, proseguendo nullafacente tra la ciurma indaffarata.

Al suo seguito arrancava il capitano.

Solcava le acque dell'Atlantico da più tempo di qualunque altro lupo di mare, sfuggendo più volte alla marina britannica.
Era un uomo scarno in viso, con una folta barba nera e crespa.
Le larghe tese del cappello di feltro cinereo gli oscuravano la parte superiore del volto, nascondendo i suoi occhi blu, profondi come gli abissi del mare.
Una grande casacca scura irrobustiva la sua figura, quasi funebre nella luce del giorno.
Un solo stivale aveva l'onore di essere calzato, poiché una gamba di legno annunciava il suo arrivo ben prima dell'altra, schioccando sulle assi del ponte.
Si arrestò appena prima di superare la ragazza, ergendosi davanti a lei in tutta la sua autoritaria imponenza.
Ma la fanciulla non fu minimamente scalfita dalla presenza di un tale marinaio proprio in fronte al suo sguardo inesperto.

«'Giorno, padre. Avete goduto di un buon sonno ristoratore o ancora una volta vi ha dovuto assistere il nostro "prigioniero di corte"?» salutò con falsa innocenza.

«Teti, figlia mia, non tentare di ingannarmi. So perfettamente che hai proferito tutta notte con il nostro prigioniero. E oramai credo sia opportuno chiamarlo medico, fa in tutto e per tutto parte della ciur... »

«E allora perché continuate a tenerlo rinchiuso nella stiva?» lo interruppe Teti.

«Be', sono solamente insignificanti dettagli, non credi anche tu? Sai, mai essere troppo accomodanti in certe situazioni. Era pur sempre un membro competente della flotta inglese e se riuscisse a fuggire... » ghignò «... potrei essere condannato per la trentasettesima volta. La taglia sulla mia testa continua ad aumentare, diverrebbe più ricco della stessa regina se mi consegnasse!»

Detto ciò, si lasciò andare ad una grassa risata, spasmodica e incontrollata, come se avesse narrato di quel che di più divertente ci fosse al mondo, come se rischiare di essere impiccati facesse parte della quotidianità di tutti.
E forse era proprio quello che più era da temere nel famigerato capitano Black Blood: il suo infinitesimale rispetto per la morte.
Diede una pesante pacca sulla spalla alla figliola, tanto tanto diversa da lui e in un certo senso così simile, e appena prima di tornare alle calcagna del mozzo aggiunse:

«Dato che sembri così interessata alle storie del nostro medico, perché non vai a portargli la colazione?»

Fece un fischio e il "cuoco", Billy, accorse con un vassoio corroso dall'acqua, ma imbandito di pane, frutta e calici di rum.
Teti lo prese riluttante, rispondendo con scarso entusiasmo al sorriso sdentato dell'uomo.
Si congedò dal padre e s'incamminò verso la stiva, evitando con prontezza i membri più agitati dell'equipaggio.
Scese un paio di scalini e si ritrovò davanti alla stessa porta di legno marcio alla quale aveva parlato la sera prima.
Poggiò a terra il vassoio e fece scattare la serratura in ferro battuto con un chiodo lungo e arrugginito, buttato sulla soglia dello stanzino.
Poi raccolse il vassoio e diede un calcio alla porta.

«Buongiorno, signor Bubbly! Vi ho portato la colazione» annunciò la ragazza nella scarsa luce della stiva.

In un angolo era accovacciata una figura tarchiata, con un viso pieno e stempiato e qualche accenno di pizzetto brizzolato.
Quella si alzò, stirando per bene la schiena, e fece un lungo sbadiglio a bocca spalancata, cacciando gli ultimi residui di sonno.

«Ehilà, ecco la mia salvatrice! Buon dì anche a te, giovane Teti» esclamò pimpante il signor Bubbly, sistemando le braccia sulla pancia tonda che straripava oltre i calzoni di seta celeste. Era un uomo sempre tanto sereno e vivace, persino in quel momento, che Teti quasi non riuscire a credere che fosse uscito da quella stanza buia tre, sole volte in un paio di settimane.
Eppure era ovvio che qualcosa non andava in quel sorriso.

«Sono lieta di sapere che questo ambiente malsano non abbia avuto riscontri negativi sulla sua salute» sorrise la ragazza osservandolo, felicemente sorpresa.

«Non perseguitarti, Teti. Sono duro a morire, io!» commentò l'altro, indicando un mucchietto d'ossa al lato opposto della stiva.

«Già... quel medico, rispetto a voi, non ebbe successo con mio padre» si scusò lei, rossa in viso.

«Non addolorarti né per me, né per tuo padre e... sì, nemmeno per quel povero malcapitato prima di me. La salute di tuo padre non è peggiore di quella di numerosi cittadini della periferia londinese».

«Vi ringrazio per la fausta novella, signore, e per sdebitarmi ve ne darò una anch'io: date le promettenti cure grazie alle quali state rigenerando mio padre in corpo e, chissà, forse anche in spirito, vi sono assai possibilità che possiate trasferirvi ben presto in un nuovo alloggio. Io stessa sto spingendo mio padre a compiere tale altruistico gesto. Senza altri giri di parole, vi comunico che avete ottenuto il ruolo di medico ufficiale» concluse Teti raggiante, ma con sommo dispiacere notò che l'umore del signor Bubbly non era migliorato. Anzi, le parve di aver peggiorato la situazione.

«Cos'è che non va, signore? Ho detto o fatto qualcosa che non avrei dovuto?»

«Oh no, mia cara, assolutamente no. Non è a causa tua che sono triste. Il fatto è che questa notizia non mi ha sollevato come forse avevi previsto» spiegò il dottore.

«Scusi, signore, ma credo di non aver compreso». Teti cercava di capire, tuttavia diveniva solo più confusa nel tentativo. Era profondamente desolata.

«Avrei preferito sentire che mi avreste riaccompagnato in patria, ma ora mi rendo conto di essere stato così sciocco nel sperare in una tale avvenuta. È l'Inghilterra la mia casa e, anche se non perirò come quel disgraziato nell'angolo, non sarò mai felice vivendo per mare, vivendo per questo mare, lontano dalla mia dimora... dalla mia famiglia».

Gli occhi del medico brillarono di lacrime amare, diede le spalle a Teti e iniziò a singhiozzare in modo incontenibile. Pareva così fragile adesso, come un pargolo strappato alla madre.
La ragazza era tanto afflitta che anche lei percepiva un groppo in gola. Lo represse con fermezza e scavò nel suo profondo in cerca di un coraggio che non era nemmeno certa di possedere.
In parte, comprendeva quel che il signor Bubbly provava: da tutta la vita Teti solcava le maree dell'Atlantico.
Certo, non poteva sentire la nostalgia di una famiglia o di una vera casa, ma ormai da tempo rimuginava sugli scorci di terra che aveva distinto in lontananza in parecchi viaggi.
Provava nostalgia per qualcosa che non le era concesso.
Il capitano aveva colto innumerevoli occasioni per scendere dal veliero, ma ogni qual volta aveva proibito a Teti di seguirlo nelle sue imprese d'acqua dolce.

«La terra è crudele, figlia mia, e lo sono tutti coloro che la popolano» le ripeteva sempre, con un tono nella voce che raramente Black Blood adottava... mesto, sconfortato.

Eppure, lei proprio non capiva perché il padre fosse così riluttante nei confronti della terraferma, ma quasi sicuramente non capiva perché mai vi aveva messo piede.
Ed ora ecco sorgere in lei quella determinazione tanto a lungo bramata.
Evitava con fermezza di elaborare qualsiasi sorta di ragionamento potesse indurla a cambiare idea.
Scacciò dai suoi pensieri l'espressione preoccupata del padre quando le raccomandava di non tallonarlo oltre la risacca, le sue parole quasi spaventate.
La sua scelta era quella e non sarebbe stata offuscata da un timore che lei neppure provava.
Voleva avvertire qualcosa sotto i piedi che non fosse il legno della nave, voleva udire suoni differenti dalle onde che lambivano lo scafo o le parole cantilenate dalla ciurma, voleva sentire un profumo diverso dall'aria salmastra del mare e smetterla di mangiare perennemente le stesse cose che aveva ingollato giorno dopo giorno per quindici anni.
La sua vita sarebbe cambiata, in meglio. E sarebbe cambiata perché lo aveva deciso lei, ascoltando i suoi ideali e prestando fede solamente ad essi.
«Signor Bubbly,» esordì «noi approderemo entro domani».

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top