Capitolo 3
***
Ciao, come va? ho visto che piangi
sarà tutto il marcio che mangi.
È una vita che stai per strada, sola e ti arrangi.
Quindi sai, ti capisco, sempre problemi
quando stai nel letto e tremi
senti il cuore che batte e ti porta da un'altra parte.
Tu con chi stai? con chi passi questa notte?
— Jake La Furia, Mandami fuori
***
La ritrovo nel bar, due giorni dopo, è truccata. Ha il viso scavato dalla stanchezza, vedo il profilo dei suoi occhi marcato dalle occhiaie e dalla matita sbavata. Ha pianto, lo so, anche i miei occhi hanno indossato quella maschera. Ha i jeans strappati, le calze nere, e i capelli mossi. E ha cambiato le scarpe, ha una tacco lungo quanto il mio mignolo.
Sono più agitato della serata precedente, mi avvicino di nuovo a lei. Lei mi nota e alza gli occhi «Sono brilla e adesso potrei dirti che ti stavo aspettando, e davvero ti stavo aspettando» ed è molto più che brilla e questo mi fa sorridere. Mi siedo vicino a lei, e appoggia la testa sulla mia spalla. Sento uno spasmo di dolore uscire fuori dalla sua bocca, «Portami fuori» sussurra piano e sento i suoi occhi riempirsi di lacrime, ed esplodere come una diga in piena.
Cingo la sua spalla, poso la mia giacca di pelle sulle sue spalle e la porto fuori. Sostengo la sua camminata e uscita fuori si mette in un angolo e toglie dai piedi il suo nemico. Vedo la sua mano tremare nel buio, «Scusa» esce fuori come un lamento, un pezzo di cielo si frantuma e mi avvicino per raccogliere il meteorite cadere dai suoi occhi. «Per cosa?» sono incredulo, «Per quella sera, per come ti ho risposto» adesso rivedo i suoi occhi, e non hanno più quel tratto di rancore.
«Faccio scappare le persone dalla mia vita in genere, e.. non lo so, sto piangendo davanti a uno sconosciuto, ti sembro normale?»
«No, se dentro i tuoi sogni non sono uno sconosciuto» ti ho già incontrato, Rose.
«Hai pianto» aggiungo, adesso si accascia a terra e stringe la mia giacca, «Zitto» mi siedo vicino a lei. «Ti ho già conosciuto» lentamente si scosta i suoi capelli dal viso, «Ma tu non te lo ricordi» ride. Mi avvicino a lei e lentamente sfioro la tasca della mia giacca, lei vibra e tiro fuori il pacchetto di Marlboro.
Adesso vorrei essere su un letto con lei e vederla nuda, e basta, vorrei disegnare il profilo del suo viso e renderlo vivo dentro il mio cuore.
E credevo che sfiorare una persona significasse veramente poco, e solo adesso so che in quel momento avevo frantumato anche me stesso. Adesso lo so, Rose, lo so. Adesso vorrei tornare indietro nel tempo, fare esattamente quei passi e dirti che era solo un incubo, che dovevi solo svegliarti.
«La vita ci fregherà, te lo dico io» sussurra,
«Voglio morire felice».
Torno a casa e una strana malinconia pervade la stanza, e se stessi facendo scelte sbagliate? Una tempesta nel corpo di un uomo.
«Cos'è l'amore?» domando a quella penna antipatica, «Un sentimento?» ha quel viso da bambino mai cresciuto, un fanciullino indiavolato. «Non in quel senso, insomma, come si sente l'amore dentro?» una banda di pterodattili affamati mangiano la carne del mio intestino, lo stomaco rimette dubbi prorompenti, vorrei strapparmi il cuore dal petto lentamente, vorrei averlo tra le mani per soffocare ogni battito.
«Esattamente come ti senti adesso, mentre mi stai facendo la domanda. Adesso io le chiedo, quando la inviterà ad uscire?», vorrei soffocare i suoi respiri assieme alle sue domande da psicopatico.
Eccole le lacrime, la soddisfazione di quella penna che ha scritto esattamente il dolore, «Non posso essere quel tipo di persona», asciugo lo spasmo dei miei occhi,
«Che tipo di persona vuole essere, Alex?»
Dovrei alzare i tacchi adesso, devo andare via, che ci faccio ancorato a questo lettino? Devo mandarlo a quel paese, io non sono un malato. Io non voglio dei farmaci, nessuna cura. Voglio aprire quella porta, bruciare le mie memorie, mandare all'aria queste scartoffie del cazzo, voglio raccogliere queste lacrime e affogarci lentamente dentro. Voglio esattamente ciò che non voglio.
L'ho vista la morte, Ranny. L'ho curata, me la sono conficcata nel grembo ed è diventata un feto infetto. Ho abortito questa vita. Ho aperto le vele e ho deciso di vivere. Non so cosa volevi quella notte, non so la tua mente razionale che gioco ha voluto fare. Non so perché non hai voluto rispondere, dov'eri?
Ho pianto, Ranny. Ho versato l'amarezza e il veleno, ho gettato il sangue lungo il tuo corpo e hai deciso di annegarci dentro. Non ti biasimo, questo mare malsano di vita ha smesso di piacerci da tempo.
Ranny, ho sognato l'altra notte. Ho sognato e poi ho pianto.
Ero felice.
Si può essere felice? Me lo posso permettere? Ero felice della tua morte, sono morto con te.
Ho smesso di respirare anche io, Ranny. E ora ti cerco, in mezzo a questa folla di peccatori, dove sei? Che anima sei? Ranny...
Riesco ad immaginarti: il tuo respiro accelera ora, sei agitato. Non sai che dire, hai appena rotto il vetro del mio cuore e non riesci a chiedere scusa.
Scusa, Ranny.
Scusa per tutte le volte che hai urlato e non ti ho sentito.
Scusa, Ranny, per aver assecondato la tua sofferenza e averci unito la mia.
Scusa, per non averti regalato un amico migliore, un fratello migliore che potesse darti una via più benevola.
Ranny, scusa, per essere... semplicemente io, un ragazzo che parla troppo.
L'ho preso il dolore, me lo sono conficcato dentro al petto. L'ho messo nella scatola e non l'ho aperto.
Ho paura Ranny, ho paura della vita che ti abbandona come una puttana.
Ho paura del dolore.
Flashback
Raccolgo i miei vestiti a terra e scappo in bagno. Per l'ennesima volta la mia sveglia non aveva suonato lasciando la mia testa completamente sospesa tra i sogni. In giro sento ancora l'odore dell'alcool che la notte prima mi faceva compagnia, e la mia pelle è avvolta dentro un cielo nero di fumo di sigaretta. Il ticchettio della sveglia mi ricorda che è già tardi, sono le 12:30 e neanche stamattina ho rispettato i patti.
— La finisci di dormire? Grazie.
— I tuoi messaggi mattutini mi fanno sempre piacere, prego.
Non sarà la droga, o l'alcool a divorarci, saremo semplicemente noi che mangeremo l'uno la carne dell'altro.
— Che fai oggi?
— Vengo a casa tua
Ranny è la mia ottima compagnia, la televisione che accendi quando sei annoiato e il cibo non può saziare la tua noia. È la pillola che prendi quando hai mal di testa, quando il pomeriggio hai di meglio da fare invece che dormire per coprire il dolore.
Eppure tutto questo non basta, a nessuno dei due.
— Dormi da me?
— Me lo chiedi pure.
Scendo le scale tirato dalla mia fame che sale dallo stomaco, neanche oggi mangerò con gusto.
«Abbiamo dimenticato la tua faccia da colazione» ironizza mio padre, purché non dimenticherete la mia faccia.
Non rispondo, non ho voglia di litigare né di circondarmi delle solite urla o parolacce. Mio padre cerca di dare fuoco alla mia miccia e la bomba esplode sempre alla stessa ora per gli stessi motivi. Questo è ciò che rimane del mio rapporto padre – figlio, una cucina che oramai è il nostro campo minato. Sospiro e nascondo la mia voglia di vivere dentro il mio corpo, la lascio annegare mentre non mi degno nemmeno di chiedere aiuto.
Ma che pretendo a questa età? Non sono mai stato grato alla vita e ora questa me la fa pagare. Il conto è amaro e mi riempirò di debiti, dovrò impiccarmi.
Questo zero così tondo non mi aiuta, sembra un salvagente sgonfio che non voglio afferrare. Mentre nuoto dentro questa vita penso solo alla morte. Annegatemi.
— A che ora vieni?
— Dormo un po' e vengo, che stress che sei
«Il materasso più scomodo a me» sbruffa mentre si muove continuamente nel letto.
«Sei ospite, che pretendi? Il principe sul pisello è arrivato» gli tiro il cuscino in faccia e diventa più scazzato, quella faccia non mi aiuta.
«Appunto che sono ospite, cretino» risponde e mi rigetta il cuscino, io rido e lui finge di essere offeso.
«Quando parlerai con quella ragazza?» domanda e scompaio in mezzo alle coperte, «Non fare finta di non aver sentito.» aggiunge.
«Probabilmente... mai» rispondo secco, senza mezze misure.
«Dai, parti con la frase e la lamentela che l'amore non fa per te»
«La vita non fa per me».
Scavo dentro la mia carne, lo faccio indolore. Mi sento un autolesionista, mi sento una bottiglia vuota. L'altra notte volevo morire, e forse potevo riuscirci. Il dolore ti uccide il doppio.
A volte ti sogno e vedo il tuo volto sbiadirsi difronte ai miei occhi, fa male Ranny.
Il dolore fa male.
La vita fa male.
Il suono del tuo nome fa male.
Sono stanco delle lacrime, non ti ho però e quindi sospiro. Mi dico che bisogna accettare.
Ho amato più me stesso che te e ti ho perso.
Sto soffocando nelle mie stesse lacrime.
La solita routine mi uccideva, l'assenza è ancora peggio.
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