Capitolo 14🧡💜🚂
Il treno, adagio, rallenta, emette un lungo fischio che va a trasformasi in un fastidioso stridio di freni che usurano le rotaie. Ferma la corsa.
Eugenio si sveglia di soprassalto, scosso da uno spasmo di spavento.
Marcos gli appoggia con delicatezza una mano sulla spalla. «Credo sia ora di scendere.»
Eugenio guarda con gli occhi assonati fuori dal finestrino macchiato dalle gocce grigie di pioggia dei giorni precedenti. «Dove siamo finiti?»
«Non lo so proprio. È la prima fermata che fa il treno.» Il collega anziano si alza dal suo posto e si sgranchisce le gambe intorpidite.
«Scendiamo?» Samuel si infila la giacca della divisa e la chiude tirandosi la cerniera fin sotto il mento.
«Sì, d'accordo.» Eugenio segue i colleghi.
I tre uomini lasciano la carrozza tutti insieme.
Appena mettono i piedi sull'asfalto vengono abbagliati dalla luce del tiepido sole.
Eugenio si copre gli occhi, infastidito.
Si trovano in un ampio parcheggio. Davanti c'è un locale dalle mura esterne dipinte di rosso e dalle grandi vetrate luminose, circondato dal fitto bosco color smeraldo della montagna.
«È forse un ristorante?» Eugenio lo scruta con gli occhi ridotti a due fessure.
«Non c'è anima viva qui...» Si guarda intorno, molto perplesso, Samuel.
«Proviamo a entrare?» Propone Marcos guardando i colleghi.
«Sì, dai.» Samuel si incammina verso il locale.
Salgono i tre gradini del pianerottolo.
Samuel si fa avanti e apre la porta ed entrano uno alla volta. La campanella tintinna l'arrivo di nuovi clienti.
Si soffermano sulla soglia davanti al registratore di cassa. Dentro non c'è nessuno. Il tondo orologio appeso sopra al piano bar ticchetta i secondi che passano.
Vanno a sedersi a un tavolo. Attendono in silenzio, scrutandosi intorno con aria spaesata, ma curiosa.
Da una porta in fondo alla sala fuoriesce una cameriera dall'aspetto disinvolto. Ha i capelli scuri, corti e arricciati in voluminosi boccoli le incorniciano il paffuto viso dalla pelle rugosa. Gli occhi tondi e azzurri sono sfumati da un ombretto perlato. Le sue labbra sono vellutate e di un color ciliegia. Prende dalla tasca del grembiule un blocchetto di fogli e una biro. «Buongiorno cari signori, volete fare colazione?»
«Prendiamo tre caffè. Grazie», ordina Marcos.
«Senza mangiare qualcosa?» Samuel sconcertato guarda stranito il collega.
Marcos, invece, comprende al volo e abbozza un lieve risolino. «Anche tre croissant alla crema, se è possibile.»
«Va bene.» La donna sorride. «Volete che ve le riscaldi un pò?»
«Sì certo. Grazie.» Samuele contento di sapere che fra poco la sua fame verrà saziata.
«Grazie a voi.» La cameriera finisce di appuntarsi le ordinazioni. Si volta e si dirige verso la cucina scomparendo dietro il bancone.
Eugenio emette un lungo sospiro e si stravacca lungo lo schienale morbido del divanetto rosso su cui è seduto comodamente. Comincia a osservare fuori dalla finestra il paesaggio. Gli sembra di stare in mezzo al deserto. Il parcheggio è un luogo desolato. L'asfalto grigio e crepato è illuminato dai raggi del sole. Le strisce bianche sono consumate, si vedono solo a tratti qua e là. Non c'è una sola auto. Nonostante sia una bella giornata primaverile, agli occhi di Eugenio il mondo appare triste e noioso, privo di emozioni e di vitalità. Nel suo mutismo si domanda dove può essere adesso Luana o dove potrebbe andare, ma soprattutto vorrebbe tanto sapere perché è scappata dalla sua famiglia. Non può essere solo per l'ultima discussione che hanno avuto quella sera a cena, forse esistono altri motivi per cui ha deciso di allontanarsi. Come può saperlo se non le ha mai dato le giuste attenzioni? Come può saperlo se non si è mai preoccupato della sua felicità?
La cameriera arriva con un vassoio fumante, lo pone sopra il tavolo di legno. «Ecco a voi.»
Eugenio si desta dalle sue personali perplessità.
«Grazie.» Marcos fa cenno alla donna che può pure andare.
I tre colleghi consumano il primo pasto della giornata immersi nella calma e pace del locale.
Sono sazi e pieni di energia. Marcos beve l'ultimo sorso di caffè, mentre Samuel si infila in bocca l'ultimo pezzo inzuppato del croissant abbondantemente farcito. Eugenio ha malapena sorseggiato il suo caffè e dato un solo morso alla suo croissant per poi lasciarlo sul piattino. Ha lo stomaco troppo chiuso a causa della costante irrequietezza e preoccupazione nei confronti della figlia.
Marcos se n'è accorto del suo stato d'umore malinconico. «Tutto bene?»
«Ho perso mia figlia. L'ho allontanata così tanto dalla mia vita senza nemmeno accorgermene.»
Eugenio dopo questa confessione dentro di sé avverte una strana sensazione mai provata prima. Al centro del suo petto avverte all'improvviso una mancanza, un oscuro vuoto, come se gli mancasse qualcosa, come se avesse perso una parte importante di sé. «Vado a pagare.» Turbato si alza dal tavolo con il portafoglio in mano.
«Aspetta, ma non finisci la colazione?» Samuel lo blocca per un braccio.
«No. Non ho fame. Finiscila pure tu, se vuoi.» Gli accenna un timido sorriso e gli strizza l'occhio destro.
Eugenio va in cassa a pagare la colazione.
La cameriera giunge a passo svelto. Si asciuga le mani sul grembiule.
Eugenio porge alla signora un paio di banconote di carta.
La donna digita il conto sul registratore di cassa. «Ecco a lei lo scontrino.» Glielo porge garbatamente. «Grazie. Una buona giornata.»
Eugenio si blocca con il portafoglio in mano. Alza gli occhi verso la cameriera. Pensa di chiedere delle informazioni. «Mi scusi.» Si avvicina di più al bancone.» Non vorrei essere invadente, ma vorrei farle qualche domanda.»
La donna lo ascolta.
«Sto cercando disperatamente mia figlia, bassa capello scuro, dovrebbe essere in compagnia di un ragazzo, occhi celesti, capelli biondi.»
La cameriera ci riflette un attimo.
«Sì», acconsente e si porta le mani ai fianchi. «Di recente ho visto due ragazzi», pensa dubbiosa. Inizia a spolverare il bancone con uno straccio. «Sono stati qui due sere fa, hanno cenato insieme. Il ragazzo ha pagato, poi sono usciti», viene colta da un'illuminazione «Ah! Hanno alloggiato nel nuovo Motel qui vicino. La mattina seguente, sempre il ragazzo è venuto a prendere la colazione d'asporto. Forse potrebbero essere ancora lì.»
Un bagliore di speranza illumina gli occhi nocciola di Eugenio. «Come giungo al Motel? Purtroppo non sono della zona, mi servirebbero gentilmente delle indicazioni.»
«È semplice. Deve percorrere tutto il parcheggio e riversarsi in strada. Prosegua sempre dritto per qualche chilometro. Alla prima curva brusca, svolta a destra, dovrebbe trovarsi in uno spiazzo circondato dal bosco.
«Non so come ringraziarla, mi è stata davvero di grande aiuto. La saluto. Arrivederci e buona giornata.»
«Arrivederci Signore.»
Eugenio apre d'impeto la porta e si precipita fuori.
Marcos e Samuel gli corrono dietro colti di sprovvista.
«Arrivederci. Buona giornata.» Li saluta la cameriera.
«Buona giornata anche a lei. Colazione deliziosa.» Si congratula Samuel, salutandola con la mano e chiudendosi la porta alle spalle. Si sistema il colletto della giacca e scende di fretta gli scalini del pianerottolo.
La cameriera sorride mentre li vede andare via di fretta. Finisce di pulire un bicchiere di vetro.
Eugenio si risolleva dallo sconforto e fiducioso si affretta a percorrere il parcheggio. Spera che siano ancora in quel posto, spera di ritrovare presto sua figlia.
«Eugenio ma dove stai andando così di fretta?» Marcos lo raggiunge zoppicante. Lo afferra per una spalla e lo costringe a fermarsi e a voltarsi.
«La cameriera mi ha informato che ha visto due ragazzi che assomigliano a Luana e a Nicholas. Hanno cenato al ristorante e hanno alloggiato in un Motel vicino.» Ha il fiato corto e il cuore che gli pulsa forte nel petto. Si aggrappa al collega, lo fissa intensamente negli occhi. «Potrebbero essere ancora qui. Dobbiamo assolutamente cercarli.»
«E dove si trova questo Motel?»
«Seguitemi e basta», ordina a entrambi.
«Ma...» Samuel è troppo confuso, scambia un'occhiata accigliata con il collega anziano.
«Andiamo.» Lo invita con un cenno della mano a seguirlo. Si affretta per tenere il passo dietro a Eugenio.
«Aspettatemi», comincia a correre anche Samuel «Mi si ripropone la colazione.»
💜🚂💜
Eugenio cammina a passo svelto lungo il ciglio della strada. Ha il fiato pesante e affannoso. Ogni tanto si asciuga, con un fazzoletto di stoffa, le gocce di sudore che scendono lungo il volto paonazzo.
I colleghi a stento riescono a mantenere il suo passo spedito e frettoloso.
Marcos estrae il cellulare dalla tasca interna del giaccone per controllare l'ora sullo schermo e nota subito che non c'è segnale. Rotea gli occhi all'insù e sbuffa.
Samuel si tiene il fianco destro per la troppo fatica. Avverte a ogni passo una mazzata di dolore sempre più lancinante. Non ce la fa più.
Marcos accidentalmente impianta il piede per terra tra il bordo della strada e il fossato che costeggia il bosco. Inciampa sull'asfalto dissestato, ma riesce per fortuna a mantenere l'equilibrio, altrimenti sarebbe caduto dentro slogandosi una caviglia. Ormai è al limite della sopportazione. Si volta indietro. Samuel sta per collassare a terra, sfinito. «Ci possiamo fermare un attimo, per favore?»
«Manca poco. Resistete ancora un po'. È importante.» Eugenio accelera ancora il passo, svolta brusco a destra e si arresta. Ha trovato il Motel. «Siamo arrivati.»
L'insegna a neon è spenta. Lo stabile bianco è strutturato in due piani divisi da una lunga terrazza. Ogni stanza ha una porta verniciata di verde, seguita da una grande finestra quadrata con gli infissi a croce dipinti di bianco.
Gli altri due si fermano e si affiancano a lui. Marcos si asciuga la fronte imperlata di sudore con la manica della giacca. Si pettina i capelli all'indietro con le mani. Samuel chino su sé stesso si tiene i fianchi e cerca di riprendere fiato. Scuote la testa. Comincia a mancargli la morbida e comoda sedia del suo ufficio. «Ci riposiamo un attimo?»
Stremati vanno a sedersi su una panchina sotto la finestra di una stanza del Motel. Eugenio si toglie il cappello. «Dobbiamo cercarli per ogni stanza», ansima «Dobbiamo trovarli.»
«Tranquillo. Riprendiamoci un attimo. Se sono qui potrebbero uscire da qualche stanza da un momento all'altro.» Marcos appoggia la schiena contro il muro freddo e ruvido.
«Prima li troviamo meglio sarà per tutti noi», prova a rialzarsi. Emette un gemito di dolore. Fa dei passi barcollanti e cerca di ricomporsi almeno un poco. «Andiamo verso l'entrata.»
I due colleghi si guardano e malcontenti decidono di seguirlo, a malapena si reggono in piedi.
Salgono la scalinata e arrivano nel portico. «Rimanete qui per favore. Vado a chiedere informazioni.»
Si avvia verso la porta, gli altri lo guardano fermi sull'uscio.
Eugenio entra. Il luogo è illuminato da una calda luce. Va verso un bancone dove è seduta una donna intenta a scrivere a computer. Appena nota il poliziotto dall'aria impacciata e accaldata interrompe il lavoro e si toglie gli occhiali. Di scatto si leva in piedi. «Posso esserle d'aiuto?»
«Sto cercando due ragazzi adolescenti. Mi hanno riferito che potrebbero avere passato la notte qui, l'altro ieri.»
«Abbiamo inaugurato da poco il Motel. Qui non viene mai nessuno, però pensandoci bene ho incontrato un ragazzo giovane che ha chiesto una stanza. Se non ha fretta potrei un attimo controllare nel registro delle prenotazioni.»
«Mi farebbe un grande piacere.»
La segretaria acconsente in silenzio. Si riaccomoda al tavolo e inizia a lavorare, gli occhi puntati solo sul monitor del computer. «Proprio come le dicevo. Ha alloggiato qui. Stanza numero 4. È ripartito la mattina seguente.»
«Non ha visto, per caso, se era in compagnia di una ragazza?»
«Non che io sappia.»
Eugenio sospira e infila le mani nelle tasche dei pantaloni. La sua speranza si è dissolta come polvere al vento. China il capo, il suo sguardo triste si rabbuia.
«Vuole che le lasci la chiave della stanza per fare un'ispezione veloce? Non è prenotata a nessun nome per il momento.»
«Molto gentile.»
La donna si alza e va a prendere la chiave appesa al muro, vicino a tutte le chiavi delle altre camere.
«Si prenda tutto il tempo che le serve.»
«Grazie.» Prende le chiavi ed esce dall'ufficio.
Marcos e Samuel sono lì che lo stanno aspettando.
Il più anziano si fa avanti. «Ha altre novità?»
Gli mostra le chiavi che tiene nel palmo della mano destra. «Venite, per di qui.»
Eugenio apre la porta della stanza e entra dentro, seguito dai colleghi. La stanza è avvolta nella penombra, profuma di fresco e pulito. Qualche addetto alle pulizie l'aveva già riordinata e pulita. La camera si presenta calda e confortevole. Il letto è coperto da una trapunta color avorio. Ai lati ci sono due comodini con sopra le abat jour. Davanti all'entrata è posto un tavolino ovale in legno, al centro è posizionata una pianta grassa. Una televisione di media grandezza è appesa alla parete di fronte al letto matrimoniale. La tenda candida e leggera copre il vetro della finestra. In fondo c'è una porta chiusa e vicino ad essa c'è un armadio rettangolare appoggiato al muro. «Controllate in giro se riuscite a scorgere un indizio che ci aiuti a capire se sono stati veramente qui.»
Marcos e Samuel perlustrano la stanza e il bagno vicino, ma non trovano nulla che attiri la loro attenzione. Non c'è nessuna traccia dei ragazzi, nessun indizio che potevano segnalare la loro recente presenza.
Eugenio si siede a bordo del letto. Incurva le spalle e abbassa lo sguardo sul pavimento piastrellato. La sua ricerca si è già arrestata in un punto morto. Non ha altri indizi, non sa più dove si trovano i ragazzi e non sa nemmeno dove ricominciare le ricerche. Sbuffa, con il pollice e l'indice prende a massaggiarsi le palpebre stanche e cadenti.
Marcos vedendolo disperato si siede vicino a lui, mette un braccio intorno alle sue spalle. Gli accarezza la schiena. «Non abbatterti. Noi stiamo facendo il possibile, te lo possiamo giurare.»
«Non voglio che le succeda niente di brutto. Lei è piccola è solo una bambina.»
Marcos e Samuel non rispondono, non sanno che dirgli, anche loro sono avviliti.
Eugenio si alza ed esce dalla stanza.
I due colleghi si lanciano una breve occhiata e con le mani in tasca escono anche loro dalla camera.
«Ritorniamo al parcheggio del ristorante, poi decideremo cosa è meglio fare.»
Marcos la chiude a chiave e le va a riconsegnare in portineria, mentre Samuel ed Eugenio lo aspettano fuori.
💜🚂💜
«Andiamo, qui più niente ci trattiene», conclude Eugenio incamminandosi lento verso i binari del treno.
I due colleghi lo seguono mantenendo il ritmo del passo di lui.
Eugenio vorrebbe tanto fermarsi, accasciarsi e piangere forte. Come glielo dirà a Eloisa che non ha più traccia di Luana e perciò non riuscirà mai a trovarla e riportarla a casa?
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