Capitolo VI

Giacomo sospirò gettando l'ennesimo documento in quella circonferenza lugubre che gli suscitava un sentimento di repulsione poi, tirò un'occhiata all'uomo seduto comodamente dietro alla scrivania di fronte a lui. Era un uomo di mezz'età, dai tratti somatici taglienti, fisico grassoccio, pelato e un perenne sguardo rabbioso simile ai cani dei pretoriani. Giacomo aveva l'impressione che quell'uomo fosse sotto copertura per spiarlo, notava i suoi sguardi indagatori e le poche parole che spiaccicava erano fredde come il ghiaccio. Scosse la testa rendendosi conto di viaggiare troppo con la fantasia e, chiuse l'ultimo documento che ripose con cura nello scaffale di fianco alla finestra infine, riprese la giacca, richiuse la valigetta e, dopo aver salutato l'uomo rabbioso, uscì dal suo ufficio dirigendosi verso il grande portone e, appena scese l'ultimo scalino poté tirare un gran respiro mentre imboccava la strada che lo avrebbe portato alla fontana di Trevi e, rallentò il passo godendosi quel pomeriggio di un Lunae dies con un clima confortante dopo tutti quei giorni di gelo. Al suo fianco sfrecciavano automobili, persone, animali, tutto correva freneticamente mentre lui manteneva la sua andatura tranquilla godendosi le poche reliquie che i fascisti avevano lasciato ancora in vita. Osservò attentamente attorno a sé e cominciò a sorridere alla vista di semplici scese quotidiane che però, nella loro semplicità nascondevano una grossa importanza celata agli occhi comuni; una signora gridava da un balcone per richiamare un ragazzino che, con una borsa più pesante del suo esile fisico, cercava di raggiungere un portone, un uomo correva affannosamente guardando l'orologio e scontrandosi con qualcun altro che di rimando gli gridava di prestare più attenzione, due ragazze civettavano fra loro sedute su un piccolo balcone. Era tutto così perfetto e Giacomo, in quel preciso istante si sentì in perfetto equilibrio, l'odio che lo divorava da appena sveglio sino a tarda notte era sembrato attenuarsi facendo spazio ad un'emozione simile alla gioia e alla spensieratezza. Arrivato dinanzi alla fontana, si sedette sul marmo freddo e sfiorò l'acqua gelata con il palmo della mano; sorrise osservando tutte le monete depositatesi sul fondo e, dopo aver rovistato nelle tasche, trovò anche lui una lira che gettò nella fontana esprimendo un desiderio. Rimase per una buona mezz'ora a contemplare la scultura poi, estrasse dalla valigetta un foglio bianco, la sua fedele matita e cominciò a disegnare; con calma prendeva forma quella meravigliosa fontana e, osservando meglio il disegno, Giacomo sembrò quasi scorgere l'acqua muoversi. Alla fine però, un particolare gli saltò all'occhio: aveva disegnato la fontana circondata da molte persone intente a chiacchierare fra loro; lui si irrigidì rendendosi conto di aver ricostruito un'altra scena, di aver dato spazio nuovamente a quella parte di sé che avrebbe dovuto tenere segreta. Improvvisamente, mentre era immerso nelle sue riflessioni più profonde, si sentì sfiorare la spalle, nell'istante prima di voltarsi, una sensazione di terrore e rassegnazione lo pervasero pensando che fossero i pretoriani ma, si accorse che era solamente un ragazzo che gli sorrideva.

<<Ci conosciamo?>> esordì Giacomo osservandolo con sospetto. Era un ragazzo molto simile a Claudia, quasi la sua copia maschile.

<<Non direttamente, disse lui sorridendo poi si sedette al suo fianco e gli porse la mano, sono Emiliano Scipione >>

Giacomo si irrigidì poi cercò di assumere un atteggiamento tranquillo <<Non mi è nuovo il suo nome>>

<<Ne sono contento>>
rispose l'altro con aria disinvolta,
<<cercavo un bravo artista, mi hanno fatto il suo nome e..>>
si fermò per osservare il disegno appena finito
<<avevano ragione>>.

<<Posso sapere chi le ha detto di venire da me?>> continuò Giacomo sospettando una soffiata da parte dei pretoriani.

<<Mia sorella Claudia, mi ha raccontato di aver visto alcune vostre opere davvero notevoli>>

Giacomo restò senza parole mentre la gola si seccò e serrò le labbra stizzito. Cominciò a viaggiare con la mente e si chiedeva perché diavolo Claudia avesse fatto una cosa così avventata senza neanche consultarsi con lui. Tirò un respiro dicendosi che glielo avrebbe chiesto appena si sarebbero visti poiché, il problema da risolvere in quel momento era un altro.

<<Non rammento di aver mostrato delle opere a vostra sorella, la conosco poiché lavoriamo nella stessa sede del governo>>

<<Oh!>> esclamò l'altro ridendo e comprendendo la paura infondata dell'uomo, <<non dovete agitarvi, vengo in pace Giacomo, potete stare tranquillo; nessuno mi ha ordinato di adescarvi e uccidervi>>, spiegò lui ridacchiando, <<ho seriamente bisogno di un'artista e mi fido dei consigli di mia sorella quindi sono venuto qui a parlarvi>>.

Giacomo continuò ad osservarlo per qualche altro minuto e, lesse nei suoi occhi, una nota di sincerità che aveva letto in pochi altri. Decise allora di rilassarsi e ascoltare la richiesta del ragazzo. <<Mi dica>>

Al sentire quelle parole, Emiliano si illuminò e sembrò lasciarsi andare mostrando un sguardo più rilassato ed un sorriso più ampio pronto a fare la sua richiesta <<Avrei bisogno che lei dipingesse un ritratto, devo regalarlo ad una persona a cui tengo particolarmente>>

<<Bene, chi è la fortunata?>>

<<Proprio mia sorella>>
ammise lui trattenendo un sorriso sghembo,
<<tra una settimana sarà il suo compleanno e ha sempre desiderato farsi un ritratto>>?

Giacomo restò stupito da quella richiesta poi, abbozzò un sorriso e fece un cenno del capo. Per lui sarebbe stato semplice e complicato allo stesso tempo dipingere Claudia; la definiva inimitabile e persino la sua mano da artista provetto non avrebbe potuto riprodurre ogni sua sfumatura di bellezza. Decise però di accettare quella richiesta poiché, quel regalo, anche se commissionato da Emiliano, sarebbe stato pur sempre opera sua.

<<Va bene, sarà pronto esattamente dopodomani>>

Emiliano sembrò scoppiare dalla gioia e, dopo averlo ringraziato più del dovuto, estrasse dalla tasca del pantalone di un nero pece, un portafogli che aprì per prendere alcune banconote. Il ragazzo le porse a Giacomo che le osservò stupefatto e, dopo averle contate velocemente, cominciò a scuotere la testa contrariato.

<<Due milioni di lire sono troppe, non posso accettare tutti questi soldi>> spiegò l'uomo porgendogli le banconote.

<<Invece devi>>
sentenziò Emiliano dandogli del tu e spingendo la mano che sosteneva le lire verso il busto del disegnatore,
<<è il minimo>>.

Giacomo, udito il tono severo del ragazzo, non osò replicare ma annuì solamente e si grattò la nuca imbarazzato. Emiliano, nel mentre, si era alzato sistemandosi la giacca <<allora ci rivediamo qui dopodomani>>

<<Si>> anche Giacomo si alzò sistemando i soldi nella valigetta e chiudendola con cura. I due si strinsero la mano poi, Emiliano si voltò e imboccò una piccola stradina mentre lui restò in piedi a osservare la fontana per un altro po' tentando di riordinare i pensieri e pensare a come chiedere a Claudia perché avesse mandato il fratello proprio da lui.



Claudia osservava il fiume che scorreva veloce. Giacomo le aveva lasciato un biglietto cifrato nel suo ufficio e, dopo averlo decodificato aveva compreso il messaggio. Gli aveva chiesto di vedersi al più presto ai quartieri Flaminio, sulle sponde del Tevere. Così, per evitare di lasciare tracce, aveva afferrato la borsa ed una borraccia di acqua fresca e si era incamminata mossa da una fastidiosa sensazione di ansia mista all'adrenalina che cresceva quando si compivano imprese spericolate o proibite. Quella notte non aveva chiuso occhi e, le parole usate da Giacomo la avevano scossa particolarmente, al punto dal costringerla a leggere quell'incomprensibile libro in latino sul ruolo delle matrone e suoi loro diritti. Era arrivata da una buon mezz'ora ed il vento forte di quella mattinata d'inverno sembrava aver lasciato spazio all'umidità di quelle zone che, entrava nelle ossa e le infreddoliva ancor più delle folate gelide di vento e Claudia, odiava starsene in vicinanza del Tevere a causa del suo clima umido. Finalmente, scorse Giacomo che si affannava nel scendere le scale senza inciampare mentre teneva fra le mani una tela da disegno e alcune matite; a quella scena lei ridacchiò fra sé e sé mentre Giacomo si era oramai avvicinato e le si era accomodato accanto osservandola stranito e cercando di comprendere il motivo delle sue risate.

<<Scusami>>
disse Claudia mordendosi le labbra,
<<era divertente osservarti mentre tentavi invano di non inciampare>>.

Giacomo prima indurì lo sguardo poi, distese le labbra in un sorriso divertito e Claudia tirò un sospiro di sollievo. I due si avvicinarono tagliando qualche centimetro di distanza e poggiandosi l'uno all'altro. Puntarono i loro sguardi sull'acqua e ascoltavano lo sciabordare lontano di alcune lavandaie, si lasciavano sfiorare da alcuni soffi di un venticello leggero mentre il cielo oscuro incorniciava quella scena da film. Lui allora, prese coraggio e porse alla ragazza la domanda che lo tormentava da qualche giorno.

<<Hai detto a tuo fratello che ci conosciamo?>> a Claudia, quella domanda fu come un secchio gelato d'acqua gettatogli addosso. Sbarrò gli occhi e sorrise imbarazzata provando a connettere le parole per formare una frase di senso compiuto.

<<Oh si, ecco vedi, cominciò lei torturandosi i capelli sciolti, mi aveva confidato che aveva urgente bisogno di un'artista per commissionargli un regalo da fare in occasione della festa di un suo vecchio amico di infanzia e così, gli ho detto di cercarti ma, puoi stare tranquillo, gli ho raccontato una versione diversa di cosa siamo..>>

Giacomo tirò un sospiro liberatorio udendo le parole confortanti di lei. << Lo avevo immaginato.., so quanto puoi essere affidabile >> omise di dirle che il regalo che serviva a suo fratello era per lei; non poteva di certo spifferare tutto. Così si sorrisero e le loro labbra si scontrarono ardemente; era un bacio di malinconia e di mancamento, un ballo di danzatrici guidato da una sinfonia soave. Era la vita che batteva come un cuore palpitante in un corpo oramai morente e decadente nella bellezza; si sentivano vivi e coraggiosi, con una voglia di continuare ad amarsi oltre la morte che, tentava di separarli sempre, ogni giorno, per tutta la loro vita. Il tempo aveva smesso oramai di scorrere e la luna li osservava attenta come una mamma premurosa, li teneva al sicuro proteggendoli da occhi indiscreti che avrebbero potuto maledire quel loro amore puro. Fra un bacio e l'altro, scappavano sorrisi, sguardi languidi, emozioni represse e sospiri di frustrazione per non poter guardarsi completamente senza paura. Contrariati si allontanarono pur continuando a guardarsi desiderosi; sembravano dei giovani ragazzini alle prime armi con l'amore.

<<L'amore è una cosa complicata>> cominciò Claudia mentre giocherellava con l'orlo della giacca beige che Giacomo le aveva adagiato sulle spalle.

<<Cosa te lo fa dire amore?>> le chiese Giacomo accarezzandole i capelli neri.

<<La mia amica Amalia, lei è innamorata di un ragazzo che però ha votato la sua vita alla carriera militare>>
spiegò lei gesticolando,
<<non riesco a comprendere come si può permettere il fatto che una ragazza si strugga per una persona che invece non ha nessun riguardo per lei>>.

Giacomo sorrise all''ingenuità della ragazza poi, rifletté in silenzio su quale risposta dare alla domanda muta che lei gli aveva fatto a brucia pelo. Anche lui cominciò a chiedersi perché , in alcune situazioni, l'amore era unilaterale e spesso struggente traghettandoti verso l'abisso; e mentre l'innamorato piangeva lacrime di sangue, l'amato correva veloce ignorando quel dolore che causava .

<<Funziona così da sempre Claudia, è una legge imperturbabile>>

<<Sarà anche imperturbabile ma è ingiusta>>

<<Lo so ma, mia cara, la vita è ingiusta>>

Claudia annuì silenziosamente e riprese ad osservare il cielo scuro indicando di tanto in tanto alcune stelle più luminose delle altre mentre Giacomo seguiva le sue spiegazioni con attenzione, affascinato dal suo sapere ancestrale e profondo sulla volta celeste.


Si erano separati da qualche ora e Giacomo non smetteva di pensare a quella domanda che Claudia le aveva posto con tanta ingenuità e una certa voglia di scavare a fondo per trovare la risposta. Era un quesito che, all'apparenza poteva sembrare uno dei tanti partorito dalla testa di una persona ancora ignara del dolore della vita ma, in realtà nascondeva un filo sottile difficile da seguire. Era spinato ed intoccabile; precluso anche ai più grandi maestri della vita poiché nessuno sapeva dare una risposta logica. In effetti, pensò Giacomo, non si poteva far appello alla razionalità In quel contesto che, invece, mostrava manifestazioni di cose fuori dal mondo, al limite dell' irrazionalità. Nel mentre, l'altro emisfero del suo cervello era già impegnato e pronto a ritrarre il viso radioso di Claudia e, già sapeva che avrebbe fatto fatica a cedere quell'opera ; avrebbe voluto tenerla per sé e non mostrarla agli occhi perversi di quegli uomini che avrebbero visto solo una rosa appena sbocciata e da conquistare per poi raccontarlo ai propri amici e aggiungere un'altra povera ragazza alla lista delle conquiste di una notte da leoni. Giacomo l'aveva sfiorata, lui non lo negava, ma lui era riuscito a fare una cosa difficile da descrivere: aveva toccato la sua anima. Era perpetrato nei suoi occhi e, a piccoli passi aveva raggiunto quella sfera di energia che lo aveva osservato dalla testa ai piedi e poi, comprendendo le sue intenzioni leali, si era lasciata avvicinare e accarezzare. Lui si sentiva in diritto di esser l'unico uomo a poterla osservare con un certo luccichio negli occhi che, nascondeva una lussuria paradisiaca, quella voglia di passione che però, nasceva dall'anima come un impulso sovrannaturale e non animale. Si accorse di essere finalmente nel suo appartamento e, aprì Il mobile grigio da dove estrasse del pane e una fetta di formaggio di dubbia scadenza che, metteva inquietudine al suo stomaco; si sforzò comunque mangiarlo e, come predetto, dovette scolarsi un'intera bottiglia per permettere la digestione di quel pasto che sapeva di muffa e non di foraggio poi, afferrò la tela bianca e la matita che aveva lasciato sul foglio e cominciò a riprodurre nella sua mente il viso di Claudia: cominciò quindi a muovere la matita sulla superficie bianca tracciando le linee che avrebbero formato il collo, poi delineò i suoi tratti morbidi, le sue guance, le labbra carnose, gli occhi rotondi e grandi, le sopracciglia sottili, le orecchie piccole e la chioma scura; lo sguardo era rivolto verso sinistra mentre le sue mani minute erano posizionate sulle spalle quasi come si stesse stringendo. Infine, ritrasse sul collo una collana di diamanti sottile e i lobi furono abbelliti da orecchini pendenti abbellivano ancor di più il suo viso. Dopo qualche ora, posizionò La tela completa dinanzi a sé e si stupì di quanto era stato bravo a catturare ogni piccolo dettaglio della sua Claudia, ogni pensiero, ogni emozione, ogni particolare e, per comunicare alla giovane chi fosse il mittente, scrisse alcune parole sul retro della tela. Improvvisamente però, Giacomo sentì un dolore lancinante dietro la nuca e, appena ebbe sfiorato il punto da cui aveva avuto origine quella tortura, sentì una mano che lo afferrò e un panno bianco gli coprì gli occhi e, forse a causa di qualche sonnifero, cadde inerme in un sonno che non avrebbe voluto.

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