Capitolo V
Claudia, quella mattina si era svegliata di malumore. Era passata una settimana da quel fatidico fine settimana e, in quei giorni appena trascorsi non era riuscita a correre al Colosseo per rivedere Giacomo. Aveva trascorso i giorni a pensare a come mettersi in contatto in un modo alternativo, aveva girato i luoghi nelle vicinanze dei fori imperiali per scorgere l'appartamento in cui abitava e lasciargli una lettera nella cassetta postale ma, non aveva vuoto successo nella sua ricerca forsennata inoltre, non era riuscita ad incontrarlo nei corridoi della sede in cui entrambi lavoravano e questo l'aveva inquietata abbastanza. In quella mattina fredda e appesantita dal suo umore instabile, si alzò dal comodo materasso, indossò un vestito nero di lana pregiata, sistemò i capelli grazie ad alcune forcine dorate ed impreziosite da alcune pietre azzurre concludendo, con soddisfazione, un'acconciatura semplice ma solenne. Prima di uscire dalla sua camera, prese la borsa portando anche una sciarpa e un libro in latino che stava tentando di leggere da qualche giorno. Corse giù per le scale e decise di passare in sala da pranzo dove scorse solamente sua madre intenta a ricamare. La donna alzò lo sguardo sulla figlia e le sorrise amorevole.
<<Buongiorno tesoro>>
la salutò la madre mentre Claudia osservò il tavolo vuoto stranita,
<<Tranquilla, tuo padre è uscito molto presto e ha preferito lasciarti dormire; sappiamo che hai avuto una settimana stressante>>
<<Molto madre>>
rispose lei rilassandosi poi afferrò una mela rossa e addentò il frutto mentre si dirigeva verso l'uscita,
<<ora vado, sono di corsa>>.
Cornelia sorrise alla figlia e le accennò un saluto con la mano per poi tornare a ricamare. Claudia uscì di corsa dalla villa e poté tirare un sospiro di sollievo poi, prese a mettere mentalmente in ordine alcuni compiti da adempiere prima di arrivare al Colosseo. Decise di andare subito da suo padre per recapitargli alcuni documenti che servivano al suo ufficio così, cominciò a percorrere via Italia gremita di persone intente a svolgere gli ultimi compiti prima di godersi i piaceri del pomeriggio di quel venerdì gelido. Dopo qualche minuto di cammino però, decise di prendere un taxi che, la portò in poco tempo a destinazione; una struttura grigia e scura, dalle dimensioni di un normale stabilimento che ospitava uffici. Pagò il tassista e lo ringraziò sorridendogli poi, quest'ultimo mise in moto mentre lei prese coraggio e salì i tre scalini in marmo ma, venne fermata dai controlli all'entrata così , estrasse il tesserino e l'uomo robusto vestito di nero diede un'occhiata al documento poi fece un cenno con la testa in segno di rispetto e le indicò la strada.
<<Salite la rampa di scale, svoltate a destra e percorrete il corridoio, la terza porta sul lato sinistro è l'ufficio di vostro padre>>
<<Ricordavo fosse dall'altra parte..>> rifletté lei dubbiosa.
<<Ricordate bene ma, sono state fatte alcune modifiche>> concluse lui prima di allontanarsi da lei per passare al prossimo controllo. Claudia annuì distrattamente poi varcò la soglia del grande portone e venne investita dal calore confortante dei caloriferi; salì le scale mentre accennava sorrisi falsi ai gerarchi che la riconoscevano, e pensò a quanto tutto in quella struttura fosse ipocrito, un teatrino venuto male. Prese il corridoio a destra e, seguendo le indicazioni che l'uomo le aveva dato, si fermò alla terza porta sul lato sinistro, bussò alla porta e ricevette un'avanti scocciato; afferrò la maniglia argentata e aprì la porta di legno d'acero decorata da alcune iscrizioni in latino.
L'ufficio di suo padre era una stanza spaziosa, dalle pareti chiare, due scrivanie, una porta-finestra da cui si potevano osservare in lontananza i fori imperiali, un quadro del duce e due mobili alti contenenti diversi documenti. Appena suo padre si fu accorta di lei, mutò il suo atteggiamento e le sorrise caloroso invitandola ad entrare; Claudia osservò l'altra scrivania dalla seduta vuota poi rivolse la sua attenzione al padre accomodandosi di fronte a lui.
<<Buongiorno Claudia>>
<<Buongiorno padre>>
rispose lei sforzandosi per sembrare allegra,
<<scusatemi l'arrivo improvviso ma dovevo recapitarvi con urgenza questi documenti avuti ieri alla sede dei Fori>> spiegò lei prendendo la cartellina porgendola al padre che la prese per poi aprirla e dare un'occhiata ai fogli contenuti.
<<Oh si, mi avevano avvisato in precedenza della tua visita>>
la tranquillizzò il padre richiudendo la molla,
<<mi dispiace tu sia dovuta venir fin qui quando avresti potuto riprenderti dopo la settimana appena trascorsa>>
<<Padre>> cominciò lei addolcendo il tono di voce,
<<non dovete preoccuparvi, ora devo correre da Emiliano ed infine da Virgilio per concordare gli ultimi preparativi per la settimana d'oro quindi sarei stata indaffarata comunque>>.
<<Puoi chiedere a Gaio>>
propose il gerarca,
<<ti accompagnerà in auto poi tornerà qui>>.
Claudia serrò le labbra camuffando la sua smorfia di disappunto e, si sforzò invece di mostrare un espressione calma. Non poteva di certo rischiare di essere scoperta da suo padre; Gaio non l'avrebbe lasciata andare facilmente e non poteva mettere a rischio Giacomo. Un passo falso e avrebbe fatto saltare la loro copertura.
<<Non c'è n'è bisogno>>
declinò lei l'offerta cercando di essere convincente,
<<mi farà bene passeggiare all'aria aperta>>
<<Come desideri>>
Claudia sorrise un'ultima volta e si voltò per uscire quando suo padre la richiamò un'ultima volta <<Copriti>> la ammonì lui, <<oggi il clima è particolarmente ostile e non voglio che ti prenda un brutto male>> lo disse con quel tono da padre preoccupato che poche volte Claudia aveva sentito uscire dalla sua bocca. Lei annuì semplicemente poi si avviò lungo il corridoio e, mentre rovistava nella borsa in cerca della sciarpa, si scontrò contro qualcuno. Alzò lo sguardo riconoscendo Augusto che sembrò spalancare gli occhi sorpreso.
<<Claudia!>> esclamò lui <<sono desolato di non averti visto>>
<<Tranquillo>> rispose lei imponendosi una falsa cordialità, <<è stata colpa mia e della mia disattenzione>> rispose Claudia gesticolando ansiosamente con le mani. Quel ragazzo era l'ultima persona che avrebbe voluto vedere.
<<Nessun problema>>
concluse lui per poi provare a dar via ad una conversazione,
<<deduco tu sia qui per tuo padre>>
<<Oh.. si, dovevo passare per alcuni documenti>> rispose lei non nascondendo una vena di fastidio.
<<Se non sei costretta a correre nuovamente da una parte all'altra, volevo invitarti a passeggiare nonostante il clima di quest'oggi>>
<<Sono desolata Augusto ma, ho ancora tante cose da fare, sino a pomeriggio inoltrato sono indaffarata>>
<<Va bene, allora sarà per la prossima volta in cui ci scontreremo>> concluse il ragazzo ridendo rumorosamente mentre Claudia accennò ad un risolino imbarazzato e carico di frustrazione. Infine, i due si salutarono con un cenno della mano e si avviarono in due direzioni diverse. Lei tirò un sospiro di sollievo appena fuori dalla struttura lugubre. Ogni cosa in quel paese era una presa in giro studiata alla perfezione, anche quella di Augusto, era una sporca tattica studiata a tavolino per raggirarla ed accasarsi per aprire dinanzi a lui la scalata sociale sostenuto dall'illustre cognome che lei vantava. Soffocò la rabbia, si aggrappò al pensiero di rivedere Giacomo e quella sensazione di odio puro si attenuò lasciando spazio alla pace che la contraddistingueva quando si dedicava a ciò che le piaceva.
Giacomo camminava nervosamente per la cucina indaffarato a sistemare le stoviglie e macinare sigari, uno dopo l'altro. Anzi, forse era prima lui stesso ad essere macinato dall'ansia e dalla frustrazione che con gusto lo assaporavano per poi sputarlo fuori e lasciarlo in un vortice di confusione. Era preoccupato dal fatto di non aver visto Claudia per tutti quei giorni che aveva trascorso in modo vuoto ma, d'altra parte, poteva comprendere quel comportamento della ragazza che, come tutti i giovani della sua età, era obbligata a dedicare anima e corpo ai preparativi per la settimana d'oro. In realtà, si rese conto di dover anche lui prestare attenzione a quell'importante evento che si celebrava nel mese di October; le celebrazioni duravano un'intera settimana e fu istituita dal Duce precedente in onore della definitiva salita al potere del fascismo e della nascita del NIR. Era una festa eppure, si trasformava sempre in un bagno di sangue a discapito dei quartieri partigiani ed i loro residenti che, chiusi nelle loro case, pregavano qualsiasi autorità sovrannaturale di proteggerli dalle stragi che gli affiliati al partito si permettevano di compiere e, senza alcuna pietà uccidevano qualsiasi traccia che per loro rappresentava un affronto al partito supremo, qualsiasi mezzosangue che inquinava la solidità dell'impero. Giacomo scoppiò a ridere istericamente mentre ripensava a tutte quelle persone che erano state gambizzate, assassinate, mutilate da quelli che si definivano i migliori, i pacifisti. Ogni anno si prometteva di amalgamarsi alla folla, tentare di partecipare a quelle celebrazioni ma ogni volta, il suo odio cresceva inesorabilmente e l'appetito di vendetta cresceva e neanche l'odio riusciva a saziarlo. Gettò lo straccio sulla cucina e si appoggiò al piano cottura soffocando la sua voglia di esplodere, chiuse gli occhi e aspettò che la tempesta interna passasse da sola poi, simile ad un intuizione, corse ad indossare la giacca nera e, chiusa la porta dietro di sé, corse giù per le scale reggendosi al corrimano e saltando poi l'ultimo scalino, corse fuori e si avviò sulla strada diretto verso il Colosseo, alla ricerca dell'unica cosa che avrebbe reso meno doloroso il veleno che era costretto a bere in quel momento.
Quando arrivò alla panchina, scorse la sagoma di Claudia; era seduta in modo composto ed immersa nei sui pensieri tirava occhiate distratte al monumento che sembrava proteggerli silenziosamente. Giacomo si avvicinò con attenzione alla ragazza cercando di provocare qualche rumore evitando di spaventarla. Infatti, appena lui ebbe calpestato un rametto che si ruppe sotto la sua scarpa provocando uno scricchiolio sinistro, Claudia si voltò attenta e, appena accortasi di lui, sembrò rilassarsi e i suoi occhi quasi si inondarono di felicità; si scostò di poco lasciando uno spazio vuoto che lui occupò immediatamente.
<<Scusami>> cominciò lei voltandosi verso Giacomo e osservandolo con attenzione.
<<Non devi, non posso biasimarti, questo periodo per voi giovani è affollato da impegni vari>>
<<Troppi, ammise lei lasciandosi andare allo sconforto, non riesco più a sopportare tutto ciò sapendo il dolore che provoca a te e a tante altre persone>>
<<Prima di conoscermi non ti ponevi questi problemi.. No?>> disse lui, Claudia serrò le labbra ma si lasciò sfuggire un sospiro amaro.
<<Sicuramente non erano cosi insopportabili ma ora, tutto mi sta stretto, e questo non dipende dall'averti conosciuto>>
<<Non puoi sottrarti Claudia, sai quali sono le conseguenze>>
Lei improvvisamente scoppiò a ridere tenendosi l'addome mentre cercava di fare alcuni respiri per calmare il riso; Giacomo osservava la scena stranito da quella reazione contraria al contesto in cui erano finiti con le parole.
<<Non mi importa più delle conseguenze, voglio vivere libera>>
Giacomo stette in silenzio poiché non sapeva che dire. Da un lato sosteneva il desiderio della giovane che, ardeva anche in sé stesso, d'altra parte era anche da tener conto del fatto che le conseguenze erano dolorose, come del sale applicato su una ferita aperta. Sospirò combattuto sul quale risposta dare alla ragazza ma, decise invece di restare in silenzio, l'unico modo per districarsi in situazioni difficili come quella. Claudia gli riservò uno sguardo di fuoco poiché odiava quando qualcuno lasciasse la discussione a mezz'aria.
<<Vorrei ucciderti quando ti comporti così>>
<<Solo perché ho evitato di rispondere ad un tuo scomodo quesito?>>
<<Si!>>
Giacomo sorrise a quel comportamento di Claudia e afferrò la sua mano candida stringendola fra la sua per poi portarsela al cuore. In quel momento, si rese conto di quanto lei a volte fosse immatura e precipitosa, mossa dal fuoco che si annida in tutti i giovani trasformandoli in persone senza tatto e un briciolo di pazienza; le sorrise dolce lasciando un bacio sulle nocche morbide e con la coda dell'occhio, poté vedere le guance di Claudia arrossarsi.
<<Sono innamorato anche per questa tua naturale immaturità>>
ammise lui,
<<ti rende ancor più completa nei tuoi difetti>>
<<Chi dice che sia un difetto?>> chiese Claudia incrociando le braccia e alzando un sopracciglio assumendo un'aria di sfida silenziosa.
<<Nessuno, magari un giorno si trasformerà in un pregio e sarà utile>> rispose prontamente Giacomo alzando le spalle con sguardo innocente.
<<Devo ammettere che sei un bravo manipolatore quando vuoi>> ammise lei ridacchiando beffarda.
<<Lo prenderò come un complimento sincero>> concluse Giacomo.
Il silenzio ricadde fra loro mentre il vento prese a soffiare con più forza e il cielo sembrò farsi ancor più scuro. Entrambi immersi nelle loro emozioni ma tenendosi compagnia silenziosamente, sostenendosi l'un l'altro, comprendendo il sussurro del dolore che diveniva ancor più silenzioso quando la sua forza aumentava e riusciva ad annidarsi facilmente senza far rumore e se la persona infastidita dal dolore nutriva quest'ultimo ogni minuto. Entrambi cercavano di comprendere i pensieri e le emozioni dell'altro, tentavano il disperato viaggio verso il cuore che, poche volte aveva esito favorevole.
Claudia camminava verso casa con la testa che le doleva particolarmente. La discussione avuta in quel pomeriggio e i silenzi carichi di tante emozioni l'avevano stremata sino a portare il suo cervello in escandescenza e il cuore all'orlo di una crisi. Cercava di tenere il passo di Giacomo eppure era difficile seguire il suo flusso emotivo, i suoi pensieri, i suoi ragionamenti così contorti da confondere un'intellettuale. Odiava ammetterlo ma quell'uomo era complicato, e nonostante lo apprezzasse, era un'impresa comprenderlo. Non poteva negare che anche lei, spesso, risultava un codice cifrato difficile da tradurre, una conseguenza di parole senza senso. Non si accorse di essere arrivata finalmente fuori alla villa, entrò superando il cancello in alluminio e incontrò suo padre seduto sulla panchina immerso nel fumo di una sigaretta di alta qualità e dal dolce odore di menta. Sorrise all'uomo e si sedette al suo fianco aspirando ancora una volta quell'odore familiare.
<<Era da molto che non fumavi questi sigari, padre>>
<<Troppo, tesoro>> ammise suo padre che sembrava essere nelle sue giornate migliori per rivolgersi con così tanta premura verso la figlia.
<<Ricordo quando correvo nel tuo studio appositamente per sentirne l'odore inconfondibile>>
Il padre sorrise mentre Claudia adagiò la nuca sulla sua spalla che le fece da sostegno <<Rammento bene quei momenti in cui disobbedivi a tua madre>>
I due risero assieme poi restarono lì e Claudia fu felice di quel raro momento di dolcezza che suo padre gli aveva riservato quel giorno. Erano rari come le rose d'inverno e, lei li custodiva con gelosia nei meandri della mente per tirarli fuori nei momenti di sconforto. Il tempo sembrò essersi fermato mentre il dolore alla testa si attenuò forse grazie all'odore ipnotico ma tossico di quelle sigarette senza tempo; si promise di rubarne qualcuna e di darle a Giacomo così, avrebbe potuto sentire più spesso quella scia profumata.
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