9. Devi stargli alla larga!

L'unico posto dove potevo stare tranquilla in quel momento era la panchina nella scogliera. Lì, quel posto che non conosceva nessuno, potevo rinchiudermi in me stessa e non avrei rischiato incontro con passanti ficcanaso.
Quando arrivai, correndo, avevo il fiatone e, con i polmoni ed i muscoli che mi bruciavano, mi buttai sulla panchina rannicchiandomi con le gambe al petto e le braccia che le circondavano per tenerle più strette, poi nascosi la testa appoggiando la fronta sulle ginocchia. Cominciai a singhiozzare e le lacrime ricominciarono a scendere, bagnandomi le lacrime. Il vento proveniente dal mare mi soffiava sui capelli spostandoli all'indietro ed allo stesso tempo mi faceva rabbrividire, del resto avevo indosso soltanto un misero prendisole ed ero umida. Intanto il sole cominciava a tramontare, era bellissimo il paesaggio; mi ricordava tantissimo quei paesaggi raffigurati in quei dipinti, che ogni tanto puoi ammirare nei mercatini artigianali.
Era bello.
Il cielo più era vicino al mare, lì nella linea dell'orizzonte, era sempre più rosso e più era lontano e più dal rosso si sfumava all'arancione, al rosa, per poi tramutare al violetto ed infine al celeste.
Mi asciugai una lacrima alzandomi in piedi e, incantata da quello spettacolo, mi avvicinai al bordo della scogliera per poi sedermici. Il muro roccioso era molto alto ed accanto le scalette non sembravano tanto stabili, di sotto la piccola spiaggetta era deserta e le onde sbattevano continuamente sugli scogli ai lati della spiaggia.
Ciondolavo le gambe andando a sbattere con i polpacci sulla scogliera fino a quando non mi tagliai il tallone, ma non ci feci caso e continuai.
Mi faceva sentire bene quel posto e in quel momento mi sentivo libera, mi sentivo in pace con me stessa.
«Evelyn!», sentii gridare dietro di me qualcuno, sentii dei passi nell'erba e qualcuno che mi prese per le braccia e mi tirò indietro sollevandomi da terra.
Mi girai di scatto e lo vidi. Lì. Era bellissimo. I suoi occhi, alla luce del tramonto, erano ancora più belli, ancora più incantevoli, ma potevo intravedere una vena di paura.
Paura... per me?!
Mi mise a sedere sulla panchina e si sedette accanto a me, abbassai lo sguardo mentre lui lo cercava. Alla fine mi prese il mento con le mani e lo rivolse verso di sè: io lo guardavo senza sentimento, senza provare niente... lui, invece, aveva paura. Negli occhi aveva dipinto la paura, la preoccupazione...
«Ma sei pazza?! Volevi morire?!», mi scosse per le spalle urlandomi contro.
Lo guardai sbalordita.
Mi morsi il labbro pensando a quello che stavo facendo – potevo morire – e subito dopo sentii il sapore del sangue nella mia bocca.
Cominciai a piangere, le lacrime mi appannavano gli occhi e singhiozzai coprendomi il viso con entrambe le mani.
«M-Mi dispiace».
Sentii la sua mano accarezzarmi la nuca per poi portarmi la testa sulla sua spalla, per consolarmi.
«Shh, non ti preoccupare», mi bisbigliò tranquillizzandomi. «Cosa hai fatto al piede?»
Mi accigliai ma poi ricordai.
Tirai su il piede sinistro, lo guardai e vidi un taglio sul tallone. Non era profondo, ma bruciava perchè dei sassolini erano finiti dentro la ferita.
«Devi disinfettarlo», toccò lievemente il taglio con l'indice, facendomi strizzare l'occhio per il dolore. «Scusa», mi rivolse un sorriso che ricambiai subito. «Vieni, andiamo a medicarti», mi porse una mano per alzarmi ma, vedendomi zoppicare, decise di prendermi in collo come fossi un Koala. Mi tenne stretta per le cosce, io mi arressi al suo collo, e cominciammo a percorrere il sentiero ormai al buio.
Poi mi ricordai...
«Ma te non avevi un appuntamente con Liz?»
Infatti, subito dopo, notai che era vestito meglio rispetto alle altre volte. Aveva indosso una camicia a maniche corte di colore nero ed un paio di bermuda cargo color cachi.
«Non mi importa, ora devi medicarti!»
Era irremovibile.
«M-ma non le dici niente?!»
«La affronterò domani», si fece serio.
«Non te lo perdonerà mai...», borbottai.
«Cavoli suoi!», alzò la voce.
«Io non posso fare finta di niente, è mia sorella!», ribattei indignata.
«Te non preoccuparti!»
Da quel momento in poi mi zittii e quando arrivammo davanti ai bungalow, mi portò verso il suo.
«Hey!», lo bloccai.
«Cosa?»
«Non ci voglio venire nel tuo bungalow!»
«Perchè?! Hai laura che ti stupri?»
Alzai gli occhi al cielo, anche se non poteva vedermi.
Eccoci di nuovo con quella storia!
«No, voglio andare nel mio! Posso cavarmela perfettamente da sola!»
Lo sentii sbuffare. «Non fare l'orgogliosa! Te ora stai zitta e vieni con me».
Niente discussioni, doveva medicarmi lui!

Entrammo nel suo bungalow.
Per fortuna non c'era nessuno, almeno mi sarei risparmiata le domande dei ragazzi.
Non ero per niente in vena di spiegazioni!
Mi fece sedere sul divanetto accanto alla porta, dove la sera prima ci eravamo ubriacati, poi mi appoggiò il piede sul tavolincino di legno davangi a me e poi se ne andò. Mi guardai intorno, c'erano quattro letti ad una piazza e mezzo, come quello mio e di Liz, disposti ai lati della grande stanza ed infondo c'era il bagno.
Lo vidi entrare in quello che era il bagno, per poi ritornare con in mano una cassetta rossa di plastica, sopra c'era disegnata una croce bianca: la cassetta del pronto soccorso.
La appoggiò accanto al mio piede e da dentro estrasse una boccetta di disinfettante ed un pezzo di cotone idrofilo, che bagnò con il liquido verdognolo e cominciò a medicarmi.
Strizzai un po' l'occhio per il dolore e storsi la bocca.
«Scusa», sorrise, poi prese una benda e mi bendò la caviglia. «Ecco fatto», si tirò sù in piedi e rimise tutto in ordine.
«Ora posso andare?», cercai di mettermi in piedi tenendo il piede un po' sollevato e provai a camminare saltellando, ma subito scivolai. Per fortuna Travis mi afferrò in tempo per non cadere a terra.
«Non penso sia una buona idea», constatò. «Stai bene?»
«Mi fa male», borbottai appogiando a terra il piede malato soltanto con la punta delle dita.
«Vieni, ti accompagno», fece per prendermi in braccio quando lo bloccai.
«Sei pazzo?! Se ti vede mia sorella ci ammazza entrambi!»
Alzò gli occhi al cielo sbuffando sonoramente. «Allora come fai ad andare al tuo bungalow senza rischiare di morire?!»
Ci pensai un attimo. Aveva ragione, come avrei fatto?!
Poi mi venne un'idea!
Lo guardai sorridendo.
«Mi fai paura, sai?!», mi fece.
«Ho un'idea! Trascinerò il piede!»
«Come se fosse morto?», mi domandò guardandomi perplesso.
«Sì!», annuii energicamente.
Scosse la testa. «Te hai dei problemi!»
«No, io risolvo i problemi! Bene, ora vado! Ciao!», aprii la porta e cominciai a trascinare il piede. Per scendere gli scalini mi toccò arreggermi, ma il piano stava riuscendo alla perfezione!
Intanto sentivo lo sguardo di Travis su di me, mentre stava ridacchiando.
«Ci vediamo domani, bambina!», mi salutò mentre rideva.
La sua risata... mi affascinava.
Dentro al mio bungalow vidi le luci accese e prima di entrare deglutii, mia sorella era dentro e sicuramente era arrabbiata, anzi arrabbiatissima!
Aprii la porta mettendo solo la testa dentro e, come temevo, trovai Liz in preda alle lacrime.
«Liz...».
Entrai definitivamente, appena mi vide mi saltò al collo abbracciandomi e scoppiando in lacrime con il viso nascosto sulla mia spalla.
Mi dispiaceva per lei.
Le massaggiai la schiena per tranquillizzarla, quando si staccò di colpo e cominciò a camminare avanti e indietro perla stanza.
Era arrabbiata.
«È solo uno stronzo!»
Mi sedetti ai piedi del suo letto, rigorosamente in disordine... come sempre.
«Lo odio! È solo un bastardo!»
Continuavo a guardarla andare avanti e indietro, mentre lo insultava.
«Te l'avevo detto», accennai a bassa voce, ma sembrò avermi sentito.
Si girò verso di me e mi venne incontro puntandomi un dito contro, poi mi disse: «Evy promettimi che gli starai alla larga, non c'è da fidarsi di quel coglione!»
Annuii un po' timorosa, non l'avevo mai vista in quel modo.
«Promettimelo!», urlò.
«Sì!»
«Promettilo!»
«Te lo prometto!», risposi quando sentii le prime lacrime scendere.
Cominciai a piangere anch'io.
Non ne potevo più di niente.
Si mise a sedere al mio fianco circondanomi le spalle con le braccia, per poi farmi appoggiare la testa sulla sua spalla.
«Scusami per il mio comportamento», mi sussurrò. «Specialmente dopo quello che è successo oggi pomeriggio... sai, hai fatto bene! Sei stata coraggiosa a sbattergli in faccia tutta la verità!», mi accarezzò la guancia asciugandomi una lacrima. «Cosa hai fatto al piede?»
«Mi sono tagliata», tirai sù con il naso.
Avevo smesso di piangere.
«E chi ti ha medicato?», mi guardò perplessa.
Deglutii abbassando lo sguardo.
«È stato Travis?»
Ricominciai a piangere, cosa dovevo fare? Non sapevo mentire!
«Lo sapevo...», sussurrò.
Mi girai di scatto verso di lei.
«Cosa?!»
«Sospettavo che gli piacessi... il modo in cui ti guarda, il fatto che si preoccupa per te ed oggi me ne ha dato la conferma, ben due volte! Quando ti ha rincorso oggi pomeriggio e quando mi ha dato buca all'appuntamento!»
La guardavo perplessa, non capendo quello che mi stava dicendo.
Impossibile! Non avrei mai potuto piacergli ad un tipo come Travis!
«Ma devi stargli alla larga, è un bastardo che usa le ragazze per il loro scopi! Saresti solo la sua miglionesima conquista, tu non vuoi esserlo Evy, vero?!»
Scossi la testa in modo negativo.
«Ecco, devi stargli alla larga. È meglio per te!»
Ma come avrei fatto a stargli alla larga?! Era sempre lui quello che veniva a cercarmi e per di più avevamo da poco cominciato ad andare un po' d'accordo.

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