Capitolo 7

***

Ciao, come va? Ho visto che piangi
sarà tutto il marcio che mangi.
È una vita che stai per strada, sola e ti arrangi.


Quindi sai, ti capisco, sempre problemi
quando stai nel letto e tremi
senti il cuore che batte e ti porta da un'altra parte.


Tu con chi stai? Con chi passi questa notte?
Da sola al banco a bere i cocktail

che non fanno domande e ti abbracciano sempre più forte.

— Jake La Furia, Mandami Fuori

***

Avrei voluto scrivere una bella storia. Magari rivivere la nostra su un pezzo di carta e conservarlo in un angolo del mio cassetto. Ma la verità è che sarei costretto a scrivere solo di due sagome che si muovono per sogno, governate da chissà quale strana follia. Come quando ci chiudiamo in quei libri che profumano di nuovo, di avventura, di pomeriggi noiosi, di ricerca di felicità illusoria.

Sto sbagliando di nuovo, Rose.

Sono arrivato ad un bivio e non so più qual è la strada giusta.

Vorrei che sapessi che nella mia vita da mediano ho sempre cercato te, punto di incontro delle mie fallite debolezze. Vorrei che sapessi che sei la festa del mio unico cuore, che sei l'incontro dei miei sapori da umano. Vorrei che sapessi che dietro il mio spirito c'è un'anima debole e piena di paure, paure che tu sai domare. E mi dispiace ammetterlo, ma in tutto questo, tu, anima peccatrice, sei piena di buon senso e di salvezze.

Stiamo vivendo male, amore.

Non stiamo vivendo.

E se mi chiedi quanta follia c'è dentro i nostri sguardi, ti direi che è la stessa follia che ha permesso alle nostre strade di incrociarsi.

— Ti va di incontrarla stasera? So dove vanno le sue amiche.

— Dove?

— Fidati.

Mi sento un pezzo di carne sulla brace pronto ad essere divorato dal destino. Non mi tiro indietro, sono con un piede dentro ed un altro fuori. Come si scende dalla giostra?

Ci addentriamo dentro i quartieri universitari, piccole luci illuminano le strade desolate, sento una vibrazione provenire dell'esterno: la musica alta di qualche casa.

«Ci saranno quelle persone, contieniti» mi avvisa e mi fa cenno di scendere. Quando entri in quel giro incontri diversi volti e corpi fatti a pezzi dalla vita, quando sei ricco difficilmente puoi camminare lungo le strade del ghetto. Ero diventato un re all'epoca, le mie parole erano parabole per loro e giorno dopo giorno quegli occhi mi adulavano e il mio ego si gonfiava terribilmente. Assieme a Ranny ho seppellito anche le loro amarezze, i loro problemi, e i loro volti. Ho seppellito la maschera. Se mi voltassi indietro adesso, vedrei una sfilza di croci. Non ero io il loro Salvatore, la vita li ha riempiti di botte prima che potessi farlo io.

«Tecnicamente dovremmo entrare già ubriachi» conosco già questo tipo di feste: ragazzine sbronze che ti saltano addosso, orgasmi nei bagni, bottiglie vuote, e se sei fortunato pure la rissa.

«Anche se a giudicare i tuoi occhi sembra tu abbia attraversato la morte» aggiunge, poi ride. Sa che può prendermi in giro come vuole, stasera sono un burattino.

«Come entriamo, scusa?» domando, ma la risposta la conosco benissimo.

«Con la tua faccia, Alex» sono ancora quella persona.

Stringo i pugni, devo resistere. Sono passati tanti anni, non faccio più a botte, non mi drogo più, non prendo più a calci la vita.

Schiarisco la voce, Danny bussa. Il volto che mi ritrovo davanti è esattamente quello scavato dalla droga, e lo stupore dipinge il suo volto perfettamente disegnato dai buchi. Ha paura, i suoi denti tremano e la sua bottiglia rischia di barcollare, posso immaginare il mio sguardo da persona superba. Non sono questo, Rose.

Sussurra il mio nome lentamente, «Bè? Vogliamo contemplare la porta?» rispondo male, e si sposta lentamente. Quel corpo diventa esattamente il tappeto rosso che stasera sono costretto ad attraversare. Riconosco gli sguardi che mi scrutano, riconosco le voci, il mio nome sussurrato dalle bocche dei miei discepoli. Divento un dio all'interno di una stanza piena di alcool, e una pacca sulla spalla mi costringe a voltarmi «Chi stai cercando?» - contieniti.

Mi fermo di scatto, sono nel posto sbagliato: aprite i leoni.

«Forse te, se continui a disturbarmi» si allontana.

«Perché cazzo mi hai portato qui?» domando, è una tentazione.

«Sei qui per salvarla, sei l'eroe qui dentro»

«Non voglio essere quella persona» - non è vero, il tuo ego ha sete di potere in questo momento.

«Alex, le persone ti venerano ancora qui. A me manca quella vita» ride,

«A me no, anche lei saprà chi sono e tutte quelle cazzate sulla droga, sui cazzotti»

«Andiamo, sei un leone che accarezza l'agnellino» continua a sfottere.

«Guarda che ti riempio di botte stasera»


«Quante persone avete incontrato lungo quella strada?» oggi ho voglia di parlare, di dire la mia. Oggi vorrei ascoltarmi. «Tante» ho rovinato la vita a molte persone. Ho spianato loro la via verso la morte, mi sono fatto pagare, ho fatto a botte per spiccioli e oggi mi ritrovo su un letto per gli psicopatici. Forse la sto pagando, no?

«Cosa ricordate in particolare di quella vita?»

Vorrei dirgli che ricordo tutto, la prima pillola, la prima sniffata, la prima siringa. Vorrei vomitare l'anima, raccogliere i pezzi e ricostruire la mia vita. In ordine, senza pezzi rotti, senza pezzi mancanti. Vorrei dirgli ora che sento il bisogno di piangere, che oggi mi sento triste. Vorrei dirgli che apprezzo questo lettino, mi sono inchiodato a questo soffitto bianco e cerco conforto in questo candore. Lui è l'unica persona che si salverà in tutta questa storia.

«Niente» è ciò che mi aspetto, è ciò che voglio. Mia madre non ha mai avuto il coraggio di guardare le siringhe nel mio bagno, è lei la Madonna di questa storia, è lei la Vedova di questa vita.


Frugo in mezzo a questa bolgia di peccatori, sto cercando l'unica anima degna. Riconosco i suoi teneri polpacci e le sue scarpe da tennis, vorrei accarezzare quelle dolci gambe. Sussurro il suo nome, non mi sente, continua a camminare, la musica alta copre anche il battito accelerato del mio cuore. Ti prego, fermati. Volta verso il balcone ed esce. Appoggia la schiena alla ringhiera, quando gira lo sguardo mi riconosce, sorride. Ti ho cercato persino dentro i miei incubi. Scosta lo sguardo, ha vergogna e non riesce a togliere quel sorriso dal suo volto. Continuo a camminare ed esco, «Non pensavo di trovarti qui» - e invece sì, ho indossato la tuta del leone solo per questi occhi.

«Potrei dire lo stesso» mi guarda, ha gli occhi contornati di nero e mi sfidano terribilmente. La sua voce è tranquilla, sicura, e le sue mani tremano attorno al cocktail.

«Non lo bevi?» domando, fa cenno di no con la testa, me lo porge.

«Mia madre dice sempre che sul fondo dei cocktail mettono la droga di solito» ride, poi dice che non vuole mai darle ragione ma che poi non riesce a fare il contrario «Io le dico sempre che la droga costa troppo per darmela dentro un cocktail pieno di acqua» continua a ridere e io continuo a sciogliermi dentro quegli occhi.

Sei pura e bianca come questa luna. Stasera questo cielo non ci parla ma ci farà urlare. «Non hai mai bevuto?» domando scettico, «Beh, sì» poi si ferma, ruota gli occhi «Ma..?»

«Non mi va» devia, poi si mette una mano sulla pancia, conosco i tuoi dettagli minuziosamente e ogni notte suonano desideri dentro la mia testa.

«Non mi dirai mai il vero motivo?» vorrei sapere di più, stuzzicare l'agnellino, vorrei immolarti.

«L'alcool è pieno di zuccheri, fa ingrassare e poi non ne trovo il senso» sorride nervosa «E poi la droga» continua a farfugliare. Quanto vorrei dirti che quel male l'ho assaggiato, mi ha saziato le viscere e mi ha lasciato l'amara sconfitta dentro. Vorrei disegnarla sui tuoi polsi, vorrei farti sentire le vene pulsare e scoppiare, vorrei sentirti. Vorrei farti sentire il dolore che silenziosamente abita il mio cuore. Vorrei che tu vomitassi questo dolore come hai fatto con quel piatto di pasta poco fa. «Ti conoscono tutti a quanto pare» vuole cambiare discorso, si sente gli occhi puntati addosso.

«O magari conoscono te» scherzo, fa una smorfia, «Non sono quel tipo di persona» passa la lingua sulle labbra, poi le morde. Vorrebbe non farsi vedere. «Ti dà fastidio?» non è come le altre, non si vanta di avermi davanti, non vuole quel tipo di Alex.

«Io non ci credo a quello che dicono di te»

«E cosa dicono di me?» conosco quelle parole a memoria.

«Dimmelo tu» le sorrido, lei ha vergogna.

«Quindi non posso neanche chiederti di uscire?» ironizzo,

«Ti sembro una che si lascia trasportare da quelle oche?» poi indica con gli occhi il gruppo di ragazze sedute al bancone. Potrei schedarle tutte. Conosco questo buco di mondo come le mie tasche, o meglio riempirono le mie tasche.

Le faccio cenno di uscire da questa casa, le dico che potremmo rifugiarci dentro la mia macchina o seduti sul marciapiede delle strada.

Le spiano la strada in mezzo alla gente e cingo la sua schiena. Cerco lo sguardo di Danny e quando lo trovo gli faccio capire che l'avrei riportato a casa il primo possibile, lui mi fa l'occhiolino e ride. Mima un ringraziami e io mi volto.

«Perché sei venuta se non ti piacciono le feste?» le domando, «La mia amica mi ha chiesto di accompagnarla, non so mai dire di no» le accarezzo le gote, sono scavate dalla fame.

Il suo petto si gonfia e il suo cuore comincia ad agitarsi, «Tutti combattiamo i nostri mostri» mi spezza in due, conosceva quello sguardo, la pietà degli altri, anche lei ha bevuto le mie stesse lacrime. Scosto le mani, mi sento un delinquente che ha violato il suo confine.

«Non ti giudico»

«Sei il primo» hai innalzato muri spessi, non riesco a vincere questi demoni, Rose. Indietreggio, lei se ne accorge, si avvicina, si siede a terra e mi fa cenno di fare lo stesso. Sussurra il mio nome, deglutisce abbassa lo sguardo.

«Non sono un tipo che scappa facilmente» la tranquillizzo, si sente in colpa. Aveva bisogno di prendere a calci il mondo e ha trovato il mio volto.

«Allora non faccio così paura» mi guarda, «Difficile con quegli occhi» sei la mia debolezza.

«In genere non parlo così con tutti» mi fa entrare dentro le sue paure, «Purtroppo mi fido a pelle, e in genere mi faccio del male» e hai ragione, amore mio. Ho piantato il male anche dentro di te ed è tutto ciò che ti rimane di me.


«Di cosa avete paura? Lo sapete che innamorarsi è normale?» oggi ha voglia di fare il saputello, «Anche morire lo è» non sarò mai il tuo burattino, moriremo insieme dentro questo viaggio. «Vi posso assicurare che oggi non volete morire, oggi volete vivere» è soddisfatto, ho trovato l'anello mancante, la mia debolezza. Ha trovato il puzzle dentro la mia testa, i miei dolori non vogliono più giocare a nascondino. 

***


Questo è forse il capitolo più lungo, scusate. È il mio capitolo preferito e non mi andava di spezzarlo.

Come al solito mi piacerebbe tanto sapere i vostri pareri su tutto. 

Nel mentre ci tengo a ringraziare ogni lettore che passa da queste parti.

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