27. Travis, Travis, Travis

Stavo per entrare, finalmente ce l'avevo fatta!
Aprii pian piano la porta, che scricchiolò leggermente, poi entrai. La stanza era buia, le tende completamente chiuse ed il caos regnava sul pavimento. Vestiti, scarpe, indumenti intimi erano sparsi ovunque mi girassi, insieme all'armadio che evidentemente era stato spinto a terra. Un scatto d'ira? Dovevo farla finita di osservare tutti quei particolari, sembravo una detective del cazzo. Dovevo concentrarmi su Travis, che era disteso sul letto matrimoniale davanti a me. Aveva una bottiglia di whiskey mezza vuota in una mano, mentre fissava il soffitto.
«Travis...», sussurrai avvicinandomi. Mi mossi sul materasso a gattoni. Lo raggiunsi, spostai un posacenere sature di mozziconi e cenere, che era accanto a lui, e mi appoggiai con la testa al suo petto.  Lo strinsi a me, lo sentii leggermente irrigidirsi per poi rilassarmi quando lo abbracciai con un braccio. «Travis...», ripetei a bassa voce.  Non volevo rovinare quell'atmosfera. Lo sentii mugugnare, poi si avvicinò alla bocca la bottiglia di whiskey per prenderne un sorso. «Basta, bere», gliela tolsi di mano, poi mi misi a sedere.
Sbuffò tirandosi a sedere anche lui.
«Perchè sei venuta?»
«Te l'ho già detto».
«Voglio sentirtelo dire di nuovo».
Alzai gli occhi al cielo sorridendogli.
«Perchè ti amo e non voglio vederti soffrire».
Lo vidi sorridere per la prima volta dopo molto tempo. Continuavo a guardarlo nella speranza che anche lui me lo dicesse, che per la prima volta mi dichiarasse tutti i suoi sentimenti... ma non lo fece. Spense immediatamente quel piccolo sorriso e ritornò nuovamente serio, continuava a torturare il lenzuolo e a tratti si mangiava le unghie, in preda alla disperazione.
«Travis, ora te la senti di parlarne?»
Annuì. Ne rimasi alquanto sorpresa, non aspettandomi quella sua reazione estroversa nei miei confronti.
«Una settimana fa mi ha chiamato mia madre... vuole che vada a stare da lei, quando ritornerò», mi spiegò.
«Cameron mi ha raccontato tutto...», accennai.
«Menomale, non ce l'avrei fatta a raccontarti tutto».
Annuii. Capivo perfertta ciò che provava in quel momento, quel senso di vergogna e amarezza che ti porti sulle spalle.
«E-e ci vuoi andare?», azzardai a chiedergli ad un certo punto. Era una conversazione lenta e con lunghe pause, accompagnate da lunghi silenzi. Non volevo che avesse fretta a raccontarmi tutto, per questo gli davo tutto il tempo di cui aveva bisogno.
«Nemmeno per sogno», tagliò secco. «Non voglio tornare in quella topaia, ma...», sbuffò. «...è un casino! È pur sempre mia madre, non ce la faccio a vederla in quel modo!»
«Travis, te non hai fatto niente. È lei che si riduce in quello stato! Non devi avere i sensi di colpa per quello che hai fatto, era giusto che te ne andassi da quella situazione caotica!»
Avevo paura che il mio discorso non fosse abbastanza per consolarlo, ma dovevo provarci a tutti i costo. Lo vidi annuire piano, poi alzò lo sguardo su di me e mi accarezzò una guancia facendomi rabbrividire.
«Grazie, per esserci sempre stata per me», disse dolcemente, mentre mi osservava attentamente. «Mi manchi, Evelyn», sussurrò con quella sua voce tremendamente profonda.
«Anche te mi manchi, Travis... da morire», mi morsi il labbro abbandonandomi in quell'azzurro paradisiaco dei suoi occhi. In un attimo le nostre labbra furono attaccate l'una all'altra, in una danza d'amore.
Lo sentivo accarezzarmi i fianchi, mentre il bacio si stava facendo sempre più appassionato. Mi erano mancaye le sue labbra morbide e dal sapore dolciastro quando, ad un certo punto, sentii il mio cellulare squillare nella tasca della felpa.
Mi staccai immediatamente, afferrai il dispositivo e vidi che era mia sorella.
«Cazzo...», bisbigliai rispondendo. «Liz!», mi allontanai dal biondo alzandomi dal materasso.
«Evy, dove cazzo sei finita?!», la sentii urlare dall'altra parte.
«Ehm, sono a casa dei ragazzi, tra poco arrivo».
«Dai ragazzi? Sei con Travis! È un cretino, vieni subito! Sono nel nostro bungalow!»
Scostai un attimo il telefono dall'orecchio, memtre continuava ad urlare, e notai che, anche se ero nell'alloggio accanto, la sentivo benissimo urlare anche senza telefono.
«Ti sento», feci ridacchiando.
«Cosa?», le sentii dire furibonda.
«Niente, niente. Dammi cinque minuti ed arrivo».
Attaccai, anche se continuava a sbraitarmi contro, poi mi rigirai di nuovo verso Travis che mi stava fissando curioso.
«Era mia sorella», feci, mi rimisi a sedere sul materasso, dove ero prima.
«Grazie per essere venuta», fece imbarazzandosi, abbassò lo sguardo sul lenzuolo.
«Non devi ringraziarmi», gli accarezzai una guancia.
Passamo in silenzio qualche minuto.
Poi fece ad un certo punto: «Ci vuoi ancora andare ad Oxford?»
Deglutii scostandomi, diventai immediatamente seria. Per me era ancora un argomento delicato e off limits. «Ne abbiamo già parlato», feci distogliendo lo sguardo dal suo.
«No, abbiamo litigato. È ben diverso! Ora voglio parlarne da persona civile», ribattè.
«Travis, ho già preso la mia decisione», lo guardai dispiaciuta. «Per quanto mi dispiaccia lasciarti, non posso rifiutare un'occasione importante come questa. È impossibile rifiutare, e poi... ho già inviato l'iscrizione, ormai ho le mani legate».
«Allora... come faremo?! Noi due, intendo. Non penserai davvero che una relazione a distanza possa funzionare, vero?!»
«Lo so, che sono delle cavolate quelle relazioni!»
«Perfetto! Su una cosa siamo d'accordo, almeno!»
«Travis, cosa dovrei dirti?! Ci conosciamo da tre mesi, non da una vita! Siamo estranei praticamente, se ci pensi».
«Bene, allora rimaniamo amici. Almeno quello, sei d'accordo?»
Annuii.
Avevo le mani legate, cosa avrei potuto fare? Se quello era l'unico modo per averlo accanto, allora avrei accettato.
«Ora devo andare», dissi. Ero un po' scossa da quella discussione, mi aveva distrutto profondamente.
«Ciao», disse.
Me ne andai.
Quando i ragazzi mi videro, balzarono in piedi all'istante.
«Allora?!», mi fece Taylor.
«Tutto a posto», gli sorrisi debolmente. «Ora scusatemi, ma vorrei andare a dormire un pochino».
Erano le sette del mattino e stavo per svenire dal sonno che avevo. Quando entrai nella mia casetta, però, quel vulcano di mia sorella mi si fiondò addosso facendomi sedere infondo al letto.
«Liz, che c'è? Ho sonno, voglio dormire!», mi stropicciai un occhio. Stavo cominciando ad entrare in coma.
«Cosa c'è? COSA C'È? Sei sparita! Mi hai fatto prendere un colpo, dio mio!»
«Scusami, non volevo farti spaventare ma volevo aiutare Travis».
«Ancora lui. Travis, Travis, Travis. Tra poco me lo ritrovo pure in bagno!»
C'è già stato nel nostro bagno... volevo dirle ma stetti zitta per la mia incolumità.
«Comunque, ho una notiziona!», si rallegrò ad un tratto, saltellò gioiosa.
Un'altra!
«Spara», dissi mentre mi distendevo nel letto, mi levai le scarpe e mi accoccolai sotto le lenzuola.
«Al galà porterò Brad!», saltò dalla gioia.
«Wow, sono felice per te Liz! Allora fate sul serio!», sbadigliai. Ero felice per lei.
«Già», si mise a sedere infondo al mio letto facendosi seria a un tratto. «Inoltre, mamma mi ha detto che anche tu, se volessi, potrai portare qualcuno...», abbassò lo sguardo disegnando dei cerchietti immaginari sul lenzuolo. «... tipo Travis, visto che ora è tutto a posto tra di voi».
Ci pensai un attimo. «Non penso voglia venire, ora siamo solo amici... almeno credo».
Alzò le spalle. «Fai come ti pare», e se ne andò in bagno facendo calare il silenzio nella stanza.
Finalmente potei dormire.

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