Capitolo 1 🧡💜🚂
Gocce di Solitudine e Incomprensione
ATTENZIONE!
Treno in transito al binario 2,
allontanarsi dalla linea gialla...
In mezzo alla chiassosa folla accalcata davanti alla scalinata del sottopassaggio, c'è una ragazza che cammina a passo lento verso la direzione opposta. Alcuni pendolari le rivolgono sguardi perplessi e altri la spintonano con maleducazione.
Incappucciata prosegue lungo il lurido pavimento della banchina.
Un treno sfreccia sulle rotaie emettendo un sonoro fischio.
Una folata di tiepido vento le scompiglia i capelli corvini.
Sbuffa frustrata. Appoggia a terra lo zaino e una custodia. Si siede a gambe incrociate su una sedia.
Indossa un paio di Converse nere. Le gambe magre sono coperte da sottili calze bucate. Una larga felpa le avvolge il corpo fino alle ginocchia. Sopra porta una giacca in jeans. Gli spenti occhi sono rivolti verso terra.
Il sole riflette gli ultimi raggi color arancio sui tetti delle abitazioni. Il cielo sereno si sta tingendo di un blu intenso. Le prime stelle brillano fievoli.
Un leggero vento fa fluttuare il polline nell'aria.
La stazione è il suo luogo preferito. Qui non è mai sola: le voci delle persone, il rumore delle valigie, i pianti dei bambini, le discussioni animate ai telefoni, e i macchinisti che fischiettano lungo i binari le tengono sempre compagnia.
A volte si chiede se la gente soffre come lei, se la loro vita è fatta di malinconia e sofferenza o se è piena di gioia e serenità.
Vorrebbe tanto essere felice.
Apre la cerniera ed estrae la sua chitarra blu.
L'appoggia tra le gambe. Accarezza la superficie liscia.
Fa scorrere le dita sulle corde, le solletica con naturale delicatezza.
Suona una melodia lenta che si libra nell'aria come una disperata richiesta d'aiuto.
Viene interrotta dal rintocco delle campane.
Luana si ferma e sospira.
La lancetta ha appena battuto le diciannove e un minuto.
Ripone lo strumento con cautela. Riluttante riprende lo zaino e se lo mette in spalla.
Si dirige verso il sottopassaggio.
Esce dalla stazione, supera il parcheggio e si riversa in strada. Il rumoroso traffico serale incombe nella città.
Viene accecata dai fari luminosi delle auto che corrono veloci.
Si affretta ad attraversare. Si ritrova dall'altra parte del marciapiede dissestato dalle radici dei tigli che odiano il cemento che le opprime.
Cammina lenta e a testa bassa.
🚂💜🚂
Arrivata al portone, sale nell'angusto ascensore.
Giunge davanti all'ingresso dell'appartamento.
La porta è chiusa. C'è un sordo brusio di sottofondo.
Suona il campanello. Qualcuno viene verso di lei a passo pesante, trascinando le ciabatte come se stesse commettendo un enorme sforzo faticoso.
È un uomo di statura media, con qualche chilo di troppo. Ha i capelli brizzolati. Indossa sempre una camicia gialla scolorita.
Luana non sopporta proprio quel colore.
Stretta fra le labbra tiene la sua sigaretta fumante. «Sei in ritardo. La cena è pronta.»
Rotea gli occhi e lo scansa.
Entra in casa.
Una donna, seduta a tavola, con indosso un grembiule floreale ricamato, le lancia un'occhiata severa.
Va nella sua stanza. Lancia con noncuranza lo zaino sul tappeto e appoggia piano la custodia al muro.
«Dove sei stata?» L'eco della voce femminile giunge dalla sala da pranzo.
Slega i lacci e si sofferma. «Sono andata a fare una passeggiata...» Si sfila la scarpa.
«Una passeggiata...», ripete, provando a crederle. «Non è ora di rincasare così tardi. Mi fai sempre preoccupare.»
Luana non ci crede. Ricompare in soggiorno e va sedersi a capotavola, lontana dai genitori.
Striscia la sedia sul pavimento.
I suoi occhi cadono sul piatto caldo.
«Buon appetito.» L'uomo si spegne la sigaretta sul posacenere.
La donna distoglie lo sguardo, impugna la forchetta e addenta una patata.
Luana punzecchia la carne troppo cotta e sposta le verdure da una parte all'altra del piatto, fissando assorta la televisione accesa. Il suo stomaco implora almeno un pezzo di cibo, ma non gli dà importanza.
«Sei stata con lui tutto il pomeriggio?» Eloisa mastica la mollica del pane.
La ragazza emana un sospiro pesante, ripone la forchetta e si abbandona sullo schienale. «No.»
«Non mi piace per niente quel ragazzo.» Beve un sorso d'acqua dal bicchiere.
La figlia fa spallucce e incrocia le braccia al petto.
«È un barbone. Ha i jeans strappati e i capelli spettinati. Ha le braccia tatuate. Fuma e ha addirittura i piercing. È sempre in giro con lo skateboard insieme alla sua banda di amici. Tutti ragazzi messi male come lui.» Le punta il coltello contro. «La sua compagnia non ha buone influenze su di te.»
«Questo non lo puoi sapere», ribatte protraendosi verso di lei.
«Ma ti sei vista?» La scruta dall'alto al basso.
Luana si gratta il mento e si volta di profilo, lamentandosi.
«Vai in giro con le calze bucate e gli abiti sporchi.» Le fa subito notare. «Io questo non lo tollero proprio. Non voglio che mia figlia vada in giro vestita come una stracciona.» Preme l'indice sul tavolo. «Faccio di tutto per comprarti capi nuovi e consoni. Lavo e stiro tutte le sere per farteli avere pronti il giorno dopo, tuttavia ti ostini sempre a indossare i soliti vecchi cenci.»
«Perché ti devi sempre fermare solo alle apparenze?» Si protende verso la madre, irritata. Non le disturba ricevere delle critiche verso sé stessa, ma verso di lui.
Eloisa abbandona la forchetta sul piatto.
«Non hai mai voluto che te lo presentassi», insiste lei.
Si pulisce la bocca con il tovagliolo, beve l'ultimo sorso d'acqua.
Si alza, raccoglie i piatti unti e fila in cucina.
Li appoggia dentro al lavandino. Chiude gli occhi e trae dei lunghi respiri per cacciare indietro le lacrime.
Ritorna in sala da pranzo e si risiede al suo posto. «Ti farebbe bene uscire, di tanto in tanto, anche con le tue compagne di scuola. Potreste fare tante cose insieme e potrebbero aiutarti con lo studio.» Le consiglia con tono pacato.
«Assolutamente no», sbotta Luana.
«Perché?» La donna è perplessa. Solleva un sopracciglio.
«Io non sono come loro», confessa a malincuore. Abbassa il viso, chiudendosi in sé stessa.
Eloisa non riesce a comprendere il significato delle sue parole. Allunga un braccio verso di lei.
Luana si scosta. «Lasciami stare. Io sto benissimo da sola.»
Eugenio, che intanto aveva sparecchiato il resto della tavola, si intromette «Qualcuno desidera del caffè?»
«Sì, una tazzina, grazie», risponde la moglie non degnandolo di uno sguardo.
La madre punta gli occhi sulla figlia. «Allora invece di stare fuori a zonzo, inizia a passare i pomeriggi a casa. Potresti concentrarti sullo studio e aiutarci nelle faccende domestiche quando siamo troppo occupati dal lavoro. Così la smetti anche di suonare quell'insignificante chitarra.» Eloisa si pente ogni giorno di più per avergliela regalata. È solo una stupida distrazione. Desidera solo che impari a tralasciarla per concentrasi su ciò che è veramente importante.
Il cuore di Luana perde un battito. Alza lo sguardo contro la madre. Nel suo volto cala un'ombra scura. «Io la chitarra la suono quanto voglio. Io amo la musica. Mi fa sentire felice in questa schifosa vita.»
Si alza trascinando la sedia che emette un fastidioso stridio. Fa per voltarsi, ma la blocca per un polso.
Eugenio ritorna in sala con in mano due tazzine bollenti. Una la pone sotto il mento della moglie.
Un profumo tostato va a diffondersi in tutto il soggiorno.
«Dove credi di andare?» La rimprovera Eloisa. «Credi di finirla così questa conversazione? Risiediti subito.»
Luana riluttante si stravacca sulla sedia e prende a giocare con una briciola.
«Io e tuo padre siamo stati ai colloqui con i tuoi professori oggi pomeriggio. Te ne sarai scordata, come al solito», dice tranquilla, bevendo un sorso di caffè amaro.
«E allora?» Incalza lei, con tono provocatorio. Non le interessa sapere nulla.
«Il tuo rendimento è pessimo. Hai più della metà delle materie insufficienti e mancano solo due mesi alla fine della scuola. Come pensi di rimediare? Non puoi farcela. Rischi di grosso la bocciatura. Devi rimetterti in pari subito con i tuoi compagni. I tuoi insegnanti mi dicono che hai sempre la testa da un'altra parte, sei completamente assente in classe.» È molto preoccupata, non vuole che sua figlia rimanga indietro negli studi, tantomeno nella vita.
«Quella scuola mi fa vomitare. Odio tutti là dentro. Mi avete iscritto voi e non mi avete mai chiesto se ero d'accordo.» Punta l'indice contro il suo petto. «Non è colpa mia se non mi avete mai ascoltata.» È molto frustrata. «Io non voglio seguire le vostre orme.» I suoi occhi diventano lucidi e la sua voce si incrina. Sbatte i pugni serrati sul tavolo. «Io voglio realizzare i miei sogni.»
«Strimpellare una chitarra non ti porterà mai da nessuna parte, solo in mezzo alla strada», dice molto sicura di sé. Sapeva che aveva ragione solo lei.
«Tu non sai proprio niente.» La provoca con tono di sfida. Si rizza in piedi con i palmi fermi sul tavolo.
«Io sono tua madre. Io sono adulta e matura. Io voglio solo il meglio per te e per il tuo futuro. Non puoi fare sempre quello che vuoi tu.»
«Io non faccio mai quello che voglio.» Urla. La sua rabbia è esplosa. Ancora una sera si ritrova a litigare con sua madre oppressiva e maniaca del controllo e con suo padre che a malapena la considera sua figlia. Non riesce più a tollerarli. Perché non vogliono ascoltarla? Perché non riescono a capirla? «Non vi sopporto più. Vi odio con tutta me stessa. Io da questa casa me ne vado, così potrò vivere finalmente in pace.»
Si gira di spalle e chiude la porta con un forte tonfo.
Luana è in trappola.
Si butta sul soffice letto.
Guarda il soffitto, cercando di trattenere le lacrime, ma queste, come sempre, cominciano a scendere lungo il suo viso. Si gira di lato e affonda la sua testa nel cuscino stropicciato e irrompe in un silenzioso pianto colmo di sofferenza.
Eugenio inerme sta di fronte alla moglie che ha gli occhi colmi di lacrime.
«Eloisa...» Le accarezza la mano.
«Non ce la faccio più», singhiozza. Si soffia il naso con un fazzoletto bianco e si asciuga il volto arrossato. «Vado a dormire.»
Eugenio rimane lì, solo, con le braccia conserte e la televisione accesa a fissare il vuoto. Incapace di reagire o provare una qualsiasi emozione.
Luana si mette seduta.
Un'aria fredda le accarezza la schiena.
Si volta. Le tende color lilla ondeggiano.
Va alla finestra.
Il cielo è blu trapuntato di fulgide stelle argentate. Sotto di lei le abitazioni sono illuminate dalle luci della città. In sottofondo si sente il traffico provenire dall'autostrada.
Rivolge lo sguardo verso la candida luna piena. La osserva. Anch'essa se ne sta lì sola e muta nella notte. Un sentimento di pura compassione scaturisce dalla sua anima e comprende che anche lei è terribilmente sola e incompresa.
Trae un lungo sospiro. Si spoglia e indossa il pigiama. Prende il cellulare da sopra il comodino. Nessun messaggio, nessuna chiamata.
Luana si rialza dal letto e va a chiudere la finestra, rivolgendo un ultimo sguardo verso il mondo esterno. Vorrebbe tanto scappare via, cambiare città, cambiare vita.
Il telefono vibra sopra il letto. Lo afferra in mano. Un lieve sorriso le compare in viso leggendo il suo nome.
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