Capitolo 4🧡💜🚂
Luana è seduta stravaccata sul banco di scuola arrugginito e sporco di gommature. Ha le mani intrecciate attorno al ventre per proteggersi dal freddo che entra dagli spifferi della finestra. Ha lo sguardo perso rivolto verso il giardino. Le fradici chiome dei salici ondeggiano al vento.
Gocce d'acqua scendono lentamente, come lacrime, lungo il vetro.
È immersa nei suoi pensieri. Anche oggi è una brutta giornata.
Odia la pioggia. Odia la matematica. Si è guadagnata un'altra grave insufficienza nell'ultimo compito. Non le piace studiare, almeno non queste noiose materie. Voleva solo prendere in mano la chitarra e suonare fino allo sfinimento.
«Luana?» L'insegnate di economia la richiama. «Smetti d'imbambolarti e segui attentamente la lezione. Non devi distrarti, hai diversi votacci da recuperare.» Le punta contro il gesso bianco. «Mettiti subito composta.»
Dal fondo dell'aula si alza un lieve risolino da parte di alcune compagne.
Abbassa il capo sul banco senza protestare, non serve a niente. La professoressa ha ragione.
Umiliata sprofonda nella felpa nera. Vorrebbe tanto scomparire.
Un magone le sale in gola, cerca di mandarlo giù, ma non ci riesce. Si leva dal suo posto e abbandona l'aula correndo fuori, rifugiandosi nel bagno in fondo al corridoio a destra.
Si chiude dentro. Le lacrime trovano il libero sfogo, cominciano a scendere dal viso come la pioggia fuori. Si lascia abbandonare in un pianto silenzioso. Appoggia la schiena contro il muro e si accascia a terra, serrando gli occhi sulle ginocchia. Trattiene un singhiozzo. Si abbraccia stretta a sé. Prova un'infinita vergogna: non è mai all'altezza, non è mai abbastanza brava. È solo una stupida ragazza che non vale nulla che conta meno di un quattro in pagella. L'ultima della classe, l'ultima nella vita.
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La campanella del termine dell'ultima ora trilla, facendo sobbalzare Luana.
Ritorna in classe a recuperare i libri e l'astuccio. Li infila nello zaino, lo chiude e se lo mette in spalla. Prende la custodia con dentro la chitarra ed esce dall'aula.
Il gruppetto delle sue compagne la supera osservandola dalla testa ai piedi con vanitosa superiorità.
«Ma hai visto come si veste?» Bisbiglia la più alta dai lunghi e serici capelli biondi.
«È sempre vestita di nero», afferma assorta la sua vicina mentre si spalma l'ennesimo strato di rossetto sulle labbra.
«E porta sempre le stese scarpe bucate», aggiunge quella in mezzo, dopo aver fatto scoppiare la bolla rosa della Big Babol.
Luana le sorpassa a capo chino, facendo finta di non percepire le loro taglienti parole.
Le ragazze si soffermano non togliendole di dosso i loro occhi da perfide rapaci.
«È povera e goffa», sibila la mora intenta ad abbottonarsi il golfino color lavanda di lana merino.
«È vuota, spenta ed esteticamente sporca.» La riccia ramata fa una smorfia disgustata lisciandosi la gonna dell'abito pervinca un po' troppo succinto.
«Non avrà mai preso una sufficienza in vita sua, è veramente patetica.» La bionda si controlla le unghie laccate di smalto viola fluorescente.
Luana prosegue lenta davanti a loro. I suoi occhi le si riempiono di nuovo di lacrime. Si morde il labbro. Non vuole piangere di nuovo. Decide di aumentare il passo.
«E poi ha anche il coraggio di mettersi a piangere.» La castana trattiene un risolino stridulo e si mette le cuffiette nelle orecchie. Prende dalla tasca l'iPod e inizia a scorrere sullo schermo in cerca di una playlist che la ispiri.
«Le piace fare solo la vittima», dichiara quella al centro del gruppo.
«Tanto non risolverà assolutamente niente frignando come una bambina. È sicuro: quest'anno la bocceranno.»
Luana ha un colpo al cuore.
«Sarebbe anche ora così non saremo più costrette a respirare la sua stessa fetida e triste aria.»
Aumenta di più il passo, con l'anima spezzata dalle troppe cattiverie gratuite.
«Ragazze aspettate un attimo. Facciamoci un selfie per Instagram...»
Scuote la testa. Il pavimento piastrellato è diventato sfuocato. Serra le palpebre e corre via singhiozzando.
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Eugenio ha finito il il suo turno di lavoro. È davanti all'uscio del suo appartamento.
Afferra le chiavi nella tasca sinistra della giacca. Prende in mano quella più grande del mazzo e la infila nella serratura. Fa un giro e apre la porta che emette uno scricchiolio.
Nella sala da pranzo, tappezzata da una carta da parati di un giallo spento, c'è la moglie in vesti da casalinga intenta a raspare le carote per la cena. Ha gli occhi stanchi puntati sul televisore. Sta guardando la solita telenovela che viene sempre trasmessa verso il tardo pomeriggio.
«Ciao cara.» Fa un passo in avanti, levandosi il berretto dalla testa. Chiude la porta alle sue spalle. Si toglie l'impermeabile e lo appende all'attaccapanni.
Eloisa lo scruta solo per un istante per poi far ritornare gli occhi sul televisore. «Sei in anticipo questa sera.»
«Non ci sono state particolari emergenze così ho finito prima il turno. Ne approfitto per farmi con calma una bella doccia.»
«Non consumare troppa acqua.» Lo raccomanda con tono severo.
Eugenio sbuffa e si sposta in camera da letto. Si siede sul morbido letto. Si slaccia e si toglie le scarpe. Si spoglia dalla rigida divisa blu navy rimanendo in canottiera, calzettoni e mutande. Si slaccia l'orologio al polso e lo appoggia sopra il comodino.
A passo pesante si dirige in bagno. Apre la maniglia dell'acqua calda e si lascia beare da una piacevole cascata di acqua calda.
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Luana esce dal portone.
Nicholas l'accoglie fra le sue braccia con un solare sorriso.
Luana affonda nel caldo profumo della sua felpa blu. Tira su con il naso e si asciuga il viso. Riacquista calma e conforto. «Mi sei mancato.»
Le compagne di classe fissano la scena allibite bloccando il portone dell'edificio.
«Allora sai parlare?» La rossa scende i tre gradini e incrocia le braccia al petto. La fissa dalla testa ai piedi con aria superba. «Pensavamo avessi una strana forma di mutismo selettivo.» Le altre scoppiano a ridere attirando l'attenzione di altri ragazzi.
Nicholas le lancia uno sguardo scuro e torvo. La stringe di più a sé accarezzandole la nuca e la schiena.
Luana solleva il mento. Scorge l'espressione rabbiosa e minacciosa di lui verso le sue compagne di classe.
«Andiamo via.» La prende per mano.
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Eugenio si infila l'accappatoio azzurro pastello e fila in camera.
Indossa la sua solita tutta grigia.
Ritorna in salotto strofinandosi i capelli umidi con un soffice asciugamano bianco.
Eloisa trae un lungo sospiro, carico di evidente nervosismo.
«Oggi la scuola mi ha chiamata un'altra volta. Ha saltato le ultime due ore chiusa in bagno. Ha preso l'ennesimo quattro in matematica. Non so più che fare con lei. Ogni giorno è sempre peggio.»
«E dov'è adesso?»
«Sarà in giro con quel ragazzaccio o a strimpellare quella chitarra da qualche parte.»
Seccata si alza brusca dalla sedia. Porta la terrina in cucina per lavare le carote. Apre l'acqua corrente. «La deve smettere di sprecare il suo tempo in inutili e stupidi passatempi», afferma con tono deciso e arrabbiato.
«Vuoi che provi a chiamarla al cellulare?»
Eloisa ritorna in soggiorno con in mano un canovaccio che sta usando per asciugarsi le mani. Lo getta in malo modo sul tavolo. «Dille di ritornare immediatamente a casa.»
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Ha smesso di piovere, ma il cielo è coperto di nubi che si fondono e si gonfiano di sfumature cenerine. Soffia un vento frizzante. L'asfalto è zuppo d'acqua, macchiato di fangose pozzanghere.
«Impara a ignorarle quelle spocchiose bambine che ti ritrovi in classe.»
Camminano vicini lungo il marciapiede.
«Ormai sono abituata alle loro offese», fa spallucce e abbassa il capo.
«Perché ti fai sempre prendere in giro?» L'afferra per una spalla.
Luana si arresta sotto la chioma di un acero brulicante di foglie verdi chiaro. Piccole gocce le bagnano i capelli e il cappuccio della felpa. Le vibra il cellulare nella giacca oversize di jeans. Lo estrae dalla tasca. Suo padre la sta chiamando. Non vuole rispondere.
«Hanno ragione.» Sospira rassegnata con voce rotta.
Si avvicina di più a lei. Le sfiora con le dita la guancia sinistra. «Non ti conoscono. Non hanno alcun diritto di farti del male.»
Mette giù il cellulare e abbassa lo sguardo, colpevole delle ingiustizie subite.
Nicholas sospira. «Andiamo in stazione?»
Luana acconsente in silenzio con un cenno del capo.
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«Non risponde.» Eugenio va ad appoggiare in bagno l'asciugamano.
«Provo io.»
Eloisa prende il cellulare da sopra la credenza, dietro di lei. Digita il numero della figlia. Squilla senza ricevere una risposta. «Niente da fare», mette giù spazientita.
Senza dire un ulteriore parola si rifugia in cucina, mentre il marito va a pulire il disordine che ha lasciato in bagno dopo essersi fatto la doccia.
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La stazione ferroviaria è immersa in un affollato chiacchiericcio e rumore di trolley trascinati lungo il pavimento in cui si riflettono le luci bianche a neon.
Insieme ad altri pendolari scendono nel sottopassaggio recandosi verso il binario dove Luana è solita andare nel tardo pomeriggio.
Si siedono su una panchina lasciata da poco libera.
Il cellulare vibra di nuovo. È sua madre questa volta. Sbuffa frustata.
«Chi è che ti sta cercando?»
«Nessuno di importante.» Blocca la chiamata e lo ricaccia nella tasca.
Tra i ragazzi cala il silenzio. Nicholas la scruta di lato, intanto gioca con una pelliccina del pollice. Si sposta di più verso di lei. Storce la bocca. Vorrebbe tanto confessarle l'idea che ha in mente da un paio di giorni, ma non riesce a trovare le parole giuste e soprattutto pecca di coraggio. Ha paura di un suo rifiuto. Ha paura che non sta facendo abbastanza per lei. A volte si chiede se lui è abbastanza per lei.
Luana china e fiacca sbatte lenta le pesanti palpebre sulle rotaie. Tiene stretta la custodia in mezzo alle gambe. Nella sua mente infuria una tempesta di pensieri negativi. «Sono stanca.»
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Eloisa irrompe in salotto con il grembiule unto e scomposto.
Eugenio è accoccolato sul divano. Ora è lui che sta guardando la televisione, impostata sul suo canale sportivo preferito.
«Devo farle una dura ramanzina una volta per tutte. Deve capire che lo faccio per il suo bene.»
Il marito non risponde e non la degna di uno sguardo.
«Hai sentito quello che ho appena detto?»
«Sì è vero.» Si raddrizza sullo schienale, gemendo per l'insistente mal di schiena. «È molto testarda.»
«La sua stupida musica non la porterà da nessuna parte e nemmeno il suo comportamento così svogliato e menefreghista nei confronti dello studio e della famiglia.»
Eugenio infila la mano destra nella tasca dei pantaloni felpati, prende una sigaretta e se l'accende.
Nel salotto si diffonde un odore acre e pesante. Eugenio non nutre nessuna preoccupazione nel pessimo rendimento scolastico della figlia, tantomeno voleva sapere cosa volesse fare della sua vita.
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Nicholas gira il volto e paziente l'ascolta.
«Non ho più voglia di fare niente, di lottare, di sperare. Non ho più voglia di vivere.»
Il cuore di lui perde un battito. La osserva preoccupato. Le avvolge un braccio attorno alla schiena.
«Non sopporto più i miei genitori, la scuola, le mie compagne e i brutti voti.» Si abbandona sulla spalla di lui. «Sento che non valgo nulla, non sono capace di fare niente, sono una perfetta fallita.» Le lacrime cadono libere lungo le guance. Singhiozza forte. Con la manica della felpa si copre il viso. «Sono stanca di essere un completo disastro per gli altri e per me stessa.» Singhiozza ancora.
«Nessuno vuole ascoltarmi, nessuno vuole capirmi.»
Nicholas l'attira a sé per confortarla. Le abbraccia il freddo e fragile corpo.
«Mi sento incatenata a una vita che non mi appartiene», confessa disperata fra un singulto e un altro. «Vorrei correre, scappare lontano perché io qui non sono più felice. Ho perso la mia felicità.»
L'accarezza piano e in silenzio, assorbendo ogni sua emozione, ogni suo dolore.
«Mi sento così vuota, sola e incompresa.»
La scosta da lui, ma tenendola per le braccia in modo da guardarla negli occhi. «Io ti capisco, mi devi credere.» Si mette un palmo al centro del petto. «Io ci sono per te.»
Luana ha la voce rotta, il volto rosso e gli occhi lucidi. Tira su con il naso. Si libera dal ragazzo e si alza dalla panchina. «Nessuno può capire il mio dolore.»
Nicholas la lascia andare. Il suo sogno si infrange con lei.
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Eloisa, sfinita dal lavoro e con qualche capello fuori posto, va ad appoggiare il vassoio al centro della tavola contenente la profumata cena.
Rivolge lo sguardo verso l'orologio, sopra la porta della cucina. Sono le otto precise, ma di Luana nessun messaggio, nessuna chiamata.
«È in ritardo più del solito questa sera. Ma dove sarà finita?» Frustrata ha perso tutta la pazienza che ha in corpo.
Il marito nella sua tranquillità spegne la terza sigaretta sul portacenere. «Vuoi aspettarla qualche minuto?» Si leva dal divano, indolenzito. «Se ha sempre la testa fra le nuvole come puoi pretendere che arrivi in orario?»
«Noi mangiamo intanto. Altrimenti si raffredda tutta la cena.» Eloisa si siede, trascinando rumorosamente la sedia. «Non ho voglia di riscaldarla al microonde, perché dobbiamo sempre aspettare i comodi suoi.»
Anche Eugenio si siede al suo posto dando le spalle al divano. Eloisa mette su ogni piatto le carote i petti di pollo alla griglia.
Il marito addenta il primo pezzo di verdura bollita.
La moglie, invece, appoggia i gomiti sulla tovaglia macchiata e incrocia le mani. Sposta gli occhi verso il posto vuoto della figlia. Il suo respiro è diventato più pesante. Stava iniziando a essere preoccupata. Di scatto si alza e afferra di nuovo il cellulare. Tenta di nuovo a chiamarla. Questa volta prega solo che le risponda, supplica di sentire la sua debole voce. La sua mano che tiene appoggiato il telefono all'orecchio freme d'impazienza, una goccia di sudore scivola al lato del suo volto teso.
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Il cellulare suona ancora. È di nuovo sua madre.
«Non ce la faccio più!» In un impeto furioso lancia il cellulare. Cade in mezzo alle rotaie.
Nicholas sobbalza con gli occhi sgranati e spaventati. Non l'ha mai vista arrabbiata.
Luana fissa il cellulare andato in frantumi. Ansima scioccata, non si credeva capace di un gesto così estremo.
Nicholas si avvicina da dietro, adagio. Tremante le mette una mano sopra la spalla, teme un'altra brutta reazione. «Calmati adesso, per favore.»
Lei si volta pronta a scoppiare a piangere di nuovo.
Il ragazzo intreccia le mani alle sue. Fa un respiro profondo. Il vento muove i suoi folti capelli. «Anch'io sono stanco.» Abbassa lo sguardo e scuote la testa. «Sono stanco di vederti peggiorare ogni giorno. Non meriti di stare male, soprattutto se sono gli altri a ridurti così.» Questa è la sua occasione, deve riacquistare tutta la forza e il coraggio che ha per il bene di lei. «Lascia che ti aiuti.»
Luana rimane muta e impassibile.
«Sarai vuota, sarai incompresa, ma non sarai mai sola.» Fa un passo verso di lei. «Perché io sarò sempre qui, vicino a te.»
Alcuni treni sfrecciano veloci lungo i binari, facendo trasalire i ragazzi che indietreggiano dalla linea gialla.
«Saliamo su un treno e andiamo via da qui. Solo io e te. Se qui non trovi più la felicità allora cercala altrove, con me.»
Vengono avvolti da una folata di vento caldo.
Un treno dipinto di giallo si ferma nel loro binario.
Le porte si spalancano davanti a loro e il treno emette un fischio acuto.
Ansimano stretti nelle loro mani.
La tentazione è grande: salire e scappare via, lontano da qui, lontano da tutto e da tutti.
Luana ha la testa in fiamme, il cuore che pulsa forte nel petto e il respiro affannoso. Alcune voci cattive nella sua mente cominciano a bombardarle le tempie: "Ma guardati fai schifo", "sei inutile", "una delusione dietro l'altra", "immatura, irresponsabile" "Sei un totale disastro..."
Fa un passo in avanti.
Nicholas guarda il vagone proprio davanti a loro. «Questo viaggio lo voglio fare con te.»
Luana coglie l'attimo. Blocca con due dita le porte che si stanno per chiudere.
Balza dentro alla carrozza seguita da lui.
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Eloisa guarda ripetutamente la sedia vuota di Luana. Non proferisce più alcuna parola. La sua angoscia sta diventato intollerabile. Ha appena mangiato due pezzi di pollo. Fissa con gli occhi lucidi il marito che si abbuffa di altro pollo. Come fa a non nutrire nessuna inquietudine per sua figlia? Spezza un una briciola di pane ma non se la porta alla bocca. Per quanto la ritiene una fallita le vuole bene. In fondo è la sua unica bambina. Le sua assenza sta iniziando a farsi sentire nel suo freddo cuore.
Luana ha visto passare molti treni, ma non era mai salita su uno di questi.
È troppo euforica per reggersi in piedi da sola così si aggrappa intorno alla vita di Nicholas.
Lui la stringe con un braccio a sé.
Luana alza lo sguardo verso di lui, è più alto di lei di qualche centimetro. La sua testa sfiora il mento del ragazzo.
Si guardano complici. Hanno gli occhi così lucenti colmi d'avventura.
Lui le rivolge un sorriso che fa intravedere la fossetta sul lato sinistro del viso. Le schiocca un bacio sulla fronte.
Luana rabbrividisce a quel tocco delicato. Si appoggia al suo petto e chiude gli occhi.
«Voglio vederti di nuovo sorridere», sussurra appena Nicholas, colmo di buone speranze.
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