Prefazione
Volendo fare un rapido riassunto di ciò che Bologna è e rappresenta, si potrebbe senza difficoltà affermare che essa sia un interessante caleidoscopio di tradizioni antichissime e radicate, le quali hanno potuto conservarsi intatte attraverso i secoli.
Alcuni, forse, ne attribuirebbero la responsabilità ai suoi portici, sotto la protezione dei quali esse hanno potuto proliferare, schermate dal vento e dalla pioggia, ed arrivare così praticamente inalterate fino a me. Fino a tutti noi.
Alla stessa maniera le due custodi, la Torre degli Asinelli e la Garisenda, ormai da tempo immemore, scrutano con attenzione i tetti rossi dell'antica Felsina, proiettando le loro lunghe ombre ora su Via San Vitale, su Strada Maggiore o su Via Rizzoli, a seconda della posizione del Sole nel cielo.
Esse sanno, esse hanno assistito in prima persona, durante la loro millenaria esistenza, ad innumerevoli avvenimenti dei quali adesso noi possiamo leggere soltanto nei libri di storia.
Le Due Torri custodiscono gelosamente i propri segreti, e generalmente si dimostrano ben poco inclini a condividerli con coloro che si accostano loro, speranzosi.
Preferiscono rimanere erette, impettite ed altere, nella loro soltanto apparente noncuranza di ciò che le circonda.
Tuttavia, se vi capiterà mai di passare per Bologna durante una serena giornata estiva, senza il minimo alito di vento, potrete forse accorgervi di come esse sussurrino l'una all'altra.
Sono altresì consapevole che il loro dialetto bolognese potrebbe non risultarvi comprensibile come suona a me, che a Bologna sono nata e abito, e perciò sono qui per fare da interprete, traduttrice e portavoce di ciò che ho udito le Due Torri narrare.
Non era la prima volta che mi fermavo ai loro piedi, per essere messa a parte della loro immensa sapienza, eppure, nonostante ciò, quella volta mi è parso che i loro mormorii si spandessero nell'aria primaverile con una cadenza più triste e malinconica rispetto al solito.
Erano intente a ricordare una data insanguinata e funesta, la data del 25 settembre 1943, e su di quel racconto indugiarono a lungo, in memoria dell'assordante grido delle sirene antiaeree che quel giorno sopraggiunse troppo tardi, e del troppo alto numero di vite soffocato dalle macerie dei crolli.
È in onore di quelle persone, vittime della stupidità ed insensatezza della Seconda guerra mondiale, e di tutte le altre vittime della stupidità e dell'insensatezza di qualunque guerra passata e presente, che ho deciso di riportarvi, al meglio delle mie capacità, questa storia.
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