Capitolo 8
***
Vorrei farti posto nel mio cuore ma fa troppo freddo è vuoto.
Questa notte è insonnia credi stia una bomba
invece insomma, fumo fuori dalla norma
sbuffo in aria nella stanza poi ne interpreto ogni forma.
Resto qua che ti senti al sicuro
e ci scordiamo che siamo senza futuro.
— Guè Pequeno, Rose Nere
***
È scivolata dentro di me, come un vulcano ho scosso le pareti del mio corpo. L'ho fatta entrare, di colpo come un proiettile sparato contro il mio cuore. Ci siamo scontrati, l'uno contro l'altro.
«Il ricciolino che ti sta sempre dietro è il tuo amico?» non sa che dire, vorrebbe conoscermi e io vorrei nascondermi. «È il mio migliore amico» attutisco il colpo con il suo cocktail, un spasmo di dolore si fa posto nel mio stomaco, Ranny abbandonami. «E quelli della festa?» - ti facevo più timida. «Non vuoi saperlo davvero» scolo il bicchiere e appoggio il nervosismo sul bordo della strada.
«Non sono l'unica ad avere una debolezza» indica il bicchiere vuoto con lo sguardo, «Non potremmo essere umani altrimenti» buttatemi via. Fissa i miei occhi, scruta a fondo. Disegna delle linee con le sue labbra. Gira più volte lo sguardo, analizza il bicchiere, poi si ferma sulle vene della mia mano. L'afferra, comincia a sfiorare piano e sento il sangue violentare le sue dita fredde. Il mio cuore si agita e io comincio a chiedermi come una creatura così piccola possa stravolgermi l'anima.
«Mi piacciono i particolari, le cose nascoste» vorrei coprire la mia faccia da peccatore, vorrei che tu non vedessi questo ritratto dannato. Alza gli occhi piano e la luce fioca del lampione evidenzia le sue gote rosse, sotto i suoi occhi due crateri neri incorniciano la mia rovina.
La osservo, lei gira la testa, l'abbassa e i suoi capelli mi nascondono il cielo.
Sbadiglia, «Sei stanca?» fa no con la testa, «Mi annoiavo prima. Non amo la gente, non riesco a parlare con quelle persone»
«Io sono come loro» sputo la verità e i suoi occhi rimangono perplessi,
«Lo credi solo tu tra noi due».
In quel momento amore mi hai attraversato e ti sei accampata in mezzo al miei pezzi, non farti travolgere.
«Mi conosci?»
«Sì, no, forse. Chi te lo può confermare? Io? Io non sono nessuno» sei la mia unica condanna. Mi metterai in croce e Cristo piangerà tutti i nostri peccati.
«Nemmeno io»
«Tu puoi conoscerti. Mi conosci?»
«Forse sì»
E ti conosco davvero. Conosco i tuoi difetti, i tuoi nei e i tuoi lividi. Conosco i tuoi lineamenti, le tue paure, i tuoi orari al mattino e le tue abitudini.
Non so come ci si comporta in questi casi, non so se farti un complimento, dirti che ti ho sognata stanotte e che immagino il profumo della tua pelle ogni mattina. Vorrei accarezzarti le gambe nude, percorrere i le linee della tua muscolatura, e stringere quelle cosce. Il mio sguardo percorre le sue gambe, lei se ne accorge e sposta la gonna, nasconde il suo interno coscia e accavalla le gambe. Non ti sto disprezzando, sto lodando questo terreno fertile per i miei sogni. Si schiarisce la voce, mi sta incitando a parlare e io non so da dove cominciare.
«Posso accompagnarti a casa?» - idiota, avresti dovuto dirle che fa freddo, che è piccola e ha bisogno di tornare a casa.
Scuote la testa e mi trafigge, le chiedo una spiegazione e sorride. «Ti ricordi la droga? Ecco, non sono autorizzata neanche a salire con uno sconosciuto» e ora vorrei urlare a questa notte che mi fa paura, vorrei dire che l'unica cosa che fa paura è questa distanza tra noi due. E ora?
«Cosa vuoi fare?»
Divaga per un po', fissa più volte il vuoto «Ritornare alla festa?» il mio telefono segna l'ora X, so cosa c'è in quella gabbia ora: urla confuse, LSD nei bagni del piano di sopra, stanze occupate e vittime.
Mi oppongo, non posso varcare quella soglia di nuovo. Lei si alza, pulisce la gonna dal terriccio del marciapiede, mi gira le spalle.
Dovevi continuare per la tua strada, Rose. Era questa la scelta giusta, dovevi andare via come Ranny, trovare la felicità altrove e non dentro il mio cuore. Non lo fai, dai ragione al tuo istinto, prendi a pugni il tuo sesto senso e ti volti, mi porgi la mano e mi sorridi.
Vuoi entrare nell'Inferno, le tue ali non potranno resistere a questo male, ti scotterai e io non alzerò un dito per salvarti.
Afferro la sua mano e lei stringe, il mio cuore muore. Indietreggio, vorrei bloccare le gambe e tornare indietro. «Non è un buon momento per tornare dentro secondo me» lei non capisce, mi racconta di altre feste a cui è stata, «Non è lo stesso tipo di festa» stacca la mia mano e mi volta le spalle.
«Dicono un sacco di cose su di te» – e così poche su di te. Ti ho costruita solo nella mia testa, non so niente della tua vita, dei tuoi amici, dei tuoi genitori. Se hai un cane per esempio, o se non ti piacciono i gatti. Cosa studi, cosa hai voglia di fare, quanto ti fa schifo il mondo per esempio. A me tanto, un poco di meno da quando ci sei tu ad abitarlo.
«La gente è brava a parlare» cerco insistentemente nella mia tasca le sigarette, ho bisogno di tempo. Vorrei crollare davanti ai suoi occhi, dirle che quel personaggio è un falso. Non sono bravo nella mia vita, figuriamoci in quella degli altri. Non parla più, respira, un poco più veloce a tratti. Perché sei in questa fossa con il leone allora? Perché non scappi?
Guardami, sono un film senza nessun lieto fine.
«Hai fatto cose poco belle» sussurra, con un filo di voce. Tremi dal freddo e il mio cuore vorrebbe spegnersi lentamente, "chissà cos'è nel mondo la definizione di poco belle". Accendo la sigaretta, lei fa un altro passo indietro. È un ultimatum forse: o dentro, o fuori. È questo, Rose?
«Io devo andare a cercare le mie amiche» – non sai mentire, vorresti scappare in questo momento. Lo leggo dalla posizione delle tue gambe, muovi quei talloni su e giù. E ora mi trasformo, divento orgoglioso, non alzo più lo sguardo. Il fumo della sigaretta copre ogni visione, e ogni silenzio. Non sento più niente, Rose. Non so più come giustificarmi con te, non ho una giustificazione per la mia vita.
«Perché sei uscita con me?», lei deglutisce e vorrebbe prendere a pugni il suo sesto senso. Vedo la mia maschera da bravo ragazzo a terra, vicino quelle gambe tremanti. Forse dovresti scappare, Rose. Non c'è posto per la vittoria, questo marciapiede umido non sarà il nostro podio stasera. Scuote la testa, vorrebbe dire qualcosa «non lo so» sussurra. Cosa ti aspettavi, Alex?
Vorrei dirti tante cose in questo momento, dare un senso a questa serata. Dirti che ti penso ogni giorno, con intensità diverse al minuto. Tu mi prenderesti per pazzo magari, e forse lo sono. Fisso il tuo corpo in penombra e immagino un qualsiasi dialogo tra noi, magari quello che mi piace di più, quello più comodo. È così che facciamo, quando le cose ci fanno tanto male e ci lacerano. Scegliamo la verità più comoda, mettiamo un cerotto sulla ferita con un'altra bugia. Non penso tu possa capirmi, eppure questo continuo bisogno di volermi spiegare con te, di dovermi giustificare di ogni cosa che faccio. Sono venuto ad una festa squallida per te, e non ci ho guadagnato mezza lira. E dov'è il mio guadagno stasera? La mia dose di eroina? Sono i tuoi occhi forse?
Il mio analista dice che non scegliamo noi di chi innamorarci, e allora chi cazzo lo sceglie?
Cosa vuol dire poi, ci sono così tanti modi di amare una persona. Mia madre per esempio, ama mio padre con i suoi silenzi, col suo accettare questo suo difetto di amare qualsiasi gonna corta delle segretarie e colleghe di lavoro. Vorrei riuscire a dire tante cose e non questo fiume di pensieri che sta inondando la mia mente, vorrei dirti tante cose belle.
***
Eccomi tornata! Questo capitolo e il seguito sono un unico testo, ma ho deciso di dividerlo e pubblicare il seguito tra qualche giorno per renderlo più scorrevole.
Spero vi piaccia, e fatemi sapere cosa ne pensate. Sono pronta a tutto.
Grazie di tutto ♡
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