5. Cosa ci fai qui?
Quel bacio mi sorprese, non sapevo cosa dire così entrai dentro il bungalow ancora un po' scossa.
Quando entrai nel bungalow io e Liz ci preparammo e raggiungemmo mamma e papà per cena; quella sera c'erano anche degli amici di papà.
Erano un uomo ed una donna, entrambi avvocati divorzisti, che avevano una figlia. Erano di New York come noi, ma non li avevo mai visti prima d'ora. A quanto pare erano arrivati quella sera e d'ora in avanti avremmo trascorso tanto tempo tutti insieme, almeno questo è quello che ci disse Karen.
Quei due non erano molto simpatici: lei sembrava la copia di mamma solo con i capelli color carota e lui non faceva altro che fare battute, che non facevano ridere nessuno a parte lui.
Bah, se vedi che nessuno sta ridendo, perchè non la smetti?!
La loro figlia, invece, non la conoscemmo quella sera;
«Il viaggio l'aveva stancata molto», disse sua madre, Cheryl, con quel tono schizzinoso. Non capivo cosa l'abbia stancata visto che avevano viaggiato su un jet privato! Lei non si era dovuta sorbire quattro ore di aereo con una donnetta chiacchierona al fianco ed un'ora di auto, soltanto perchè dovevamo goderci questo viaggio in famiglia! Che bellezza...
Fortunatamente la cena non durò molto, così io e Liz potemmo andarcene per i fatti nostri.
«Ma l'hai visti quei palloni gonfiati?!», disse appena ci allontanammo da tutti.
«Già non li sopporto!»
«La loro figlia deve essere un mostro!»
«Chissà, potrebbe essere il loro opposto», buttai lì facendoci scoppiare a ridere insieme.
«Sì, certo. Domani mattina ne avremo la prova», disse.
Ebbene sì, la mattina seguente dovevamo andare a fare una gita tutti insieme per fare amicizia e per passare del tempo insieme.
Dalla padella alla brace, insomma.
Non avevo voglia di andarmene in stanza.
«Senti, io vado un po' in spiaggia», le dissi.
«Okay, a dopo», ci dividemmo così raggiunsi le scalette di legno per poi scendere sulla spiaggia.
Camminai un pochino.
Anche se poteva essere una cosa inquientante, lungo la spiaggia erano messi dei lampioni per illumare, almeno un po'. Così non era buio.
Alla fine mi misi a sedere in mezzo al nulla, le gambe strette al petto e lo sguardo rivolto verso la riva e le onde del lago che si infrangevano con la sabbia. Quella sera la luna era piena e di un giallo particolare, quasi arancione. Era unica e stupenda. Non c'era nemmeno una nuvola in cielo, al loro posto c'erano le stelle. Luminose stelle che mi facevano compagnia.
Quel posto era rilassante, quanto la panchina del dirupo; forse di più, perchè amavo il suono delle onde che si infrangevano sulla sabbia e la bagnavano lasciandoci un'ombra.
«Hey».
Sentii quella voce, fin troppo conosciuta.
Mi girai di scatto.
Al chiaro di luna i suoi occhi erano ancora più celesti ed erano stupendi.
«Che ci fai qui?», gli chiesi.
«Facevo una passeggiata».
Annuii vedendolo sedersi al mio fianco.
«A quanto pare non sono l'unica che ama stare sola», dissi facendogli spuntare un sorriso, un magnifico sorriso. «Si sta bene qui».
«Anch'io», si stese sulla sabbia tenendosi la testa con le mani.
Rimanemmo in silenzio: lui che fissava le stelle, io che ammiravo sognante l'acqua del lago.
«Sei l'asso per trovare questi posti tranquilli!», scherzò facendomi ridere.
Risi con gusto, come non facevo da tempo quando in lontananza sentimmo una voce.
«Travis!», sentimmo una prima volta. «Travis!», una seconda.
Alla terza volta, quando capimmo chi era, Travis si alzò di colpo e, afferrandomi un polso, corse in direzione opposta al lago.
«Dove vai?»
«Shh, zitta!», mi disse, finchè non entrò in una specie di grotta. Mi spinse con il muro roccioso di quella grotta e mi mise un dito sulle labbra, facendomi accellerare il battito ed una sensazione strana si impadronì del mio stomaco. «Zitta», sussurrò un'ultima volta per poi girarsi verso la spiaggia ed ascoltare.
Il silenzio calò tra di noi, potevo sentire soltanto il martellare forte del mio cuore dentro alle orecchie.
Finchè non sentimmo più la voce di Liz, e quando mi lasciò il polso lo spinsi lontano da me.
«Perchè la eviti?», sbraitai arrabbiata come non mai.
«Zitta! Potrebbe sentirti!», mi pregò.
«Perchè lo fai?!», ringhiai un'altra volta con il tono di voce più basso, ma non cambiava: ero ancora arrabbiata con lui.
Camminavo avanti e indietro, talmente ero furiosa.
«Perchè è?! Bastardo!»
«È un po' troppo pressante, tua sorella. Lo sai?»
«Questo non vuol dire che devi trattarla in questo modo. La hai illusa!»
«Senti, calmati!», si fece avanti ma come potevo calmarmi?! Prima mi raccomandavo di non farla soffrire ed il momento dopo faceva tutto il contrario di quello che gli avevo detto!
È proprio scemo!
«Te sei scemo!»
«Senti stai calma, non la faccio soffrire!»
«E invece sì!», ribattei.
«E invece no!»
Ringhiai arrabbiata, cercai di andarmene ma mi bloccò.
«Lasciami andare», gli feci.
«No, potrebbe essere qui intorno a cercarmi».
Sbuffai sedendomi con la schiena appoggiata alla grotta, che era illuminata unicamente dalla fioca luce della luna.
«Come ha fatto a vederti qui?», dissi ad un certo punto. Eravamo seduti ai lati opposti, ma non era grande quella grotta.
Alzò le spalle. «Penso mi abbia visto mentre scendevo le scalette».
Annuii anche se sapevo benissimo che non poteva vedermi, visto che eravamo al buio.
«Ho sonno...», bofonchiai.
«Dormi».
Lo guardai male. «Sì, certo! Mi faccio il cuscino con la sabbia».
«Appoggiati a me!», mi sorrise malizioso.
Io, invece, continuavo a guardarlo male.
«Non penso proprio! Voglio andarmene!»
«No, aspetta!»
Sbuffai, così mi appoggiai alla parete e, rilassandomi al suono delle onde, incosapevolemente i miei occhi si chiusero.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top