Capitolo 6

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È meglio farsi o farsi delle domande?

Guè Pequeno, Ti ricordi?

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«Si è mai chiesto il significato di quei tatuaggi?» ha cambiato camicia oggi, è allegro, un sorriso sul suo viso da uomo felice. «La ribellione, i buchi sulle mie braccia, insomma, poi sono pure belli li ho disegnati tutti io» oggi sono in vena che in questo contesto dirlo sembrerebbe molto cinico.

«Come ha deciso di smettere?» stamattina non ho voglia, ho dormito male, mi sono svegliato grazie a due incubi di fila e lui continua a stuzzicare il cane che dorme.

«Per mio nonno», mento. Sono un codardo, non avrei il coraggio neanche di vedere sanguinare un mio taglio, figuriamoci di vedermi sanguinare l'anima.

Apro il cassetto e prendo ciò che avevo stabilito. Era un piano meccanico che avveniva quasi ogni sera, e a lungo andare ne avevo bisogno ogni 6 ore. Ho delle fitte nel corpo, una per tirarmi su poi una per la calma.

Un amore chimico dentro di me consuma il resto dei miei organi, una costante ricerca della luce e una luce chiusa in una scatolina dei medicinali dentro il cassetto. Dalla pillola all'endovena e mi sento bene. Tiro indietro col naso, respiro, affanno. Scende piano, tiro dietro con la testa e chiudo gli occhi. Questa volta ci lascio le penne, me lo sento. La testa comincia a girare e adesso vedo la luce. Il respiro diventa più pensante e vorrei strappare i miei polmoni dal corpo, comincio ad agitarmi e sto bene. Apro gli occhi e la mia testa pesante gira due volte, poi si ferma. Strofino gli occhi, piccoli e dilatati con un cerchio nero pensante attorno. Dentro il corpo scorre 55 euro di roba e trovo la pace in un sgabuzzino di mondo. Sento le pupille uscire fuori dalle orbite e per un attimo mi sento con la testa in orbita.

Stavolta ci muoio e non potrò nemmeno spiegare perché lo faccio, diranno di me che ero un cocainomane di merda, che non ci sapevo vivere coi piedi a terra. Diranno che era uno gran riccone, figlio di papà che aveva avuto tutto dalla vita.

Datemi la morte, datemela. Prenderò anche questo premio con eleganza.

Come glielo spiegherai alla gente che i ricordi t'hanno mangiato più di questa merda? Eh? Come glielo dici?

Lo stomaco si contorce, sento una fitta e un conato sale dalla mia bocca. Getto i vestiti all'aria e vomito con tutta la forza ciò che ho in corpo, tossisco e sputo nel lavabo il resto dell'acido che mi restava in bocca. Mi stavo uccidendo in quel momento e nemmeno io lo sapevo.

- Sei vivo? Ti avevo detto di non fare un cazzo senza di me, coglione. Ti ammazzo con le mie mani.

leggo il messaggio e per un attimo ritorno all'amara realtà,

- Sto bene, non rompere. Buonanotte Ranny.

chiudo. Mi stendo sul letto e aspetto la calma invadermi, mi sento nervoso, i muscoli si irrigidiscono e ho bisogno che la droga faccia effetto per addormentarmi. Ogni sera la stessa storia, e ogni settimana la solita litigata.

- Scusami

- Scusa un cazzo, dormi

Adesso urlo, affondo la testa nel cuscino e soffoco. Soffoco felicemente mentre la droga si prende gioco di me. Mi sento un vecchio cocainomane senza speranza eppure ho sono diciott'anni portati male.

Domani smetto, getto quella roba nel gabinetto e trovo la pace da un'altra parte.

Domani smetto, ho deciso. Domani mi innamoro e troverò di meglio. Avrò una vita migliore.

Me lo ripetevo ogni sera, e ogni sera la voglia di farmi diventava sempre più cattiva. Scavava dentro di me e io glielo lasciavo fare, tappavo il buco e tornavo a dormire sempre con la stessa promessa nella testa.

Domani starò meglio: così ripetevo, mi adulavo. Gonfiavo il petto, mi sentivo fiero. Potevo farcela.

Stavo morendo, Ranny. E tu me lo hai lasciato fare.

Ho trovato pace solo dopo la tua morte.


Una lacrima riga il mio viso e per un attimo il mondo gira più veloce. Mi volto, sento la soddisfazione di quel burattino salire dalla sua gola, sospira, fa uno spasmo di piacere, ha tirato fuori la sua rovina. Dimmi che non so provare sentimenti, dillo. Magari vuole solo quei 50€ oggi, poi torna a casa dalla sua famiglia e ride di me con la sua superbia.

«Come hanno reagito i suoi?» oggi vuole bere le mie lacrime. Ranny vienimi a prendere.

«Non lo sanno, almeno credo. Sono stato bravo a soffocare l'errore in pochi mesi» come il mio dolore.

Vorrei passare un'estate dal nonno, avevo fatto bere questa bugia a mia madre e gli occhi di mio padre non mi hanno nemmeno accompagnato fino alla stazione. Credevo che quel treno potesse allontanarmi dal male, credevo che al ritorno avrei ritrovato la felicità. Negli angoli della stazione ho assaporato le attese, ho visto sorrisi spegnersi ed accendersi in pochi secondi, ho contemplato lacrime e visto addii. Eppure, nessun sorriso ha accompagnato la mia partenza, nemmeno il mio.

Ho bussato alla porta di mio nonno e l'unica cosa che ha sussurrato è stata ti voglio bene.

Ho ripulito me stesso in poco tempo, eppure dentro di me continuano a scorrere cicatrici.

Ranny, vorrei dirti che avremmo avuto di meglio dalla vita e invece non è così e tu lo sapevi. I tuoi occhi sapevano guardare la realtà, la mia miopia mi sta portando alla forca.

Una frase mi ha cambiato la vita. Me l'ha stravolta come un tornado. Mi ha distrutto lentamente e ho dovuto ricostruire la mia anima pezzo per pezzo. Mi sento debole ora. Bevo senza sosta, tra un pensiero e l'altro. Fiumi che scorrono nel letto della vita. Un fiume acido pronto a bruciare tutto il male. I ricordi taglienti si affievoliscono piano piano e diventano opachi e ridicoli. Rido. Una risata per la mia vita ridicola, sbandata a puttane.

Un brindisi alle occasioni mancate.

Un brindisi a te, che non ci sei più.

Mi accascio sul pavimento, quasi esanime. Senza un obbiettivo per rialzarmi, senza una spina per risalire.

Senza forze per buttare all'aria questi orrori di merda.

Ranny, stanotte mi manchi terribilmente. Forse sono le notti più fredde a far riaffiorare le mancanze, forse l'unica cosa che può scaldarmi è la tua presenza. Sento che alcuni vuoti non posso riempirli e questo fa ancora più male. Scavo dentro la mia carne, lo faccio indolore. Mi sento un autolesionista, mi sento una bottiglia vuota.

L'altra notte volevo morire, e forse potevo riuscirci.

Il dolore ti uccide il doppio.

A volte ti sogno e vedo il tuo volto sbiadirsi difronte ai miei occhi, fa male Ranny.

Il dolore fa male.

La vita fa male.

Il suono del tuo nome fa male.

Sono stanco delle lacrime, non ti ho però e quindi sospiro. Mi dico che bisogna accettare.

Ho amato più me stesso che te e ti ho perso.

Sto soffocando nelle mie stesse lacrime.

La solita routine mi uccideva, l'assenza è ancora peggio.

Vorrei trovare le parole giuste, stanotte.

Vorrei poter dire che questa notte mi aiuta, ma nemmeno questa è la notte giusta. Forse, nemmeno questa vita.

Le ferite di stanotte non avranno senso, ci penseremo domani a curarle, Rose, insieme.

***

Hi!

Vorrei suggerirvi il profilo Instagram: @earthquakeighteen dove mi piace pubblicare le frasi o le foto, per ora è solo all'inizio.

Non sono bravissima a parlarvi, preferisco scrivere il più delle volte tramite i personaggi, però mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della storia, dei personaggi e trama. Sono davvero tanto curiosa!

Ps: per chi non lo conoscesse, il volto del mio personaggio è Ash Stymest. Ahimè, un diavolo con la faccia d'angelo!

Grazie a tutti. ♡

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